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«Dal calamaio alla didattica digitale» – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con Adelina Valcanover, insegnante ora in pensione che si dedica al teatro recitando e scrivendo testi teatrali

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Pensiamo per un attimo di ritornare alla penna stilografica o all’asticciola e pennino.

Può sembrare una follia nell’era del computer, ma scrivere con questi mezzi sulla carta implica un grande esercizio manuale, che mira a un’educazione della prensione della mano e della motricità fine, tese a creare una grafia bella ed elegante.
Scrivere a mano è, infatti, un esercizio indispensabile, personale e intimo, che esprime lo stile dell’anima e stimola la mente a organizzare, attraverso il flusso della scrittura, lo sviluppo dei pensieri e dei sentimenti.
Rinunciare a scrivere a mano sul foglio bianco significa poi, perdere il rapporto con un rito e una manualità attraverso la quale consentiamo al pensiero di strutturarsi ed organizzarsi in tempi di riflessione ed articolazione della forma necessari anche alla crescita e allo sviluppo armonico della persona.
La stessa importanza per la voce, il gesto, la pronuncia di ogni parola caratterizza la personalità di ognuno.
L’uso sempre più diffuso di strumenti informatici e l’indifferenza di taluni insegnanti fanno sì che la lingua italiana perda la bellezza e la conoscenza di un idioma che ha diritto di mantenerla ricca nel tempo senza essere depauperata. 

 Chi è Adelina Valcanover?
Insegnante ora in pensione, si dedica al teatro recitando e scrivendo testi teatrali.
Tiene corsi di dizione, calligrafia, cartonaggio e teatro anche nelle scuole.
Si dedica alla fotografia; ha due rubriche settimanali sul quotidiano on-line «RagusaOggi», scrive e racconta storie, alcune pubblicate sul mensile «Gazzettino Ibleo».
Ha un romanzo per ragazzi nel cassetto che prima o poi conta di pubblicare col titolo provvisorio di «Il viaggio di Isacco».

Adelina Valcanover con l’esperienza raccolta in anni d’insegnamento nelle scuole e frequentazione dell’ambiente teatrale rivolge, nella seguente intervista, la propria esperienza a tutti quelli che fanno uso dalla parola parlata e scritta, anche attraverso l’Associazione Culturale «Amici di parola» di cui è Presidente.  
 
Signora Adelina com’è nata la passione per la calligrafia?
«Credo fin dalla prima classe elementare, all’epoca c’era l’ora di calligrafia. Da adulta ho ripreso in mano gli eserciziari e mi ci sono dedicata seriamente.»
 
 
Lei che è stata un’insegnate di precedente generazione, cosa ne pensa della didattica digitale nelle scuole?
«Bene e male. Non è giusto demonizzare strumenti che possono essere utilizzati in modo proficuo, reputo però sbagliato partire da un mezzo come questo, senza prima imparare con i sistemi manuali. Capita poi di usare la tecnica informatica in modo non appropriato.»
 
Qual è la differenza tra l’uso del gesso e quello delle nuove lavagne elettroniche?
«Mi permetta una battuta. Si mangia meno polvere con la tecnica informatica. Ma non è detto che si impari di più e meglio! Solo più comoda.»
 
Trova corretto inchiodare per ore a uno schermo luminoso dei ragazzi che già trascorrono tanto tempo collegati a video, telefoni, videogame, tablet, ipod, etc.?
«Vorrei qui citare testualmente la risposta a una domanda analoga datami dall’esperto informatico Franco Savio, che rispecchia in modo chiaro anche il mio pensiero del mondo dell’informatica a scuola.» 
 
«Intanto dobbiamo chiarire cosa intendiamo per «informatica» a scuola. Già da tempo le scuole si sono dotate di aule informatiche dove i ragazzi possono apprendere e utilizzare diverse applicazioni.
«Successivamente sono state implementate in molte classi le cosiddette «lavagne elettroniche» (LIM) ad uso dei docenti più capaci di maneggiare le nuove tecnologie.
«Questo strumento consente di presentare alla classe un’offerta più ricca di materiale e documentazione, apre all’interattività, al crossing tra strumenti tradizionali e informatici, permette di inserire contributi online e di effettuare presentazioni personalizzate di elevato contenuto ed interesse.
«Ultimamente si stanno verificando diverse sperimentazioni che prevedono l’utilizzo dei tablet da parte degli studenti.
«Questa nuova metodologia, assolutamente rivoluzionaria, stravolge completamente le metodologie didattiche, prefigura l’abolizione dei libri ed in generale modifica radicalmente l’approccio fisico e mentale dello studente agli strumenti ed alle logiche di formazione.
«Devo ammettere che questa innovazione mi suscita considerazioni contraddittorie. Da un lato accolgo positivamente questa innovazione, che allinea la scuola agli strumenti che già i ragazzi usano normalmente nella vita quotidiana, e permette di attingere ad informazioni, immagini, video assolutamente impensabili fino a ieri. Inoltre dà modo alla scuola di riprendere in mano un percorso educativo che aveva un po’ perso negli ultimi anni.
«Sostanzialmente ha la possibilità di reindirizzare a forme produttive e organizzate le sterminate informazioni che attualmente sono nella disponibilità dei ragazzi grazie ad internet, e di educarli ad un utilizzo consapevole delle tecnologie (tablet, smartphone, computer) che i ragazzi stessi spesso utilizzano in maniera disordinata e confusa.» 
 
«D’altro canto mi pongo diversi dubbi che, allo stato attuale, restano irrisolti.
«Innanzitutto mi pare che manchi completamente da parte della scuola (intesa come organizzazione del sapere di una comunità nei confronti dei propri giovani) il governo dei processi formativi e delle metodologie didattiche veicolate da questi nuovi strumenti di lavoro e di studio.
«Sostanzialmente il tutto è demandato al fornitore delle tecnologie, che non solo (doverosamente) aggiorna i docenti sulle funzionalità degli strumenti, ma si assume anche la responsabilità di fornire loro la formazione sulle metodologie, gli obiettivi didattici, ecc. Questo fatto mi lascia profondamente perplesso: come se il concessionario di automobili, oltre a fornirmi il libretto d’istruzioni del mezzo ed eventualmente alcune lezioni di guida, si prefiggesse anche il compito di indicarmi le mete di destinazione dei miei viaggi.
«Vedo in questo un notevole rischio di contaminazione commerciale. Teniamo presente, infatti, che i tablet di per sé sono inerti, devono essere riempiti di contenuti fruibili (libri digitali, applicazioni, ecc.) a spese della famiglia. Quindi si aprono sterminate praterie di guadagno per chi commercializza questi prodotti ed i loro contenuti.
«Altro argomento controverso è la formazione dei docenti, il loro approccio alle nuove metodologie, la capacità di governarle nei confronti di una popolazione giovanile molto più esperta di loro. 
«La domanda è: stiamo innovando veramente, o stiamo affannosamente inseguendo l’innovazione che ci ha sorpassato da anni? Come rendiamo esperta una guida che allo stato attuale possiede meno conoscenze di chi dovrebbe guidare?» 
 
E dei nuovi libri digitali cosa ne pensa: innovazione o business commerciale?
«Molto business, con le conseguenze che sono facilmente intuibili.»



Com’è cambiato oggi nelle scuole il rapporto con la scrittura fisica, l’uso di carta e penna rispetto al passato?
«L’uso manuale della penna e della matita sono troppo scarsi e le conseguenze non dovrebbero essere tanto sottovalutate. Nella mia esperienza di scuola, dove le fotocopie erano rare (più che altro schemi), facevo sempre scrivere a mano, e non accettavo lavori trascritti al pc o fotocopiati, tranne eccezioni.
«A distanza parlando con i miei ex alunni, ammettevano che quelle paginate da scrivere erano odiose perché faticose (non erano abituati), ma nelle scuole di ordini successivi è venuto loro particolarmente comodo e mi ringraziano ancora.»
  
Quanto è importante scrivere manualmente e leggere correttamente?
«Essenziale direi. Ne ho avute prove concrete. Bambini soprattutto alle elementari che erano dichiarati disgrafici, con la calligrafia hanno recuperato alla grande.
«Credo che una delle cause sia l’impostazione dell’insegnamento dove si parte dallo stampato per arrivare al corsivo, senza curare la precisione.
«È, se mi si passa il paragone, come se s’insegnasse a correre prima di camminare.»
 
Non tutti sanno che la fonetica trae le sue radici dal latino e quanto sia oggi poco applicata nel comune linguaggio quotidiano, vuole spiegarci in breve la sua importanza? Suggerisca alcune regole che permettano di raggiungere una perfetta oratoria.
«La comunicazione è molto più efficace se si usa la vocalità come un perfetto strumento musicale e i nostri ragazzi non sono abituati; spesso però, neanche i docenti lo sanno fare. Accenti e modulazione della voce sono importantissimi. Prendiamo i classici, per dire: letti e spiegati nel modo adatto sono bellissimi, affascinanti e non pesanti come mattoni da digerire!
«Il latino, da cui deriva la nostra lingua, s’insegna e si studia sempre meno ed è un danno enorme. Abbiamo la lingua più armoniosa in assoluto, ricca di lemmi e sfumature e si usa scorrettamente … non mi si dica che è colpa degli sms, twitter che per brevità ecc. ecc. forse qualche lettore si ricorderà del linguaggio telegrafico eppure, il linguaggio scritto e parlato era molto più ricco e appropriato di adesso.»
 
La pronunzia, la respirazione, la gestualità sono determinanti per presenziare un discorso in pubblico o una recitazione?
«Assolutamente sì, anche se perfino scuole di teatro non curano l’aspetto della dizione e secondo me è un vero peccato. A mio parere conta molto.»
 
«La voce, la modulazione, le pause quanto influenzano le parole che si vogliono esprimere?
«Come dicevo poc’anzi, fa la differenza! Ha presente come si recitavano le poesie a scuola? Bene, immagini invece una poesia narrata, nel senso che quando si narra si trasmettono anche emozioni, allora si comprendono molto meglio il testo e il messaggio del poeta stesso.
«Intendiamoci, ci sono tantissimi modi di recitare o leggere una poesia. Ai miei ragazzi leggevo lo stesso testo in varie versioni, proprio per far capire loro la differenza: imparavano divertendosi.»
 

 
La Dizione, termine che corrisponde all’antica arte del dire riassumendo in sé i significati di lettura, scrittura, recitazione, declamazione e arte del porgere, lei che lavora in Teatro vuole spiegarci in parole semplici di cosa si tratta?
«Penso che sia terapeutica. Il teatro che racchiude in fondo un po’ tutti questi aspetti è una cura oltre che un piacere.»
 
L’Associazione Amici di parola di cui lei è Presidente, esiste una similitudine nei contenuti di questa intervista?
«Esiste proprio perché il nostro modo di fare teatro, che è a leggio, ossia noi la maggior parte dei testi li leggiamo, ma nel contempo li recitiamo ottenendo un risultato molto interessante. Tra l’altro, ci dedichiamo molto alla ricerca dei testi di classici.
«Un esempio: gli ultimi tre lavori, in ordine di tempo, del nostro repertorio sono tre grandi poeti italiani: Leopardi, Pascoli e Saba. La rappresentazione è incentrata e basata sullo schema dell’intervista impossibile: espediente che permette un approccio insolito e immediato con gli autori proposti, consentendo di illustrarne la biografia e la poetica in modo accattivante.
«Tutto questo porta lo spettatore a scoprire, in modo diverso e incisivo, il senso profondo delle liriche presentate nei vari incontri. I momenti di dialogo sono intervallati in giusta misura dalle poesie che vengono lette in modo espressivo, suscitando emozioni e rendendo al contempo stimolante e piacevole il loro ascolto.
«Questo lavoro, assolutamente originale nel suo genere, risulta particolarmente adatto agli studenti delle scuole superiori che nei loro programmi scolastici affrontano gli autori citati.»
 

 
Com’è nata l’associazione Culturale Amici di Parola?
«Semplicemente da un gruppo di compagni di corso di Giorgio Dal Piai (insegnante di dizione, leggere e parlare in pubblico) che, diventati amici, hanno deciso di mettersi insieme fondando l’Associazione Culturale Amici di Parola.
«Devo dire che è un’esperienza che arricchisce anche noi tutti. Ci divertiamo e scopriamo, o meglio, riscopriamo i grandi autori e cerchiamo di ritrasmettere al pubblico la nostra esperienza.»
 
Chi sono i componenti del gruppo?
«Siamo pochi ma buoni, come si dice. Lettori-attori sono: Licia Beltrami, Leonardo Debiasi, Fiorenzo Pojer e la sottoscritta; cura le ricerche letterarie e i copioni Maria Pia Andreotti; l’audio, le luci è compito di Marisa Rita Gardin.
«Ulteriori informazioni sono visionabili nel servizio prodotto da Telepace in occasione dalla Rassegna ragazzi in palcoscenico dove viene presentato anche lo spettacolo Pinocchio chi era costui (per vederlo, cliccare l’immagine che segue).
 
 
 
Quali e che tipo di spettacoli presentate?
«Come ho detto siamo attori a leggio (scuole, biblioteche, teatri, sali polifunzionali, ecc.), abbiamo una scenografia essenziale e minima. Questo ci permette di adattarci anche a spazi relativamente piccoli o non attrezzati.

Qual è il vostro repertorio?
«Ora il nostro repertorio è abbastanza ampio: da Goldoni a Pirandello, i poeti Leopardi, Pascoli e Saba, in preparazione abbiamo anche Dante e i poeti maledetti e altri… Spaziamo anche con autori stranieri (Lee Masters, tanto per citare) con brani in lingua originale.
«In collaborazione con Vox Populi, I miti di Troia in cui si legge, oltre che in italiano, in greco, latino, norreno e turco, grazie a Ermanno Visintainer che è poliglotta. Insomma siamo orgogliosi del percorso fatto in cinque anni dalla fondazione dell’Associazione.»
 
Qual è la programmazione futura? E per quali utenti?
«Gli utenti sono dai tre ai novant’anni, ma puntiamo molto sulle scuole superiori. Credo che sia un target che merita di studiare i classici con piacere. Per quanto riguarda la programmazione futura, ho già risposto sopra.»
 
Quale migliore occasione per chiudere l’intervista con una citazione?
«Chiudo con una mia breve poesia scritta in corsivo inglese.»
 
 
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Adelina Valcanover - adelinavalcanover@gmail.com
(Disponibile anche per informazioni riguardo l’associazione Culturale Amici di Parola)

Gentile signora Valcanover,
 
Ho letto con interesse l'articolo riguardo le sua attività, soprattutto in ambito calligrafico.
Sono uno dei fondatori dell'Associazione Calligrafica Italiana
(www.calligrafia.org) e da molto tempo mi occupo della storia della scrittura e della calligrafia italiana per cui non posso che congratularmi con lei per le sue iniziative che spero possa portare avanti e la prego di volermi informare sulle sue attività che riguardino questi aspetti.
 
Attualmente sono curatore scientifico di una raccolta documentaria sull'argomento che si trova vicino a Milano (presso la fondazioneperleggere ) dove si trova moltissimo materiale sull'argomento, dalle storie della scrittura e degli strumenti scrittori ai manuali di calligrafia,  antichi e meno antichi.
L'anno scorso ho pubblicato un testo sulla storia della calligrafia; se è interessata gliene farò omaggio, salvo spese di spedizione.
 
PS: a proposito di L'Adigetto.it, volevo anche informarvi che uno dei più importanti calligrafi dell'Ottocento, Bartolommeo Ponzilacqua, era originario di Lendinara.
 
Cordiali saluti
Francesco Ascoli
 
Curatore scientifico Raccolta documentaria sulla storia della cultura scritta d'età moderna presso la Fondazioneperleggere di Abbiategrasso (MI)

 

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