Giovani in azione: Andrea Navarini – Di Astrid Panizza

Dopo una laurea in Sociologia ha scelto di continuare la tradizione del nonno: lavorare il rame con stile, dalle pentole più semplici agli arredi per ristoranti stellati

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Lavorare il rame, un mestiere antico e raffinato, che porta con sé segreti della tradizione.
Una tradizione, quella della famiglia Navarini, che va avanti da decenni, da quando, nel 1949, Pierino Navarini comincia a lavorare in una fonderia di Vela di Trento.
Da lì, acquisita l'esperienza necessaria per mettersi in proprio, nel 1958 apre nel sobborgo di Ravina una piccola bottega artigiana per la lavorazione del metallo.

Gli anni passano e le generazioni si susseguono nell'azienda di famiglia, che nel 1990 diventa ufficialmente la Navarini S.a.s., una «bottega del rame» dove tradizione e modernità si uniscono in un equilibrio in cui la qualità è l'obiettivo principale.
Ad oggi è entrato in azienda anche Andrea Navarini, ventottenne nipote del fondatore Pierino, che dopo una laurea in Sociologia ha scelto di continuare la tradizione di famiglia.


 
Fai parte del cosiddetto «ricambio generazionale» quindi?
«Esatto, un ricambio che comunque ha bisogno di tempo affinché tutte le lavorazioni e i trucchi del mestiere siano tramandati al meglio.
«Lo studio mi è sicuramente servito per acquisire competenze dirette o indirette per svolgere al meglio il mio lavoro.
«La triennale, è stata utile per un ragazzo come me, che veniva da un piccolo paese e il mondo l'aveva visto poco, per trovare un certo tipo di mentalità che sia, invece, aperta sul mondo.»
 
Uno studio che, invece, nella vita dei tuoi predecessori non è stato possibile?
«Mio nonno non ha potuto studiare molto, ma nonostante ciò si è sempre documentato da solo. Ha sempre letto e studiato per conto suo.
«Studiando la storia è nata a mio nonno la passione per il collezionismo di varia oggettistica antica, dai quadri ai mobili, ai serramenti in ferro e chiaramente anche di manufatti in rame, cuore pulsante dell'azienda.
«Lì, infatti, dal 1970 è riuscito a creare un vero museo, che, se inizialmente era dedicato solo ad amici e parenti, dal 2006 è stato aperto al pubblico con visite guidate e partecipazione anche di gruppi scolastici e di comitive.»
 

 
Com'è cambiato il lavoro con i vari cambi generazionali?
«Ogni nuova generazione che si è succeduta in azienda, daprima con quella di mio padre ed ora con la mia, ha portato un pezzetto di innovazione, per restare al passo con i tempi e con le richieste del mercato, mantenendosi comunque fedeli alla filosofia produttiva che sembra scontata, ma parla di qualità senza compromessi.
«Questo nostro pensiero è il fulcro dell'azienda e non è facile da mantenere soprattutto nei periodi di crisi, che hanno portato prodotti dall'estero a basso costo.
«Nonostante questi momenti difficili siamo riusciti a sopravvivere bene e siamo ad oggi una delle aziende leader del rame artigianale in Trentino.»
 
Cosa fai tu, nello specifico?
«Di tutto. Spazzo per terra in officina ma sono anche un apprendista nelle lavorazioni. Organizzo inoltre le fiere all'estero, mi occupo di export così come della gestione dei clienti esteri e delle certificazioni internazionali.
«Non è pesante il lavoro in sé, perché mi piace, ma è difficile riuscire a vendere in un mondo globalizzato come il nostro e in competizione con aziende molto più grandi.
«L'artigiano quindi non è più il lavoratore della bottega come è stato mio nonno, ma deve essere multi-tasking, sempre aggiornato ogni giorno sulle normative mondiali e con una competenza in più per non rimanere indietro rispetto ai concorrenti.
«C'è quindi un mondo di conoscenze da sapere e bisogna essere a tutti gli effetti dei veri esperti nel proprio settore. Chi cerca un prodotto di nicchia come i nostri, vuole giustamente una cura, un'assistenza post vendita a livelli altissimi.
«Quindi, come mio nonno un tempo, anche io in diversa maniera devo sempre e costantemente studiare e costruirmi da solo.»
 

 
Come è stato l'impatto di lavorare in famiglia e come si è evoluto con il tempo?
«Non è una parte scontata del lavoro, perché per vedersi 24 ore su 24 bisogna sapersi regolare, rispettare, saper andare d'accordo e trovare un incastro perfetto per far funzionare al meglio il tutto.
«Ci sono persone che faticano a lavorare fianco a fianco con i propri colleghi per otto ore al giorno, figuriamoci dividerci strategie, scelte commerciali, scontistiche e quant'altro, anche se sulla visione direi che sappiamo tutti da che parte vogliamo andare.
«Quello che vedo di diverso nelle varie generazioni è il come arrivarci e in quanto tempo. Noi giovani siamo sempre con il piede sull'acceleratore, pronti a partire ai mille all'ora, mentre invece i miei genitori e ancora di più i miei nonni, tendono a stare un po' indietro, perché dalla loro parte hanno l'esperienza.
«Quindi unire le due filosofie di pensiero non è un male ma credo anzi che si possa ritenere una ricchezza e dopo quattro anni questa capacità si sta affinando sempre di più.»
 
Quali sono i mercati su cui siete più concentrati?
«Di sicuro all'estero, una grossa fetta negli Stati Uniti, ma in parte minore ci dedichiamo anche al mercato italiano. Non è facile creare la consapevolezza in Italia, perché la cultura italiana è un mondo a parte, da studiare e analizzare nei minimi particolari.
«Inoltre non produciamo un bene come per esempio la Nutella, per questo non possiamo piacere a tutti, ma d'altronde siamo una piccola azienda e abbiamo degli standard qualitativi al top. «Lavoriamo quindi in una nicchia di mercato che ricerca la cura del dettaglio, dai privati che cercano una pentola in rame rifinita al meglio, ai ristoranti stellati che ci chiedono complementi d'arredo unici.
«Il contatto con i clienti avviene nella maggior parte dei casi faccia a faccia, più che digitale. Vivere la dimensione di persona è secondo me molto più bello che lavorare davanti ad un pc perché arricchisce tantissimo da un punto di vista professionale e umano.
«Il nostro obiettivo, inoltre, è quello di riuscire a emergere con il nostro nome, cosa che è difficile per una piccola azienda. In sostanza vogliamo espanderci, senza fretta ma ogni giorno un po' di più.»
 

 
Dopo quattro anni in azienda ti ritieni soddisfatto del tuo percorso?
«Sì, avrei voluto però studiare ancora, con un Master o una specialistica all'estero.
«Questo è l'unico rimorso che ho, perché sono sicuro che studiare ancora mi avrebbe dato degli strumenti per poter agire in maniera migliore e con meno sforzo, però mi sto arrangiando e va comunque bene così.»
 
Astrid Panizza – [email protected]
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