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Giovani in azione: Nicola Casagranda – Di Astrid Panizza

Il «sogno Americano»: partito da Trento, si sta conquistando piano piano un pezzo d’America

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Nicola Casagranda, classe 1992, parte da Trento e si sta conquistando piano piano un pezzo d’America.
Dopo la triennale in Lingue all’Università di Trento ha proseguito i suoi studi con la specialistica in Lingue all’Università del West Virginia, nella città di Morgantown, dove si è laureato in maggio.
Vive ormai negli Stati Uniti da tre anni, ed è ora professore universitario all’Università dell'Oklahoma a Norman, dove insegna italiano, francese e spagnolo.

Da dove è nata l’idea di partire per gli Stati Uniti?
«Dopo la triennale ho deciso di prendermi un anno sabbatico per poter pensare a cosa realmente avrei voluto studiare alla magistrale, perché non mi ispirava l’idea di continuare con Lingue a Trento, che sarebbe stata la scelta più ovvia da fare. Ho quindi fatto il cameriere per un anno in una pizzeria vicino a casa.
«Nel frattempo mi sono guardato intorno e dato che sapevo di un conoscente che frequentava l’Università di Trento ed era riuscito a trascorrere un periodo di studio negli Stati Uniti, ho provato a scrivergli per sapere qualcosa in più su un’opportunità come quella.
«Ho scoperto così che l’Università di Trento era gemellata con quella del West Virginia, dove appunto era stato lui e che c’erano opportunità anche per le specialistiche. Ho cominciato a cercare i programmi sul sito di quell’Università ed ho trovato un Master in Lingue molto interessante.
«Frequentando questo corso avrei potuto anche insegnare in Università riuscendo così a mantenermi e ad ammortizzare i costi del corso. Allora sono partito.»
 

 
Come ti sei trovato i due anni in cui hai studiato e lavorato in America?
«Èstato molto bello e soddisfacente, ma è stata anche dura, lo devo ammettere. Quando arriva il periodo degli esami devi preparare e correggere quelli dei tuoi studenti e nel frattempo riuscire a studiare per i tuoi di esami. Il tempo libero diventa nullo, praticamente.
«Avevo l’età giusta per fare un salto in avanti. Non sarei mai andato in America per fare qualcosa che non fosse nel mio ambito e questa è stata l’occasione giusta al momento giusto.
«Avevo fatto delle ricerche e sapevo a cosa andavo incontro, però quando sono arrivato lì ho trovato molte differenze radicali sulla cultura e sul modo di vivere americano rispetto al nostro europeo, alcune mi hanno spiazzato.»
 
A cosa ti riferisci?
«Ci sarebbe da parlare per ore delle differenze tra Europa e Stati Uniti! La prima che mi viene in mente riguarda i rapporti umani. Qui negli Stati Uniti a volte i rapporti sono “finti”. I camerieri al ristorante, per esempio, ti accolgono con una simpatia dieci volte più visibile rispetto ai camerieri italiani e la ragione è che vogliono una mancia alta. Semplicemente mi sembra che in Europa le persone siano un po’ più genuine.
«Le dimensioni delle cose sono un altro fattore che mi ha colpito da subito. Uno dei primi giorni sono andato al supermercato a comprarmi un colluttorio. Ho trovato praticamente solo barattoli della dimensione di una tanica, credo che il colluttorio che ho preso quel giorno mi sia durato poi tre mesi più o meno. Per non parlare delle strade, delle macchine e delle case, è tutto il triplo di quello che abbiamo noi.»
 
Come mai ti sei spostato dal West Virginia all’Oklahoma?
«Una volta finito il Master avevo due possibilità: o tornare in Italia o rimanere per più tempo se avessi trovato un lavoro nel mio campo, in quel caso avrei ricevuto un visto apposito.
«Non è facilissimo trovare lavoro come insegnante di italiano, quindi ho deciso di mettermi in gioco, ho pensato, infatti, di cercare lavoro ovunque negli Stati Uniti per qualsiasi lingua che potessi insegnare, quindi italiano, spagnolo e francese.
«Ho fatto un po’ di colloqui e sono stato accettato a Norman, una città universitaria in Oklahoma, dove risiedo ora.»
 

 
Qual è il lavoro che svolgi attualmente?
«Sono professore universitario, al momento insegno ai ragazzi della triennale spagnolo, ma in passato ho insegnato anche italiano e francese. Sento di avere molta responsabilità e la parte difficile da capire è il metodo di insegnamento americano rispetto a quello italiano.
«Per esempio qui negli States per le lingue usano il metodo comunicativo, non partendo dallo studio dei vocaboli come avviene in Italia, ma facendo capire agli studenti quale sia parola adatta da usare in base al contesto.
«È un metodo po’ più laborioso per i professori, però dicono che funziona di più, ma questo dipende da persona a persona.»
 
Pensi di rimanere negli Stati Uniti per sempre o vorresti tornare in Italia prima o poi?
«In linea di massima adoro l’Italia. E’vero che ci lamentiamo spesso per il lavoro che si fatica a trovare, per l’organizzazione che manca, e per molte altre cose, però io penso, dall’esperienza di vita avuta finora, che l’Italia sia lo Stato in cui si vive meglio. Ci sono, infatti, dei ritmi calmi, il cibo è ottimo, la natura è ovunque.
«Ora come ora penso che a lungo termine mi piacerebbe ritornare. Detto questo, se mi si dovesse presentare l’opportunità di potermi fermare di più negli Stati Uniti, qualche anno per esempio, perché no? Vedo dove mi porta la vita, sono elastico su questo.
«Non avrei pensato di andare in America, non avrei mai pensato di fermarmi dopo la magistrale e guarda te, sono ancora qua! Forse è stato un cambio inaspettato, però è quello il bello della vita, che ti porta a volte dove non ti aspetti.»

Astrid Panizza – a.panizza@ladigetto.it
(Puntate precedenti)


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