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Giovani in azione: Mattia Graziola – Di Astrid Panizza

Tre sport in uno: la corsa, la bici e il nuoto. Mattia e la sua vita con il triathlon

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Ha 31 anni, ma con la sua prestanza fisica potrebbe battere un qualunque ventenne a piedi, in bici e a nuoto. Vi parlerò oggi di Mattia Graziola, che da Rovereto partirà il prossimo settembre per il Sudafrica, alla volta del campionato mondiale di «mezzo Ironman», una gara di triathlon, disciplina sportiva che unisce appunto tre specialità: la corsa, la bici e il nuoto.
Non è da tutti potersi aggiudicare la possibilità di accedere ad un campionato così importante e infatti la preparazione di Mattia parte da molto lontano.
 
«Lo sport è il mio punto di forza – ci racconta – mi sono sempre divertito fin quando ho iniziato da piccolo a fare atletica: è una costante nella mia vita.
«Ho iniziato a correre a sette anni ed ho smesso di fare solo atletica ai 23.
«A 27 anni – prosegue Mattia – un mio amico mi ha consigliato il triathlon per provare uno sport diverso, perché con tre discipline messe assieme ti stufi meno, è una cosa alternativa.
«Così è nata la mia passione, un po’per gioco all’inizio e poi sempre più seriamente.
«Non sono capace di prendere le cose alla leggera quando mi vengono bene, anche se all’inizio, soprattutto con il nuoto, ero un’anfora che andava a fondo, – ci confessa sorridendo. – Non è stato facile imparare uno sport da capo a 27 anni, ma ce la si fa, se c’è la passione si può.»
 
Per darvi un’idea delle distanze che percorrono gli atleti di questa disciplina vi do qualche dato: le gare di triathlon più brevi sono di quasi 13 chilometri complessivi, a crescere fino ad arrivare alla gara più lunga, chiamata «Ironman», che copre una distanza di poco più di 225 chilometri.
In ogni gara di triathlon l’atleta percorre il tracciato a piedi, in bicicletta e a nuoto, in successione.
L’ultima gara che ha fatto Mattia è un «mezzo Ironman», in cui i chilometri dedicati al nuoto sono 1.9, alla bicicletta 90 e alla corsa 21. In questa gara, grazie al punteggio ottenuto nella sua categoria, si è aggiudicato un pass per il mondiale di mezzo Ironman.
«L’anno prossimo vorrei fare l’Ironman vero e proprio – ci confida, – in cui i chilometri si duplicano per tutte le discipline. Una bazzecola insomma [ride].»
 

 
(Parla con soddisfazione, quasi con gli occhi lucidi )
«Dopo aver preso il pass, la cosa è diventata molto più seria, adesso mi alleno molto di più, faccio una ventina di ore a settimana, 7 giorni su sette e il week end sono in doppio allenamento, mattina e pomeriggio. E’diventato quindi un secondo lavoro.»
Ecco infatti che vi svelo il segreto di Mattia che è un atleta perché pratica il suo sport a livello agonistico, ma nella vita si occupa di tutt’altro.
 
Come riesci a conciliare lavoro e vita sociale con uno sport così intenso come il triathlon?
«Io faccio l’idraulico e a dirti la verità mi viene facile riuscire a combinare questo lavoro con lo sport perché finisco alle 16:30 e quindi il tardo pomeriggio posso tranquillamente dedicarmi per qualche ora all’allenamento.
«La mia vita da qualche anno a questa parte, ma soprattutto in questi ultimi sei mesi in cui mi sto preparando al mondiale, è stata esclusivamente lavoro, allenamento, dormire.
«Per quanto riguarda la vita sociale, mi sono dedicato qualche serata con gli amici, ma poche (infatti mi odiano perché dicono che non ci sono mai!) e senza eccessi.
«Ci vuole infatti una certa disciplina, perché nello sport, soprattutto in uno così fisico ma anche mentale, ci sei sempre sotto, non puoi mai staccare, saltare allenamenti.
«C’è bisogno di molta continuità e di regole ferree, e per questo motivo a volte devi mettere da parte alcune cose, una delle prime, di sicuro, è l’alcol.
«Qualche birra ci può stare, a volte, ma senza esagerare, perché il giorno dopo bisogna allenarsi, e in ogni caso passati i trenta il recupero si allunga [ride].
«Praticare questo sport vuol dire dedicarci molto tempo e sacrificarlo ad altro, anche a livello affettivo. Faccio fatica a creare delle relazioni con le persone, a trovarmi una ragazza per esempio. Perché non è facile che qualcuno ti capisca quando dici “sabato non ci sono, vado a fare allenamento”, e poi anche domenica, così per quel week-end, quello dopo e quello dopo ancora.
«Non tutti capiscono lo sforzo che si fa e quindi bisogna innanzitutto trovare un equilibrio con se stessi.»
 

 
Per quanto riguarda invece gli allenamenti, come ti organizzi?
«Il mio allenatore mi fa una tabella in base alle gare che mi aspettano. Ho quindi una tabella per esempio di sei settimane, fino alla prossima gara. Dal giorno successivo alla gara parte un altro ciclo di allenamento per arrivare a quella successiva.
«Gli allenamenti li faccio spesso da solo a piedi e in bici, con il nuoto invece mi alleno con i ragazzi del Master della Leno 2001. 
«Il triathlon è comunque uno sport solitario, a livello mentale ti spinge a isolarti, devi esser forte per non perdere la concentrazione, quindi durante gli allenamenti non si prepara solo il corpo, ma anche la testa.»
 
Quando sei in gara a cosa pensi?
«A volte cerco di svagarmi per non impuntarmi troppo sulla gara, oppure mi dico di non superare una certa soglia cardiaca e quindi mi concentro sull’orologio e cerco di regolarmi.
«In alcuni casi mi prendo dei riferimenti, capita che superi un atleta che so che va più forte di me e quindi mi dico So che sto andando bene, devo continuare così.
«Mi creo quindi degli schemi mentali personali, in questo sport si impara tanto ad ascoltare se stessi. Capisci quando stai bene, stai male, se puoi accelerare o se invece devi rallentare. Anche perché una gara dura mediamente per me quattro ore e venti, quattro ore e mezza. E’un tempo molto lungo, può succedere di tutto.
«Due chilometri di nuoto in acque libere non sono pochi, può capitare ad esempio che un avversario mentre nuota ti tiri una manata per sbaglio, o che ti venga una congestione per colpa dell’acqua fredda. In bici uguale, puoi cadere, puoi bucare. Ci sono tanti inconvenienti che possono succedere.»
 

 
Ti è mai successo un episodio negativo, e come hai reagito?
«L’anno scorso ai campionati italiani di mezzo Ironman ho fatto la frazione del nuoto bene, come mi ero prefissato, invece sono andato più forte  in bici, solo che diluviava: su due ore e mezza in bici, più della metà sono state un diluvio universale.
«C’erano dieci centimetri di acqua in strada, era difficile e faticoso pedalare in una situazione del genere, però ho fatto meglio di quanto avevo previsto.
«Poi sono partito a piedi, però non mi sentivo molto bene e quando mi mancavano dieci chilometri alla fine ho finito le energie, probabilmente perché non avevo mangiato abbastanza prima della gara. Sono andato quindi in crisi di fame e gli ultimi sette chilometri li ho camminati tutti.
«Non mi sono fermato, però, non volevo ritirarmi perché arrivato a quel punto era giusto terminare la corsa. Ho detto ci provo.
«Ai ristori mangiavo tutto quello che trovavo per recuperare le energie e ho continuato in qualche modo. Sono arrivato alla fine che non ce la facevo più.»
 
Quando termina la gara cosa provi?
«L’unica cosa che faccio è buttarmi in terra, perché si arriva distrutti, senza più energie. Ci vogliono venti minuti per capire poi dove ti trovi, perché in gara ti tiene in piedi l’adrenalina, la voglia di arrivare fino alla fine.
«Una volta passato il traguardo, però, non hai più niente in corpo, fisicamente sei uno straccio.
«Dopo mi tirano su con l’arganello [ride], perché tra mal di gambe e braccia sei distrutto. Però sono sempre soddisfatto, quello di sicuro, perché sono arrivato alla fine di una gara impegnativa. Se la competizione è andata bene o male, ci penso dopo. Ma la prima cosa che provo appena arrivato è la stanchezza, e la voglia di buttarmi in terra.
«Dopo qualche ora, una bella doccia e riprese le forze, analizzo passo per passo quello che ho fatto bene e ciò che invece potevo fare meglio. In genere sono molto critico con me stesso quindi trovo sempre qualcosa che non va, dove poter migliorare.»
 

 
Qual è il risultato che pensi di raggiungere al campionato mondiale?
«Non ho pronostici, cerco di dare il meglio che posso. So che verrà anche qualche ragazzo che conosco che è più o meno al mio livello, arriviamo sempre a qualche minuto di distanza l’uno dall’altro. Dentro di me cerco di arrivare davanti a loro, siamo tutti amici, ma si tratta di una sfida personale.
«Il mio obiettivo è arrivare il più avanti possibile, però so anche che le persone che parteciperanno sono tremila provenienti da tutto il mondo, con un allenamento e una preparazione alle spalle davvero tosta. Il livello è altissimo, vedo di fare il possibile, l’impossibile ancora non lo so fare.»
 
Come vedi il triathlon nel tuo futuro?
«In questi ultimi anni, con il fatto che corro a livello alto, soprattutto ora che concorro ai mondiali, ho trovato degli sponsor che mi forniscono il materiale, che è parecchio considerando che gli sport del triathlon sono tre, e non uno solo com’è normalmente in ogni disciplina, lo considero quindi più di un hobby, è parte integrante della mia vita.
«Certo è che mi piacerebbe poter vedere il triathlon come mio unico lavoro, ma da lì a diventare professionista la strada è lunga e forse il fatto di averlo cominciato tardi è difficile che ciò accada, per quanto possa allenarmi.
«Sarà una passione per sempre, quello di sicuro, una grande passione ma da persona con i piedi per terra ti dico che so che difficilmente potrà essere il mio lavoro.
«Tuttavia, il sogno di ogni triatleta è quello di andare a fare il mondiale di Ironman, a Kona, Hawaii. Dopo che sei arrivato lì puoi appendere le scarpe al chiodo perché quella è davvero la massima aspirazione.
«Sarebbe una soddisfazione grandissima parteciparvi, prima o poi. Quindi ecco, dopo questo mondiale mi concentrerò su quello!»
 
Mattia emana una tranquillità e una positività che non mi sembrano normali per qualcuno che fa così tanto, che è sempre in movimento. Sembra che sia già preparato a partire, senza dover essere preoccupato per il fatto di non sapere come andrà la prossima gara. Forse questa tranquillità è data dal fatto che più di così non potrebbe fare per cercare di arrivare lontano.
Mattia, ti auguriamo tutto il meglio per le prossime gare, ma soprattutto per il mondiale in Sudafrica, aspettando di scrivere il prossimo articolo per quando andrai a Kona! Avanti tutta!
 
Astrid Panizza
(Interviste precedenti)


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