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Urologia, interventi mini-invasivi – Di Nadia Clementi

Ne parliamo col dottor Matteo Balzarro, dirigente medico presso l’U.O.C.di urologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona – I consigli sulla prevenzione

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La Unità Operativa Complessa (UOC) di Urologia dell'Ospedale Civile Maggiore Borgo Trento dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata (AOUI) di Verona diretto dal Prof. Alessandro Antonelli, è tra i primi ospedali a livello nazionale per numero di interventi robotici che svolge ogni anno.
 
Il vantaggio della robotica rispetto alla chirurgia a cielo aperto tradizionale è di rendere l'Intervento meno invasivo per il paziente, riducendo significativamente complicazioni e tempo di degenza, senza compromettere la cura della malattia.
La chirurgia robotica nel Centro diretto dal Prof. Antonelli viene utilizzata soprattutto per la neoplasia della prostata e del rene.
Nella neoplasia della prostata la robotica ha portato risultati significativi soprattutto sul mantenimento della continenza, mentre nelle neoplasie renali spesso è possibile ottenere la rimozione del solo tumore con la preservazione del rene.
Nella chirurgia del tumore vescicale in questo momento la robotica ha una indicazione più limitata.
 
Un’ulteriore eccellenza dell’Urologia dell’AOUI di Verona è l’urologia funzionale.
Ovvero quella branca dell’urologia che non si occupa di neoplasie ma che risolve problematiche come la difficoltà ad urinare, l’incontinenza urinaria sia maschile che femminile ed i prolassi genitourinari.
In urologia funzionale la chirurgia è spesso l’atto che conclude un complesso ragionamento delle cause che portano la paziente o il paziente in urologia.
Nella donna questi interventi vengono svolti quasi sempre per via vaginale con le tecniche più moderne ed efficaci al fine di ottimizzare efficacia e sicurezza per la paziente.
Nel maschio l’incontinenza urinaria viene trattata soprattutto con l’impianto di sfintere artificiale.
 

 
Per la chirurgia dell'ipertrofia prostatica viene eseguita quasi esclusivamente per via endoscopica con l’utilizzo di strumenti moderni che hanno consentito di convertire a via endoscopica tutti quei casi che una volta venivano trattati per via chirurgica a cielo aperto.
Questo ha comportato un abbattimento delle complicanze e dei giorni di degenza in ospedale.
Altri aspetti dell’urologia trattati nella UOC di Verona sono l’andrologia e la calcolosi urinaria in entrambe i casi abbiamo quasi esclusivamente trattamenti mini-invasivi.
Ad oggi, presso il reparto di urologia Borgo Trento si svolgono circa 2.000 interventi in regime di ricovero, con una degenza media di 3.5 giorni, e oltre 10.000 prestazioni ambulatoriali.
I pazienti extra-regione, provenienti da tutta Italia, rappresentano il 20% dei ricoverati.
 
Il reparto eroga prestazioni in regime di ricovero (programmato o urgente), di Day Surgery, ed ambulatoriale. Gli ambulatori divisionali coprono tutte le problematiche di urologia generale.
Ambulatori specializzati sono l’ambulatorio per l’incontinenza urinaria femminile ed i prolassi degli organi pelvici che si tiene ogni lunedì; l’ambulatorio della neuromodulazione sacrale che si tiene ogni primo lunedì del mese; l’ambulatorio di andrologia che si tiene ogni mercoledì; l’ambulatorio della calcolosi che si tiene ogni venerdì.
Il Gruppo Interdisciplinare Uro-Oncologico (GIUrO) è un gruppo interdisciplinare in cui vengono presentati e discussi i casi oncologici più complessi.
In tale occasione l’analisi di ogni singolo caso ed il confronto tra specialisti urologi, radiologi, oncologi, radioterapisti, e anatomopatologi permette una valutazione multidisciplinare che è garanzia di una visione a 360 gradi del paziente.
 
Nel laboratorio di Urodinamica si studiano i casi complessi di urologia funzionale, ed è tradizionalmente considerato un riferimento di elevato profilo professionale.
Ulteriori informazioni sulla UOC di Urologia sono reperibili al sito https://www.urologiaverona.it, dettagli sul reparto sono invece riportati su sito https://www.urologiaverona.it/reparto.
Fanno parte dell'equipe i dirigenti medici dott. Matteo Balzarro, dott. Antonio D'Amico, dott. Vincenzo De Marco, dott. Vincenzo Lacola, dott. Filippo Migliorini, dott. Carmelo Monaco, dott. Giovanni Novella, dott. Antonio Benito Porcaro, dott. Emanuele Rubilotta, dott.ssa Alessandra Sarti, dott. Stefano Zecchini Antoniolli. Personale universitario: prof.ssa Maria Angela Cerruto.
Noi per saperne di più abbiamo intervistato il dott. Matteo Balzarro autore di numerose pubblicazioni su riviste internazionali fra cui riportiamo la pubblicazione «Fattibilità, affidabilità e soddisfazione delle pazienti al follow-up telefonico dopo chirurgia per incontinenza urinaria e prolasso» (vedi).

 Chi è il dott. Matteo Balzarro  
Matteo Balzarro è nato a Verona nel 1969. Lavora preso l’Unità Operativa Complessa di Urologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona come Medico di primo livello con incarico di Alta Specializzazione in Chirurgia Ricostruttiva dell’Apparato Genito-Urinario Femminile.
Nel 2016 ha conseguito il Diploma di Master Universitario di secondo livello sulla Gestione del Rischio Clinico e Sicurezza del Paziente.
Nel 2001 presso il Baylor College of Medicine Scott Dept. of Urology a Houston (TX, USA) ha conseguito un certificato di Post-Doctoral Fellowship in Urologia Femminile, e nel 2000 presso il Glickman Urological & Kidney Institute di Cleveland Clinic a Cleveland (OH, USA) ha conseguito un certificato di Research Fellowship.
 
Da sempre dedicato all’urologia funzionale è Autore di numerose pubblicazioni su riviste internazionali, Editore e Autore di monografie. Relatore a numerosi corsi, congressi nazionali ed internazionali.
Socio di numerose società scientifiche ha lavorato per la Società Italiana di Urologia (SIU) nel Gruppo di Lavoro Urologia Femminile fino al 2021, ed è attualmente Membro attivo nel gruppo di lavoro delle Linee Guida LUTS da cause non neurologiche.
Dal Settembre 2021 è Membro del Direttivo della Società Italiana di Urodinamica Continenza Neuro-Urologia Pavimento Pelvico (SIUD) dove è referente con la Fondazione Italiana Continenza.
Sempre in SIUD è stato Coordinatore della Commissione Pavimento Pelvico Femminile nel triennio 2018-2020.

È stato Membro Associato nella European Section of Female and Functional Urology (ESFFU) della European Association of Urology (EAU). Nell’International Urogynecological Association (IUGA) è stato Membro attivo dell’Editorial Board News-letter.
Ha comprovata esperienza di chirurgia funzionale dell’apparato genitourinario femminile e maschile.
È ideatore della tecnica chirurgica di riparazione del deficit di parete vaginale anteriore descritta nella pubblicazione internazionale «Cystocele Repar by a Modified Surgical Technique of Bilateral Pubococcygeus Plication: Long-Term Surgical and Functional Results» per la riparazione del cistocele senza dover ricorrere all’utilizzo di materiale protesico (vedi).

Dott. Matteo Balzarro, di cosa si occupa principalmente l’équipe diretta dal prof. Alessandro Tonelli?
«Il prof. Alessandro Antonelli è l’artefice di una squadra che si muove in armonia e si occupa a 360 gradi del paziente urologico. Con il prof. Antonelli sono arrivate nuove tecniche chirurgiche tra cui va assolutamente menzionata l’asportazione per via robotica di tumori renali, anche voluminosi, con la conservazione del rene.
«La robotica in questi casi riduce l’invasività dell’intervento e consente una rapida ripresa del paziente che si vede preservato un organo importante come il rene.
«Abbiamo iniziato a posizionare protesi peniene per l’impotenza erettile con ottimi risultati, abbiamo introdotto l’utilizzo di tecniche sempre più mini-invasive per l’ipertrofia prostatica benigna, e abbiamo confermato l’elevato volume di trattamenti chirurgici innovativi sulle patologie del pavimento pelvico femminile come incontinenza urinaria e prolassi degli organi pelvici.
«In quest’ultimo ambito possiamo vantare l’impiego di una tecnica chirurgica da me ideata che non utilizza mesh in polipropilene per trattare i prolassi.»
 
Quanti posti letto disponete e quali sono le prestazioni di eccellenza offerte nel vostro reparto?
«Il nostro reparto è composto da 22 posti letto destinati alla degenza ordinaria e 10 per la degenza confortevoli di week-surgery con stanze a 1 o 2 letti.
«La week-surgery si configura come un modello organizzativo aziendale per l’attività di chirurgia elettiva di bassa-media complessità rivolto a pazienti non complicati con l’obiettivo di ridurre la permanenza in ospedale.
«La sezione di day hospital è dedicata alla piccola chirurgia che prevede una dimissione in giornata. Va inoltre sottolineato come i casi clinici più complessi, sia oncologici che non, vengono discussi collegialmente dall’equipe urologica con colleghi di altre branche mediche come oncologi, radioterapisti, radiologi, anatomopatologi, e qual si voglia specialista al fine di apportare una visione olistica sul paziente e poter proporre un trattamento integrato.»
 

 
Le patologie urologiche sono in aumento, se sì quali?
«Le patologie urologiche non sono mai in diminuzione. Negli ultimi decenni, nel nostro Paese abbiamo assistito un aumento dell’aspettativa di vita, questo ha comportato un innalzamento dell’età media e quindi un maggior numero di persone che hanno avuto bisogno dell’urologia. Questo perché la probabilità di avere una malattia urologica aumenta con l’aumentare dell’età.
«Con l’avanzare dell’età il nostro organismo produce tessuti di qualità sempre minore. Ne consegue che il nostro fisico non è più quello di un tempo e patologie come l’incontinenza urinaria, i prolassi del pavimento pelvico nella donna, e l’impotenza erettile nel maschio aumentano.
«L’ingrossamento della prostata può portare a urinare spesso e male e talvolta con impellenza. Per i maschi, è un classico esempio quello di dover interrompere spesso la guida e scendere dall’automobile perché devono cercare un bagno con urgenza.
«Con l’aumentare dell’età aumenta l’esposizione a sostanze cancerogene e quindi organi come reni, prostata e vescica hanno un maggiore rischio di ammalarsi e di sviluppare neoplasie spesso legate allo stile di vita.
«Non a caso chi fuma ha un rischio maggiore di generare una neoplasia della vescica dell’alta via escretrice o del rene.
«Va ricordato che l’Italia è un paese in cui la qualità di vita è ricercata dai cittadini (Trento nel 2021 è stata la 3ª città italiana per migliore qualità di vita), quindi le richieste di aiuto per quelle patologie urologiche che riducono la qualità di vita sono in netto aumento.
«Mi riferisco all’impotenza maschile, all’incontinenza urinaria e ai prolassi del pavimento pelvico nella donna, al dolore pelvico cronico, e a molte altre patologie che una volta venivano considerate come una naturale compagnia a cui doversi adattare, mentre ora sono patologie spesso curabili.»
 
Com’è strutturato il percorso diagnostico-terapeutico nel vostro ospedale?
«Per inquadrare un paziente serve una visita ambulatoriale, è opportuno che il paziente porti con sé esami recenti già effettuati. Così facendo si può già capire il problema ed impostare un trattamento adeguato.
«Questo può sembrare banale ma purtroppo sempre più spesso i pazienti ci vengono inviati per un inquadramento, e quindi senza esami, facendo perdere tempo sia al paziente sia allo specialista.
«Nel caso in cui fosse necessario un intervento endoscopico o chirurgico il paziente viene messo in lista per il percorso preoperatorio. In questo caso in una giornata il paziente esegue tutti gli accertamenti necessari per un’anestesia, una volta concluso il preoperatorio il paziente è considerato pronto per l’intervento.
«Il paziente pronto per l’intervento riceverà una telefonata per la data del ricovero atto ad eseguire la procedura concordata.
«Al ricovero il paziente viene inquadrato dal personale medico ed infermieristico e vengono spiegate le regole del reparto. Dopo l’esecuzione dell’intervento il paziente viene dimesso nelle tempistiche più idonee con eventuali visite di controllo già programmate.
«Nei casi oncologici più complessi una volta giunto l’esito dell’esame istologico si effettua una valutazione polispecialistica per poter offrire al paziente un percorso ottimizzato e fatto su misura.»
 

 
Quali sono gli interventi chirurgici più richiesti? I pazienti arrivano anche da fuori regione?
«Sono numerosi i pazienti che afferiscono al nostro Centro da altre regioni d’Italia.
La U.O.C. di Urologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona ha sempre garantito innovazione nelle cure e al contempo certezza che quanto proposto nel trattamento delle malattie fosse efficace e sicuro.
«Purtroppo sempre più spesso i pazienti vengono abbagliati da novità terapeutiche che poi nel tempo si dimostrano poco efficaci. Diversamente l’Urologia di Verona può vantare innovazione e sicurezza per i nostri pazienti.
«In riferimento agli interventi più richiesti è difficile escludere qualcosa dalla lista degli interventi che settimanalmente facciamo poiché i numeri sono veramente molto alti.
«Fra gli interventi chirurgici più richiesti comunque abbiamo le neoplasie della prostata, le neoplasia del rene, gli interventi mini invasivi alla prostata per ripristinare una corretta minzione, gli interventi per le neoplasie della vescica, gli interventi per calcolosi urinaria, gli interventi andrologici, e gli interventi per i prolassi degli organi pelvici e l’incontinenza urinaria.»
 
Cosa differenzia la chirurgia laparoscopica da quella robotica?
«La laparoscopia è una tecnica chirurgica grazie alla quale il medico può accedere alla sede da operare senza ricorrere alle grandi incisioni richieste dalla chirurgia tradizionale a cielo aperto.
«Nella laparoscopia a muovere gli strumenti è direttamente il chirurgo che è fisicamente affianco al paziente.
«La chirurgia laparoscopica-robotica, o robot assistita, è una laparoscopia in cui gli strumenti chirurgici vengono mossi da una macchina (il robot). A decidere i movimenti del robot c’è il chirurgo che da una consolle, ad alcuni metri di distanza, guida gli strumenti. «Il robot non esegue da solo gli interventi ma è sempre e solo il chirurgo che effettua l’intervento.
«Tuttavia, non sempre la chirurgia laparoscopica robotica o meno è indicata o possibile.
«Ad esempio nelle tecniche mini invasive per l’incontinenza urinaria e per il trattamento trans-vaginale mini invasivo dei prolassi degli organi pelvici non è possibile utilizzare la laparoscopia. Così come nell’endoscopia urologica la manualità ed esperienza del chirurgo in ogni singolo differente contesto clinico non può essere superata da un robot.»
 

 
Cosa prevede in generale il decorso post-operatorio con tecnica mini invasiva?
«Una tecnica mini invasiva ha come scopo una riduzione dei tempi di recupero del paziente in termini di minore dolore, minore rischi chirurgici e post-chirurgici, minore degenza, rapida ripresa delle basilari attività quotidiane.
«Ovviamente le tempistiche di recupero si differenziano in base alla tipologia di intervento eseguito. Per dare degli esempi pratici un paziente dopo un intervento in cui viene rimosso un tumore del rene o della prostata può solitamente essere dimesso dopo 4 giorni dall’intervento.
«Una paziente sottoposta ad intervento per prolasso degli organi pelvici o per incontinenza urinaria ha una degenza di 1-2 giorni.
«Una paziente che esegue iniezioni di tossina botulinica in vescica viene dimessa a distanza di alcune ore dalla procedura.»
 
Quali saranno le nuove sfide della chirurgia moderna?
«La chirurgia ha avuto negli ultimi anni una fantastica quanto incredibile evoluzione. Nessuno avrebbe mai pensato fino a 20 anni fa alla chirurgia robotica, e pochi avrebbero pensato di poter eseguire in chirurgia robotica interventi al rene di estrema complessità.
«Tuttavia come dicevano i Latini Est modus in rebus, ovvero esiste una misura nelle cose. Non sempre la robotica è la soluzione ottimale, ci sono tuttora interventi chirurgici che vengono eseguiti con tecnica classica a cielo aperto che non sono fattibili con il robot.
«Esistono tecniche chirurgiche sempre a cielo aperto che per esposizione a tempi chirurgici e per i costi non ha senso che vengano eseguite per via laparoscopica o robotica.
«In pratica il robot va visto come un prezioso strumento in più per il chirurgo, ma non è detto che per una patologia la robotica sia la soluzione ideale.
«Per quanto riguarda le nuove sfide bisogna sempre porre attenzione alla sicurezza del paziente. In chirurgia purtroppo abbiano esempi di utilizzo di materiali protesici che poi sono stati ritirati dal mercato per la loro pericolosità potenziale o accertata.
«Nella chirurgia ricostruttiva femminile per l’incontinenza urinaria i materiali protesici utilizzati possono fare una notevole differenza nei risultati; abbiamo materiali in polipropilene che possono essere intrecciati in maniera differente, con maggiore o minore elasticità, queste caratteristiche vanno ad impattare sui risultati chirurgici.
«Nel trattamento chirurgico trans-vaginale dei prolassi degli organi pelvici le reti, dette anche mesh, sono nel mondo anglosassone e negli Stati Uniti oramai bandite per le potenziali severe complicanze. In parte della Comunità Europea ancora si possono utilizzare, ma la maggior parte dei maggiori produttori di mesh ne hanno interrotto la produzione.
«Questo ha stimolato i chirurghi a ingegnarsi sullo sviluppo di nuove tecniche chirurgiche. Io per primo ho sviluppato una tecnica chirurgica per la cura del cistocele che prevede il supporto della vescica prolassata con i muscoli del pavimento pelvico.
«Questa mia tecnica che utilizzo da più di 10 anni è stata pubblicata su una rivista scientifica internazionale con risultati a lungo termine ottimi.»
 

 
Quali sono le vostre attività scientifiche e i riconoscimenti ricevuti fino ad oggi?
«Grazie per questa domanda che espone l’anima della Medicina stessa. La Medicina, e con essa la Chirurgia, può essere applicata come una nomale routine copiata da altri, o come una continua evoluzione in meglio di quanto si sta già facendo.
«La ricerca scientifica ha lo scopo di migliorare, e quindi evolvere in meglio, quanto viene quotidianamente fatto dai medici. Ecco perché l’attività scientifica di un Centro è l’indicatore dell’aggiornamento scientifico e quindi della adeguatezza clinica delle cure di quel Centro stesso.
«Se un medico pubblica lavori scientifici su riviste scientifiche di buona qualità e ha una comprovata casistica chirurgica nell’ambito medico in cui pubblica è con ottima probabilità un medico competente e pertanto una figura professionale a cui potersi affidare.
«Pertanto nell’Unità Operativa Complessa di Urologia di Verona pubblicare è un dovere, oltre che un faticoso piacere. Le nostre pubblicazioni scientifiche vertono nell’urologia funzionale soprattutto nella cura dell’incontinenza da sforzo, nella cura dei prolassi genito urinari femminili e nell’urodinamica. Nell’uro-oncologia le pubblicazioni sono nell’ambito della cura delle neoplasie del rene/vescica/prostata.
«Per quanto concerne i riconoscimenti a noi medici ve ne sono di più tipi. Il più bello è quello che ci viene dato dalle nostre pazienti e dai nostri pazienti. Tale riconoscimento ha un valore inestimabile e ci riempie innanzitutto di gioia e solo dopo di orgoglio, quando comprendi di aver fatto la differenza per quella persona e ne percepisci un‘emozione indescrivibile.
«Un secondo tipo di riconoscimento è a livello di cariche istituzionali nelle Società Scientifiche riconosciute dal Ministero della Salute. Molti di noi oltre che Membri di Società Scientifiche sono o sono recentemente stati nei Direttivi, nei gruppi di lavoro specifici per patologia o linea guida delle Società Scientifiche come Membri o Coordinatori.
«Un ulteriore tipo di riconoscimento si riceve dopo aver dimostrato di essere esperti in un preciso ambito scientifico grazie alla pubblicazione di articoli scientifici. Raggiunto questo livello sarà possibile partecipare come relatori a corsi o congressi nazionali ed internazionali.
«Questo significa essere aggiornati, rimanere aggiornati ed aggiornare. Nel caso dei congressi internazionali questo aspetto ha un significato ancora più importante, è infatti possibile potersi confrontare con colleghi da tutto il mondo e poter discutere sulle novità e su quanto finora svolto nel proprio quotidiano. Il confronto in medicina è la base per poter sviluppare nuove idee, e confermare o meno la qualità del proprio operato.
«A Verona proprio quest’anno ospiteremo con il prof Antonelli co-Presidente assieme a me il congresso nazionale della Società Italiana di Urodinamica (SIUD) dove tratteremo tutte le varie problematiche relative alle disfunzioni del pavimento pelvico femminile e maschile. In questo contesto ci saranno incontri tra medici di varie specialità nazionali ed internazionali (urologi, ginecologi, fisiatri, colonproctologi, urologi-pediatri, neurologi, radiologi) e altri operatori sanitari (fisioterapisti, ostetriche, infermieri professionali) che si occupano di alterazioni funzionali del pavimento pelvico e del basso tratto urinario. Verranno presentati lavori scientifici, verranno discusse le differenti malattie nelle loro forme più comuni sino a quelle più rare e complesse nonché i trattamenti.
«Ci si confronterà fra colleghi con comprovata esperienza e fama avendo la possibilità anche di poterci rapportare con colleghi stranieri così da metterci in discussione e poter offrire poi ai pazienti le opzioni più congrue e sicure. Inutile dire che chiunque voglia partecipare è benvenuto e potrà trovare le informazioni al sito www.siud.it
 

Il dottor Balzarro con pazienti (che hanno acconsentito alla pubblicazione).
 
Quali sono i casi di successo che ricorda di più?
«Questa è una domanda molto personale che porta alla memoria molte persone. Sono tante, ed è difficile scartarne alcune per altre, mi sembra quasi di fare torto a qualcuno. Se parliamo di complessità c’è un volto che si fa avanti.
«Una signora che era stata studiata e trattata in altra sede per un prolasso della parete vaginale anteriore (cistocele) e prolasso uterino, i colleghi avevano soprasseduto sul concomitante prolasso del retto. I colleghi avevano eseguito un intervento chirurgico con lo scopo di rimuovere l’utero, correggere il cistocele e prevenire una potenziale incontinenza urinaria.
«La conseguenza fu che la tecnica utilizzata per prevenire l’incontinenza urinaria portò la paziente a non riuscire più ad urinare. Per permettere alla vescica della paziente di svuotarsi vennero fatti numerosi maldestri tentativi fintanto che la paziente su consiglio del Medico di Famiglia non decise di rivolgersi al nostro Centro.
«Paziente arrabbiatissima, scoraggiata, e demoralizzata. L’idea su cosa fosse accaduto me la ero ben fatta, tuttavia andava confermata. Dopo una valutazione urodinamica ben eseguita risultò che la paziente aveva una acontrattilità del muscolo della vescica, ovvero la vescica della paziente non si poteva contrarre per svuotare l’urina contenuta. Questo problema era una caratteristica della paziente e non una conseguenza dell’intervento, tanto è che la signora stessa riferiva di aver sempre urinato spingendo con la pancia.
«Tuttavia, il passaggio chirurgico effettuato per prevenire una eventuale incontinenza urinaria da sforzo aveva ostruito la paziente rendendole impossibile poter urinare. Inoltre la paziente lamentava ancora il prolasso del retto.
«Per risolvere questo caso delicato era necessario informare molto bene la paziente sulla sua condizione, sulle possibili soluzioni da poter attuare, e sulle possibili conseguenze che ogni singola soluzione avrebbe potuto comportare, questo si chiama in termini tecnici counseling e per quanto mi riguarda è fondamentale.
«Con la paziente concordammo assieme che la strada più corretta per tornare alla sua normalità sarebbe stata purtroppo la più lunga e complessa. Malgrado la mia disponibilità a eseguire l’intervento necessario, e dopo averle spiegato che sarebbe stato solo il primo passo di un lungo percorso chiesi alla paziente se lei se la sentisse di intraprendere questo percorso. La risposta arrivò dopo numerosi incontri in cui lei mi spiegava le sue paure e mi chiedeva maggiori informazioni: mi fido di lei, faccia (lei dottore) quel che deve. Io la corressi con facciamo (noi: io e lei paziente) quello che va fatto.
«Dapprima un intervento chirurgico per liberare l’uretra dall’ostacolo creato dal precedente intervento con l’obiettivo di rendere la paziente nuovamente capace di urinare ma con il rischio di rendere la paziente incontinente. Risultato efficace perché la paziente tornò ad urinare pur rimanendo continente. Rimaneva il prolasso del retto che fu poi corretto in seconda battuta da un collega di mia fiducia.
«Tutto questo è stato qui riassunto in 3 righe ma per la mia paziente si trattò di numerosi mesi di riabilitazione del pavimento pelvico, di cateterismi di controllo dei ristagni, di paure e di un risultato… fu un vero percorso. Inutile dire che ogni volta che mi viene a trovare questa persona mi sorride. Come lei tanti altri casi complessi e umani.
«Ultimamente un paziente con cancro della vescica che doveva essere sottoposto a un intervento molto importante come la cistectomia. Paziente cardiopatico con un infarto fatto pochi mesi prima, bisognava decidere cosa fare… Aspettare che il cuore riprendesse forza e lasciare che il cancro andasse avanti, o intervenire e rischiare una ricaduta del cuore?
«Anche qui ci siamo trovati a parlarne numerose volte fintanto che il paziente non ha maturato la sua decisione. È stato sottoposto a cistectomia ed è libero da malattia, e il cuore va bene malgrado lo stress di un intervento chirurgico.
«Come dicevo sono tanti i volti, e con alcuni siamo ancora in fase di lavori in corso

Riguardo il caso sopraccitato, abbiamo coinvolto nell’intervista la dottoressa in fisioterapia Elisa Borella (foto), per spiegarci brevemente in che cosa consiste la riabilitazione del pavimento pelvico in caso di prolasso del retto.
«Grazie per questa domanda, perché pone l’attenzione su problematiche di prolasso che spesso vengono trascurate.«Sono esperta in riabilitazione del pavimento pelvico in terapia manuale, pertanto eseguo una valutazione muscolare dei muscoli del pavimento pelvico sia per via vaginale che per via anale per constatare il livello di tono e verificare dove possa originare il problema.
«La muscolatura del pavimento pelvico per essere funzionale deve garantire una sana statica pelvica con conseguente continenza sia urinaria che a gas e feci. Una alterazione della statica pelvica comporta l’evoluzione di dinamiche patologiche con conseguenze funzionali come l’incontinenza urinaria e anatomiche come i prolassi. Per ogni tipo di problematica pelvica esistono degli esercizi appositi al fine di aumentare o ridurre il tono muscolare portando ad una risoluzione del problema.
«Esercizi di rilasciamento e di contrazione del pavimento pelvico servono a rendere consapevole la paziente su come deve esercitarsi a domicilio, e su come deve controllare i muscoli anche durante la normale attività quotidiana come ad esempio prima di sollevare dei pesi o eseguire sforzi fisici. L’obiettivo è quindi educare la paziente a correggere abitudini sbagliate che hanno poi portato alla malattia. Ad esempio spinte errate sia nell’atto minzionale che defecatorio.
«Inoltre una statica pelvica anomala può portare in alcuni casi a risultati chirurgici poco soddisfacenti se non addirittura al fallimento del trattamento chirurgico stesso. Per questi motivi può essere indicata una riabilitazione del pavimento pelvico prima di un trattamento chirurgico per incontinenza, o dopo un trattamento chirurgico per prolasso.
«Il dottor Balzarro è uno dei pochi specialisti che avendo una preparazione diagnostica e chirurgica funzionale su tutti i compartimenti vaginali è in grado di indicare quelle pazienti che necessitano di un trattamento fisioterapico neoadiuvante o adiuvante.»

Lei, dotto Balzarro, è l’autore della pubblicazione «Fattibilità, affidabilità e soddisfazione delle pazienti al follow-up telefonico dopo chirurgia per incontinenza urinaria e prolasso» ci vuole spiegare brevemente in che cosa consiste questo suo studio?
«Dunque questa pubblicazione è stata riportata da numerose altre pubblicazioni e risulta citata nelle linee guida americane. Il lavoro è nato perché volevo capire se fosse possibile eseguire per via telefonica il controllo ambulatoriale delle pazienti sottoposte a chirurgia per prolasso urogenitale o incontinenza urinaria da sforzo. In pratica la domanda che mi stavo ponendo era: Devo far venire queste pazienti in ambulatorio o basta chiamarle e sentire con una serie di domande ben poste come stesse andando?
«La risposta che sembra banale - ma non lo è - è che se una paziente viene ben interrogata anche per telefono ci può far capire se sta andando come previsto, o se invece stia insorgendo qualche problema per cui sarebbe invece meglio eseguire una visita ambulatoriale.
Questo lavoro il cui abstract è visibile al link qui di seguito riportato (vedi)
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31726182/
fu pubblicato nel novembre 2019 su una importante intervista internazionale quale è Urology pochi mesi prima dell’arrivo di Covid sulla scena internazionale. Questa pubblicazione molto citata da altri autori in altri articoli scientifici ha pertanto aperto poi la via a una serie di lavori sul follow-up in telemedicina rendendone possibile la fattibilità in epoca Covid.»
 

 
Cosa significa essere e svolgere la professione del medico in questo momento così difficile di pandemia?
«Eh bellissima domanda. Anche qui ci si guarda dentro e ci si fa molte domande, tante risposte e quante paure, molte dapprima accantonate e poi superate dallo studio dei dati che arrivavano in letteratura.
«Io personalmente ho prestato la mia opera per combattere questa pandemia dando tempo a fare vaccinazioni, esperienza bellissima che mi ha fatto uscire dalla mia confort-zone riaccendendo la passione per la medicina in un momento in cui cera un unico bisogno: la medicina.
«Poi indirettamente è capitato di trattare per problematiche urologiche urgenti pazienti affetti da Covid. Le dirò che quando si è completamente coperti dalla tuta, dalle due mascherine, dal copricapo, delle due paia di guanti, dalla visiera e dai sovrascarpe l’unico rumore che si percepisce più distintamente degli altri è il rumore generato dalla mascherina che si muove avanti ed indietro all’unisono con il respiro. In quei momenti cerchi la massima concentrazione su quello che fai e dedichi un pensiero di stima e affetto ai colleghi infermieri e medici che così vestiti coprono turni di 8-12 e più ore.
«Mia moglie infermiera a dicembre 2020 fu inviata per 2 mesi in terapia intensiva Covid, e dopo la mia prima esperienza con un paziente Covid tornai a casa e le chiesi ma come hai fatto per 12 ore al giorno, per due mesi?.
«Peraltro ricordiamoci che allora non c’erano le vaccinazioni disponibili e chi si infettava doveva contare sulla fortuna di non sviluppare una malattia severa.»
 
Quanto è importante la prevenzione e in che modo? Quale messaggio vorrebbe lanciare ai lettori?
«La prevenzione in medicina mira a prevenire condizioni patologiche. Per poter prevenire una malattia bisogna seguire determinati standard di vita.
«Ciò purtroppo spesso comporta l’astensione da cose che ci piacciono, penso all’alimentazione, e un’attività fisica non troppo intensa ma mantenuta nel tempo che sia quotidiana. Spesso queste condizioni non sono facili da mantenere con regolare costanza, ed ecco perché la prevenzione viene spesso trascurata.
«Il mio consiglio sulla prevenzione è di non farne un obbligo assoluto. Si può ottenere un buon regime alimentare senza troppi sacrifici, concedendosi alcune pause. D’altronde la vita va anche goduta, altrimenti non sarebbe vita ma purgatorio.
«Il consiglio che mi sento di dare alle sue lettrici di sesso femminile è il seguente. Se fate attività lavorative, o sportive, che comportino sforzi fisici andate da una buona fisioterapista che vi insegni a attivare il pavimento pelvico qualche secondo prima dello sforzo fisico. Questo vi eviterà l’arrivo di incontinenza urinaria da sforzo e di prolassi del pavimento pelvico.
«Ai suoi lettori di sesso maschile invece consiglio due cose. La prima è di eseguire una visita urologica attorno ai 50 anni.
«Mentre il secondo consiglio è dedicato a chi inizia a far fatica ad urinare: se il getto dell’urina non è più come quello di una volta, o se vi dovete fermare con l’automobile per strada per dover urinare è arrivato il momento di contattate un buon urologo (possibilmente portando una uroflussometria).
«Aspettare può solo portare a situazioni più complesse e di difficile risoluzione.»

Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it
Dott. Matteo Balzarro - clinica.urologica@aovr.veneto.it ; info@urologiauniverona.it
Reparto: tel. 045/8127701

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