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Emergenza Covid: il teatro è un luogo sicuro – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con la soprano Serena Gamberoni e al marito tenore Francesco Meli

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Serena Gamberoni e Francesco Meli.
 
Il Covid-19 ha sconvolto la vita due volte. La prima, in primavera, ha fatto conoscere all’Italia un termine nuovo, il lockdown. Era stato chiuso praticamente tutto.
Poi, timidamente, il Paese ha ripreso a muoversi. Pian piano hanno riaperto anche i cinema e i teatri. Un lavoro di ricostruzione lento e faticoso, anche perché il Covid non era scomparso. Anzi, come abbiamo visto, era in agguato, pronto a gettarsi sulla gente una seconda volta.
Per fortuna chi ama l’arte e la cultura si è adattato alle restrizioni pur di seguire le proprie aspirazioni.

Una rinascita lenta, iniziata in punta di piedi nei mesi estivi, con graduale prosecuzione in autunno. Per poi fermarsi a causa del Dpcm dello scorso 24 ottobre che ha sospeso gli spettacoli aperti al pubblico fino al prossimo 3 dicembre. Poi si vedrà…
L’emergenza sanitaria ha interrotto l’avvio della stagione teatrale appena avviata con mille precauzioni: mascherine, gel disinfettanti, pubblico limitato fino al raggiungimento del posto, artisti distanziati.
Tutto ciò non è bastato al Legislatore: l’arte espressiva non è un genere primario

Ma una cosa è certa: il coronavirus ha sicuramente vietato di andare a teatro ma non ha intaccato la voglia di vedere uno spettacolo dal vivo. Anzi, al contrario, dopo tanti mesi di astinenza, il desiderio di poter assistere a una vera esibizione è in fermento insieme a quella degli artisti di esibirsi sul palco.
Ma come sta reagendo il mondo dell’opera a questa emergenza sanitaria?
Noi per saperne di più abbiamo avuto la fortuna di parlare con Serena Gamberoni e Francesco Meli, la coppia che nella vita e nell’arte si esprime ai massimi livelli del panorama lirico internazionale.
 

Francesco Meli.
 
Francesco Meli - classe 1980 - è nato a Genova, dove ha iniziato gli studi di canto a diciassette anni.
A soli 23 anni ha debuttato al Teatro alla Scala sotto la direzione del Maestro Riccardo Muti che ritiene da sempre sua straordinaria guida.
Ha inaugurato per due volte la stagione della Scala e ha cantato nel concerto di apertura delle Olimpiadi invernali a Torino e in quello di EXPO 2015 a Milano, entrambi trasmessi dalla RAI.
 
È stato diretto dai maggiori direttori mondiali e lavora regolarmente con Riccardo Chailly, Myung-Whun Chung, Fabio Luisi, Riccardo Muti, Gianandrea Noseda, Antonio Pappano, Daniele Rustioni, Yuri Temirkanov.
Ha cantato in recital solistici alla Scala, Londra, Tokyo e nel Requiem di Verdi con Riccardo Chailly, Daniele Gatti, Fabio Luisi, Riccardo Muti, Lorin Maazel, Gianandrea Noseda e Yuri Temirkanov alla Scala, Londra, Parigi, Zurigo, Mosca e Vienna.
 
Ha vinto il Premio Abbiati nel 2013 per le interpretazioni verdiane, La Maschera d’oro, l’Oscar della lirica, il Premio Zenatello all’Arena di Verona, il Premio Pertile, il Premio Lugo, il Premio Prandelli, il Premio Mascagni, il Tiberini d’oro e l’ISO d’oro. È a tutti gli effetti considerato una delle voci regali nel panorama lirico internazionale.
 

Serena Gamberoni.
 
Serena Gamberoni è nata a Rovereto nel 1981. Fin da piccola ha sempre amato cantare; inizia con il coro parrocchiale a Marco e studia violino a Casa Mozart, per poi avvicinarsi alla lirica durante le ore di canto corale al conservatorio.
Dopo aver conseguito l’esame di violino sotto la guida di Zoran Milenkovic, intraprende gli studi di Canto al Conservatorio di musica “F. A. Bomporti” di Trento, nel 1996.
Nel 1999 si diploma in canto lirico e frequenta vari corsi di perfezionamento con Franca Mattiucci, Luigi Alva, Renato Bruson, Piero Cappuccilli, Maria Chiara, Ghena Dimitrova e Gabriella Tucci.
 
Nel 2000 si esibisce in qualità di solista con orchestra ad Este e debutta nel ruolo di Zerlina in Don Giovanni di Mozart a Galliera Veneta, spettacolo poi ripreso a Ivrea ed al Teatro Carignano di Torino; prende parte quindi a Rigoletto di Verdi a Tortona ed a numerosi concerti dell’Accademia della Voce a Torino presso il Circolo Ufficiali ed il Circolo della Stampa. Nel 2002 partecipa a numerosi concorsi aggiudicandosi vari premi.

Nel 2004 è vincitrice del Concorso Europeo As.Li.Co per i ruoli di Adina nell’Elisir d’amore di Donizetti e Sophiein Wertherdi Massenet, ha debuttato alla Scala con Un Ballo in Maschera e si è esibita su alcuni dei più importanti palcoscenici italiani e stranieri: a Caracas in Rigoletto a fianco di Aquiles Machado, in Lobgesang di Mendelssohn con la Fondazione Toscanini nel Duomo di Parma, a Verona e Londra con Un Ballo in Maschera, a Pechino con L’elisir d’amore, a Genova con La Bohème e Don Giovanni, per citarne solo alcuni.
A ottobre 2015 in occasione del premio «Trentino dell’anno» riceve la targa di «Personaggio per il futuro».
 

 
Serena Gamberoni e Francesco Meli si sono sposati nel 2004, hanno 3 figli.
La coppia condivide insieme i ruoli principali di numerose opere, come L’elisir d’amore, Don Pasquale, Werther, Così fan tutte, la Bohème, Gianni Schicchi, Un ballo in maschera, Carmen etc.
 

 
Francesco e Serena, come avete vissuto il periodo di lockdown lontano dai riflettori?
«Il primo periodo di lockdown è arrivato all’improvviso. Il 23 febbraio infatti Francesco era al trucco in Scala ed è entrato il direttore artistico dicendo che la recita era annullata e il teatro sarebbe stato chiuso.
«È stato uno choc, nessuno pensava ancora a cosa saremmo andati incontro. Man mano che passavano i giorni la preoccupazione saliva, per quanto sarebbe durato? Avremo retto economicamente? Quando saremo potuti tornare alla vita normale?
«Abbiamo visto che tutto il nostro preoccuparci ricadeva inevitabilmente sulla serenità dei bambini. Abbiamo quindi deciso di prenderci questo tempo come un regalo. Quando mai ci sarebbe capitata l’opportunità di vivere questo momento di nuovo? Ci siamo dedicati a loro, alla loro istruzione (la fantomatica DAD) e a riempire le loro giornate.
Il nostro lavoro è rimasto in stand-by, difficilmente ci mettevamo a cantare, era troppo doloroso pensare a cantare, i progetti venivano cancellati mese dopo mese, gli obiettivi pian piano sparivano. Anche a livello social ci siamo chiusi in una sorta di silenzio pensando alle persone che in quel momento stavano lottando.»
 

 
Per colpa del Covid-19, Francesco ha dovuto cancellare la recita di Aida dello scorso 19 ottobre al Teatro alla Scala di Milano, come l’avete presa?
«È stata una cosa inaspettata, quando lavoriamo siamo sottoposti spesso a tamponi di controllo per la sicurezza di tutti, avevamo ricevuto un tampone negativo da pochissimi giorni. Io stavo preparando un the alla frutta e volevo far sentire il profumo a Francesco che però non riusciva a sentire nulla.
«Ci siamo guardati e preoccupati. Francesco ha immediatamente messo una mascherina per preservare tutti e la mattina dopo siamo andati a fare un ulteriore tampone, che ci ha trovato entrambi positivi.
«È stata una sensazione strana, dopo tanto parlare e tanta paura ora lo avevamo contratto anche noi. Il primo pensiero è andato a tutte le persone che avevamo incontrato nell’ultima settimana, le abbiamo contattate tutte. E poi abbiamo fatto il nostro dovere e rispettato la quarantena come previsto dalla legge.
«Avevamo tre concerti di lì a pochi giorni, tutti cancellati. La preoccupazione del virus si è aggiunta a quella lavorativa. Ma in questo momento è così per tutti. Quindi ci siamo messi il cuore in pace e approfittato di quelle due settimane per goderci casa e bambini.»
 
Nonostante tutte le misure di messa in sicurezza nei teatri, il Dpcm in vigore fino al 3 dicembre vieta la presenza al pubblico, secondo voi cosa si poteva fare per evitare la chiusura?
«Il teatro è stato sempre un luogo sicuro. I controlli di sicurezza e i tamponi previsti per i dipendenti, le misure di sicurezza in sala con il pubblico che ha l’obbligo di mascherina oltre al distanziamento per tutto il tempo lo rendono forse uno dei luoghi pubblici più sicuri rispetto ai trasporti.
«Inoltre le persone hanno bisogno dell’arte e della musica, si dice che noi non siamo necessari, ma ha mai pensato di passare la pandemia senza musica, film e libri? Gli artisti sono utili per svagarsi, dimenticarsi i problemi e portare bellezza dove c’è preoccupazione.
«Secondo noi le misure di sicurezza erano rispettate, ma forse ci sfuggono dei dati che non abbiamo.»
 
In che modo l’emergenza sanitaria ha cambiato il modo di fare spettacolo?
«Per prima cosa i teatri sono diventati forse uno dei luoghi più sicuri, dopo il primo lockdown. Le misure di prevenzione e l’attenzione che ci viene richiesta nel rispettare i protocolli dati dal ministero, è molto alta.
«Tra noi solisti anche gesti banali come prendersi per mano a fine spettacolo sono diventati proibitivi. Il toccarsi mentre si è in scena o l’abbracciarsi alla fine di ogni singola rappresentazione. Tutto questo rimane sospeso… spesso parte l’azione ma poi la mente realizza che non è possibile e ci si ferma. Diciamo che è come stare in teatro a metà.»
 
Cosa pensate delle iniziative di streaming? Il futuro potrebbe andare anche in quella direzione?
«Il teatro è una forma di arte dal vivo. L’energia che si può percepire in un teatro d’opera assieme al profumo del legno e del velluto che ti avvolgono completamente, sono effetti difficilmente ripetibili con lo streaming.
«È però lodevole l’iniziativa dei teatri che piuttosto di rimanere in silenzio raggiungono il loro pubblico attraverso la rete, tenendolo vivo e aspettandolo di nuovo quando tutto questo passerà.
«È anche vero che lo streaming dà la possibilità alle persone di vedere spettacoli live che si tengono in paesi distanti e quindi potenzia la cultura e la fruizione degli stessi.
«Direi quindi che è una cosa che si dovrà sviluppare parallelamente al teatro e non diventare una piattaforma esclusiva di messa in onda degli spettacoli stessi.»
 

Un Ballo in Maschera con Riccardo - Francesco Meli Renato - Luca Salsi Amelia - Hui He Ulrica - Elisabetta Fiorillo Oscar - Serena Gamberoni Orchestra, Coro, Corpo di Ballo e Tecnici dell'Arena di Verona Andrea Battistoni.
 
Avete già ripreso le vostre esibizioni per qualche occasione?
«Io e Francesco abbiamo ripreso a lavorare. C’è stato il concerto per la consegna del nuovo ponte a Genova, piuttosto che alcune serate all’arena di Verona, Firenze e poi il requiem trasmesso dalla Rai al Duomo di Milano con la filarmonica della Scala.
«Francesco ha anche partecipato ai concerti di Aida sempre in Scala prima di scoprire qualche giorno prima dell’ultima rappresentazione di essere positivo al COVID e quindi siamo ritornati ad un’altra chiusura dei teatri. Per ora sembra che la prima vera opera in scena sarà prevista a gennaio 2021 in Giappone. Per ora ci hanno confermato il contratto ma staremo a vedere cosa succederà nelle prossime settimane.»
 
Quali sono le misure di sicurezza adottate sul palco e come siete organizzati per potervi esibire?
«Abbiamo obbligo di portare mascherina FPP2 per tutta la permanenza in teatro, la possiamo togliere o nel momento in cui entriamo in scena o altre volte direttamente in palcoscenico raggiunto il nostro posto.
«Non è possibile il contatto tra colleghi se non conviventi, misurazione della temperatura corporea e come ovunque tantissimi gel a disposizione per potersi igienizzare le mani.
«Quasi tutti i teatri chiedono un tampone prima dell’arrivo e altri uno a settimana per tutta la permanenza di produzione. Direi che quindi possiamo considerare i teatri luoghi più che sicuri.»
 
È cambiato molto il modo di programmare i debutti?
«Ah sì. Non esiste più la sicurezza; alcuni teatri programmano, altri teatri non sanno nemmeno se riapriranno, è tutto un vivere alla giornata. Lavorando con diversi paesi, ogni paese ha le proprie regole e quindi navighiamo a vista.»
 
Il Teatro Carlo Felice ha scelto per la stagione d’opera 2020-2021 l’opera «Pagliacci» con scenografie in realtà aumentata Pagliacci, di cosa si tratta?
«L’opera attualmente è stata cancellata, speriamo di riprenderla, era un progetto che sarebbe andato al Festival di Berlino (e per il momento è in forse pure quello), in collaborazione con la RAI.
«L’opera si sarebbe svolta in palcoscenico con un green screen al posto delle scenografie di fondo. lo spettatore avrebbe potuto così vedere l’opera come si stava facendo in quel momento in palco, quindi iterazione con il green screen e nello schermo posto sopra la scena invece come sarebbe risultata alla fine, quindi con le proiezioni che potevano animare il green screen con ambientazioni in un villaggio, che però poteva essere tramutato in un bosco o in qualsiasi tipo di proiezione possibile. Speriamo di poterla fare al più presto.»
 
Quali sono i prossimi appuntamenti?
«Oltre al Giappone difficile prevedere come sarà l’andamento della curva e quando sarà possibile una riapertura dei teatri.»
 

 
Come riuscite a conciliare la vita privata con la vostra carriera?
«È un grande lavoro di collaborazione tra tutti, figli compresi. Sono molto bravi ad accettare le nostre carriere, a sopportare le nostre assenze e a sfruttare al meglio i momenti che passiamo assieme. Io e Francesco programmiamo le nostre agende in maniera incrociata, cercando di non essere mai troppo distanti per più di 15 giorni da casa, spesso a settimane alterne ci alterniamo per poter raggiungere Genova dove abitiamo per stare con i bambini nel nostro giorno libero. Se lui è in un posto dove non può raggiungere casa facilmente di solito io non lavoro o trovo lavoro in un posto dove invece per me è facile tornarci.
«Fino ad ora ha funzionato. Solo il prossimo lavoro in Giappone ci porterà tanto tempo distante da loro, ma loro sanno che è un periodo particolare dove non possiamo rinunciare a questo lavoro e per fortuna esistono i nonni che ci aiutano molto.
«Per il resto con noi vivono delle ragazze alla pari che cambiano ogni anno, i bambini imparano l’inglese e loro hanno una figura fissa con loro come se fosse una sorella grande in più.»
 
Riuscite a trovare il tempo per venire a Rovereto dai nonni?
«I bambini vengono spesso durante le vacanze mentre per noi è veramente difficile trovare il tempo per poter venire. Di solito, quando abbiamo qualche giorno tranquillo, preferiamo passarlo a casa, ma un paio di volte all’anno riusciamo a venire. Di solito i nonni si trasferiscono da noi e vengono volentieri a trovarci a Genova, il pesto e la focaccia sono sempre delle ottime attrattive!»
 

 
Serena, cosa ricorda in particolare della sua infanzia a Rovereto?
«La libertà che ti dà il vivere in un piccolo paese, la comunità che aiuta tutto e tutti, mi ricordo quando da Marco partivo da sola con l’autobus e andavo alla scuola musicale di Rovereto a fare lezione, ero piccola avrò avuto 8-9 anni, ma era tale la gioia di suonare e di fare musica che era naturale farlo.
«Ricordo però anche la difficoltà di poter sentire l’opera dal vivo tutto l’anno, trovare strutture adeguate per poter studiare canto lirico ad alto livello e la difficoltà geografica per gli spostamenti.
«Quando ho deciso di intraprendere la carriera di cantante, non ho trovato grande accoglienza nei miei amici o nelle persone che mi circondavano, ma piuttosto ero diventata strana.
«Ma non mi ha fermato nessuno e ancora adesso cerco di aiutare i giovani che vogliono diventare cantanti mettendomi a disposizione e credendo nel loro sogno.»
 
I vostri figli stanno seguendo le vostre orme?
«Melissa ha una bellissima voce, ma fino ad adesso non ha mai voluto sfruttarla, anche se ha una grande passione musicale per la musica pop.
«Giovanni Battista è nel coro delle voci bianche del Teatro Carlo Felice, ha fatto diverse opere in palcoscenico con noi, ma siamo anche fortunati perché nella sua scuola elementare c’è sempre stata una grande attenzione all’opera lirica, infatti ogni anno ne mettono in scena una dove i bambini sono i protagonisti e si appassionano chiedendo ai genitori di andare poi a vedere le opere a teatro.
«Leonardo ha iniziato durante il lockdown a chiedere lezioni di pianoforte a Francesco e da settembre ha iniziato un corso ed è molto felice. La musica fa parte delle loro vite da sempre e sarà poi una loro scelta se farla diventare un lavoro come noi.»
 
 
 
L’opera lirica cosa può insegnare specialmente ai più giovani?
«L’opera lirica fa parte della nostra storia e del nostro patrimonio, dovremo esserne fieri e conservarlo, è una forma di arte che ci invidia il mondo intero e ad oggi ancora attuale… Ho fatto delle opere del ’700 trasportate negli anni ’80 a New York, il libretto era ancora attuale e la parte visiva era molto accattivante soprattutto per i ragazzi giovani.
«L’arte non necessariamente deve insegnare, ma aiuta a conservare quella forma di bellezza che in Italia si trova in ogni cosa, dall’architettura, alla storia, alla pittura, al cibo e che ti fa stare bene.»
 
Qual è l’opera che più vi è rimasta nel cuore come nella vita?
«Ogni opera tocca in noi corde diverse, tutte le opere sono belle e rimangono particolarmente impresse anche a seconda del periodo personale che si sta vivendo.
«Succede spesso che i sentimenti provati dai personaggi interpretati corrispondano a quelli vissuti nella vita reale in quel particolare momento, ecco quindi la possibilità di portare in scena il dolore, la gioia, il divertimento a rendere unica la rappresentazione di quel momento.
«Verdi ha sicuramente la capacità di esprimere al meglio quello che ci piace cantare, specialmente nel Simon Boccanegra, opera che parla di Genova, dei luoghi che viviamo quotidianamente e della storia che vediamo tutti i giorni.»
 

Teatro dell’Opera di Roma: Simon Boccanegra

Siete i nuovi testimonial ufficiali della Onlus Make-A-Wish Italia, (vedi), raccontateci di questa vostra lodevole decisione di mettervi al servizio di bambini affetti da malattie gravi aiutandoli nella realizzazione dei loro desideri.
«Da anni stavamo cercando una causa da sposare e essendo genitori di tre bambini la nostra scelta non poteva che ricadere sull’infanzia. Siamo molto legati anche alla nostra città e Make a Wish ha proprio la sua sede italiana a Genova.
«Abbiamo deciso di aiutare loro perché portano la luce e la speranza ai bambini ammalati, regalando loro qualche momento di spensieratezza, realizzando i desideri anche più assurdi che sono i bambini sanno trovare (diventare una farfalla, volare su una renna di babbo natale, incontrare il presidente degli Stati Uniti), desideri tutti realizzati mettendo in campo la fantasia e guardando il mondo con i loro occhi.
«È bellissimo vedere i loro sorrisi e la loro sorpresa, che diventano anche una grande terapia durante il loro percorso medico. La gioia di veder realizzare il proprio desiderio li fa diventare più resilienti e la voglia di guarire poi è ancora più forte.
«Ovviamente durante la pandemia le donazioni sono diminuite molto ma per chi volesse farsi un regalo alternativo per Natale c’è la possibilità di adottare il desiderio di un bambino e vederlo realizzato.»

Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it
Serena Gamberoni - serenagamberoni@gmail.com
Info.
 

È Natale, Adotta un desiderio.


Tosca, Recondita armonia, Prima alla Scala 2019
Dalla più nota opera di Giacomo Puccini, magistrale interpretazione del tenore Francesco Meli nei panni di Mario Cavaradossi.
Stupefacenti la regia e gli effetti scenici, un vero e proprio film girato in diretta.
 

Teatro la Fenice - Giacomo Puccini, La rondine - Bevo al tuo fresco sorriso (Sierra/Meli/Gamberoni/Lippi).

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