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L’orientamento sessuale e la genetica – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con il prof. Liborio Stuppia docente di Genetica Medica presso l’Università degli Studi «G. D’Annunzio» di Chieti, Pescara

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Amare persone del proprio sesso è una scelta costruita sulla base delle proprie esperienze o si tratta di un orientamento sessuale dettato semplicemente da una predisposizione genetica?
Per decenni gli scienziati di tutto il mondo hanno dibattuto sulla possibile esistenza di un presunto «gene dell'omosessualità», cioè un determinato marcatore genetico che teoricamente dimostrerebbe una differenza nel DNA delle persone gay e bisessuali da quelle eterosessuali. La sua esistenza è oggetto di feroci diatribe scientifiche da lungo tempo.

Ora la più grande ricerca mai condotta sul tema ci offre finalmente una risposta chiara e (in buona parte) inequivocabile: «non esiste un gene dell'omosessualità».
A pubblicare tale studio, i cui risultati sono stati estrapolati dall'analisi genetica di quasi mezzo milione di persone, è l’autorevole rivista scientifica Science.
Noi per saperne di più abbiamo contattato il prof. Liborio Stuppia, docente di Genetica Medica presso l’Università degli Studi G. d’Annunzio di Chieti, Pescara.

 Chi è il prof. Liborio Stuppia  
2007- Professore ordinario di genetica medica, Università G. d’Annunzio, Chieti
2000-2007: Professore associato di Genetica Medica, Università G. d’Annunzio, Chieti
1997-2000 Ricercatore, Università G. d’Annunzio, Chieti
Preside della Facoltà di Psicologia, Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara
2012-2017: Direttore del Dipartimento di Scienze Psicologiche, della Salute e del Territorio, Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara
2011-2015: Membro del Comitato Nazionale per le Biotecnologie, la Biosicurezze e le Scienze della Vita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma.
2018-Componente del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Genetica Medica
2019-Componente della Commissione Regionale del Farmaco della Regione Abruzzo
2020-Direttore del laboratorio di Genetica Molecolare – Test Diagnosi COVID 19 della Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara
1987-Laurea in Medicina e Chirurgia, Università G. d’Annunzio, Chieti, 110/110 e lode
1990: Specializzazione in Ematologia, Università G. d’Annunzio Chieti, 70/70 e lode
1990: Working Visitor, Human Genetic Unit, Medical Research Council, Edinburgh (UK)

Prof. Stuppia ci può spiegare cosa si intende per orientamento sessuale?
«L’orientamento sessuale può essere definito come la attrazione emozionale, romantica e/o sessuale che un individuo prova nei confronti di altre persone dell’altro sesso o dello stesso sesso.
«L’attrazione per individui dello stesso sesso non è più considerata come non naturale, ma solo come la forma meno frequente di orientamento sessuale.
«In genere l’orientamento sessuale viene diviso in 3 categorie: eterosessuale, omosessuale e bisessuale.»
 
Cosa determina l’orientamento sessuale?
«L’orientamento sessuale è verosimilmente il risultato dell'interazione tra diversi fattori di tipo biologico, ambientale e culturale. Si tratta di una caratteristica non rigida ma fluida, nell’ambito della quale è possibile che si sviluppino cambiamenti nel corso della vita.»
 
Perché alcune persone sono attratte da persone dello stesso sesso? I rapporti sessuali sono naturali?
«In natura esistono oltre 400 specie animali in cui sono stati dimostrati comportamenti omosessuali. Pertanto, così come è un fenomeno naturale la sessualità, lo è anche la omosessualità.
«Il fatto che i rapporti omosessuali non permettano la riproduzione non significa che non siano naturali, ma solo che sono svantaggiosi rispetto ai rapporti eterosessuali dal punto di vista della cosiddetta fitness riproduttiva.
«Del resto, nella specie umana ormai la stragrande maggioranza dei rapporti eterosessuali non hanno come fine il concepimento, che anzi a volte può essere un esito non desiderato del rapporto sessuale. Il fatto che siano stati sviluppati in gran numero di prodotti anticoncezionali di ogni tipo ne è la prova.»
 
Cos’è la «disforia di genere»?
«Per rispondere bene a questa domanda è innanzitutto importante distinguere tra i concetti di sesso e di genere.
«Con la parola sesso si definisce la presenza di una conformazione anatomica dell’individuo che permette di classificarlo come maschio o femmina in base alla presenza del carattere sessuale primario (testicolo nell’uomo, ovaio nella donna) e dei caratteri sessuali secondari (genitali esterni, voce, disposizione del tessuto adiposo, quantità e distribuzione dei peli).
«Con la parola genere invece intendiamo la presenza di comportamenti, atteggiamenti e ruoli sociali tipicamente maschili o femminili. Quindi potremmo dire che la parola sesso ha un significato anatomico, la parola genere ha un significato culturale.
«Con la definizione di disforia di genere, pertanto, ci riferiamo alla situazione in cui un individuo non si riconosce nel proprio sesso anatomico, e può vivere pertanto il disagio di una persona che si sente donna ma è costretta nel corpo di un uomo, o viceversa.
«La disforia di genere è cosa diversa dalla omosessualità: l’omosessuale infatti si sente appartenere al proprio sesso anatomico, ma semplicemente è attratto da persone di quello stesso sesso e non dell’altro sesso.»
 
Eterosessuali o omosessuali si nasce o lo si diventa?
«È possibile che alcuni individui nascano con una maggiore predisposizione a diventare omosessuali, ma sicuramente questa condizione non è geneticamente determinata, tant’è che in molti casi il riconoscimento e la accettazione della propria omosessualità avvengono nel corso della vita, e in più va ricordato che esiste anche il fenomeno della bisessualità, che più di tutti chiarisce che non ci troviamo di fronte a due categorie nette e distinte, ma più probabilmente a una serie progressiva di sfumature nel proprio orientamento sessuale che possono modificarsi nel tempo.»
 
Come si riconoscono le persone dello stesso orientamento sessuale?
«I tentativi di elencare una serie di caratteristiche che rendono riconoscibile un omosessuale o permettano agli omosessuali di riconoscersi tra loro tendono purtroppo il più delle volte a sfociare in luoghi comuni abbastanza triviali, a descrizioni macchiettistiche che dovrebbero scomparire dal nostro gergo perché sono comunque forme evidenti di omofobia.
«Purtroppo la tentazione di utilizzare metodi lombrosiani in questo campo è ancora molto forte. È come chiedersi in che modo si possa riconoscere l’anima gemella, o cosa generi i colpi di fulmine o l’amore a prima vista. Su questi argomenti non ci sono risposte scientifiche. E aggiungerei che per fortuna non ce ne sono…»
 
Dalle ultime ricerche si è chiarito che non esiste un «gene dell'omosessualità» ci può spiegare meglio?
«Da molti anni diversi gruppi di ricerca hanno provato, invano, a identificare un gene che potesse essere responsabile della omosessualità. Queste ricerche sono sempre partite con l'errata convinzione che si trattasse di identificare un gene che nella sua costituzione normale non provocasse omosessualità, ma che producesse questa caratteristica quando presente in una forma alterata.
«In altre parole, si considerava la omosessualità come una possibile patologia genetica.
«Questo modello è sempre stato del tutto sbagliato in quanto la omosessualità non è una patologia. L’omosessuale, uomo o donna, non ha una malattia da curare, e pertanto certamente non è il risultato di una mutazione genetica.
«In ogni caso, tutti gli studi proposti non sono mai riusciti a dimostrare una origine genetica della omosessualità nella forma che abbiamo descritto. Potrebbe essere invece che ci siano diversi geni capaci di aumentare la probabilità che alcuni individui, in particolari condizioni ambientali, si sviluppino mostrando un orientamento sessuale omosessuale.
«In questo caso però non si tratterebbe di un gene della omosessualità, ma di alcuni geni di suscettibilità. Peraltro, anche questi geni non sono mai stati con certezza identificati.»
 
Sulle cause, la scienza medica cosa ci dice a riguardo?
«Come detto, è verosimile che si tratti del risultato della interazione tra fattori biologici, genetici, ambientali e culturali. Sono state proposte molte ipotesi, ma nessuna è stata in alcun modo provata in maniera chiara e definitiva.
«Sicuramente, non trattandosi di una patologia, non necessariamente le risposte verranno dalla scienza medica, ma più probabilmente dalla cooperazione di altre discipline quali la biologia, la psicologia, la sociologia, la sessuologia.»
 
Esiste una diagnosi e una cura specifica?
«Non trattandosi in alcun modo di una patologia, non ha senso parlare di una diagnosi né tantomeno di una cura. La omosessualità è una condizione naturale che come tale va accettata.
«E semmai sarebbe da curare la omofobia, allo stesso modo in cui ormai sappiamo che nell’uomo non esiste il problema delle razze ma quello dei razzisti.»
 
Che cos’è il «coming out»?
«Il coming out (letteralmente venir fuori) non è altro che la decisione di un individuo, uomo o donna, di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere.
«Si tratta quindi di una decisione dell’individuo, che ha portato alcuni a far notare che, in realtà, un individuo non può scegliere se essere omosessuale o eterosessuale, ma può scegliere se manifestare o meno il proprio orientamento sessuale.»
 
Quali sono le possibili conseguenze positive e negative del coming out?
«Il coming out è un processo che si articola in due fasi. La prima è il coming out interiore, e corrisponde alla maturazione della consapevolezza del proprio orientamento sessuale.
«La seconda, invece, è quella in cui l'individuo si dichiara alla società. Questa seconda fase ovviamente può avvenire in più passaggi, nel corso dei quali la persona può decidere progressivamente di comunicare questa informazione dapprima ai familiari o agli amici stretti e poi man mano in modo sempre più ampio.
«La conseguenza positiva più evidente in questi casi è certamente la libertà di poter uscire allo scoperto e dichiarare apertamente la propria condizione senza dover più fingere.
«Quella negativa è il dover affrontare la reazione delle persone che vengono ad apprendere la presenza di questa condizione, e che spesso hanno come reazione il biasimo o la discriminazione dovute a pregiudizi culturali difficili da eradicare.»
 
Quali possono essere i metodi per eliminare i pregiudizi e rendere meno difficoltoso vivere in serenità il proprio orientamento sessuale?
«Dal mio personale punto di vista di genetista medico mi sento di affermare con forza che il pregiudizio va combattuto in primo luogo ribandendo con chiarezza che l’omosessualità non è una patologia e men che meno una patologia genetica.
«Ancora una volta cito l’esempio delle razze: nella specie umana le razze non esistono, e quindi i razzisti basano le loro convinzioni su pregiudizi che non hanno alcun fondamento scientifico.
«Allo stesso modo, gli omofobi basano la loro avversità verso gli omosessuali sulla base di pregiudizi culturali che non hanno motivo di esistere.
«Purtroppo, la cosa più difficile sarà intervenire sulle nuove generazioni in modo da evitare che, sin da adolescenti, i ragazzi e le ragazze si abituino a vedere gli omosessuali etichettati con definizioni ridicole e offensive dalle quali è poi difficile discostarsi una volta diventati adulti.»
 
Sembra che l'asessualità possa essere considerata un orientamento tipico di alcuni individui allo stesso modo come essere omosessuali, eterosessuali, bisessuali o altro. Può aiutarci a chiarire meglio tutti questi concetti?
«Come detto, omosessualità è l’orientamento sessuale verso individui del proprio sesso, eterosessualità verso individui dell'altro sesso e bisessualità verso entrambi.
«La asessualità invece è la mancanza di attrazione sessuale verso alcun genere, e può o meno accompagnarsi a mancanza di interesse verso il sesso.
«È una condizione che interessa circa l’1% delle persone, e può anche essere limitata esclusivamente alla attrazione sessuale senza che sia compromessa la attrazione romantica. In altre parole, si può essere attratti da un individuo dello stesso o dell’altro sesso da un punto di vista sentimentale senza provare alcun desiderio sessuale.»
 
Secondo lei il fenomeno è cresciuto negli anni?
«Ritengo più probabile che sia aumentato il numero delle persone che serenamente manifestano la propria omosessualità, e quindi apparentemente sembra che ci siano più omosessuali di un tempo. In realtà la omosessualità è sempre esistita, in quanto fenomeno naturale, ma negli anni e nei secoli precedenti era molto più difficile dichiararsi pubblicamente.»
 
Chi avesse bisogno di aiuto a chi deve rivolgersi?
«Sicuramente il bisogno di aiuto non può riferirsi alla condizione di omosessualità in se stessa. Non trattandosi di una patologia, non c’è bisogno di interventi.
«Semmai il problema può essere quello di un disagio sociale o psicologico, e in questo caso sicuramente la persona giunta da contattare è uno psicologo, esattamente come fanno tantissimi eterosessuali, a dimostrazione che spesso il disagio e il bisogno di un supporto psicologico.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Prof. Liborio Stuppia - stuppia@unich.it
Genetica Medica - Università degli Studi di Chieti-Pescara

VIDEO-INTERVISTA.

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