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Nicola Polcaro: «Lasciatemi fiorire di notte» – Di Luciana Grillo

Un libro di poesie dense di significato: «Tutto tace, un figlio, un disco, un picchio… solo un vecchio urla, mentre una voce spezza il silenzio, ma nessuno l’ascolta»

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Titolo: Lasciatemi fiorire di notte
Autore: Nicola Polcaro
 
Genere: Poesie
Editore: Europa Edizioni 2021
 
Pagine: 128, Brossura
Prezzo di copertina: € 9,90
 
Un incontro al mare.
Vai in vacanza, incontri tante persone, rivedi amici e parenti, ritrovi un ragazzo che hai visto bambino e che è diventato adulto, maturo, responsabile, un professionista che si sta affermando nel mondo dei commercialisti.
E scopri che, oltre alla passione per il teatro, per il cinema, per la musica, coltiva quella per la scrittura, sia in italiano che in dialetto.
Mi regala il suo libro, lo leggo volentieri, affascinata dalla copertina disegnata da un ragazzo di undici anni – Giovanni Alfinito – che accompagna anche alcune pagine con i suoi deliziosi disegni.
 
Mi dice che parte dei diritti d’autore saranno destinati alla realizzazione e al sostegno dei laboratori solidali di scrittura LetterariaMente.
Nicola Polcaro scrive brevi prose che sembrano versi e versi che sembrano racconti veloci, da leggere in un attimo e da portare nel cuore perché sono profondi, espressione di sentimenti forti e sani.
È un uomo giovane, ma le sue parole evocano una sofferenza lontana e radicata, come se dal suo passato emergessero solitudini e assenze, in un ambiente naturale amato e complice.
 
I grandi dicono bugie,
tagliano i fiori col coltello,
giocano a sorte con le parole,
escono fuori sul più bello,
legano catene agli alberi,
corrono su sorrisi affilati con i fari accesi,
fanno gesti che non capisci,
li confondi con i principi delle favole,
quando tornano non te ne accorgi,
senti il loro viso sotto il cuscino,
un sogno di abbracci morto alla luce del mattino
 
Chi sono i grandi che dicono le bugie? Anche Nicola è grande, ed è forse un bugiardo…?
o invece ricorda l’infanzia, i grandi che corrono via, che sono soltanto sogni di abbracci?
Polcaro non gioca a sorte con le parole, le usa con consapevolezza, gli piace accompagnare un sostantivo con tanti aggettivi:
 
C’è un silenzio che non capisco,
generoso, testardo, morbido, segreto,
una notte sottile, muta, seria…
 
gli piace elencare (a se stesso?) le sue ricchezze, quando scrive:
Ho poche cose
Un mondo colorato col sorriso del mio cane.
Un lento ballato all’ombra di un’estate.
Un figlio sordo al mio lamento.
Un senso nascosto.
Un disco dimenticato.
Un vecchio urlante col bastone.
Un picchio che passeggia su un ramo.
Una voce che non ho ascoltato.
Un tempo da fare con un fiore in mano.
 
Strani versi, densi di significato: tutto tace, un figlio, un disco, un picchio… solo un vecchio urla, mentre una voce spezza il silenzio, ma nessuno l’ascolta.
Tornano le parole che, in un’altra poesia, «cercheremo… da non dire quando viene sera», e invece, poche pagine dopo, sono «prese a morsi» da un poeta che insegue «sogni di fate e grilli parlanti» e confessa: «sopravvivo a me stesso, / sono un disco volante».
Buon volo, Nicola Polcaro, continua così!

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