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Progetto «Spes contra spem» – Di Nadia Clementi

All’Istituto Arcivescovile di Trento è in corso il progetto «Carcere». Ne parliamo con la promotrice, professoressa Giuseppina Coali

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Il carcere è un luogo di sosta, di passaggio per chi ha sbagliato, luogo ideato per permettere di ripensare all’errore commesso: si deve allora superare la colpa per arrivare alla responsabilità.
La pena deve diventare diritto e non solo punizione. Deve essere il diritto di poter avere un tempo nuovo.
(Cit. Mario Tagliani)
 
La scuola gioca un ruolo importante nella formazione e nell’educazione dei giovani rispetto ai concetti di legalità, di promozione e tutela dei diritti, attraverso un’analisi del carcere tra immaginario e realtà, analizzando i pregiudizi e i luoghi comuni per favorire una visione concreta e realistica della realtà penitenziaria.
Partendo da questo principio nasce il progetto «carcere» per le classi quinte dell’Istituto Arcivescovile di Trento, ragazzi, prossimi alla maturità e alla maggiore età legale. L’obiettivo del progetto è quello di far conoscere la condizione dell’uomo recluso in rapporto a colpe, pene ed iter giudiziari.

Una lettura della realtà, quella che dovranno affrontare gli studenti, intrisa di giustizialismo e spesso nutrita da informazioni mediate e distorte dalla cronaca giudiziaria spettacolarizzata anche dai noti «processi in tv».
L’ambizioso progetto è stato proposto dalla prof.ssa Giuseppina Coali insegnate di religione presso l’Istituto Arcivescovile, in collaborazione con Filippo Fedrizzi, avvocato penalista, presidente delle Camere Penali di Trento, (membro dell’Osservatorio Nazionale Carcere) e alla quale abbiamo chiesto nella seguente intervista di spiegarci come è maturata l’esigenza di coinvolgere gli studenti in questo ambizioso percorso di sensibilizzazione all’educazione alla legalità integrato nella didattica scolastica.
 

La professoressa Coali.
 
Prof.ssa Coali cosa l’ha spinta a proporre in una scuola cattolica un progetto dedicato alle condizioni carcerarie? Quanto è importate educare gli studenti alla legalità?
«Il progetto nasce dall’osservazione della profonda lacuna che la scuola soffre in relazione ai temi della pena, della colpa, della detenzione, della condizione del recluso e degli elementi base del diritto, soprattutto in ambito penale.
«Ciò che si evince è un diffuso giustizialismo, qualunquismo e populismo giudiziario. Il reo e il reato fanno notizia e, citando un gran bel film, facile è sbattere il mostro in prima pagina.
«Le carceri sono poste ai margini – non solo fisici – delle città e delle società e la popolazione detenuta è tra le più escluse dal dibattito pubblico. Tanto più nella scuola.»
 
Quali sono gli obiettivi di questo importante progetto a chi è rivolto?
«Il principale obiettivo di questo progetto è quello di capire la complessità della realtà giuridica attraverso il ruolo delle tante figure che vi ruotano intorno, anche al fine dell’orientamento universitario e professionale oltre che per una lettura non banale degli eventi.
«Altro obiettivo primario è quello di maturare l’empatia incontrando testimoni veri e vivi di esperienze di carcere, giustamente e ingiustamente condannati. Se i riflettori sono sempre puntati sul reo o presunto fuori dal carcere, bene sarebbe conoscere dei tanti innocenti dentro. Perché la giustizia non è perfetta. La scarsa capacità di porsi nelle condizioni dell’altro è un problema su tutti i fronti della emergenza educativa.
«Infine, individuare modelli edificanti da emulare, nel bene, (testimoni credibili) attraverso la narrazione di storie di uomini e donne che hanno sacrificato o dedicato la vita per la giustizia e contribuire, poi, anche alla valutazione didattica entro la materia di «educazione civica e alla cittadinanza» con cui la scuola si è dovuta misurare in questi ultimi anni.»
 
Quali sono le attività proposte?
«Il progetto prevede incontri di diritto penale, del suo fondamento costituzionale e democratico, l’investigazione forense, le testimonianze di ingiusta detenzione e quelle di trasformazione del male in bene attraverso la giustizia riparativa e la rieducazione del reo; l’incontro con le vittime o le famiglie delle stesse, l’esercizio sorprendente e curativo del perdono, e il reato compiuto da minori in contesti sociali non sempre facili.
«Vedremo e abbiamo visto docufilm e film, storie di giudici eroici, martiri e beati, e il valore civile espresso ai massimi livelli da testimoni di giustizia. Incontreremo detenuti ed ex detenuti, ascolteremo le loro storie e ci domanderemo della natura dell’umano, del bene e del male che compie.
«Di come educare alla retta via. Parleremo di suicidio in carcere, alla luce dei numeri straordinari di questi ultimi tempi, della violenza nelle relazioni, e se riusciremo vivremo, infine, la celebrazione della Santa Messa entro la casa circondariale insieme ai detenuti, a chiusura del progetto annuale, rito in cui si rivive la passione e la morte di un innocente condannato a morte dopo un processo di popolo e col concorso di una massa aizzata e giustizialista. Un uomo che ha creduto nella possibilità di redenzione anche per chi accanto a lui crocefisso si riconosceva colpevole.
«Cristianamente, come scuola cattolica, non possiamo dunque sottrarci ad affrontare il tema, proprio per la radice evangelica in cui esso affonda. I principi costituzionali sanciscono valori di giustizia riparativa, finalità rieducativa e certezza della pena. E, cristianamente, l’uomo non è mai riducibile alla sua colpa ed è sempre soggetto di redenzione. Il perno antropologico personalista - anche fondamento costituzionale - richiede oggi un maggior sforzo di sensibilizzazione educativa. La scuola può e deve.»
 

 
Come sono stati preparati gli studenti per affrontare queste tematiche e come dovranno relazionare in merito?
«La preparazione avviene anche durante le ore di lezione prima e dopo gli eventi, con la collaborazione di altri docenti sensibili al tema, che daranno spazio nelle loro ore o che entro i loro programmi previsti intercetteranno i temi e vi si soffermeranno con maggiore attenzione. Allo stesso modo si darà spazio alla riflessione successiva agli incontri. I ragazzi devono poter fermarsi a pensare, anche e soprattutto nel tempo. Chiederemo loro, poi, a conclusione del progetto di stilare una relazione in base ad alcune tracce o estratti di saggi, attraverso cui dimostreranno cosa hanno compreso.»

Quali sono state le reazioni dei ragazzi in merito alla proposta di questo singolare percorso educativo?
«Interessati. Reazioni di chi si addentra per la prima volta in un campo sconosciuto e alieno. Scardinare il meccanismo populista non è semplice, perché questa lettura rende facile la comprensione del reale, ma è una falsificazione.
«Prendersi carico di un approccio critico significa maturare cittadini che in futuro potrebbero mettersi in gioco per cercare soluzioni. La politica, dunque, quella che dovrebbe risolvere problemi in vista del bene comune.»
 
Il progetto è stato sopportato anche dai genitori. Come è stato accolto?  
«Il progetto è condiviso – come tutti i progetti – dal Collegio Docenti prima, il Consiglio di classe, poi, e insieme ai rappresentanti dei genitori e degli studenti. L’accoglienza è stata positiva, non senza una nota di sorpresa per una iniziativa inusuale.
«Spesso la scuola tende a puntare su offerte formative che cercano di preparare il ragazzo alla vita universitaria o al lavoro (le lingue straniere, i progetti europei di orientamento, gli scambi culturali, i viaggi …), intendiamoci, nobili iniziative, ma sempre improntate ad un approccio pratico e strumentale al futuro.
«Noi crediamo in una formazione che punti sulla crescita umana, dell’essere più che del fare. In fondo i problemi della scuola ruotano tutti intorno ad una visione troppo schiacciata sul prodotto formativo e sulla prestazione scolastica.
«Mi sento di dire che questa esperienza resterà indelebile per la vita. E mi domando: avrebbero mai occasione di accostare il tema? Dunque, se non ora, quando?»
 

 
Ci racconta come si sono svolti i primi incontri e quali sono state le reazioni dei ragazzi?
«Abbiamo iniziato con ospitare la grafologa forense e consulente investigativa che ha lavorato in alcuni casi scottanti, Cristina Sartori, e incontrato, poi, in assemblea di istituto, il giornalista di grande esperienza nella cronaca giudiziaria, Gian Marco Chiocci - oggi direttore AdnKronos - considerato il pentito della giudiziaria perché ne ha svelato i meccanismi spesso perversi della sovraesposizione mediatica.
«I ragazzi hanno ascoltato le parole dell’avvocato Eva Sala del Centro Studi Rosario Livatino, visitando una mostra dedicata al giudice beato e conoscendo il contesto sociale degli anni Ottanta e Novanta del ’900, anni in cui la giustizia è stata messa alla prova, non senza sacrifici. In classe si sono già proiettati docu e film. Tra le letture previste, ci tengo a segnalare, quella del saggio del magistrato Elvio Fassone Fine pena: ora, lettura che rappresenta il filo conduttore del progetto.»
 
Nelle numerose attività proposte, merita un approfondimento l’incontro con Raffaele Sollecito, protagonista del discusso e controverso «caso di Perugia» che costò la vita ad una giovane studentessa inglese, Meredith Kercher. Una testimonianza umana che va al di là della sentenza di assoluzione e nel solco dei «processi mediatici». Come siete riusciti a contattarlo e cosa vi aspettate da questa importante testimonianza?
«Questo incontro si inserisce nel progetto illustrato come una delle tappe. Ovviamente ha tutto il suo carico di «notizia» vista la spettacolarizzazione del fatto avvenuta per anni.
«Quella di Raffaele Sollecito e del «delitto di Perugia» è una vicenda paradigmatica: pochi hanno letto le carte processuali o seguito con attenzione il caso, se non attraverso i salotti televisivi, ma tutti credono nella colpevolezza di Raffaele, nonostante le sentenze di assoluzione e la conseguente ingiusta detenzione.
«Sollecito non solo non ha goduto della presunzione di innocenza fino a sentenza, ma convive con la presunzione di colpevolezza a vita. Una distorsione drammatica dei principi costituzionali e dei valori umani di giustizia e misericordia.
«Dopo una ricostruzione dettagliata e competente del caso, attraverso la dott.ssa Sartori, e il quadro normativo che illustrerà l’avv. Fedrizzi, Raffaele Sollecito avrà spazio per raccontare il suo vissuto, la sua storia, la sua verità, la sua esperienza.
«Ai ragazzi, poi, il compito di esprimere un giudizio, ma almeno retto, poiché il giudizio è tale solo se nutrito da conoscenza.
«Viviamo un tempo che difetta di informazioni corrette, il tempo delle mezze verità - che sono sempre bugie - il tempo del web, dei social, delle notizie in tempo reale, dei reality show e della velocità impressionante della comunicazione. Ma siamo sicuri di arrivare ad afferrare la realtà nella sua integrità?»
 

 
Alla fine del percorso i ragazzi incontreranno i detenuti presso la casa circondariale di Gardolo, ci parla dell’importanza di questa esperienza per i ragazzi e di come verrà organizzata?
«È il desiderio più grande, a suggello del percorso. Una esperienza libera che chiede maturità, serietà e responsabilità. Sarà solo per chi si sente veramente motivato. Non è un tour safari, ma l’esperienza dell’incontro personale prima con Dio e poi con l’uomo ferito.
«Che è una possibilità di tutti gli uomini. L’attività, che già avviene in altri Istituti, ha dimostrato che l’incontro tra lo studente e il detenuto si fa potente leva di cambiamento per entrambi.
L’organizzazione non è semplice, serve l’attenta considerazione e l’autorizzazione della direttrice ed è in fase di definizione. Noi ci speriamo e ci crediamo.»
 
Quali sono le aspettative finali?
«Il bene comune. L’aspettativa più alta di una società che si definisce civile. Il grado di civiltà, infatti, si misura esattamente in rapporto alla cura che si presta alla popolazione più debole. Se questo progetto servirà a generare attenzione su una umanità tra le più lontane, avremo ottenuto un grande risultato.»

Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it
Prof.ssa Giuseppina Coali - Docente di IRC
Collegio Arcivescovile -
Via C. Endrici 23 - 38122, Trento - 0461 1731200

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