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Il dramma dei bombardamenti, il ricordo e la riconciliazione

Testimonianze trentine nell’Archivio internazionale dell’Università inglese di Lincoln. Di Maurizio Panizza

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Ci sarà un filo rosso che legherà a breve il Museo Storico del Trentino con l’Università di Lincoln, in Gran Bretagna.
È il «filo» della memoria, in particolare quella relativa ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale sull’Europa (Italia e Trentino compresi) e per i quali l’Università inglese detiene un primato: la disponibilità di un enorme archivio, unico del suo genere.
Un archivio online che passa sotto il nome di «International Bomber Command Centre» e che permette l’accesso gratuito a chiunque sia interessato a questa tematica.
 
Chi, o meglio cosa abbia unito l’Università di Lincoln (città di 93 mila abitanti a 250 km a nord di Londra) e il Museo del Trentino, è stato un recente documentario dal titolo «Come uccelli d’argento», realizzato dal giornalista Maurizio Panizza (autore di questo articolo) e dal regista Federico Maraner. 
Un video proposto finora in una decina di serate e trasmissioni televisive, che raccoglie le toccanti testimonianze dei sopravvissuti e svela retroscena finora sconosciuti e mai indagati dalla storiografia ufficiale.
Scoperto il docufilm grazie ai «miracoli» della rete, uno dei curatori dell’archivio inglese ha avanzato la richiesta di inserire il video nel loro database pubblico (a questo link).

La locandina della prima del documentario.

Da lì in avanti, col tramite di chi scrive, ne è sortito il primo contatto con il Direttore del Museo Storico del Trentino, Giuseppe Ferrandi e subito dopo il proposito di collaborazione fra le due importanti istituzioni.
In effetti, chi in Italia e in Europa si interessa a questi argomenti non sempre ha accesso alle numerose memorie dei testimoni oculari e con esse a un patrimonio di emozioni, ricordi e sentimenti. Per superare questo scoglio, l’Università di Lincoln ha così raccolto negli anni, e ora pubblicato online, migliaia di documenti inediti relativi alla guerra aerea in Europa (1939-1945), tutti fruibili gratuitamente.
Essi consistono per lo più in interviste ai protagonisti, archivi personali, come pure oggetti provenienti da collezioni private.
 
L’Archivio colma quindi un vuoto nel panorama delle fonti sul secondo conflitto, in quanto offre al pubblico, materiale complementare a quello conservato negli archivi istituzionali.
Ricordi, memorie e carte personali vengono presentati al pubblico come esperienza di violenza condivisa, accogliendo i punti di vista di quanti si sono trovati su fronti opposti, personale militare e civile. A ciò si aggiungono fonti inedite costituite da documenti ufficiali rimasti finora sconosciuti, come centinaia di fotografie aeree e piani di volo.
Se tutto, quindi, andrà per il verso giusto, in breve tempo anche le testimonianze scritte e orali che parlano dei bombardamenti alleati su Trento e provincia potranno trovare degna collocazione nell’Archivio Internazionale dell’Università di Lincoln e essere visti in tutto il mondo.
 

 
 LE TESTIMONIANZE 
Le fonti depositate presso l’Archivio dell’Università di Lincoln permettono di cogliere la dimensione umana e personale di chi ha preso parte alla guerra di bombardamento sul fronte italiano in un modo finora impensabile.
Scrive Peter Lamprey in una lettera privata che ricorda l’immagine propagandistica dell’aviatore inglese sadico, brutale e privo di sentimenti:
«L’ultimo bombardamento su Milano è stato quasi al livello di quello di prima. Riuscivamo a vedere l’intera città esplodere, mentre ci allontanavamo dopo averla bombardata, c’era un bel chiaro di luna e potevamo vedere il bianco dei loro occhi.
«All’ingrosso, le ultime missioni sono andate come dovevano. Gli italiani sono tipi gentili e riservati, non ci accolgono facendo casino [con la contraerea, ndr] come i nostri amici crucchi.»
 

13 settembre 1944: vittime del bombardamento a S. Ilario di Rovereto.
 
Altri reduci come Geoffrey Whittle enfatizzano la relativa facilità delle missioni sull’Italia: scadente organizzazione e povertà di risorse rendevano i bombardamenti sul nostro paese meno temuti di quelli sulla Germania, mentre spesso compare una nota di ammirazione per i piloti costretti a battersi con mezzi penosamente inadeguati.
La questione della legittimità rimane sullo sfondo. Chi oggi parla della sua esperienza dopo settant’anni ne discute in modo distaccato, sottolineando il senso di tragedia collettiva con una nota di fatalismo: «era la guerra», «non si poteva fare altro», «dovevamo fare il nostro lavoro» sono giudizi che ricorrono frequentemente.
 

Bombardamento su Rovereto nel corso del 1945.
 
Espressioni di condanna sono rare, ad esempio la testimonianza di Harry Irons che descrive un bombardamento e mitragliamento di civili su Milano come «terroristico».
L’archivio ha inoltre pubblicato e trascritto le lettere sigillate da aprirsi dopo la morte degli aviatori, che spesso contengono espressioni di affetto e tenerezza.
Scrive George Wilson: «Amore mio, non voglio che tu rimanga sola. Non c’è ragione perché tu non ti risposi, sarai ancora giovane e bella. Se decidi di farlo, abbi dei figli perché sono la base di ogni matrimonio felice. Fa’ che siano bravi e onesti.»
Il 12 maggio 1944 George non ritornò dalla sua ultima missione, la lettera venne aperta dalla moglie che, in un certo senso, eseguì le sue ultime volontà.
Il documento è stato infatti donato dal figlio Andy, mentre del destino di George e del suo equipaggio non si seppe più nulla.
 

Due B24 americani nel corso di uno dei circa 200 bombardamenti sul «Pont dei Vodi» a Lavis.
 
A queste fonti vengono accostate le testimonianze di parte opposta, centinaia di interviste che permettono di cogliere la vita quotidiana degli italiani sotto le bombe.
Per molti, gli aviatori sono criminali di guerra in quanto non potevano non ignorare le conseguenze delle loro azioni; altri spostano la responsabilità sui comandanti militari (piloti ed equipaggi sono vittime essi stessi di una macchina impersonale dalla quale non possono sfuggire), altri ancora considerano l’essere bombardati come una sorta di espiazione per aver cominciato la guerra, il prezzo da pagare per la liberazione.
Tuttavia, lo scopo dell’archivio non è condannare o assolvere, bensì ha il merito di accostare assieme esperienze di fonte diversa in modo da cogliere la Seconda Guerra Mondiale come un’esperienza di violenza condivisa, evidenziando tutta la dimensione problematica e contraddittoria di persone comuni in circostanze eccezionali.
Ne è un esempio il diario privato di Stephen Dawson che ha lasciato impressioni di «prima mano» sulle missioni operative. In rotta su Milano la notte del 12/13 agosto (per quello che sarebbe stato uno dei più pesanti attacchi prima dell’armistizio) Stephen inserisce un passaggio sull’attraversamento delle Alpi: «L’intero equipaggio sospende i propri compiti per ammirare il Monte Bianco sotto la luna. Molta neve sulle cime».
 

Il quartiere della Portèla a Trento dopo il bombardamento del 2 settembre 1943: 200 morti.
 
Nel contesto di una missione operativa era vitale che nessuno si distraesse, il fatto che uomini avessero dimenticato per un momento di essere in guerra per ammirare lo spettacolo delle Alpi sotto la luna lo rende un documento eccezionale, con tutta la complessità che rende la guerra di bombardamento così complessa da analizzare.
Poche righe più avanti, infatti, il tono cambia bruscamente e compare una nota raggelante nella sua asciutta freddezza «Visto Torino in fiamme sulla via del ritorno».
Da terra, invece, dalla parte delle vittime, così annota tristemente Emanuele Artom, descrivendo la città ferita dal bombardamento alleato: «Sembra che una nuvola di fuoco, resa ancor più luminosa dall’oscurità, gravi su Torino.»

Arnaldo Masera, 84 anni, superstite del bombardamento di S. Ilario di Rovereto del 1944 e oggi testimone nel documentario «Come uccelli d'argento».

Fanno eco a tutte queste testimonianze a più voci e in più lingue, le parole di oggi di Arnaldo Masera (10 anni al tempo del bombardamento), uno dei protagonisti del documentario «Come uccelli d’argento», il quale nel finale afferma con tristezza: «Probabilmente queste sono cose che non interessano più a nessuno, ma a me sono rimaste dentro e a distanza di tanti anni ora mi tornano alla mente ancora più di prima.»
Proprio per questo motivo, per non dimenticare, è nato l’Archivio dell’Università di Lincoln. Tutte le testimonianze sono inedite e consultabili online a questo link.
L’archivio è parte dell’International Bomber Command Centre (IBCC), un moderno museo narrativo ispirato ai temi del riconoscimento, del ricordo e della riconciliazione (vedi).

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