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Il 31 ottobre di 100 anni fa iniziava la Nona Battaglia dell’Isonzo

Durò solo cinque giorni, portò qualche risultato all’Italia, ma costò la perdita di 73mila uomini di entrambe le parti

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La Nona Battaglia dell'Isonzo fu combattuta nel 1916 dal 31 ottobre al 4 novembre tra il Regio Esercito Italiano e quello dell'Impero asburgico.
 
Il secondo inverno di guerra si stava avvicinando, Trieste era ancora lontana, sbarrata dalle massicce difese austriache e da un’orografia decisamente ostile.
Cadorna si accorse che le riserve umane stavano assottigliandosi. Anche se la sua constatazione non aveva nulla di umanitario, il 16 ottobre diramò una circolare ai comandi delle grandi unità affinché scatenassero eventuali attacchi solo se si fosse intravvisto un punto critico.
Ma nel contempo stava completando i piani per la nona battaglia dell’Isonzo.
Nella sua tabella di marcia, le ostilità avrebbero dovuto cominciare il 24 ottobre, ma una violenta bufera fece slittare la data prima al 28 e poi al 31 ottobre.
Ancora una volta questi rinvii allertarono il nemico e la sorpresa svanì.
 
Il 30 ottobre però si verificarono parecchie manifestazioni di protesta da parte dei soldati italiani, in particolare nel 75° reggimento della Brigata Napoli. Per tutta risposta due soldati vennero fucilati sul posto.
Il 31 accadde anche presso il VI reggimento bersaglieri e anche in questo caso le sedizioni vennero soffocate nel sangue.
A questo punto Cadorna ritenne opportuno ordinare l’attacco immediato anche se il tempo era rimasto pessimo.
 
Dopo il solito bombardamento preparatorio dell’artiglieria, i soldati furono mandati all’attacco. E, nonostante le terribili condizioni psichico-fisiche, i nostri ragazzi compirono infiniti atti d’eroismo.
I soldati dei reggimenti che si erano ribellati ottennero risultati insperati attaccando alla baionetta, non tanto per paura di essere puniti ma per riscatto.
La 4ª Divisione raggiungeva con la Brigata Spezia il fronte Pecinca-Seghetti e con la Barletta il quadrivio di quota 202, 1.67 km a est di Opacchiasella sulla strada che porta a Castagnevizza.
Le truppe del XIII Corpo, benché vivamente contrastate, si spinsero fino alle pendici di quota 238 e alle prime case di Bosco Malo, ma, contrattaccate con violenza e sterminate dal fuoco avversario, furono costrette a tornare nelle trincee di partenza.
 
Nella notte gli austro-ungarici contrattaccarono sul Colle Grande, ma invano. Al mattino, però, con truppe fresche essi tornavano in modo risoluto al contrattacco con il Pecinca-quota 278.
Sovverchiata la Brigata Spezia sulla quota 278, essi piombarono sul Pecinca (quota 308), ma qui vennero fermati dalla 1ª Brigata Bersaglieri.
Nel pomeriggio non soltanto tutto il terreno perduto dagli italiani venne da loro riconquistato, ma la 49ª Divisione si spinse fino alle pendici del Monte Lupo, 285 metri a sud-est di Vertozza, e la 45ª fino a quelle del Dosso Fàiti.
 
Il 3 novembre la Brigata Pinerolo espugnò il Monte Lupo e la Toscana, al cui seguito c’era il poeta Gabriele D'annunzio (foto in basso), il Dosso Fàiti.
A nord della 45ª Divisione, la 49ª si impadroniva nello stesso giorno della quota 123 e del costone di roccia di quota 124, entrambi nei pressi di Vertozza.
Il XIII Corpo d'armata, rimasto in posizione arretrata, tentò il giorno 4 novembre una manovra di aggiramento, puntando dalla strada Opacchiassella-Castagnevizza verso Sella delle Trincee al fine di avvolgere le forze che si opponevano all'avanzata italiana e spazzare il territorio antistante a Castagnevizza.
Il movimento, tentato da una colonna della 47ª Divisione, non ebbe esito fortunato.
 
Le perdite erano spaventose su tutta la linea, eppure tutto aveva fatto pensare a Cadorna che con un ultimo sforzo la linea di difesa austriaca avrebbe potuto cedere.
Boroevic in effetti aveva dovuto mandare a rinforzo fino all’ultimo uomo.
Ma Cadorna non lo venne a sapere e al momento meno opportuno, quello stesso 4 novembre, sospese le operazioni, invitando i comandi a consolidare le posizioni conquistate.
 
La Nona battaglia dell’Isonzo, come abbiamo visto brevissima, fu quella che diede i migliori risultati delle ultime tre. Ma a un prezzo assurdo.
In tre giorni abbiamo perso 40.000 italiani e 33.000 austriaci. Alcune grandi unità italiane persero il 70% degli uomini.
Cadorna però non era ancora appagato. Progettò un nuovo attacco per il 7 dicembre, ma per fortuna le condizioni atmosferiche non gli permisero di attuarlo.
 
G. de Mozzi


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