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Il «Castelletto» dei vescovi

È l'edificio tra il Duomo e il Palazzo Pretorio

Con il termine «Castelletto» ci si riferisce all'edificio incuneato tra il Duomo e il Palazzo Pretorio: oggi esso include, cominciando dall'alto, la grande sala dove è esposto dal 1995 il tesoro del Duomo; subito sotto, un locale che ospita la sezione di scultura lignea; quindi la sacrestia del Duomo e infine l'aula di S. Giovanni. Accanto a questa disposizione, legata evidentemente all'uso attuale, va individuata la funzione storica dei singoli locali:

- La sala superiore era in origine l'abitazione privatissima del principe vescovo, che per la sua attività di governo utilizzava l'adiacente palazzo, a lungo denominato Palatium Episcopatus, cioè palazzo residenziale del vescovo. Nella nota biografica riferita al Vanga, contenuta nel Dittico Udalriciano, si afferma che Federico riedificò, sopraelevandolo, il palazzo vescovile con la cappella, deteriorato dal tempo e da un incendio. Si può pertanto attribuire al Vanga la realizzazione di questo ambiente monumentale. Nel 1962 fu scoperta l'unica via di comunicazione fra il piano nobile del palazzo e questa grande sala: una scala di trentatré gradini ricavata nello spessore del muro, occultata nel corso dei rimaneggiamenti subiti dall'edificio e per questo completamente dimenticata.

- Il locale sottostante occupava la porzione maggiore dell'edificio e costituiva la ragione d'essere dell'intera costruzione: era il cuore della residenza vescovile strutturato secondo le forme caratteristiche della cappella palatina, presente in tutti gli edifici medievali di corte. La cappella, dedicata ai santi Biagio e Lucia, fu consacrata il primo novembre 1071 dal vescovo di Trento Enrico I. Costituiva un corpo a se stante rispetto alla cattedrale ed aveva funzione ben distinta: era un luogo sacro, ma al contempo ospitava il tesoro, l'archivio e la cancelleria del principato, gestiti dai cappellani, dipendenti dal vescovo e nettamente distinti dai canonici. Quale tipica cappella palatina, spaziava fortemente in altezza (circa 10 metri); aveva una sorta di pontile interno, utilizzato dal vescovo per raggiungere la loggia prospiciente il coro della cattedrale e di qui, tramite una scaletta in pietra di cui si conservano ancora le tracce, scendere in duomo. La cappella fu rinnovata dall'Hinderbach, come attesta la lapide qui murata con la data 1486, lo stemma del vescovo e il suo motto "A DOMINO FACTUM EST". Dal 1579, seguendo le istruzioni impartite da Ludovico Madruzzo, fu adibita ad aula capitolare e a sacrestia, diventando di fatto un locale a servizio della cattedrale.

- Sotto il piano pavimentale della cappella palatina, a una quota ancor oggi documentabile, si poneva un altro sacello di eguale superficie ma di altezza interna inferiore. Questa seconda cappella, dedicata a S. Giovanni Battista, fu consacrata contemporaneamente all'altra dal vescovo di Feltre, Tiemone.

Le trasformazioni impresse all'area presbiterale del duomo in occasione della realizzazione, nel 1743, dell'imponente altare marmoreo a baldacchino, si ripercossero sulla distribuzione interna del Castelletto. L'abbassamento della quota pavimentale di coro e presbiterio costrinse a effettuare un'operazione analoga nella cappella palatina. Di conseguenza venne ridotta notevolmente la volumetria della cappella di san Giovanni, che assunse la fisionomia di un basso locale seminterrato. Nella cappella di san Biagio, tramite l'inserimento di un nuovo solaio, furono ricavati due vani sovrapposti: quello inferiore continuò a fungere da sacrestia; quello superiore ebbe usi diversi, fino a divenire spazio museale.

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