Conferenza stampa estate 2012 di Durnwalder a Falzes

Intervista all’uomo dell'Autonomia sudtirolese negli anni più belli della sua storia

Grande appuntamento quello di oggi con Luis Durwalder a Falzes, dove ogni anno tiene la conferenza stampa di mezzo agosto per fare il punto della situazione.
Al Presidente della Provincia autonoma di Bolzano manca poco più di un anno alla fine del mandato, l’ultimo dopo cinque legislature, e ha dichiarato che alla sua età (71 anni, essendo nato il 23 settembre 1941) è giunto il momento di lasciare.
Per questo l’atmosfera che si è respirata oggi a casa sua ricordava l’ultimo giorno di scuola, anche se ci sarà un altro incontro l’anno prossimo. L’uomo ha voluto dare tempo ai suoi interlocutori di prendere atto che dovranno fare senza di lui.
 
Nell’intervista che gli abbiamo fatto, gli abbiamo chiesto alcune cose che riprenderemo nei quattro servizi che abbiamo deciso di pubblicare in onore della dignità con cui ha affrontato il momento storico che sta concludendo.
Anzitutto, come abbiamo detto, non candiderà più come presidente. Questo non esclude che possa candidare ancora come consigliere provinciale, ma certamente non entrerà più nell’esecutivo.
Non esclude che possa anche candidarsi per le elezioni politiche, anche se lo ritiene assai improbabile.
Durnwalder ha già dato e ha voglia di stare con la sua famiglia. 
 
Presidente, sono passati 25 anni. Come ha preso la Provincia e come la lascia?
«Ho avuto la fortuna di amministrarla nel momento più bello della sua esistenza. Gli altoatesini erano poveri, poverissimi. Poi abbiamo cominciato ad amministrarci bene e a risparmiare. Abbiamo cominciato a costruire strutture e infrastrutture. C’è stato un periodo in cui ogni giorno avevamo qualcosa da inaugurare. Adesso possiamo permetterci di occuparci della manutenzione.»
 
Come erano i rapporti con Trento 25 anni fa e come li lascia?
«Benissimo. Il “Los von Trient” era indispensabile per consentire a entrambe le province di amministrarsi come volevano i propri cittadini. Poi abbiamo riscoperto gli interessi comuni, senza che ce li imponesse la Regione..
«I primi contatti con la Provincia autonoma di Trento li ho avuti con Malossini. Non era stato un periodo edificante, c’erano più giornalisti che amministratori… he he… Ma poi sono venuti fuori gli uomini, gli autonomisti autentici, quello veri. Quelli con i quali ora facciamo quadrato proprio perché siamo amici con ampia comunità di intenti.»
 
Magnago avrebbe potuto immaginare di vedere un sudtirolese alla presidenza della Regione autonoma del trentino Alto Adige?
«Ha ha! No di certo! Non è stato un passo abissale per noi, ma è indicativo di quanto siano cambiati i rapporti fra Trento e Bolzano…»
 
Come erano i rapporti con l’Italia quando si è insediato e come li lascia?
«L’Italia che conosco io ha saputo dare sempre grande importanza alla nostra Autonomia, non ci ha mai detto come dovevamo spendere i nostri soldi, non ha mai avuto istanze inaccettabili. Ora le cose sono cambiate.
«Il governo Monti sta facendo il suo lavoro. A lui interessa solo salvare l’Italia a qualunque costo. Ma ha una visione macroscopica della situazione italiana, non ha tempo né voglia di occuparsi di noi. L’uomo va bene in Europa: porti la sua visione a Bruxelles. Gli Stati europei sì devono rinunciare a parte della loro sovranità, noi – piccola regione di periferia che poco incide sul bilancio dello Stato – vogliamo mantenere la nostra conquistata con anni di sacrifici.»
 
Guido de Mozzi
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