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L’arte non muore mai, neanche col Covid – Di Bruno Lucchi

«Credo di non aver mai prodotto tanto come in questo periodo. La passione per la Bellezza e la Libertà mi ha portato a scolpire la visione del mondo che verrà: l'amore»

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L'arte sta attraversando uno dei momenti più critici in assoluto, e non solo per la pandemia che ha bloccato mostre, fiere, eventi e chiuso musei, ma perché si sta allontanando dalle sue portanti naturali, la bellezza e la libertà.
L'arte contemporanea è rappresentativa di un luogo che, più di tutti, racchiude le contraddizioni del nostro tempo: solitudini, silenzi, nichilismo, assenza di valori.
La vedo come un recipiente in cui si riversano manufatti provocanti, irritanti, volgari, trasgressivi, che lasciano interdetti.
Certo, Sorprendono. Procurano stupore, ilarità, calamitano lo sguardo. Ma parlare di Arte, di Bellezza, di libertà, mi sembra sia un po' esagerato.
Probabilmente è un alfabeto a me sconosciuto.

L'attenzione al dettaglio che metteva Giotto mentre realizzava gli affreschi nella Chiesa di Assisi nel disegnare le dita delle mani, colorare le pieghe dei vestiti, la cura e l'attenzione che poneva ai particolari degli occhi o delle foglie di un albero, sapendo che nessuno avrebbe potuto scorgere quei dettagli, questa è Arte.
Follia? Sta di fatto che, a distanze di secoli, milioni di persone si recano nella città di Francesco a vedere gli affreschi del pittore toscano. Ne rimangono affascinati e il perché lo sa solo l’artista.
 

 
Mi chiedo: un artefatto che oggi desta così tanto scalpore, che va alla ricerca di qualche like, come e cosa sarà considerato fra cento/duecento anni?
La Bellezza vera, nasce, fiorisce, ma non si volatilizza in un semplice wow.
Di fronte alla Bellezza il sentimento è altro: ci si sente sciogliere.
Oggi, basta mettere un oggetto sotto una teca di vetro e voilà! ecco un nuovo artista.
Non sono d'accordo. La mia idea di Arte è altra.
Bisogna opporre resistenza, resistenza dolce, alla banalità dell'arte. A questi capolavori del nulla.
 
C'è una nota di Enrico Vaime che ho letto sui quotidiani in questi giorni, che fotografa bene lo stato attuale dell'arte.
Variate i nomi riportati da Vaime con Auguste Rodin, Arturo Martini, Medardo Rosso, Giacomo Manzù, il senso resterà ben comprensibile: «I comici una volta erano Gino Bramieri, Walter Chiari, Macario, Eduardo De Filippo, tutti artisti che venivano dal teatro, oggi invece vengono dai villaggi turistici».
 

 
Con l'avvento della fotografia nella prima metà dell’Ottocento, l'arte figurativa si è trovata costretta a cercare soluzioni alternative a quelle che la «neonata ottava arte» viene ad offrire. E ci è riuscita mirabilmente.
È sufficiente citare nomi come Monet, Van Gogh, Manet, Cezanne, Picasso, Matisse nella pittura, o Medardo Rosso, Auguste Rodin nella scultura per vedere quanto le loro opere siano state innovative.
Oggi il miracolo creativo di allora, dopo l'avvento di Internet, non si è ripetuto.
Credo che la colpa non sia da addossare a Pinterest, Instagram o a Youtube, che sono comunque fonti inesauribili di idee creative. È il loro utilizzo che deve essere usato con intelligenza.
 
Tutto oggi viene spettacolarizzato. Tutto deve fare rumore per attirare attenzione.
Tra le migliaia e migliaia di immagini che scorrono davanti ai nostri occhi, memorizziamo quelle che urlano così tanto da non comunicare assolutamente nulla.
E così, il nostro sguardo si sofferma su una banana attaccata con del nastro adesivo su di una parete e, non contento, sul suo furto programmato e illuminato da potenti proiettori che vanno ad oscurare tutto ciò che di buono c'è intorno.
Ci soffermiamo sull'eccesso, e perdiamo il bello nascosto dal clamore. Ci hanno sedotti. Hanno rubato la nostra curiosità.
 

 
Dobbiamo re-imparare a guardare. La prima attività del mio lavoro artistico consiste nel girovagare alla ricerca di stimoli.
Io sono un cacciatore di stimoli. Con attenzione, li guardo, li colgo. Poi li studio, li rielaboro. Li trasformo in Arte. Sculture.
L'amico Ezio Bosso diceva che «la Musica Classica è libertà», per questo la definiva Libera. Tutta l'Arte lo è: libera.
 
Eppure mi reputo fortunato. Nonostante tutto, in questo periodo di isolamento, la noia non è stata mia compagna di viaggio.
Anche alcuni amici artisti, con cui spesso mi confronto, sostengono proprio di aver trovato note positive nel lockdown.
Nel mio caso è stato senz’altro così. Credo di non aver mai prodotto tanto come in questo periodo, anche a livello qualitativo.
Non dovevo fare numeri, ero libero di fare qualità. Ancora, di nuovo, Libertà.
Ma ritengo che abbia avuto riflessi positivi anche su tante persone. La gente, costretta a stare a casa, ha compreso quanto l’Arte sia fondamentale per rasserenare la vita di un recluso.
Leggo sui giornali che è stato rivalutato lo spazio casa. Confido che le persone prestino più attenzione al desiderio di essere circondati da oggetti belli, che poi sono le cose che rendono l'animo più sereno.
 

 
Plasmare, è il mio modo di scrivere, di comunicare, di esprimermi.
Costantemente sedotto dalla bellezza e dall'armonia di forme e proporzioni, tendo a coglierne l'essenza più profonda.
Se dovessi scegliere, tra le mie opere, quella che più mi rappresenta penso che la scelta cadrebbe su «Equilibri». Nella copertina, tra l'altro, di un mio catalogo del lontano 1995.
Il titolo è importante; è un gioco di equilibri, una ricerca continua, infinita, tra armonia e proporzione. Equità. Giustizia.
È un'opera ancora in «work progress». Un susseguirsi di emozioni, un miscuglio di formule magiche che si intrecciano e creano nuovi sguardi. Opera in evoluzione, alla ricerca della perfezione.
 
Ora sto «costruendo casa» alle mie opere. Ho acquistato alcuni capannoni a Levico Terme e li sto ristrutturando per creare il «Molo 51». Uno spazio dove far confluire le mie opere quando partono e tornano da mostre o esposizioni.
Immagino questa casa come una fucina dell'arte vissuta. Un flusso continuo di esibizioni musicali, teatrali, mostre, incontri.
Lì c'è Pensatore - un'opera che ho realizzato per la mostra Parole scavate al Forte delle Benne qui a Levico, in occasione del Centenario della Grande Guerra - che rimugina, corruga la fronte, si impugna il mento, si fruga nella mente, non riesco a capire se è felice o meno di questo mio progetto.

L’Arte non va spiegata. Al massimo, noi artisti senior dovremmo dare l'esempio.
La vita di artista è un'avventura. Una sfida continua, Un viaggio continuo tra studio, forma, ricerca, curiosità. Lo scultore lavora sempre. Ventiquattr'ore su ventiquattro. A qualsiasi ora del giorno e della notte pensa, crea, cerca, desidera, sperimenta, indaga, immagina, esplora.
La mia vita la vivo così, così come la sogno.
L'Arte vive soprattutto grazie ad un sentimento racchiuso in una parola: Passione.
Van Gogh andava continuamente a vedere musei, osservare quadri, sculture, imparare a conoscere gli artisti, la loro vita.
Si avventurava nella natura per carpirne i dettagli poi si portava a casa qualcosa: una suggestione, un'idea, uno spunto per riflettere.
Da lì, poi, creava capolavori.

Bruno Lucchi


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