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Storie di donne, letteratura di genere/ 36 – Di Luciana Grillo

Erika Maderna, Medichesse: «Se gli uomini hanno dominato l'universo delle parole, le donne hanno avuto potere sul mondo delle cose»

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Titolo: Le medichesse. La vocazione femminile alla cura
Autrice: Maderna Erika 
 
Editore: Aboca Edizioni 2012
Pagine: 144, brossura
 
Note: Copertina morbida con bandelle
Prezzo: € 19,50
 
Il sottotitolo potrebbe risultare deviante, far pensare che questo bellissimo libro, impaginato con grande eleganza, dotato di un ricco e affascinante apparato iconografico, sia un elogio alle donne tradizionalmente considerate come persone per natura «vocate alla cura».
Invece l’autrice, Erika Maderna, etruscologa e archeologa, ha voluto offrirci un vero e proprio omaggio al contributo indispensabile che le donne hanno dato alla scienza medica, all’erboristeria, alla cosmetica.
E dunque, partendo dalla considerazione che «fin dai tempi molto antichi il primato femminile sulle conoscenze erboristiche» rientrava nella suddivisione dei compiti tra uomini e donne.
 
La divinità più antica, che «racchiudeva in sé tutti i simboli legati al mondo naturale, animale e vegetale, e tutti gli schemi ciclici, trasformativi e rigenerativi, che regolavano la vita», è Potnia, l’augusta, la veneranda, la sovrana, la signora.
Successivamente, nel mondo greco-romano, comparvero altre divinità come Era/Giunone, Artemide/Diana, Atena/Minerva, ecc., tutte con diversi ambiti di intervento, ma tutte guardiane di un proprio giardino, tutte dette pharmakìdes.
Ma le prime riconosciute donne-medico furono Igiea, protettrice delle pratiche riguardanti la salute, e Panacea, che consentiva la guarigione con l’uso di erbe e piante.
È anche noto che la compagna di Paride, la ninfa Enone, era stata allieva di Apollo ed era diventata un’esperta di erbe.
Altre medichesse sono ricordate nel mondo egizio, come la saggia Polidamna.
 
Poi, l’autrice cita i «farmaci molesti», quelli di Circe e Medea, la prima che, trasformando i compagni di Ulisse in maiali, dimostra «simbolicamente la rivalsa del potere della donna sulla sfera maschile», la seconda che, grazie alla «conoscenza di tutte le erbe che crescono sui monti della Tessaglia, si fa individuare come strega, creatura malefica, degenerata nella sua femminilità».
Naturalmente, donne accusate di essere streghe sono presenti (e citate) in tanti autori classici, da Tito Livio a Orazio, Ovidio, Apuleio…
Viene ripresa anche una legge, la «lex Cornelia de sicariis et veneficiis», che, promulgata nell’81 avanti Cristo condannava a morte chi usava arti magiche e veleni per uccidere.
Cinquanta anni dopo, maghi e astrologi, fra cui abbondavano le donne, furono addirittura cacciati dalla città.
 
Nel passaggio dal mondo pagano a quello cristiano, le cose non andarono meglio per le donne che si dedicavano in particolare alla cura delle altre donne che aiutavano a partorire o ad abortire.
La Maderna non si limita a raccontare la storia delle medichesse, cita le fonti e persino le ricette, come la «terapia a base di zuppa d’orzo, il pessario concepitorio, per il concepimento della donna», ecc.
E poi salta all’ XI secolo, per parlarci della famosa Scuola Medica Salernitana, voluta dalla principessa Sichelgaita di Salerno, «donna di ampia cultura, seconda moglie di Roberto il Guiscardo, la quale si era in prima persona dedicata allo studio dell’arte medica ed erboristica».
Come Scuola vera e propria, nacque durante il regno di Ruggero il Normanno (1134) e fu istituita ufficialmente da Federico II: la Scuola aprì alle donne la possibilità di studiare insieme agli uomini.
 
La figura femminile più illustre è Trotula de Ruggero, moglie di un medico e madre di due medici.
A lei sono attribuiti alcuni testi relativi alle malattie delle donne, ai trattamenti e alla cosmetica, il «Trotula major e il Trotula minor».
Erika Maderna, però, non si interessa solo di medichesse italiana: ben circostanziate e sempre di gradevole lettura sono le pagine dedicate al mondo europeo della medicina, dove le donne entrarono ben più tardi!
E non dimentica nemmeno le donne che curavano gli umili, come Fabiola, discepola di San Girolamo, o Santa Radegonda che «oltre al pasto quotidiano con cui rifocillava i poveri, …lei stessa cinta di un panno lavava le teste ai poveri…puliva croste, scabie…estraeva anche i vermi…leniva le ulcere…calmava l’infezione della malattia con olio…secondo quanto dice il Vangelo», o Ildegarda di Bingen, guaritrice mistica e indagatrice della natura umana, e le alchimiste, come ad esempio Caterina Sforza, autrice di un esaustivo ricettario medico e cosmetico (circa 400 ricette di farmacopea, medicina, cosmesi, profumeria e chimica).
Ecco dunque le «Medichesse» che Erika Maderna ci fa incontrare, delle quali ci racconta la vita, ci mostra i ritratti, ci suggerisce le ricette: cosa chiedere di più?
  
Luciana Grillo
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