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Cent’anni fa si combatteva la settima Battaglia dell’Isonzo

I combattimenti durarono solo quattro giorni, non portarono risultati di sorta e le perdite furono terribili da entrambe le parti

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Il 14 settembre di 100 anni fa il generale Cadorna dava il via alla Settima Battaglia dell’Isonzo.
Forte della recente conquista di Gorizia, che lo aveva consolidato al vertice del Regio Esercito Italiano, aveva voluto inaugurare una nuova tattica per proseguire la sua marcia verso Trieste. Quella delle «spallate».
In altre parole scagliava gli uomini in massa su un fronte ristretto in modo da sfondare una parte delle trincee nemiche e dilagare attraverso la fessura aperta.
La battaglia venne comunque avviata su un fronte non proprio ristretto, visto che andava da Gorizia al Mare Adriatico.
 
Nei piani operativi del Comando supremo, la Terza armata italiana doveva irrompere sull'altura di Fajti (Quota 432) in direzione del Monte Trstelj per poi attaccare Trieste.
Una parola. Gli Italiani riuscirono appena a conquistare alcune trincee e una piazzaforte presso Merna.
Gli Austriaci, dopo aver fallito sugli altipiani e poi perso Gorizia, avevano reagito alla mazzata psicologica decidendo di resistere a qualsiasi attacco. Una difesa passiva articolata il cui obbiettivo era quello di non cedere neppure un metro. Tra la prima e seconda linea, infatti, ne avevano costruite altre due, munite di reticolati e magazzini di materiale bellico pronto all'uso. Gli austro-ungarici, indietreggiando lentamente erano sempre al riparo, mentre le truppe italiane avanzanti subivano il fuoco delle mitragliatrici avversarie.
Gli Italiani, che avevano pensato che dopo Gorizia le cose sarebbero andate meglio, si accorsero presto che la guerra sarebbe stata ancora lunga e terribile.
 
Il 14 settembre iniziò la battaglia. Una breve apparizione del sole aveva convinto l'Alto Commando italiano ad iniziare il bombardamento con l'artiglieria. Ma in poco tempo si scatenarono forti temporali e infine calò la nebbia.
La sera dello stesso giorno, le truppe italiane, logorate dalla pioggia, si trovarono in difficoltà ovunque anche grazie alla dura reazione austro-ungariche.
Il Comando della Terza armata italiana ordinò alle truppe di interrompere l'attacco e mantenere le posizioni raggiunte, mentre l'artiglieria doveva continuare il tiro sulle postazioni nemiche.
All'alba del 15 venne dato di nuovo l'ordine di attaccare. Le truppe italiane delle brigate Granatieri, Ferrara, Lombardia, Napoli e i bersaglieri, con in testa il 15º reggimento, attaccarono le posizioni austro-ungariche e, a sera, erano riusciti a conquistare altri 300 metri. Praticamente niente.
Il 16 e 17 settembre la battaglia si concluse. La Terza armata era stata bloccata da una difesa nemica ben più solida del previsto e, come abbiamo visto, in parte sconosciuta agli attaccanti.

La battaglia durò solo quattro giorni, ma le perdite furono terribili su entrambi i lati.
Dal 14 al 17 settembre si ebbero un folle numero di vittime: da parte italiana 20.333 soldati e 811 ufficiali. Da parte austriaca i dati indicano una forbice tra i 15.000 e i 20.000.
La follia aveva preso il sopravvento.
 
G. de Mozzi

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