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Il vino italiano guarda alla Cina – Di Giuseppe Casagrande

Dal 2 al 5 aprile sono attesi al Vinitaly 130 top buyer del gigante asiatico: obiettivo tornare in Italia dopo gli anni della pandemia.. Anteprima sabato con Opera Wine

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La Cina è vicina, almeno a Vinitaly.
 
Stati Uniti e Cina. In un mondo sempre più bipolare, sia dal punto di vista politico che economico, l’Italia, saldamente "atlantica", da Paese produttore ed esportatore, guarda con sempre maggiore interesse ad ogni angolo del mondo.
E ovviamente non fa eccezione il comparto vino che a Vinitaly, di scena a Verona dal 2 al 5 aprile 2023, con l'anteprima di «Opera Wine» sabato 1 aprile, accoglierà oltre mille buyer (+43% rispetto al 2022) provenienti da 68 Paesi.
Nutrita la pattuglia cinese che, con 130 top buyer, è di gran lunga il più rappresentato dei 17 Paesi dell’Asia, protagonisti a Verona: solo Usa e Canada, che, insieme valgono poco meno di un terzo di tutte le esportazioni del vino italiano, fanno meglio, con 200 buyer.
 

 
 Un mercato fondamentale, ma che vive un declino dei consumi  
Ai 130 buyer in arrivo dalla Cina è demandata la missione più difficile: tornare grandi in Cina, mercato fondamentale ma che, da qualche anno, vive un costante declino dei consumi di vino, e quindi delle importazioni, aggravato dai tre lunghi anni di pandemia, segnati da lockdown strettissimi, che hanno paralizzato per lunghi periodi metropoli ed intere Regioni.
Nel 2022, così, le importazioni di vino italiano, a valore, si sono fermate a quota 152,2 milioni di dollari, secondo i dati della China Association for Imports and Exports of Wine & Spirits, analizzati da Wine2Asia. I vini fermi imbottigliati hanno generato un giro d’affari di 133 milioni di dollari (-18,5%), per un prezzo medio di 5,51 dollari al litro ed una quota di mercato del 10%, mentre il valore degli sparkling è stato di 16,6 milioni di dollari (-18,2%), per un prezzo medio di 3,75 dollari al litro.
 

 
 Leader incontrastata rimane la Francia con il Cile che ha superato l'Australia  
Ancora lontana la Francia, che segna, comunque, un calo persino superiore a quello dell’Italia, ma che dai vini fermi imbottigliati ha, comunque, incassato 662 milioni di dollari (-22%), mentre al secondo posto, nella categoria, si piazza stabilmente il Cile, capace di sostituire l’Australia (con cui sono in corso trattative serrate per l’abolizione dei superdazi che gravano da anni sul vino del Nuovissimo Mondo, ndr) sul mercato, fatturando nel 2022 326 milioni di dollari (+5,8%).
Per gli spumanti, invece, la Francia è leader ancora più incontrastata, con 62,5 milioni di dollari di esportazioni (-24,3% sul 2021) e un prezzo medio di ben 38,5 dollari al litro (+18,5%), ed una market share del 72%.
 

 
 In Italia il pianeta vino vale 31,3 miliardi con 530mila aziende e 870mila addetti  
Il mondo del vino nel nostro Paese - secondo un rapporto di Prometeia - vale 31,3 miliardi di euro, impegna 530mila aziende, con 870mila addetti, ed è in cima alla speciale classifica relativa alla bilancia commerciale del made in Italy «tradizionale».
Prometeia parla di una scalata spettacolare quella fattura segnare dal prodotto agricolo italiano più richiesto nel mondo: era partita dal quarto posto del 2011 fino alla performance di oggi, con il sorpasso su altri comparti icona del lifestyle italiano come la gioielleria/bigiotteria (+6,8 miliardi di euro), la pelletteria (+6,7 miliardi di euro) e l’abbigliamento (+6,4 miliardi di euro).

La Cina è... vicina, almeno a Vinitaly.
In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande – g.casagrande@ladigetto.it

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