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Rete Clinica Breast Unit di Trento – Di Nadia Clementi

È un importante punto di riferimento per le pazienti con tumore al seno. Ne parliamo con la coordinatrice oncologa dottoressa Antonella Ferro

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Durante la pandemia da Sars-Cov2, tutt’ora in corso, si è registrato in Italia, un rallentamento generale della diagnostica relativa al tumore della mammella con conseguenti ricadute negative su pazienti che avrebbero potuto beneficiare di una diagnosi più precoce.
A Trento, lo screening mammografico è stato sospeso tra marzo e maggio 2020 durante il lockdown totale per poi riprendere a metà giugno 2020 ritornando man mano a regime nel periodo successivo.
Tutte le altre attività complementari non si sono mai interrotte nel periodo di lockdown: percorsi per pazienti sintomatiche, pazienti in trattamento chemioterapico, gestione delle pazienti da inviare a chirurgia, approfondimenti di II livello, pazienti in follow-up, etc.
Il tumore al seno, in Trentino, viene diagnosticato in circa 500 donne ogni anno, di queste circa il 10% hanno meno di 50 anni di età. Il carcinoma della mammella è il più frequente del genere femminile ma può colpire anche gli uomini, seppure con frequenze decisamente inferiori.
 
Le Breast Unit rappresentano innovativo modello dell’organizzazione sanitaria che fornisce una nuova opportunità di cura e assistenza, regolata da specifiche linee guida nazionali, che permette di affrontare il tumore al seno con la sicurezza di essere seguiti da un team di specialisti dedicati, curati secondo i più alti standard europei e accompagnati nell’intero percorso di malattia.
Una grande collaborazione multidisciplinare, nei termini descritti, è attiva in APSS da più di 25 anni, ma la sua formalizzazione come Rete Clinica Breast Unit, è avvenuta nel 2018.
Nella Breast Unit di Trento sono presenti: radiologo senologo, chirurgo senologo, chirurgo plastico, oncologo, radioterapista, anatomopatologo, psicologo, medico nucleare, genetista, fisiatra e fisioterapista, ginecologo, dietologo e dietista, oltre a tutto il personale infermieristico che presta assistenza in tutte queste Unità operative o servizi.
Al suo interno lavorano anche due infermiere case manager con competenza ed esperienza oncologica che garantiscono la presa in carico della paziente dalla diagnosi e per tutto il percorso terapeutico-assistenziale. Collaborano con la rete clinica alcune associazioni di volontariato.
 
Un altro aspetto qualificante è stato rappresentato dalla riorganizzazione della chirurgia senologica che ha previsto, verso la fine del 2019, la costituzione di una unica equipe di chirurghi senologi e plastici con lo scopo di uniformare le procedure e standardizzare i trattamenti sotto la regia di un unico responsabile di chirurgia plastica ricostruttiva e senologia dott. Paolo Cristofolini.
Una Breast Unit non è un luogo fisico, bensì un percorso unitario e multidisciplinare/multiprofessionale che si dedica al percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale della paziente con diagnosi con tumore al seno comprendendo anche aspetti particolari quali la mappatura dei rischi eredo-familiari e la gestione della preservazione della fertilità nelle donne più giovani.
L’APSS ha ritenuto opportuno ed importante realizzare uno spazio appositamente dedicato alla Breast Unit, in cui si articolano alcune funzioni del percorso e non solo quelle inerenti al percorso chirurgico.

Per comprendere com’è strutturata l’importante attività della Breast Unit di Trento abbiamo intervistato la coordinatrice dottoressa Antonella Ferro, il cui curriculum è disponibile a questo link:
https://www.apss.tn.it/content/download/16679/549011/file/5315705.pdf

Dottoressa Antonella Ferro, quanto il covid ha rallentato la possibilità di ottenere diagnosi precoci?
«A marzo 2020, come è successo in tutta Italia e direi in gran parte dei paesi del mondo, il lockdown ha costretto a sospendere gli screening. Bloccare momentaneamente questo servizio è stata una scelta obbligata. La ripresa ha richiesto uno sforzo considerevole che ha dovuto fare i conti anche con esigenze di spazi, nuove modalità di svolgimento e tempistiche legati al distanziamento sociale e alla adeguata sanificazione degli ambienti. Pertanto, è innegabile che solo da poco tempo la complessa macchina dello screening si è riallineata al ritmo pre-covid.
«È altrettanto chiaro che, soprattutto nel 2020, sono stati rilevati molti meno tumori con lo screening degli anni precedenti. La maggior parte dei casi che abbiamo visto nel 2020 e in parte anche nel 2021 sono pazienti che provengono dalla diagnostica, cioè donne che presentano un sintomo (nella maggior parte dei casi un nodulo palpabile).
«Nessuna di queste donne che avesse un sintomo o un problema o che già era in follow up per un tumore precedente è stata lasciata indietro, perché la mammografia diagnostica, appunto, ha continuato a funzionare anche nel periodo del primo lockdown affidando ogni settimana una media di 10-12 casi al consulto multidisciplinare preoperatorio e al successivo percorso di completamento diagnostico e di cura.»
 
Qual è l'incidenza del tumore al seno?
«Il tumore al seno è la patologia tumorale più frequente nelle donne con una incidenza di circa 114/100.000/anno.
«Nella popolazione generale (cioè in assenza di particolari elementi predisponenti, quali una mutazione genetica ereditaria) la probabilità di ammalarsi di tumore al seno riguarda circa 1 donna ogni 9-10.»
 
Il carcinoma della mammella è il più frequente del genere femminile ma può colpire anche gli uomini?
«Assolutamente sì anche se è molto raro, ha un’incidenza molto contenuta: meno dell’1% di tutti i tumori mammari. Spesso, purtroppo, viene diagnostico più tardi ed in fase più avanzata perché viene sottovalutato dai pazienti stessi che non pensano che il tumore alla mammella possa colpire anche loro.»
 
C’è una fascia d’età in cui le diagnosi sono più frequenti?
«La fascia di età tra i 50 anni e i 70 è quella che esprime la maggiore incidenza della malattia ed è questo il motivo per cui le campagne di screening insistono soprattutto su questi anni, proprio perché c’è una maggiore probabilità di trovare lesioni molto piccole ed iniziali che non hanno ancora dato segno di sé.»
 
Cos’è una Breast Unit e perché è importante?
«La Breast Unit rappresenta un innovativo modello di organizzazione sanitaria che unisce trasversalmente vari professionisti, strutture e servizi al fine di rendere più efficace, omogeneo e unitario il percorso clinico della paziente con tumore mammario dal momento della diagnosi alla pianificazione individualizzata della cura non prescindendo dagli aspetti di tipo riabilitativo, sia fisici che psicologici.
«È quindi caratterizzato da una forte connotazione multidisciplinare e multiprofessionale con una continua interazione e costante confronto tra figure professionali diverse dedicate, in via esclusiva o in modo predominante, alla patologia mammaria che possiedono competenze specifiche ed alta expertise sulla materia.»
 

 
Chi sono le figure che vi operano?
«Il core team è costituito da radiologi senologi, chirurghi senologi, oncologi, radioterapisti, anatomopatologi, infermieri case manager. A queste figure si affiancano una serie di altri professionisti quali chirurghi plastici, psicologi, medici nucleare, genetista, fisiatri e fisioterapisti, ginecologi della riproduzione, dietologi e dietisti e figure infermieristiche relative ad ognuna di queste unità operative o servizi.»

Con le metodologie della Breast Unit possono aumentare i risultati nella lotta al tumore del seno?
«È stato dimostrato che le pazienti che vengono trattate all’interno della Breast Unit hanno un miglioramento della qualità di vita ma anche della sopravvivenza fino al 18%.
«Questi risultati sono il frutto di standard qualitativi e applicazione di tempistiche ben definite. Infatti, i tempi di attesa per ottenere una diagnosi completa che permetta di formulare un’indicazione terapeutica accurata ed individualizzata, la tempistica per l’esecuzione dell’intervento chirurgico, per iniziare i trattamenti pre o post-chirurgici e via discorrendo devono rispettare degli indicatori standard (di qualità e di processo) riconosciuti a livello nazionale e internazionale.»

 
La Breast Unit rappresenta una modalità organizzativa che garantisce una migliore presa in carico delle pazienti attraverso la collaborazione trasversale di professionisti di aree territoriali e ospedaliere diverse. In che modo?
«Una volta individuata una sospetta lesione mammaria clinicamente evidente o riscontrata in corso di screening (screen detected) viene avviata la valutazione istologica che consente di definire il tipo e la natura della lesione, se infiltrante o non invasiva, il tipo istologico, il grado di differenziazione (cioè quanto una cellula è più o meno simile a quella da cui è originata) e le colorazioni immunoistochimiche (per capire se il tumore è dipendente dagli ormoni o no, se esprime delle proteina specifiche come HER2, etc), tutti parametri utili ed imprescindibili per la successiva pianificazione terapeutica: in buona sostanza non dobbiamo solo dire che siamo davanti ad un tumore ma dobbiamo dargli anche un nome, un cognome e possibilmente definirne tutte le altre caratteristiche specifiche.
«Una volta comunicata la diagnosi alla paziente, il percorso successivo riconosce due snodi decisionali fondamentali ed importanti rappresentati dai consulti multidisciplinari pre e postoperatori che si svolgono due volte alla settimana.
«Durante il consulto preoperatorio, sulla base degli esami diagnostici, viene decisa in modo multidisciplinare la strategia migliore per la paziente che può essere rappresentata dalla chirurgia immediata (a sua volta la chirurgia potrà essere conservativa o demolitiva in base alle caratteristiche del tumore o della paziente) o, viceversa in alcuni casi selezionati, il trattamento sistemico pre-chirurgico e successiva chirurgia.
«Il consulto postoperatorio, invece, permette di decidere, dopo la ricezione della diagnosi istologica del pezzo operatorio, la strategia successiva all’intervento che è differente caso per caso e dettata dalle caratteristiche del tumore e della paziente e può esser rappresentata da chemiterapia/ ormonoterapia/ terapie biologiche mirate (in casi selezionati) /radioterapia.
«All’interno della Breast Unit vengono svolte anche le attività riabilitative fisiche delle pazienti sottoposte ad intervento di dissezione ascellare, volte ad evitare o ridurre l’impotenza funzionale, l’insorgenza di dolore alla spalla e/o di linfedema (gonfiore) del braccio operato.»
 
Questa attività prevede:
•    intervento attivo di fisioterapiste esperte che danno indicazioni sui movimenti dell’arto omolaterale all’intervento;
•    addestramento agli esercizi ed esecuzione degli stessi con supervisione;
•    consigli comportamentali fondamentali per la prevenzione delle complicanze a carico del sistema articolare e vascolare dell’arto superiore;
•    consegna dell’opuscolo con la sequenza degli esercizi e questionario di autovalutazione.
 
«Inoltre, tutte le pazienti che iniziano una terapia ormonale adiuvante che comporti una importante deprivazione estrogenica vengono valutate nell’ambulatorio di Osteopatia metabolica, gestito dai colleghi dell’UO di Reumatologia, per preservare la salute dell’osso delle pazienti e, quindi, ridurre o prevenire l’osteoporosi.
«Tutti questi passaggi che ho descritto non richiedono da parte della paziente la necessità di fissare appuntamenti, chiamare il CUP o cercare i vari professionisti; infatti, tutti gli esami, le visite, i controlli e gli eventuali approfondimenti vengono fissati in seno alla Breast Unit.»
 

 
C’è uno spazio fisico in cui tutte queste attività si trovano?
«Come già detto in precedenza, una Breast Unit non è necessariamente un luogo fisico bensì un modello unitario e multidisciplinare/multiprofessionale. Tuttavia, l’APSS ha ritenuto opportuno ed importante che molte delle attività attinenti a questo percorso venissero svolte all’interno di un setting riconoscibile, accessibile e confortevole e di facile lettura nell’articolazione spaziale.
«La cura dell’ambiente in cui si snoda il percorso della paziente con neoplasia mammaria ha l’obiettivo di prestare attenzione alle legittime aspettative di salute ma senza sottovalutare gli aspetti importantissimi di tipo psicologico, umano, intimo, relazionale, sociale.
«Nella scelta delle soluzioni cromatiche per gli ambienti di degenza, degli ambulatori e delle sale di attesa sono state adottate varie tonalità di rosa (dal lilla al rosa antico) per contraddistinguere al meglio le parti dedicate alla Breast Unit.
«Nella scelta degli arredi e delle finiture, è stato privilegiato l’uso di elementi che richiamino ambienti di tipo domestico, curando l’uso del colore e delle decorazioni. Per ridurre la percezione di ambiente istituzionale, soprattutto nella sala consulto, nelle sale d’attesa e nel salottino-colloqui è stata data grande importanza all’utilizzo di arredi e di finiture interne con caratteristiche che ricordino quelle degli ambienti della quotidianità del paziente al di fuori dell’ospedale (divani, poltrone, tavolini, librerie etc.) nel rispetto delle norme di sicurezza, antincendio e delle condizioni di igiene e pulizia.
«Tutti i locali deputati al percorso Breast Unit sono stati contrassegnati da segnaletica apposita contenente il logo della Breast Unit, al fine di rendere semplice ed immediata l’identificazione di tutto il percorso sia diagnostico che terapeutico.
«Il logo, per il suo particolare valore simbolico, vuole rappresentare la missione della rete clinica senologica con la figura di profilo, adagiata sulle ginocchia, che incarna la piena femminilità che trova slancio e sostegno nelle ali stilizzate generate dalla rete.
«Questo intreccio vitale avvolge e solleva la donna accompagnandola nel suo percorso di consapevolezza e rinascita.»
 
«In un ulteriore tentativo di rendere gli ambienti della Breast Unit più accoglienti, personalizzati e, per quanto possibile, più rasserenanti è stato condotto nei primi mesi del 2021 un progetto di valorizzazione di alcuni temi e particolari del Ciclo dei Mesi di Torre Aquila grazie alla disponibilità del Museo del Buonconsiglio a concedere i diritti di riproduzione a titolo gratuito, alla consulenza della direttrice dr.ssa Laura Dal Prà, alla partecipazione della dr.ssa Annamaria Marchionne, della facoltà dell'arch. Nainer di disporre delle immagini ad alta risoluzione e del sostegno economico della signora Cristina del Gruppo Giovannini SRL, nonché della sul supporto tecnico della Ing Debora Furlani, Direttrice del Dipartimento Infrastrutture e della partecipazione ideativa del dr. Paolo Cristofolini. Anche in questo caso la collaborazione tra istituzioni, cittadini e privati rappresenta un modo di creare un luogo dove ci si prende cura delle persone che dialoga con un luogo immaginario dipinto ad affresco in una torre del Castello della città di Trento. Nasce un nuovo loggiato sulla città, sul paesaggio, sui luoghi della nostra storia, della nostra natura e in fondo della nostra anima»
 

 
Ci parla del progetto in corso con l’ospedale di Arco in merito alla chirurgia senologica post-oncologica?
«Questo progetto ha visto il suo inizio nell’estate 2020 (in piena fase pandemica) al fine, da un lato, di ridurre i tempi di attesa per interventi post-oncologici sull’Ospedale di Trento (attualmente ben superiori ad un anno), dall’altro di non sovraccaricare e allungare le tempistiche della fase operatoria oncologica (già fortemente condizionate dalla emergenza pandemica) nonché permettere continuità al percorso di diagnosi e cura della patologia oncologica mammaria.
«Da allora con continuità siamo arrivati alla presa in carico di circa 200 pazienti. Questo alto numero di pazienti prese in carico presso il blocco operatorio di Arco è costituito soprattutto da pazienti che hanno problematiche post-oncologiche, in particolare pazienti che richiedano:
•    ricostruzione mammaria multistep (chirurgia sugli esiti post-oncologici);
•    di manutenzione degli impianti protesici e le complicanze da essi provocate (contratture, dislocazioni, rotture);
•    donne portatrici di patologia mammaria benigna.»
 
Altrettanto importante è la collaborazione con il Centro di procreazione medicalmente assistita, sul fronte della preservazione della fertilità delle giovani donne con tumore al seno. Di cosa si tratta?
«Fin dal 2018 abbiamo cominciato a lavorare in sinergia con l’UO di Ginecologia e Procreazione medicalmente assistita di Arco perché abbiamo ritenuto opportuno dedicare una particolare attenzione alla preservazione della fertilità nelle pazienti giovani con tumore mammario che vadano incontro a trattamenti potenzialmente lesivi della fertilità (in particolare chemioterapia, ma non solo), alla luce delle evidenze scientifiche che ci dicono che la gravidanza non rappresenta un nocumento per le donne che hanno avuto un tumore al seno, ma anzi è riportato un effetto protettivo su eventuali recidive locali o ricadute sistemiche.
«La valutazione del rischio di infertilità e di quale sia la strategia migliore da metter in atto per ciascuna giovane paziente richiede tempestività d’azione, formazione dei sanitari, informazione alla paziente, e stretta collaborazione tra più specialisti e professionisti con percorso fluido e di facile applicazione.
«I colleghi della PMA di Arco assicurano un counselling informativo e una valutazione clinica entro 48 ore; a seguire, vengono erogati tutti gli esami, le visite, le procedure propedeutiche ad un eventuale trattamento di preservazione della fertilità nonché la consegna di materiale illustrativo.»
 

 
Non meno importante è l’attività che impegna l’équipe della Breast Unit nella mappatura dei rischi di natura ereditaria e familiare. Ce lo spiega?
«Anche in questo caso sono stati strutturati dei percorsi di individuazione e presa in carico di pazienti e degli eventuali loro parenti portatori di mutazioni che possono predisporre ad alcune tipologie di tumori. Le pazienti con tumore mammario vengono indirizzate ad eseguire il test per riscontrare una mutazione genetica se hanno dei requisiti ben definiti (in altre parole non tutte le pazienti sono invitate a fare il test) e se accettano di farlo.
«Se il test riesce ad individuare una mutazione patogenetica la possibilità di accedere allo stesso test viene estesa a tutti i familiari sani. Inoltre, pazienti e persone portatrici di mutazione patogenetica hanno modo di interfacciarsi con varie figure professionali (genetista, ginecologo, chirurgo/chirurgo onco-plastico, radiologo senologo, oncologo medico, psicologo, infermiere case-manager) nell’ambito del consulto onco-genetico con cadenza mensile.
«Durante questo consulto viene spiegato il significato della mutazione genetica e posta indicazione a sorveglianza attiva (controlli più approfonditi, frequenti e che iniziano in età più precoce rispetto alla popolazione generale in persone sane portatrici di mutazione), interventi profilattici di mastectomia e/o ovariectomia, programmi di chemioprevenzione con ormonoterapia (la stessa che viene usata dopo un tumore al seno ormonoresponsivo).»
 
A che punto siamo con l’attività di telemedicina tramite App per i pazienti, con la possibilità di chat, video chat, roadmap dei percorsi e dei servizi, tutorial etc.?
«Stiamo sviluppando in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler un supporto tecnologico (APP) che possa aiutare la paziente ad orientarsi (per questo abbiamo chiamato il progetto: il Filo di Arianna e la APP Arianna) lungo tutto questo complesso ed articolato processo raffigurandolo momento per momento in modo progressivo.
«Mi piace sottolineare che è un progetto partecipato nel quale le utenti, tramite questionari, survey e soprattutto focus group, hanno avuto e avranno un ruolo importantissimo nell’indicarci le loro esigenze e priorità.»
 
Quale è stata la chiave di volta della rete clinica da lei guidata?
«L’aver capito che lavorare insieme tra professionisti di diverse specialità può essere sì difficile, soprattutto all’inizio, richiedere molto più tempo, può comportare rinunce e modifiche dei comportamenti ma alla lunga non solo ripaga ma riduce ed ottimizza gli sforzi.»
 
Quali sono le nuove terapie per il trattamento del tumore alla mammella?
«Credo sia necessaria un’altra intervista solo per questo argomento! Le novità terapeutiche, non solo in termini di terapie mediche, ma anche di strategie chirurgiche, radioterapiche, trattamenti per evitare o ridurre gli effetti collaterali delle terapie cardine sono molteplici.
«La cosa importante da sottolineare è che ogni tumore è diverso dall’altro (così come ogni persona è diversa dall’altra) anche a parità di dimensioni e di estensione.
«Oggi sappiamo che conoscere a fondo le caratteristiche biologiche e, a volte anche molecolari, di un tumore ci permette di effettuare dei trattamenti più precisi, mirati e spesso di risparmiare in termini di effetti collaterali o, viceversa, ci induce, in altri casi, ad aumentare gli sforzi, a potenziare le strategie al fine di garantire una maggiore probabilità di guarigione o cura.»
 
A quale età è consigliato sottoporsi a screening?
«Lo screening mammografico organizzato, come abbiamo già detto, inizia a 50 anni e prosegue con una valutazione mammografica ogni 2 anni.
«Questo perché, come detto prima, questa è l’età di maggior incidenza del tumore al seno. In realtà, già dai 40/45 è possibile/consigliabile sottoporsi a tale esame con una cadenza annuale perché già a questa età è stato segnalato un aumento progressivo dell’incidenza.»
 
La prevenzione come cura, ci parli dell’iniziativa proposta al Teatro Sociale il prossimo 13 aprile?
«Direi che il binomio arte e divulgazione sono strategici per la prevenzione e la cura.
«Se.No è una rappresentazione della Compagnia Arditodesìo, che fa luce su un tema tabù, quello della malattia, e lo fa togliendo filtri e retorica.
«Infatti, riesce a raccontare in modo semplice e chiaro aspetti scientifici, addentrandosi in temi spinosi e a volte difficili da spiegare quali l’origine dei tumori, le metastasi, le mutazioni genetiche, l’ereditarietà, le cure, la chemioterapia, gli effetti collaterali, la gravidanza dopo il tumore, tutti aspetti medici ed organizzativi di una Breast Unit.
«Tutti questi temi hanno trovato un connubio speciale, grazie al meticoloso ed approfondito lavoro del regista, Andrea Brunello, tra teatro e comunicazione, ma anche tra emozioni e fatti, tra arte e scienza, tra malato e malattia e tutta la vita intorno (i parenti, gli amici, i colleghi) e ancora la vita dopo, nonostante o, alcune volte, grazie alla malattia (sì proprio così…a volte il tumore può diventare un’occasione per rimodulare la propria vita).
«Per questa occasione il Comune di Trento ha offerto una location di eccezione. La Compagnia Arditodesìo, da parte sua, ha deciso di devolvere parte dei proventi della vendita dei biglietti ai progetti di umanizzazione che stiamo sviluppando nella Rete Clinica/Breast Unit e che possono rappresentare un valido supporto nell’ambito del faticoso ed articolato percorso delle donne con tumore mammario.
«Infatti, spesso dopo la diagnosi, nelle donne compare un senso di disorientamento legato alla paura della malattia, delle terapie, della prognosi, delle conseguenze di tutto ciò sulla famiglia, sul proprio ruolo, sulle capacità di mantenerlo; paura per il rapporto di coppia, per le conseguenze sul rapporto con i figli; paura per il proprio ruolo sociale, di perdere il lavoro o di non riuscire a mantenere gli stessi ritmi o la stessa produttività; paura del dolore fisico, paura di morire.
«Lo spettacolo Se.No sarà in scena il prossimo 13 aprile al teatro Sociale ad ore 20:45 con lo scopo di contribuire in maniera sostanziale alle attività di comunicazione sul tema della prevenzione del tumore al seno e sostenere concretamente le attività della Breast Unit di Trento.
«Parte degli incassi saranno devoluti a questo scopo e, in aggiunta, è stato attivato uno speciale crowfunding.
«L’iniziativa è organizzata dal Comune di Trento in collaborazione con l’Azienda Sanitaria della Provincia Autonoma di Trento e il centro multidisciplinare di senologia/Breast Unit di Trento dell’APSS di Trento. La serata gode del Patrocinio dell’Ordine dei Medici Chirurghi della Provincia di Trento, con il supporto di LILT del Trentino e Trekking Rosa.»
Per informazioni in merito alla prevendita dei biglietti e la raccolta fondi visitare il sito a questo link, oppure contattare il numero 339 1313989 o acquistare i biglietti tramite questo link.

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Dr.ssa Antonella Ferro - antonella.ferro@apss.tn.it
https://www.apss.tn.it/Azienda

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