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No alla violenza contro le donne – Di Nadia Clementi

È il 25 novembre e abbiamo chiesto a Nicodemo Gentile, noto avvocato penalista e legale di fiducia di Elena Cecchettin, di esprimere una sua riflessione

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Avv. Nicodemo Gentile con Elena, sorella di Giulia Cecchettin.
 
«Dobbiamo impegnarci di più per fare tutto il possibile per prevenire la violenza contro le donne: la cultura del rispetto potrebbe essere la chiave di tutto»
Per dire NO alla violenza contro le donne abbiamo contattato Nicodemo Gentile, avvocato penalista cassazionista, scrittore e presidente dell’associazione Penelope che riunisce famiglie e amici delle persone scomparse.
È anche il legale di fiducia di Elena Cecchettin, sorella di Giulia ritrovata morta a soli 22 anni lo scorso 18 novembre per mano di chi diceva di amarla sopra ogni cosa.
L’omicidio di Giulia Cecchettin a scosso le coscienze nel nostro paese e moltissime voci si sono levate in un misto di disperazione, stanchezza, frustrazione e rabbia, chiedendo che sia l’ultima donna vittima di femminicidio a dover piangere.
 
È arrivato il momento in cui non possiamo limitarci al cordoglio ma è necessario intervenire in modo sistematico sul fronte della prevenzione di comportamenti violenti.
L’avv. Gentile nella seguente riflessione ci restituisce le sue considerazioni ed emozioni tra amore e negazione. Afferma l’importanza dell’educazione alla affettività nelle famiglie e nelle scuole coinvolgendo attivamente i ragazzi nella promozione di relazioni basate sul rispetto alla non violenza.
Una testimonianza autentica quella del noto penalista, di chi, in primis, è sceso in campo per sostenere le tante famiglie che, per mano di «manipolatori» e «padroni», ora piangono una figlia, una sorella, un’amica.
 

 
Siamo ancora una volta a commemorare la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e, ancora una volta ci dobbiamo confrontare in modo importante e serio con fatti che ci dicono che purtroppo non bisogna mai abbassare la guardia.
La violenza è un fenomeno che ha mille facce e una di queste è quella psicologica che può diventare ed è diventata più volte, ahimè, violenza espressa quindi una violenza che porta ad uccidere.
La triste storia di Giulia Cecchettin questa ragazza giovane pura dignitosa molto pulita ci dice che non bisogna assolutamente pensare che sia sufficiente per risolvere o comunque arginare il problema con l'inasprimento delle pene e delle sanzioni.
La legislazione ha cercato di dare risposte occupandosi del problema a valle ma ora dobbiamo risalire a monte, perché quando si parla di condanne, vuol dire che è già stato commesso un reato e il caso di Giulia ce lo impone.
 
Le preoccupanti statistiche (83 le vittime di femminicidio in Italia al 25/11/2023) ci indicano che l’approccio nell’affrontare questo drammatico problema non ha assolutamente funzionato.
I numeri da guerra fanno tremare le vene ai polsi e il tema della violenza psicologica deve essere urgentemente affrontato partendo da un’esigenza prioritaria che non si può più procrastinare che è appunto la prevenzione, la sensibilizzazione e quindi la necessità di creare figure sempre più moderne evolute specializzate.
Ritornare in mezzo ai giovani e dargli strumenti giusti è essenziale così come introdurre delle figure qualificate nelle scuole, le stesse che chiedono un aiuto un intervento simbiotico tra famiglie e scuola.
Assieme devono creare una nuova alleanza e ragionare in modo nuovo, profondo rigoroso sulla necessità di attuare tutta una serie di comportamenti che possano far venir fuori gli elementi che fanno da spia di un malessere, soprattutto quando non c'è violenza fisica.
 

Nell’immagine il ricordo di Sara Di Pietrantonio.

I giorni della vicenda iniziale di Giulia Cecchettin mi hanno fatto tornare indietro a quel maggio 2016 quando in via della Magnana a Roma Vincenzo Paduano ha strangolato e data alle fiamme la giovane Sara Di Pietrantonio.
Ha dato fuoco alla sua all’automobile per distruggere il cadavere di quella che fino a poco tempo prima era stata la sua fidanzata, lo ha fatto con una violenza inaudita devastatrice, commessa da un ragazzo che aveva qualche anno in più di Pippo così Giulia chiamava il suo ex fidanzatino Filippo Turetta.
In entrambi i casi le ragazze erano vittime di vessazioni e di violenza subdola e insidiosa, Sara aveva la stessa età di Giulia, solo 22 anni, e i loro giovani assassini lo hanno fatto perché avevano ricevuto il diritto di recesso che è stato vissuto come una sorta di insubordinazione.
In queste persone vive un senso di possesso abnorme esasperato, la loro reazione è stata quella di reagire con un gesto punitivo. L’omicidio non lo hanno fatto per gelosia ma per gratificare quel senso di controllo militare di dominio che regge questo tipo di relazioni costruite su rapporti malati.
 
Per evitare tutto ciò dobbiamo parlare con queste donne e dobbiamo parlare con questi uomini soprattutto quando sono giovani.
Nonostante la giovane l’età sono capaci di porre in essere in modo lucido e consapevole azioni brutali che metterebbero in difficoltà anche dei veri e propri criminali, scegliendo come modus operandi la violenza e la premeditazione.
Nel caso di Giulia, Filippo ha veramente reagito con una sorta di crudeltà che non ci si aspetta da un ventiduenne, considerato un bravo ragazzo e che sicuramente non era un delinquente di quelli che noi penalisti sappiamo riconoscere, eppure l’ha picchiata con violenza accoltellandola in due step dopo averla poi caricata, lei forse già morta o tramortita, comunque incapace di potersi difendere.
E poi ha pensato bene di scaricarla dalla sua automobile come fosse spazzatura, facendola rotolare in una scarpata in una zona impervia tra Barcis e Piancavallo in provincia di Pordenone.
 
Siamo di fronte ad un ragazzino che uccide perché non vuole rassegnarsi all'idea che deve essere sfrattato da quella vita che non può più occupare spazio in quella esistenza. Trovandosi in questo stato, Filippo ha reagito in modo in modo così eclatante incomprensibile così come fece a suo tempo Vincenzo Paduano.
Queste brutte vicende hanno tanti punti in comune a partire dalla giovane età e dal fatto che questa violenza si è consumata, sotto un profilo psicologo, di parole, di gesti, di comportamenti, non c'erano state prima delle rappresaglie di vendetta delle azioni fisiche come schiaffi pugni e quant'altro, per questo è stato difficile poterle prevenire.
Questo ci insegna che dobbiamo dire alle donne che non devono essere le assistenti di nessuno. Devono pensare a loro, non si devono sentire in colpa, non si devono sentire sbagliate quando non rispondono a quelle che sono le aspettative degli uomini o dei loro fidanzati o compagni.
Devono alzare un muro nel momento in cui iniziano a percepire da parte dell’uomo una presenza assillante, atteggiamenti morbosi ossessivi, intrusivi, controlli militari, perquisizioni informatiche e tecnologiche.
 

 
A fronte di controlli eccessivi le donne devono avere coraggio di chiudere definitivamente qualsiasi tipo di rapporto, nessuna finestra aperta, nessuna possibilità di far sì che queste persone possano stazionare nella propria esistenza a qualunque titolo.
Spesso gli uomini chiedono aiuto, proprio nel momento in cui si vedono in difficoltà e capiscono che possono essere da un momento all'altro espulsi da quel mondo di relazioni.
Chiedono di restare amici lo ha fatto Vincenzo Paduano quattro ore prima di uccidere Sarà che le aveva detto di no, lo ha fatto Pippo che addirittura in più occasioni ha manifestato grande fastidio per il fatto che Giulia potesse laurearsi e lui rimanere al palo.
Filippo era in competizione evidentemente con Giulia e quindi il fatto che lei a breve avrebbe conseguito questo importante titolo è raggiunto il suo obiettivo si è sentito ancora più inadeguato, più piccolo, più buio, lei era diventata per lui un gigante.
 
Questa situazione ha sicuramente contribuito nella mente alterata di Filippo, ma non malata, disturbata ma lucida, ad organizzare un progetto di morte così crudele.
Lui voleva ancora essere centrale per Giulia così come Vincenzo voleva essere centrale per Sara e la notifica del diritto di recesso come amico speciale e il conseguimento della laurea di Giulia sono stati determinanti nell’alimentare il progetto di morte.
In conclusione, la violenza è trasversale e tragicamente democratica, dobbiamo stare in allerta e lavorare a monte partendo dalla società, dalle famiglie, dalle scuole, dobbiamo parlare ai giovani con un linguaggio nuovo più aperto più inclusivo, dobbiamo imparare tutti a chiedere aiuto senza vergognarsi.

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Avv. Nicodemo Gentile - https://www.penelopeitalia.org/

https://www.provincia.tn.it/Amministrazione/Luoghi/Centro-Antiviolenza-Coordinamento-donne

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