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L’autonomia del Trentino oggi – Di Mauro Marcantoni – 44

Dalle risorse scarse un nuovo impulso per l’autonomia della responsabilità

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Il secondo grande mutamento con cui ci dobbiamo confrontare, in parte legato al precedente, riguarda le risorse che affluiscono complessivamente al nostro sistema di autogoverno.
Concentrarsi sulle dotazioni finanziarie potrebbe risultare riduttivo, ma come si fa nelle famiglie i buoni propositi devono tener conto delle risorse disponibili, anche se questo non significa considerarle una variabile indipendente.
Sempre nel primo decennio degli anni Duemila si è esaurito il lungo periodo in cui le risorse finanziarie del bilancio provinciale crescevano costantemente e a ritmi decisamente sostenuti.
 
Dal Patto di Milano del 2009 in poi la finanza provinciale ha dovuto accontentarsi di un terzo in meno di risorse a disposizione rispetto al passato.
Una riduzione radicale, durissima, perché la quota che è venuta meno è davvero ingente e ancor di più perché le nostre istituzioni, e con esse i loro utenti, si sono abituate a livelli di consumo superiori alle nostre reali possibilità. Quindi ritornare indietro è doppiamente difficile.
 
Nel primo caso lo è perché la spesa corrente, in particolare quella relativa ai costi di personale e di funzionamento, è di fatto quasi rigida, e comprimerla può produrre effetti sociali dirompenti. Come è difficile comprimere le spese di gestione delle infrastrutture o quelle necessarie per le manutenzioni.
Meno rigida è la spesa di investimento, ma comprimerla ha effetti negativi sull’efficienza di sistema e sulla stessa produzione, che significa meno PIL e minor gettito fiscale destinato alle casse pubbliche.
 
Nel secondo caso ad entrare in gioco sono fattori più vicini alla psicologia sociale, ma non per questo meno impattanti sui climi collettivi e sulle scelte delle pubbliche istituzioni.
Fin dall’inizio degli anni Novanta, al momento di presentare il bilancio della Provincia in Consiglio provinciale, i documenti accompagnatori annunciavano con toni sempre più preoccupati l’imminente calo delle risorse finanziarie disponibili.
In realtà questo calo è avvenuto, e in modo attenuato e difficilmente percepibile dai non addetti ai lavori, solo dopo il Patto di Milano: quindi dopo più di vent’anni di falsi allarmi.
 
Dunque, una lunga teoria di «attenti al lupo» senza riscontro, che ha nel tempo abituato la gente a ritenere che nella realtà, a prescindere dagli annunci, le risorse da qualche parte si sarebbero trovate: basta solo volerlo ed essere nelle posizioni giuste.
Ora i nodi sono arrivati al pettine e allineare i costi dell’autonomia al gettito fiscale che riusciamo a produrre, di cui nei fatti oggi beneficiamo meno dei 9/10 previsti dallo Statuto, richiederà uno sforzo progettuale e attuativo di straordinario rilievo e valore per il nostro stesso futuro.
 
I capisaldi di questo sforzo sono essenzialmente quattro: avere una visione di medio lungo termine, evitando di confinarsi nel solo presente e nelle sue logiche; conciliare, e non contrapporre, interessi generali e interessi collettivi; evitare squilibri eccessivi tra interessi forti, già ben rappresentati, e interessi deboli, a rischio di espulsione; considerare la qualità, nel senso più ampio e verificabile, il criterio più importante e irrinunciabile di qualsiasi scelta e azione.
 
È ragionevole ritenere che solo il rigoroso rispetto di questi capisaldi consentirà al «fare meglio con meno», il mantra del nuovo ciclo che si sta aprendo, di rispondere all’imperiosa domanda di futuro che i cittadini del Trentino esprimono con sempre più forza alle istituzioni dell’autonomia.

Rielaborazione giornalistica dei contenuti del volume di Mauro Marcantoni STORIA, della Collana Abitare l’Autonomia - IASA Edizioni, Trento.
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