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Un albero chiamato «Arnaldo» – Di Maurizio Panizza

La storia di un albero raccontata da una testimone che lo vide piantare e morire

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Volano 1932. In primo piano, da sinistra a destra: casa Bacca, casa Consolati, Scuola elementare (attuale Municipio), casa Gelmi, Asilo. 
Come si vede, il tracciato della strada non è quello di oggi. 
Sarà nel 1936
che verrà realizzata la nuova strada statale che passerà fra la Scuola e Casa Consolati. 
Il luogo in cui venne
messo a dimora il cedro di cui parla Pia Vicentini è, nella foto, alla sinistra dell’edificio scolastico, dove attualmente scende la stradina pedonale verso la Statale.

Chissà se nei giardini di qualche scuola italiana ci saranno ancora dei grandi alberi a fare ombra ai cortili d’estate. Chissà...
Se fosse realmente così, se cioè qualche albero si fosse salvato dal tempo e dagli uomini, è possibile - anzi probabile - che quelle antiche piante siano le stesse messe a dimora il secolo scorso in ricordo di un personaggio italiano assai importante.
 
Era il 1931 e mancavano pochi giorni a Natale, quando Benito Mussolini mandò un telegramma a tutte le scuole del Regno ordinando di piantare «in memoria del defunto, una quercia, simbolo di forza, di maestosità e di vita eterna».
Evidentemente lo scomparso doveva essere molto importante e vicino al Capo del Governo fascista se questi si scomodò di persona imponendo a ogni istituzione educativa una specie di «memoria di Stato».
 
In effetti, la persona in ricordo della quale era partito quell’ordine era suo fratello minore, Arnaldo, morto improvvisamente a Milano per infarto, all’età di soli 46 anni.
Arnaldo Mussolini (foto), insegnante e giornalista, era stato in quegli anni tempestosi il «pensiero moderato», il «saggio» consigliere del fratello maggiore, colui che nell’ombra si occupava per suo conto delle questioni più delicate, sia politiche che familiari.
Fu dunque in onore di Arnaldo Mussolini che presso ogni scuola d’Italia venne piantata una quercia alla memoria del fratello del Duce.
 
Abbiamo rinvenuto traccia di quell’ordine, dato da Mussolini, in una nota scritta nel 1955 da Pia Vicentini Raffaelli (classe 1900), moglie del bidello della Scuola di Volano (e mamma di Valentina Vicentini Rosà), la quale fu testimone nel 1931 della messa a dimora della pianta e successivamente pure del suo abbattimento avvenuto nel 1944, in piena Guerra Mondiale.
Una memoria significativa che racchiude in sé anche i dolorosi ricordi del conflitto, dei bombardamenti e delle fughe precipitose verso i rifugi antiaerei.
Leggiamo il suo racconto qui di seguito.

* * *
 L’albero vicino alla scuola 

Vicino alla scuola elementare c’era un grande albero, un cedro deodara¹, la cui cima svettava verso il cielo. Faceva bella mostra con quel suo bel tronco diritto e i suoi magnifici rami e che frescura portava la sua grande ombra! Lo ricordo quando, pianta ancora piccola, gli scolari lo hanno interrato in memoria di una persona allora molto in vista.
 
Tutti l’abbiamo visto crescere assieme ai bambini che frequentavano le scuole, quasi avesse voluto crescere con loro per essere un loro amico. A quel tempo io abitavo nelle scuole e guardavo tante volte questa magnifica mole e ne ero quasi orgogliosa e affezionata come un amico buono.
Arrivò la bufera che sconvolse il mondo, dappertutto si udiva rombo di motori e fragore di scoppi.
La gente impaurita correva ai ricoveri antiaerei, anch’io facevo la spola tra la casa e il rifugio, quei pesanti apparecchi che solcavano il cielo col loro carico di morte mi impaurivano assai.
 
 
Volano, 1936. La costruzione del nuovo tracciato della strada statale al di fuori del centro storico del paese. Sullo sfondo, a sinistra, si riconosce la Scuola elementare, a destra casa Consolati.

Il rifugio presso l’asilo ospitava diverse persone, chi non se la sentiva di restare a casa correva ad occuparsi un posto in questo buco tutto nero e al tetro barlume d’un lumicino ad olio passava la giornata chiacchierando e pregando per quelli che erano fuori sotto il pericolo.
Tante volte l’olio del lume si consumava e allora si restava per ore nella completa oscurità.
Una sera ritornavo a casa dopo quasi dieci ore passate nell’oscuro di questo buco senza luce e m’accorsi che qualche cosa mancava.
 
L’albero, la cui cima sembrava toccasse il sole…, non c’era più, nemmeno lui fu risparmiato.
I suoi rami che davano tanta ombra nella calura estiva erano tagliati, spariti e sparito era pure parte del robusto tronco².
Era passato l’uomo cattivo e con l’accetta aveva vandalicamente abbattuto il bell’albero fronzuto, riducendolo ad un moncone che faceva pena a vederlo.
Più tardi fu tagliato raso a terra, e fu così che finì la vita del grande albero che viveva vicino alla nostra scuola³.

Volano, marzo 1955.
Raffaelli Vicentini Pia

 Note 
1) Seppur il telegramma del Duce ordinasse di piantare una «quercia», a Volano, per qualche motivo che non conosciamo, si scelse di mettere a dimora un’essenza diversa.
2) I rami tagliati dal cedro furono utilizzati dai soldati tedeschi per mimetizzare i mezzi militari.
3) In casa Vicentini, l’albero venne sempre chiamato famigliarmente «Arnaldo».


L'attuale Municipio di Volano, ricavato dalla ristrutturazione della precedente Scuola elementare.
E' da notare come tutto il volume di destra (delimitato dal progettista con un motivo in bassorilievo che finisce ad arco) non esistesse all’epoca della piantumazione del cedro deodara.
Infatti, le due classi aggiunte all’edificio furono costruite dopo la Seconda Guerra Mondiale. Bisogna dire, inoltre, che prima di tale modifica l’entrata alla Scuola avveniva proprio dal lato destro del fabbricato, a fianco del cedro che ora si è voluto ricordare con la messa a dimora di un’altra pianta, che si può scorgere sullo sfondo.

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