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Il 28 giugno di 100 anni fa veniva firmata la Pace di Versailles

La Grande Guerra era ufficialmente finita, ma erano state poste le basi per la Seconda guerra mondiale – L’Italia non ottenne la Dalmazia ma l’Alto Adige

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Il primo ministro del Regno Unito Lloyd George, il presidente del Consiglio italiano Orlando, il presidente del Consiglio francese Clemenceau e il presidente degli Stati Uniti d'America Wilson.

Il Trattato di Versailles che pose ufficialmente fine alla Prima guerra mondiale fu sottoscritto al termine della Conferenza di pace di Parigi da 44 Stati il 28 giugno 1919.
Germania, Austria e Ungheria non parteciparono alla conferenza, ma dovettero comunque firmare il trattato finale dopo le minacce, da parte dei vincitori, di una ripresa della guerra se non lo avessero fatto.
Gli Stati Uniti d'America non ratificarono mai il trattato. Le elezioni del 1918 avevano visto la vittoria del Partito Repubblicano, che prese il controllo del Senato e bloccò due volte la ratifica. In seguito negoziarono una pace separata con la Germania: il trattato di Berlino del 1921, che confermò il pagamento delle riparazioni e altre disposizioni del trattato di Versailles ma escluse esplicitamente tutti gli articoli correlati alla Società delle Nazioni che invece gli altri stati avevano ratificato.
 
I giudizi degli storici sul Trattato di Versailles sono cambiati nel tempo, a volte favorevoli, a volte contrari. Ultimamente c’è qualcuno che cerca di rivalutare un po’ quel trattato, ma il nostro giudizio – siamo consapevoli di quanto poco possa contare – è e rimane negativo.
Poche volte abbiamo visto un’arroganza tale da parte dei vincitori nei confronti dei vinti, più spesso abbiamo visto tradire gli accordi presi per fare entrare in guerra un Paese come l’Italia, ma soprattutto rimane incredibile la cecità dimostrata dagli attori.
Secondo noi quel trattato è stato il preambolo al Secondo conflitto Mondiale, ma soprattutto ha siglato delle ingiustizie per le quali stiamo ancora pagando le conseguenze.
Per non andare lontani, quel trattato ha inciso profondamente sui territori del Trentino Alto Adige. Il Trentino, lo sappiamo, doveva appartenere all’Italia. L’Austria ce lo aveva anche promesso purché non entrassimo in guerra, ma l’Alto Adige – di lingua ed etnia tedesca – doveva appartenere all’Austria. E invece è stato affidato all’Italia, con le conseguenze che conosciamo tutti.
 
Chi ha seguito la nostra storia sul Centenario della Grande Guerra (che si trova a questo link raccolta nella rubrica dedicata) sa che gli Alleati occidentali, Francia e Inghilterra, ci avevano promesso – oltre a Trento e Trieste – «la Costa Dalmata». Termine piuttosto vago che consisteva nel dare all’Italia i territori austro ungarici affacciati sull’alto Adriatico.
Quando fu il momento di mantenere la parola, però, i Francesi accamparono la tesi di Wilson dell’«autodeterminazione dei popoli», per cui ogni paese doveva appartenere allo stato che conteneva le stesse etnie, lingue e cultura. La realtà era che un’Italia che avesse il controllo dell’Adriatico diventava un concorrente pericoloso per la Francia.
La scusa per disattendere le promesse stava quindi codificata nei 14 punti di Wilson. Visto il momento storico di allora e lo sfacelo dell’Impero Asburgico, non ci pare che ci fosse una logica coerente. Ma tant’è.
Quello che invece lascia allibiti è che, per pareggiare i conti, la Francia si adoperò affinché anche l’Alto Adige venisse affidato alla sovranità italiana.
Qui i principi di Wilson non vennero neppure presi in considerazione. Eppure i cittadini del Sud Tirolo erano austriaci, parlavano tedesco, erano di cultura asburgica.
 
Queste sono le incongruenze della storia.
Noi siamo felici di ospitare i cugini dell’Alto Adige, sia ben chiaro, ma ci pare assolutamente legittimo che i cittadini a nord di Salorno si sentano profondamente torteggiati dal mondo civile.
Anche se non fa parte di questo capitolo, che riguarda la sola Grande Guerra, vale la pena ricordare che alla fine degli anni Quaranta gli altoatesini furono costretti dall’accordo Hitler-Mussolini a scegliere la lingua italiana o andarsene. Una violenza a tutti gli effetti.
Non solo, alla fine della Seconda Guerra la storia si ripresentò puntuale. Non volendo lasciare all’Italia l’Istria – pretesa dal vincitore jugoslavo Tito – gli alleati confermarono all’Italia l’Alto Adige.
Sic transit gloria mundi.
 


I «quattro grandi» che giunsero al Trattato di Versailles erano il primo ministro del Regno Unito David Lloyd George, il presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau, il presidente del Consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando e il presidente statunitense Woodrow Wilson.
Al trattato fu difficile stabilire una linea comune, perché ognuno era stato trattato differentemente dai tedeschi durante la guerra. A causa di ciò, venne definito un compromesso, che – va da sé – non piacque a nessuno.
 
La Francia aveva sofferto la gran parte delle perdite durante la guerra e gran parte di questa era stata combattuta sul suolo francese.
La nazione era in rovina, con molti danni subiti da edifici storici e risorse importanti. George Clemenceau voleva dalla Germania riparazioni che permettessero di ricostruire e riparare i danni causati dai tedeschi.
In tutto, 750.000 case e 23.000 fabbriche erano state distrutte e vennero chiesti i soldi per la ricostruzione di una nazione in brandelli.
Nel 1871, Francia e Germania avevano già combattuto una guerra, e la Germania aveva preso alla Francia la zona dell'Alsazia-Lorena. Adesso le voleva indietro.
Non solo. Clemenceau voleva anche proteggersi contro l'eventualità di altri possibili attacchi futuri della Germania, e richiese la demilitarizzazione della Renania, e che truppe alleate pattugliassero quell'area. Questa venne chiamata «zona di sicurezza territoriale».
Inoltre la Francia volle anche ridurre drasticamente il numero di soldati dell'esercito tedesco in modo controllabile. L’esercito tedesco non poteva avere più di 100.000 soldati. La Germania obbedì, ma fece un esercito di 100.000 tra ufficiali e sottufficiali.
Come parte delle riparazioni, la Francia volle che le venisse dato il controllo di molte delle fabbriche tedesche.
 
Intenzione della Francia non era solo quella di punire severamente lo storico nemico tedesco, ma anche di preservare il proprio impero e le colonie.
Mentre gli USA portavano avanti una convinzione nell’«autodeterminazione» etnica o nazionale, Francia e Regno Unito volevano mantenere i loro preziosi imperi.
Clemenceau rappresentò abbondantemente la popolazione francese nel suo desiderio di vendetta sulla nazione tedesca. 
 
Clemenceau voleva anche proteggere dei trattati segreti e permettere blocchi navali attorno alla Germania, così che la Francia potesse controllare le merci importate ed esportate dalla nazione sconfitta.
Era il più radicale dei tre grandi e fu chiamato «le Tigre» per questa ragione.
 
La Gran Bretagna giocò un ruolo più defilato, in quanto il suo territorio non era stato invaso. Tuttavia molti soldati britannici erano morti sulla linea del fronte in Francia e quindi anche la popolazione britannica chiedeva una punizione dura per la Germania.
Il primo ministro Lloyd George, pur volendo delle riparazioni severe, chiese molto meno dei francesi.
Lloyd George era conscio che se le richieste francesi fossero state accolte, la Francia sarebbe diventata estremamente potente nell'Europa Centrale e un delicato equilibrio si sarebbe spezzato.
Pur volendo assicurarsi che questo non accadesse, anche lui voleva che la Germania pagasse.
Lloyd George era anche preoccupato dalla proposta di Woodrow Wilson per l'autodeterminazione e, come per i francesi, voleva preservare l'Impero del Regno Unito.
Questa posizione era parte della competizione tra i due più grandi imperi del mondo e della battaglia per preservarli.
Come i francesi, anche Lloyd George supportò i blocchi navali e i trattati segreti.
 
Dall'altra parte, Woodrow Wilson aveva una visione diversa sul come punire la Germania.
Aveva già proposto i «Quattordici punti» prima ancora della fine della guerra, che erano molto meno duri di quanto i francesi o i britannici volessero.
Poiché la popolazione americana aveva vissuto la guerra solo a partire dall'aprile 1917, sentiva di dover uscire dalla «confusione europea» il più in fretta possibile.
Comunque, il presidente Wilson voleva istituire una politica mondiale che assicurasse che niente di simile sarebbe più accaduto.
Allo scopo di mantenere la pace, venne fatto il primo tentativo di creare una corte mondiale, la Società delle Nazioni.
La teoria era che se le nazioni più deboli venivano attaccate, altre avrebbero garantito loro protezione dagli aggressori.
 
In cima a tutto ciò, Wilson promosse l'«Autodeterminazione» che incoraggiava le nazionalità (o i gruppi etnici) a pensare, governare e controllare se stessi.
Questa nozione di autodeterminazione portò un aumentato sentimento patriottico in molti paesi che erano o erano stati sotto il controllo dei vecchi imperi.
Tuttavia l'autodeterminazione era, e continua a essere, una fonte di attrito tra differenti gruppi etnici in tutto il mondo, nel momento in cui ogni gruppo cerca di migliorare la sua posizione nel mondo.
L'accettazione da parte di molti popoli del concetto di autodeterminazione fu l'inizio della fine di questi imperi, compresi quello francese e quello britannico.
L'autodeterminazione è in parte la ragione per cui così tante nazioni si formarono nell'Europa Orientale. D’altronde Wilson non voleva contribuire a incrementare le dimensioni di Regno Unito, Francia o Italia.
 
Ci furono anche lotte nelle province orientali della Germania, che erano fedeli all'imperatore, non volevano essere parte di una repubblica: la grande sollevazione polacca nella provincia di Posen e 3 sollevazioni slesiane nella Slesia Superiore.
Gli aggiustamenti territoriali vennero fatti con l'obiettivo di raggruppare delle minoranze etniche all’interno dei loro stati, liberi dalla dominazione dei potenti imperi di un tempo, in particolar modo, l'Impero austro-ungarico e l'Impero ottomano.
I trattati segreti vennero scoraggiati e Gran Bretagna e Francia acconsentirono, con disapprovazione, a una riduzione degli armamenti di tutte le nazioni.
Questa riduzione supponeva una riduzione indiretta della capacità da parte delle marine di creare dei blocchi.
 

 
 Il trattato 
Il trattato era articolato in diverse sezioni relative a diversi argomenti, alcuni dei quali erano il ripristino dei confini territoriali della Germania e dei paesi limitrofi, lo smantellamento dell'impero coloniale tedesco, le riparazioni di guerra e le restrizioni al riarmo da imporre alla Germania, i termini di rilascio dei prigionieri di guerra e la nascita della futura Società delle Nazioni.
Il trattato stabiliva inoltre la creazione di una commissione che doveva determinare l'entità delle riparazioni che dovevano essere pagate dalla Germania. 
 
Nel 1922, con la Conferenza di Genova, questa cifra fu ufficialmente stabilita in 132 miliardi di marchi oro, cifra il cui pagamento comportò una serie di problemi economici che sono spesso citati come una delle cause che contribuirono alla fine della Repubblica di Weimar, all'ascesa del nazionalsocialismo e allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Tra le disposizioni previste dal trattato di Versailles rientravano la revisione dei confini territoriali tedeschi e la perdita di sovranità sui territori coloniali da parte della Germania.
 
Queste le province tedesche che cambiarono appartenenza:
- l'Alsazia-Lorena, restituita alla Francia;
- Lo Schleswig settentrionale, fino a Tondern nello Schleswig-Holstein, alla Danimarca (in seguito a un plebiscito);
- Gran parte della Posnania e della Prussia occidentale e parte della Slesia alla Polonia;
- La città di Danzica con il delta della Vistola sul mar Baltico, venne resa «Città libera di Danzica», sotto l'autorità della Società delle Nazioni e della Polonia.
 
L'articolo 119 del trattato imponeva alla Germania di rinunciare a qualsiasi diritto di sovranità sui territori all'esterno dei confini nazionali.
Ecco cosa dovette cedere la Germania:
 
Africa
- Il protettorato di Togoland
- Il Camerun
- I territori del Ruanda-Urundi
- I territori dell'Africa Tedesca del Sud Ovest
- I territori dell'Africa Orientale Tedesca
- Il Triangolo di Kionga
 
Asia
La Germania dovette cedere il controllo della Nuova Guinea Tedesca e Samoa Tedesche.
 
Il trattato stabilì inoltre la cancellazione dei trattati di leasing stipulati tra Germania e Cina alla fine del 1800 relativi alle concessioni di Tianjin e Hankou, che passarono di nuovo sotto l'amministrazione del governo cinese.
La Germania rinunciava anche ai privilegi e ai diritti derivanti dagli accordi siglati con la Cina a Pechino del 1901.
Diverso fu il caso della concessione tedesca della baia di Jiaozhou (Kiautschou nel tedesco di allora) sulla costa meridionale della penisola dello Shandong.
Gli articoli 156-157-158 del trattato di Versailles trasferirono al Giappone tutti i diritti tedeschi sulla concessione, che era stata acquisita nel 1898 per un periodo di 99 anni.
Il Giappone restituì alla Cina il controllo di questi territori nel 1922.
 
Restrizioni militari
Il trattato di Versailles aboliva la coscrizione militare in Germania ponendo al contempo grosse limitazioni alle forze armate tedesche, che non dovevano superare le 100.000 unità.
 
Riparazioni e indennità di guerra
Quando il trattato di Versailles venne concluso, alla Germania fu imposto il pagamento agli stati dell'Intesa di una indennità di guerra per una cifra fuori dalle possibilità di qualsiasi nazione.
La cifra abnorme fu stabilita nel 1921 per 6.600.000.000 di sterline (132 miliardi di marchi oro).
Inoltre si chiedeva che la Germania cedesse tutte le colonie, accettasse per sé tutta la colpa per la guerra, riducesse le dimensioni delle sue forze armate (sei navi da guerra, 100.000 soldati e nessuna aviazione) e cedesse territori a favore di altri Stati, tra cui Belgio, Francia, Danimarca e Polonia.
 
Per la Germania particolarmente pesanti sul piano morale risultarono gli articoli 227, nel quale l'ex imperatore Guglielmo II veniva messo in stato d'accusa di fronte a un venturo Tribunale Internazionale «per offesa suprema alla morale internazionale», e l'art. 231, in cui «la Germania riconosce che lei e i suoi alleati sono responsabili, per averli causati, di tutti i danni subiti dai Governi Alleati e associati e dai loro cittadini a seguito della guerra, che a loro è stata imposta dall'aggressione della Germania e dei suoi alleati».
 
Era chiaro l'esito del trattato ancor prima che si potesse realizzare.
La Francia voleva vendetta, il Regno Unito voleva una Germania relativamente forte economicamente per controbilanciare il predominio continentale della Francia, gli Stati Uniti invece volevano la creazione di una pace permanente il più in fretta possibile, così come la distruzione dei vecchi imperi, mentre l'Italia era desiderosa di poter ampliare i propri possedimenti coloniali e completare l'opera risorgimentale con l'annessione di terre appartenenti all'Impero austro-ungarico.
Il risultato fu un compromesso che non lasciò nessuno soddisfatto.
 
Il saldo dei debiti di guerra
In data 3 ottobre 2010, in occasione del ventesimo anniversario della riunificazione tedesca, la Germania ha annunciato di aver estinto, tramite il versamento di un'ultima rata da settanta milioni di euro, i debiti di guerra imposti dal Trattato di Versailles del 28 giugno 1919.
Il 9 luglio 1932 durante la Conferenza di Losanna il debito era stato alla fine ridotto da 132.000.000.000 di marchi a soli 3.000.000.000, per altro mai pagati dal Terzo Reich. Una cifra che, imposta nel 1919, sarebbe stata ben più plausibile da saldare.
 
La Società delle Nazioni
Il trattato sancì la nascita della Società delle Nazioni, uno dei Quattordici Punti del presidente degli Stati Uniti d'America Thomas Woodrow Wilson.
La Società delle Nazioni era un'organizzazione intergovernativa con lo scopo di arbitrare i conflitti tra le nazioni prima che si arrivasse alla guerra.
Il suo statuto, la Convenzione della Società delle Nazioni, occupava i primi 26 articoli del trattato di Versailles.
 
 L’amarezza dell’Italia per la «Vittoria Mutilata» 
In Italia il trattato di Versailles generò una grande delusione. Nessuna delle aspettative che potessero in qualche modo giustificare la perdita di 600.000 soldati si era verificata.
La Grande Guerra era stata vinta grazie alla battaglia di Vittorio Veneto, che fece uscire dal conflitto l’Austria Ungheria, facendo cadere così la ragione per cui la Germania era scesa in campo.
Trieste era italiana, ma tutto ciò che stava in Istria era stato collocato in una sorta di Limbo.
 
Chi prese male il trattato di Versailles in maniera plateale fu Gabriele D’Annunzio, che coniò la locuzione «Vittoria Mutilata», subito adottata dalla pubblica opinione, dai nazionalisti, dagli interventisti e dai reduci per riferirsi alla situazione deficitaria dei compensi territoriali ottenuti dall'Italia, dopo il suo contributo alla vittoria dell'Intesa sugli Imperi Centrali nell'autunno del 1918, rispetto a quanto concordato per la sua entrata in guerra con l'Intesa.
Da questa situazione nacque l’avventura di Fiume, di cui parleremo quando scoccherà il centenario.
 
Guido de Mozzi - g.demozzi@ladigetto.it

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