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Malattie oncologiche del seno – Di Nadia Clementi

Le nuove terapie nell’intervista che ci ha rilasciato il dottor Carlos Garcia Etienne chirurgo senologo/oncoplastico

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Il dottor Garcia Etienne - Riteniamo opportuno pubblicare solo due immagini sull'argomento.

Il tumore al seno è una patologia diffusa che colpisce 1 donna su 8 nell’arco della vita, è più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29 per cento di tutti i tumori che colpiscono le donne (fonte: AIOM 2018). Fortunatamente di questo carcinoma si muore molto meno, merito degli screening della diagnosi precoce, dell’avanzamento di cure sempre più efficaci e della chirurgia che ha compiuto grandi progressi diventando meno invasiva e meno demolitiva.
Nel corso di questi ultimi anni sono stati sviluppati nuovi protocolli chemioterapici e immunoterapici specifici per i diversi tipi di tumore al seno che agiscono sui meccanismi molecolari alla base della malattia, si sono introdotte nuove tecniche radioterapiche e si sono raffinate le tecniche chirurgiche oncologiche verso interventi di oncoplastica.
Per conoscere quali sono le nuove terapie oncologiche del tumore al seno, abbiamo intervistato il dott. Carlos Garcia Etienne, chirurgo senologo/oncoplastico da giugno 2020 a Trento, lavora attualmente come libero professionista presso la Casa di Cura Sant’Anna a Merano, Dolomites Medical Center di Bolzano e presso gli ambulatori Tecnomed di Trento.
 
Chi è il dott. Garcia Etienne tramite questo link.


 
Dottor Garcia Etienne, il tumore al seno resta il più diagnosticato tra le donne, lo ha confermato anche l’ultimo report 2020 presentato in occasione della Giornata mondiale del cancro. È un dato preoccupante?
«Preoccupante sì, ma non necessariamente più di prima.
«Il trasfondo di questa domanda in genere riflette il desiderio del pubblico di comprendere se ci sono fattori di rischio evitabili per cambiare questa tendenza.
«I fattori di rischio per il tumore mammario possono essere classificati in due macrocategorie:
 
Fattori di rischio non modificabili:
•    sesso femminile: le donne hanno circa 100 volte più rischio di sviluppare il tumore del seno degli uomini;
•    età: l'incidenza di questa neoplasia aumenta rapidamente con l'età durante il periodo fertile, raddoppiando ogni dieci anni fino alla menopausa; successivamente, l'incidenza cresce a velocità inferiore;
•    anamnesi familiare di tumore della mammella;
•    menarca precoce e/o menopausa tardiva;
•    fattori genetici: Sono stati identificati molteplici geni implicati nel rischio ereditario del carcinoma mammario fra cui i più conosciuti: BRCA1, BRCA2, TP53, PTEN, CDH1, STK11, ATM, CHEK2, PALB2, NF1, BARD1, BRIP1, NBN, RAD51C, RAD51D. Questa area di ricerca è in continuo sviluppo, per cui possono esserci sempre nuove scoperte e modifiche nell'elenco dei geni. La mutazione di questi geni è verosimilmente responsabile di circa il 10% dei casi di carcinoma mammario complessivamente considerati;
•    esposizione a radiazione o precedente radioterapia toracica (importante segnalare che qui non si fa riferimento a Rx semplice del Torace o altri studi radiologici);
•    precedenti patologie mammarie (biopsie con esito: iperplasia atipica, carcinoma lobulare in situ);
•    anomalie mammografiche (microcalcificazioni);
•    densità mammografica estesa.
 
Fattori di rischio di stile di vita o modificabili:
Agire su alcuni fattori modificabili riduce il rischio di sviluppare il carcinoma mammario.
•    nulliparità: la parità sembra svolgere un ruolo protettivo;
•    prima gravidanza a termine in età > 30 anni;
•    mancato allattamento al seno;
•    contraccettivi orali: studi recenti confermano che l'utilizzo prolungato dei contraccettivi orali si associa a un leggero aumento del rischio di carcinoma della mammella;
•    stile di vita: obesità (in particolare in post-menopausa), scarsa attività fisica, consumo di alcool;
•    terapia ormonale sostitutiva (per la menopausa). L’aumento del rischio attribuibile all’uso di preparazioni contenenti estrogeni e progestinici è correlato alla durata della somministrazione ed è reversibile alla sospensione;
•    tabagismo: la relazione fra il fumo di tabacco e l'incidenza del tumore al seno è ancora controversa. I dati suggeriscono una relazione positiva fra iniziare a fumare prima della prima gravidanza a termine e il rischio del tumore al seno.»

«Purtroppo non è semplice modificare alcuni dei fattori di rischio che vengono ritenuti "modificabili" per cui attualmente la miglior strategia continua ad essere la diagnosi precoce.»
 
Qual è la situazione attuale per le pazienti che si ammalano di cancro al seno e cosa sta cambiando nelle cure di questa malattia che in passato aveva un’alta mortalità?
«Nei paesi sviluppati, la mortalità per il tumore mammario ha presentato una riduzione graduale negli anni 90 con un trend che si sostiene fino ad oggi. Questa diminuzione è attribuibile alla combinazione di molteplici fattori: l'avvenimento della chemioterapia e ormonoterapia (ogni volta più mirate), l'implementazione dei programmi di screening (con un costante miglioramento nelle metodiche delle immagini), il miglioramento delle tecniche chirurgiche di asportazione e della tecnologia impiegata nella radioterapia.
«Negli anni 50, la probabilità di una donna con diagnosi di tumore al seno di vivere 5 anni dopo aver ricevuto i trattamenti di allora era di circa il 50% (sopravvivenza a 5 anni). Oggi, la sopravvivenza a 5 anni in Italia è di circa 87%. Questo dato considera gli stadi precoci e avanzati insieme, poiché se si considera solo la malattia precoce (tumori piccoli localizzati solo nella mammella), la sopravvivenza a 5 anni supera il 95%.
«Nonostante i dati incoraggianti illustrati sopra, non dobbiamo dimenticare che il carcinoma mammario rappresenta ancora la prima causa di morte per tumore nelle donne in Italia e la terza causa di morte per tumore in Europa considerando entrambi i sessi (prima causa carcinoma al polmone, seconda al colon).
«Dobbiamo evitare frasi come del tumore al seno oggi non si muore più che purtroppo sono state utilizzate spesso in passato e non riflettono l'intero scenario.
«Inoltre, non dobbiamo dimenticare che, nonostante attualmente i casi con malattia a distanza (per cui la maggioranza non operabili) hanno opzioni di trattamento e vivono di più che molti anni fa, solo circa il 20% supera i 5 anni di sopravvivenza. Queste donne non devono essere abbandonate ne dimenticate.»
 
Chi è a rischio, quali sono i primi sintomi da non sottovalutare e la frequenza dei controlli?
«Donne da 35-40 anni in poi, ricordando che la maggior parte dei casi accade in donne sopra i 50 anni. Come già menzionato, la miglior strategia continua ad essere la diagnosi precoce attraverso i controlli strumentali periodici (spontanei o dentro il programma di screening) e la consapevolezza (breast cancer awareness) della popolazione sull'importanza del trattamento precoce.
«Nell'attualità, la maggioranza delle nuove diagnosi di neoplasie mammarie sono ancora identificate purtroppo da un riscontro della stessa paziente fuori dai controlli o programmi di screening. Un confronto che indica l’urgenza di invitare le donne ad aderire a questi programmi.
«È fondamentale eseguire una visita il prima possibile in caso di identificare delle anormalità quali: nodulo palpabile (mammario o nell'ascella), cambiamenti nella forma o volume del seno, retrazione cutanea o del capezzolo, arrossamento, ulcerazione cutanea, secrezione dal capezzolo, desquamazione del capezzolo. In caso di comparsa di sintomi o anormalità è importante eseguire una visita con un esperto per determinare se sono necessari accertamenti.
«Per le donne asintomatiche è consigliabile eseguire controlli periodici.
«Il valore dell’autopalpazione sistematica è sempre un argomento controverso (salva vite veramente?) che non sarà oggetto di questa discussione. Non esiste uno standard accettato universalmente, ma è ragionevole suggerire di iniziare l’autopalpazione mensile dai 25 anni, circa 5-7 giorni dopo la fine del ciclo mestruale.
«La frequenza dei controlli mammografici è anche un argomento in costante ridiscussione che risulta in lievi variazioni sulle raccomandazioni fra centri, regioni, organizzazioni e paesi, ma è sufficiente aderire alle raccomandazioni di ogni regione:
- fra 40-49 anni, inizio dei controlli mammografici (non su invito) biennale/annuale secondo densità mammaria +/- ecografia a giudizio del radiologo (sempre secondo densità mammaria).
- fra 50-69 anni, programma di Screening su invito, cadenza biennale.
- 70+ anni, mammografia biennale (non su invito).
«Aggiungere o meno l'ecografia o eseguire studi più complessi come la risonanza magnetica viene definito e discusso con lo specialista radiologo.»
 
Qual è il percorso terapeutico di una paziente affetta da tumore al seno?
«Una volta stabilita la diagnosi, per ciò finita la fase diagnostica con il radiologo senologo, il primo passo che deve eseguire una paziente per avviare il trattamento (fase terapeutica) è cercare la valutazione del chirurgo senologo (chirurgo con expertise nelle malattie mammarie e responsabile del trattamento chirurgico), che a sua volta discuterà il caso con i medici oncologi (responsabili del trattamento sistemico (chemioterapia, ormonoterapia, immunoterapia, ecc.) e con il resto delle discipline coinvolte.
«Le decisioni di trattamento devono essere prese insieme alla paziente e con il suo consenso in sede di visita chirurgica, dove avrà l’opportunità di fare domande a chi propone il trattamento e lo esegue in prima persona, per ciò non solo chi ha la responsabilità giuridica delle eventuali/potenziali complicanze, ma soprattutto chi ha l’esperienza nel trattare la malattia.
«La pietra angolare del successo delle cure attuali resta nella multidisciplinarietà del trattamento, che non deve essere confusa con lo scambio dei ruoli fra specialisti che potrebbe causare il ritardo nell’inizio del trattamento o mettere a rischio l’adeguatezza delle decisioni e la qualità del servizio alle pazienti.
«In sede di visita chirurgica vengono discusse la natura della malattia e quali sono le migliori opzioni di trattamento secondo le conoscenze attuali.
«Tuttavia è comprensibile che le pazienti desiderino a volte di cercare una second opinion, cosa che consiglio fortemente, considerando la serietà della malattia.
«Ricevere le cure migliori non consiste soltanto nei trattamenti/interventi per se, ma anche nella buona comunicazione stabilita con lo specialista. Questo è un aspetto che solo la paziente può giudicare.
«Con tutto ciò, consiglio personalmente le second opinion ma sconsiglio fortemente le terze-quarte-quinte opinioni, poiché troppe visite possono solo creare confusione e ansia senza necessariamente aggiungere un beneficio.»
 
«Gli specialisti nel trattamento definiscono la via più adeguata per trattare ogni caso specifico, vale a dire se iniziare con l'intervento chirurgico in prima battuta (via scelta ancora nella maggioranza dei casi) o se iniziare con il trattamento sistemico (chemioterapia) in primo piano per arrivare successivamente al trattamento chirurgico.
«La chemioterapia prima dell'intervento chirurgico viene chiamata terapia neoadiuvante e può consistere (a grosso modo) in chemioterapia (endovena attraverso un catetere) o endocrinoterapia (ormonoterapia per bocca).
«La tipologia e la durata dei trattamenti sistemici vengono discussi e determinati con il medico oncologo.
«Nel passato, solo i casi con tumori grandi (localmente avanzati) iniziavano il trattamento con chemioterapia neoadiuvante. Da qui che ancora alcune persone associno il fatto di iniziare con il trattamento sistemico prima e non con l'intervento chirurgico come un segno di malattia avanzata.
«Tuttavia, con l'avvenimento di nuove terapie mirate, l'approccio neoadiuvante non è più riservato solo ai casi con malattia avanzata. Il potenziale beneficio di un trattamento neoadiuvante viene definito dalla biologia tumorale.
«Non tutti i tumori maligni sono uguali e sono le caratteristiche specifiche che determinano il comportamento (o la prognosi) e la suscettibilità per rispondere a trattamenti mirati. Da questo principio, oggi, sappiamo che certe tipologie di tumori, non necessariamente grandi o avanzati (cioè anche medi/piccoli), possono dimostrare un beneficio se si parte con la chemioterapia in prima istanza, permettendo di valutare la risposta al trattamento e di ridurre la "quantità di malattia" che dovrà essere poi operata.
«Una volta concluso il trattamento neoadiuvante, la paziente torna dal chirurgo senologo per stabilire la tipologia di intervento. La tipologia di intervento viene definita in sede di visita chirurgica insieme alla paziente.»
 

 
Si parla della possibilità vicina di poter evitare l’intervento chirurgico nel cancro al seno?
«Uno studio americano recente pubblicato su un journal scientifico rinomato (The Lancet Oncology,« ottobre 2022) ha descritto una serie di 31 pazienti affette da carcinoma mammario dei cosiddetti tumori triplo-negativi o HER2-positivi (due tipologie tumorali che in genere rispondono bene alla chemioterapia) che dopo aver dimostrato una risposta eccezionale alla chemioterapia neoadiuvante, hanno evitato l’intervento chirurgico e ricevuto radioterapia. Dopo solo due anni di sorveglianza, lo studio ha dimostrato, fino al momento della pubblicazione, risultati oncologici adeguati in termini di recidive (nessuna).
«Questi risultati sono stati accolti con grande entusiasmo dalla comunità medico-scientifica e senza dubbi ci porteranno ad un maggiore livello di conoscenza del comportamento dei tumori mammari e delle possibilità di gestione.
«Tuttavia, all’occhio con poca esperienza sul tema o sull’interpretazione statistica potrebbe sembrare che l’omissione dell’intervento chirurgico per il tumore al seno in modo sicuro sia uno scenario proprio dietro all’angolo, ma purtroppo così non è. Ci vorranno ancora molti anni per stabilire se questa scelta può essere sicura, poiché lo studio è troppo recente (pazienti seguite per solo 2 anni) e deve passare del tempo per sorvegliare l’andamento a lungo termine; dovranno aggiungersi ulteriori studi con più pazienti per avere conferma, poiché lo studio ha incluso pochissimi casi (solo 31); poi saranno necessari tanti altri anni per riuscire ad individuare in modo attendibile quale sarebbero le pazienti candidabili ad una gestione non chirurgica in modo sicuro (senza rischi di lasciare malattia residuale).
«In aggiunta, quando arriverà il momento di poter omettere l’intervento chirurgico, sarà solo un gruppo stretto e molto specifico di possibili candidate per questo approccio.
«Di conseguenza, la chirurgia rappresenta tuttora, l’unico trattamento che offre la possibilità di guarigione, per cui, ancora il trattamento più fondamentale.»
 
Oggi, fortunatamente, la diagnosi precoce consente di intervenire con nuove tecniche chirurgiche. Quali sono le nuove frontiere della Senologia Chirurgica?
«Il trattamento locoregionale del tumore mammario, cioè il trattamento a livello mammario e a livello dei linfonodi (es: ascellari) prevede due discipline coinvolte, la chirurgia e la radioterapia. Questa ultima non è indicata in tutti i casi, ma quando è necessaria, rappresenta un beneficio dal punto di vista oncologico.
«L'approccio chirurgico comprende sostanzialmente due tipi di interventi: la mastectomia (asportazione di tutta la ghiandola mammaria) e l'intervento conservativo, cioè che preserva la mammella, anche conosciuto come quadrantectomia. Entrambi tipi di interventi hanno subito cambiamenti importanti negli anni recenti con il miglioramento delle tecniche chirurgiche.
«La quadrantectomia rappresenta il trattamento standard per la grande maggioranza dei casi in stadio precoce (tumori piccoli o medi) e non necessariamente prevede l'asportazione di una quarta parte della mammella (come sembra indicare il nome), si tratta di un vecchio nome rimasto nella terminologia attuale.
«Il primo obiettivo dell'intervento conservativo è quello di asportare la malattia, circondata da tessuto sano per garantire margini negativi (puliti). Il secondo, che il tessuto rimanente possieda un esito estetico accettabile. Se non sono raggiungibili entrambi gli obiettivi, subentra la necessità di eseguire la mastectomia.»
 

Intervento conservativo (quadrantectomia).
 
«Nell'attualità la quadrantectomia si è evoluta in tecniche di chirurgia oncoplastica sviluppate negli ultimi venti anni nell'ambito oncologico. La tecnica può prevedere il rimodellamento della sola mammella operata di tumore in modo da preservare una forma esteticamente accettabile oppure include anche un rimodellamento della mammella controlaterale con l'obiettivo di simmetrizzare.
«Sostanzialmente impieghiamo le stesse tecniche utilizzate in chirurgia plastica per interventi puramente estetici (rimodellamenti per ridurre i volumi mammari e ripristinare la posizione dei seni) e che prevedono l'asportazione di tessuto mammario, ma calcoliamo di includere nel tessuto asportato il tumore circondato da ampi margini di tessuto sano, per garantire la sicurezza oncologica.
«Importante segnalare che, salvo certe eccezioni, dopo l'intervento conservativo, è necessaria la radioterapia della mammella per raggiungere l'equivalenza alla mastectomia dal punto di vista di trattamento oncologico.»
 
«Grazie al progresso della chirurgia, anche le tecniche di mastectomia si sono evolute considerevolmente negli ultimi 20 anni. Mentre prima si asportava la ghiandola mammaria e gran parte della cute senza eseguire la ricostruzione, oggi eseguiamo interventi che risparmiano parte della cute (mastectomia skin-sparing) oppure addirittura tutta la busta cutanea con il complesso areola-capezzolo (mastectomia nipple-sparing). In ogni caso, l'obiettivo è quello di asportare tutto il tessuto ghiandolare possibile per ridurre le probabilità di recidive tumorali oppure di formazione di nuovi tumori nei tessuti rimanenti.
«La ricostruzione può essere eseguita in modo immediato nella grande maggioranza dei casi e le tecniche di ricostruzione sono molto varie. I nuovi approcci permettono di eseguire la ricostruzione mammaria sia con materiali protesici che con tessuti autologhi provenienti di altre zone del corpo.
«La ricostruzione protesica può utilizzare la protesi definitiva oppure un espansore. La prima è composta di un gel coesivo, il cui significa che se si rompe con il passo del tempo o anche dopo un trauma, non necessariamente si rovescia nei tessuti come accadeva con le protesi del passato che contenevano materiali oleosi.
«L'espansore viene posizionato quando non si trova lo spazio sufficiente per inserire la protesi definitiva e bisogna crearlo gradualmente. Ha la forma simile a una protesi, ma contiene una valvola che va riempita progressivamente con soluzione fisiologica (acqua) in modo ambulatoriale fino a raggiungere il volume desiderato.
«Poi in un secondo tempo operatorio, con un intervento molto meno traumatico dell'intervento iniziale, viene scambiato l'espansore per la protesi definitiva. Questi materiali protesici possono essere posizionati sia sotto che sopra il muscolo pettorale e questo viene deciso in sede di intervento secondo le caratteristiche anatomiche.»
 

Sinistra: espansore tissutale; destra: protesi definitiva.
 
«È fondamentale chiarire alcuni aspetti della fase ricostruttiva mammaria nell'ambito oncologico. Il primo è che oggi, benché possiamo permetterci di cercare migliori risultati estetici, questi non devono mai compromettere gli obiettivi del trattamento oncologico.
«L'altro aspetto è che la principale sfida della chirurgia ricostruttiva oncologica sono "le false aspettative" della paziente. Vengono impiegati gli stessi materiali, protesi e a volte tecniche che si utilizzano nella chirurgia mammaria puramente estetica e spesso le pazienti credono che l'intervento possa rappresentare l'opportunità di "un ritocco" o miglioramento.
«Deve essere ribadito che purtroppo l'intervento oncologico è un intervento demolitivo e che la chirurgia ricostruttiva in questo scenario cerca appunto di ripristinare la morfologia nel miglior modo possibile, ma la mammella ricostruita dopo un intervento oncologico tendenzialmente avrà una apparenza alterata.
«Per quanto riguarda la stadiazione o gestione dei linfonodi regionali (es: ascellari) si esegue la biopsia del linfonodo sentinella. Il linfonodo sentinella (a volte sono più di uno) è il primo linfonodo destinato a raccogliere le cellule maligne in caso che queste fossero uscite dal tumore primario (mammario). Il linfonodo viene asportato ed inviato per esame istopatologico (microscopico). In base allo status di questo linfonodo, nel passato veniva eseguita o meno la dissezione (svuotamento) ascellare che consiste nell'asportazione di tutti i linfonodi ascellari.
«Questa prassi però è cambiata recentemente, poiché nella maggioranza dei casi con tumori piccoli o medi che eseguono quadrantectomia con radioterapia in cui il linfonodo sentinella risulta positivo per metastasi, si è dimostrato che lo svuotamento ascellare non offre un vantaggio terapeutico oncologico (non migliora le probabilità di guarigione), ma rimangono i rischi delle complicanze inerenti all'intervento quale linfedema del braccio (gonfiore cronico) e restrizioni nella mobilità.
«Per questo motivo, le linee guide attuali sia in Italia che nel resto del mondo, sconsigliano la dissezione ascellare in certi scenari nonostante la positività del sentinella, mentre che per alcuni casi selezionati continua ad essere consigliata. Questi aspetti devono essere valutati in modo individualizzato e discussi con il chirurgo di riferimento.»

Alcune novità di congressi recenti? il SABCS (San Antonio Breast Cancer Symposium) di dicembre 2022?
«Il SABCS è un congresso annuale mondialmente rinomato dove si presentano aggiornamenti e vengono anche discussi temi controversi sulla gestione delle patologie mammarie.
«È stato presentato un aggiornamento dello studio ACOSOG Z11102 (risultati iniziali pubblicati nell’ottobre del 2019) che ha dimostrato che l’intervento conservativo della mammella (che asporta il tumore, ma preserva la mammella, anche noto come quadrantectomia) è anche possibile in alcune pazienti con lesioni maligne multipli nello stesso seno (da 2 a 3 lesioni).
«Lo studio ha dimostrato un tasso di recidiva mammaria a 5 anni di circa 3%, il cui è molto basso ed è consono con il tasso di recidiva osservato nelle pazienti con lesioni singole trattati con la stessa tecnica chirurgica. Si segnala che non tutte le pazienti con lesioni multipli sono candidate all’intervento conservativo e che frequentemente sono necessari ulteriori studi di immagini (come la risonanza magnetica, RM mammaria) per avere una valutazione più approfondita e assicurare che la paziente possa essere candidata a tale intervento.
«Esistono studi italiani precedenti (e non solo) che avevano già fornito evidenza sulla sicurezza dell’intervento conservativo in pazienti con lesioni multipli adeguatamente selezionate, per cui questo studio conferma i dati e conferma il valore della RM mammaria come valutazione preoperatoria.
«Uno scenario clinico dove la gestione dei linfonodi ascellari risulta ancora controversa è nelle pazienti sottoposte a chemioterapia neoadiuvante (prima dell’intervento chirurgico). Specie nelle pazienti che hanno presenza di malattia nei linfonodi ascellari all’esordio e che dopo la chemioterapia neoadiuvante dimostrano una completa negativizzazione dei linfonodi ascellari (linfonodi puliti).»
 
A questo punto le domande sono molteplici: svuotare i linfonodi ascellari o lasciarli? Eseguire la biopsia del linfonodo sentinella è affidabile?
«Per quanto riguarda questo scenario specifico è stato presentato al SABCS un aggiornamento dello studio OPBC-04/EUBREAST-06 che paragona la DAM (dissezione ascellare mirata), che consiste nell’asportazione dei linfonodi ascellari ammalati marcati con una clip prima della chemioterapia vs la biopsia del linfonodo sentinella (BLS) dopo la chemio e che consiste nell’asportazione dei linfonodi che accumulano il tracciante nucleare e il patent blu, entrambi iniettati a livello mammario prima dell’intervento.
«Lo studio ha dimostrato tassi di recidiva a livello ascellare a tre anni molto bassi e simili fra le due tecniche (0.5% per DAM vs 0.8% per BLS) con solo alcune differenze nei trattamenti ricevuti (radioterapia e/o ulteriore chemio) fra entrambi gruppi. Lo studio illustra (almeno per il momento) qualcosa che sapevamo, ma di cui era necessaria una conferma ed è che la negativizzazione dei linfonodi dopo la chemioterapia neoadiuvante (linfonodi “puliti”), può permettere di evitare la dissezione ascellare (svuotamento dei linfonodi) ed essere oncologicamente sicuro, evitando il rischio per lo sviluppo di complicanze legate all’intervento (es.: linfedema del braccio).»
 
In chiusura, cosa consiglia alle pazienti con diagnosi di tumore al seno?
«Innanzitutto non perdere la calma, sappiate che ci sono dei professionisti specializzati ad affrontare insieme a voi questo momento di difficoltà con le migliori risorse disponibili al momento. Informatevi e chiedete tutte le domande possibili agli esperti nel trattamento della malattia.»
 
«Quando leggete informazione online, cercate websites autorevoli, es.:
www.aiom.it/linee-guida-aiom-2021-neoplasie-della-mammella/
www.esmo.org/content/download/79762/1460921/1/IT-Cancro-della-Mammella-Guida-per-la-Paziente.pdf
www.cancer.net/cancer-types/breast-cancer
www.cancer.gov/types/breast
www.mskcc.org/cancer-care/types/breast

…e limitate la lettura a una o due fonti per evitare confusioni.
 
«Consiglio di scrivere in cartaceo (o sul cellulare) le domande da fare allo specialista (a memoria vi dimenticate spesso in sede di visita). Sentitevi libere di richiedere più di un incontro di persona per ulteriori chiarimenti e domande.
«Cercate sempre che sia possibile una seconda opinione. Eseguite anche una ricerca online (google) su informazione specifica degli specialisti che vi hanno valutato. Ricordate che non basta un buon curriculum, ma anche la qualità della comunicazione stabilita con lo specialista.
«Non procrastinare né bloccarsi psicologicamente. Ricordate che la prima persona a prendere l'iniziativa verso il trattamento adeguato è la paziente stessa.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Dott. Carlos Garcia Etienne - email: cgarciaetienne@gmail.com

Chirurgia Senologica/Oncoplastica.
Tecnomed, Via Falcone-Borsellino, Trento, Tel: 0461 230005‬.‬‬‬‬‬‬‬‬‬‬
Dolomites Medical Center, G. Galilei-Straße, 30, 39100 Bolzano, Tel: 0471 180 8030.
Casa di Cura Sant'Anna – Privatklinik, Via Cavour Camillo Benso, 58, 39012 Merano, Bolzano, Tel: 0473 236480.
Per vedere le pubblicazioni: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed?term=Garcia-Etienne[author

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