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Alla ricerca del gusto, alla riscoperta della «Cantinota»

Il ristorante storico di Trento ha arricchito la tradizione trentina di un tempo con la cucina di alta qualità di oggi

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Alla ricerca del gusto, come insegna il titolo della rubrica del nostro giornale dedicato alla cucina dei ristoranti, siano andati alla Cantinota, locale storico della città di Trento.
Il ristorante era stato creato da «Gianni» 55 anni fa  negli scantinati lasciati liberi dalla cantina Cavazzani in Via San Marco, che si era spostata alla Cavit.
Per anni la Cantinota è stata uno dei due soli locali di Trento dove si poteva mangiare qualcosa anche a mezzanotte. L’altro era La Vecchia Trento, di fronte al Centro Santa Chiara.
Allora i giornalisti, che finivano normalmente di lavorare dopo mezzanotte, se volevano mandar giù un boccone, avevano poca scelta. Ma se per gli spaghetti si andava alla Vecchia Trento, per il risotto si andava alla Cantinota. Il risotto al teroldego di Gianni era famoso in tutto il Trentino Alto Adige.
Erano altri tempi, basti pensare che l’unico spumante trentino disponibile allora era il Ferrari. Il quale era poi stato affiancato dall’Equipe 5, fino ad arrivare ai giorni d’oggi, dove il TrentoDoc offre un vasta gamma di spumanti trentini, fortunatamente tutti i alta qualità.
Gianni era andato in pensione circa 25 d’anni or sono, lasciando il ristorante ai suoi dipendenti. Dopo un paio d’anni la gestione veniva poi dagli stessi ceduta all’attuale proprietario, Mauro Ionez, che insieme al figlio Filippo sta portando avanti alla grande l’esperienza di Gianni, scomparso ahimè da una decina d’anni.
 

 
Insomma, siamo andati a provare oggi gli antichi sapori della Cantinota per vedere quanto si discostano da quelli di allora.
Il locale ha tre disponibilità. Il ristorante a livello strada, dove si servono pasti per così dire normali, cioè dove possono sedersi anche i lavoratori dipendenti che pagano con buoni pasto.
Poi c’è il giardino, recuperato da Mauro Ionez nella corte del palazzo, che d’estate è una delizia.
Infine, il ristorante vero e proprio che sorge nello scantinato d’un tempo. Come sempre c’è anche un pianoforte, dove un paio di serate alla settimana viene usato e la gente si diverte fino a tardi.
Come si ricorderà, si è accesa anche una diatriba sull’opportunità che un locale possa far divertire la gente anche se ai piani alti del palazzo c’è qualcuno che vuole dormire. La vicenda non si è ancora conclusa ma ci auguriamo che l’antica tradizione musicale della Cantinota possa continuare a vivere in una città che - grazie a Dio - ha ancora voglia di divertirsi.
 

 
Come sempre abbiamo lasciato che anche in Cantinota fosse il titolare a suggerirci i piatti da provare.
E Mauro, che ci ha accolti con uno spumante Pisoni per preparare lo stomaco, ha disposto che ci venisse servito un antipasto di pesce.
Vediamo il piatto in foto. Contiene un gamberone in bella vista, uno spiedino di gamberi impanati, un rotolino di carpaccio di trota e uno di salmerino.
A parte il gambero, decisamente delizioso, e i gamberetti decisamente golosi, i due carpacci erano di una delicatezza tale da sostenere alla grande il confronto con i più blasonati salmone e spada.
Proprio per la presenza di crostacei di mare e pesci di montagna, il piatto si chiama «Mari e Monti».
Volendo, si tratta di un piatto unico a tutti gli effetti con un prezzo più che abbordabile. Lo suggeriamo come tale.


 
Noi però abbiamo proseguito il pranzo con il risotto al teroldego, il piatto che aveva reso famoso Gianni nel mondo.
Il vino proviene dal consorzio di Mezzolombardo e viene usato sia per cucinare che per innaffiare il pasto.
Il riso è rigorosamente il vialone nano, cucinato espresso, con l’aggiunta di grana e mantecato con una goccia di burro e un cucchiaino di panna.
Il risotto al teroldego era quello che ci aspettavamo. Consumato a mezzanotte è considerabile anche lui un piatto unico, perché risponde ai mille sapori che si desiderano quando si fanno le ore piccole.
 

 
Chi volesse farsi normalmente un pasto completo alla Cantinota, solitamente si ferma lì.
Ma, ahimè, noi eravamo lì per scrivere un servizio sulla cucina del ristorante e abbiamo dovuto andare avanti…
«Mauro, cosa ci consigli come secondo?»
E Mauro non ha avuto dubbi: il filetto di cervo. 
«La cucina della Cantinota - ci ha spiegato - vuole proporre piatti del territorio coniugati con l’esperienza della migliore cucina del mondo.»
Il filetto di cervo è stato una sorpresa. Presentato su un letto di mirtilli freschi e teroldego, la morbidezza era davvero unica, al punto che lo si sarebbe potuto tagliare con la forchetta.
Di contorno abbiamo trovato patatine novelle al forno avvolte in sottili fogli di speck e il broccolo. Attenzione alla temperatura delle patatine: invogliano al boccone pieno, ma per far sciogliere lo speck sono state in forno…
 

 
Il dolce era certamente qualcosa in più, ma non potevamo tirarci indietro.
La proposta di Mauro è stata in tema: pere cotte al vino di teroldego, con gelato alla crema, panna e una spolveratina di cannella.
Non sappiamo quanto possa essere gradita l’idea del dessert di pera, ma ci permettiamo di suggerirlo. Nella foto è difficile distinguere le fette della williams che sono state cucinate nel vino, ma il loro sapore è qualcosa di superbo. Sembrano quasi caramellate.
L’abbinata con la panna e la crema è particolarmente azzeccata perché si tratta di sapori che si squilibrano.
 
Insomma, non solo abbiamo trovato la cucina di un tempo, ma l’abbiamo trovata arricchita dalla crescita della cucina trentina di qualità che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante per offrire i propri prodotti e farli gradire anche ai gusti degli ospiti internazionali.
Vale la pena segnalare che il menù offre una selezione di tutto quello che abbiamo gustato noi a un prezzo fisso di 25 euro - compresi acqua e vino - secondo una scelta che lo stesso chef può suggerire d’accordo con il cliente.
In Cantinota abbiamo trovato anche un valore in più: l’atmosfera che padre e figlio Ionez riescono a creare come ai vecchi tempi.

G. e F. de Mozzi.
 
Ta. Cantinota: 0461 238527.

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