Home | Rubriche | Centenario della Grande Guerra | Cent’anni fa la Battaglia di Verdun – Terza parte

Cent’anni fa la Battaglia di Verdun – Terza parte

Quota 304 del campo di battaglia è oggi segnata sulle cartine geografiche con l’altezza di 297 metri: ben 7 metri vennero spazzati via dai cannoni di Falkenhayn

image

Resti del villaggio di Ornes, situato nella foresta antistante Verdun, distrutto e mai più ricostruito dopo i bombardamenti tedeschi del 1916.

(Seconda parte)
 
Come abbiamo visto nella puntata precedente, Pétain aveva salvato la situazione a Verdun e messo in difficoltà i tedeschi, che si trovarono costretti ad attaccare sia sulla riva sinistra che quella destra della Mosa, ma senza ottenere risultati apprezzabili e a costi sanguinosissimi.
Lo scontro era diventato si una «battaglia di sterminio» ma, contrariamente ai piani di Falkenhyn, adesso coinvolgeva anche i tedeschi.
Pétain era giunto alla realistica considerazione che Verdun, persa o riconquistata, non avrebbe cambiato le sorti della guerra e di conseguenza gli uomini andavano risparmiati per altre iniziative.
Ma Joffre, dal comando supremo, voleva di più. Voleva un contrattacco in grande stile che riportasse alla Francia i territori perduti, e magari ancora di più.
Dall’altra il Kronprinz, che era al comando 5ª armata a sud ovest di Verdun, contrariamente al progetto di Falkenhayn voleva conquistare i forti circostanti la cittadina di Verdun.
Se quest’ultimo poté agire di testa sua, dall’altra fu necessario promuovere Pétain a incarichi più elevati e sostituirlo con Nivelle.
 

 
Il generale Nivelle era esattamente quello che al comando supremo si aspettavano da un condottiero sul campo: solo il contrattacco e la conquista delle linee nemiche potevano far cessare la battaglia.
La prima occasione gli si presentò quando gli stessi tedeschi provocarono una sciagura che portò alla morte di migliaia di commilitoni. Cosa era accaduto?
Contrariamente agli ordini ricevuti, gli artiglieri continuavano a svuotare le bombe a mano per… scaldarsi il caffè. A quanto pare, sarebbe stata una di queste irresponsabili leggerezze a provocare l’esplosione di un deposito di bombe a mano, che a sua volta fece esplodere un deposito di carburante per lanciafiamme, che si spinse in tutti i corridoi fino ad arrivare al deposito dei proiettili di artiglieria.
La deflagrazione portò alla morte di 650 soldati. Un’intera guarnigione, compreso lo stato maggiore.
Accortosi della tragedia, il generale francese Nivelle scagliò il generale Mangin che scatenò l’attacco per conquistare forte Douaumont. L’attacco riuscì e in breve il forte fu riconquistato.
L’indomani, però, mentre Mangin consegnava a Nivelle i nomi degli ufficiali degni di decorazione, i tedeschi riconquistarono il forte con l’aiuto di lanciafiamme d’assedio.
Pétain, che era stato contrario all’iniziativa di conquistare il forte Douaumont, si assunse comunque la responsabilità della sconfitta. Un gentiluomo.
 

 
Tutti i forti che difendevano Verdun vennero attaccati dai tedeschi in momenti successivi, mentre i francesi resistevano a oltranza e in certi punti contrattaccavano.
L’impegno dei tedeschi si portò verso la conquista di Fort Moulainville (gemello di Fort Douaumont), che venne assediato dalle «grandi Berta» che vi causarono enormi danni.
Per non subire grosse perdite, le guarnigioni francesi avevano imparato a ripararsi nelle trincee al di fuori del forte durante il giorno, per poi ritornare nelle posizioni la notte.
Ma anche i tedeschi avevano i loro problemi: l'utilizzo costante dell'artiglieria aveva danneggiato le canne degli enormi pezzi da 420 mm che erano diventati molto imprecisi, e a volte erano esplosi durante gli spari. In vista dell'attacco quindi, i tedeschi poterono impiegare solo 4 Berta invece delle 13 impiegate a febbraio, che vennero concentrate sui due forti di Souville e Vaux.
 

 
La storia del forte di Vaux merita essere raccontata.
Il 1º giugno partì l'attacco alle trincee difensive del forte di Vaux, che furono sopraffatte interamente il giorno dopo, mentre un terribile fuoco di sbarramento tedesco pioveva sul forte.
All'alba del 2 giugno il fuoco di sbarramento cessò di colpo, e la 50ª divisione comandata dal maggior generale Erich Paul Weber iniziò immediatamente l'attacco verso il forte.
Appena i soldati tedeschi arrivarono nel fossato del forte, una pioggia di proiettili si riversò su di loro. Nonostante questo, alle 5 del mattino uno dei più importanti capisaldi del forte cadde in mano tedesca, e dopo ore di duri combattimenti nel pomeriggio ormai le strutture esterne del forte erano in mano tedesca.
I combattimenti si spostarono quindi all'interno, tra le buie gallerie del forte, dove i francesi si erano barricati e dove entrambi gli schieramenti combattevano tra angusti corridoi, in una battaglia illuminata solamente dalle granate che a causa degli spazi ristretti, causavano ferite orribili.
Il 4 giugno, Robert Nivelle ordinò un immediato contrattacco contro gli occupanti di fort Vaux, ma senza esito. La confusione giunse ai massimi livelli, con i tedeschi che si difendevano dagli attacchi francesi provenienti dall’esterno del forte e i francesi asserragliati all’interno del forte tutto da conquistare.
 
 
 
I Francesi non si volevano arrendere e allora i genieri tedeschi portarono all'interno del forte sei lanciafiamme. Ma la strenua resistenza francese non cessò nonostante l'utilizzo di queste terribili armi e nonostante la mancanza d'acqua nei serbatoi del forte.
In aiuto dei francesi intervenne però la batteria da 155 mm del forte di Souville, che colpì duramente i tedeschi, i quali, dopo il quarto giorno di assedio iniziarono a perdere le speranze, anche in nome delle pesanti perdite subite dall'inizio dell'attacco.
Ma il 7 giugno i francesi, oramai senz'acqua e praticamente lasciati isolati dal resto dell'esercito, non riuscirono più a resistere e consegnarono la chiave di bronzo del forte al tenente Werner Müller, capo dei mitraglieri tedeschi.
Il Kroinprinz concesse l’onore delle armi ai francesi che avevano resistito tanto e volle che gli fosse presentato il comandante Raynal.
Accortosi che l’ufficiale era senza la sciabola di ordinanza, il Kronprinz diede ordine di cercarne una francese e la diede all’eroe, comunicandogli personalmente che il generale Joffre gli aveva già concesso la Legion d’Onore.
Fu una scena toccante, anche perché i tedeschi, per conquistare forte Vaux avevano fatto massacrare quattro battaglioni a fronte della piccola guarnigione francese che aveva avuto una ventina di morti e un’ottantina di feriti.
 

 
Altre battaglie si susseguirono sanguinosissime con momenti alterni per entrambe le parti, finché il Kaiser non rimosse Falkenhayn.
Joffre decise di dar via alla battaglia della Somme, sia per alleggerire il fronte di Verdun, che per portare avanti la battaglia progettata da lui stesso, certo che avrebbe portato alla vittoria della Francia.
Della battaglia della Somme parleremo quando scadrà il centenario, il 1° luglio, qui concludiamo la descrizione dell’assurda battaglia di Verdun.
Finì il nel dicembre di quell’anno maledetto, il 1916. Tra morti, feriti e dispersi, le perdite giunsero le folli cifre di circa 500.000 francesi e 434.000 tedeschi.
Alcuni paesi vennero cancellati dalle cartine geografiche della zona e altri non furono più ricostruiti, cui ruderi vengono conservati come monumento al folle sacrificio.
Tuttora si trovano residuati bellici in tutto il campo di battaglia, costellata dalle migliaia di voragini create dai bombardamenti.
Ma la cosa più impressionante è che quota 304 è oggi segnata sulle cartine geografiche con l’altezza di 297 metri: ben sette metri vennero spazzati via dai cannoni di Falkenhayn.
 
G. de Mozzi.
(Fine)
(Precedenti)

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande