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La chiave dell’intelligenza artificiale – Di Nadia Clementi

Il prof. Enrico De Santis, ingegnere, ricercatore e docente all’Università la Sapienza di Roma: «La teoria della conoscenza è la chiave dell’intelligenza artificiale»

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L'intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente diventando una parte integrante della nostra vita quotidiana, influenzando settori come la salute, la finanza, l'istruzione e molti altri.
Esplorare e approfondire come l’IA applica la conoscenza e le sue potenzialità trasformative, non è semplicemente una serie di algoritmi avanzati, ma un intricato intreccio di teorie, metodologie e concetti che convergono nella sua abilità di comprendere e interagire con il mondo circostante.
Penetrare nei meandri della conoscenza nell'ambito dell'IA è fondamentale non solo per gli sviluppatori e gli esperti del settore, ma anche per la società nel suo complesso.
Inoltre, la consapevolezza dell'IA è essenziale per affrontare le sfide etiche e sociali.
Come cambieranno le relazioni umane quando la presenza di intelligenze artificiali diventerà sempre più diffusa? Quali saranno gli effetti sulla nostra percezione del lavoro, della creatività e della connessione umana? L'IA non è solo una questione tecnologica, ma un riflesso delle sfide filosofiche che ci attendono nel plasmare il nostro futuro.
 
Per approfondire l’intreccio tra teoria della conoscenza e Intelligenza Artificiale, abbiamo intervistato il prof. De Santis ingegnere e ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni della Sapienza Università di Roma.
Nel 2013-2017 ha svolto un dottorato in Canada presso il Computer Science Department della Toronto Metropolitan University (Toronto) dove è stato prima assistente di ricerca per tre anni e poi postdoc.
Attualmente condivide con il Prof. Antonello Rizzi i corsi di «Computational Intelligence» e «Pattern Recognition» presso il DIET (Sapienza Università di Roma). È cofondatore della startup innovativa (Sapienza) TensorLoops verticalizzata su progetti di Intelligenza Artificiale ed è anche CTO nella startup innovativa (Sapienza) SIS.TER. POMOS S.r.l. dove è impegnato in progetti di system integration nell’ambito della digitalizzazione e della transizione energetica.
È autore di pubblicazioni internazionali e nel 2021 ha pubblicato il libro Umanità complessità e intelligenza artificiale. Un connubio perfetto (Aracne) saggio che inquadra i legami simbiotici tra intelligenza Artificiale e teoria della complessità, ponendo al centro l’animale simbolico per eccellenza: l’uomo. Gestisce anche il blog AIΩN che verte sul carattere multidisciplinare ed epistemologico dell’IA alla luce degli attuali sorprendenti sviluppi.
 

 
Prof. De Santis. potrebbe darci una breve panoramica di cosa significa la teoria della conoscenza nel contesto dell'IA?
«Chi come me fa dell’Intelligenza Artificiale (IA) innanzitutto una passione, tende a non concepirla solo come una disciplina prevalentemente ingegneristica poiché, approfondendone tutte le implicazioni, si è inclini ad allargare il campo delle possibili domande, fino a giungere alle «grandi domande» e chiedersi cos’è l’intelligenza, l’informazione, la cognizione, la coscienza, la conoscenza e così via. Inesorabilmente ciò porta a confrontarsi con aspetti fondamentali anche di carattere teoretico.»
 
«La teoria della conoscenza, nel contesto dell'Intelligenza Artificiale, rappresenta un terreno fertile dove si intrecciano diverse discipline quali matematica, fisica, scienze cognitive, psicologia, e soprattutto filosofia, offrendo una visione comprensiva che abbraccia sia questioni inquadrabili dal versante ontologico sia aspetti strettamente tecnologici.
«Da ricercatore e docente specializzato in IA, i miei interessi si estendono, quindi, oltre i confini della pura ingegneria e tecnologia, per sondare le profondità della conoscenza umana (e in genere biologica) e la sua replicazione o estensione attraverso i sistemi artificiali.»
 
«La teoria della conoscenza, o epistemologia, indaga le fondamenta, la natura e i limiti della conoscenza. Nel dominio dell'IA, questo studio assume una dimensione cruciale, poiché ci interroga su come le macchine possano non solo elaborare informazioni, ma anche acquisire, rappresentare e utilizzare la conoscenza in modi che emulino o estendano le capacità cognitive umane.
«Autori attivi in ambito filosofico come John Searle, con il suo esperimento immaginario della Stanza Cinese hanno sollevato questioni fondamentali sull'intelligenza delle macchine e sulla loro capacità di comprendere in senso autentico in quanto meri manipolatori sintattici di simboli, stimolando un dibattito profondo sulle reali capacità cognitive dell'IA.
 
«Allo stesso tempo, il lavoro di filosofi come Daniel Dennett, che esplora la natura della coscienza e l'intenzionalità, e il contributo di scienziati cognitivi come fu Marvin Minsky, pioniere nell'approccio computazionale alla mente, hanno fornito preziosi spunti per comprendere come le macchine possano imitare o replicare processi mentali umani.
«Questi approcci interdisciplinari arricchiscono enormemente il campo dell'IA, offrendo nuove prospettive e metodologie per affrontare le sfide poste dall'integrazione della conoscenza in sistemi artificiali.»
 
«Da un punto di vista filosofico, la teoria della conoscenza nell'IA ci invita a riflettere sull'essenza stessa dell'intelligenza – di cui non abbiamo una definizione precisa – e della conoscenza, spingendoci a considerare questioni ontologiche come la natura dell'esistenza e la realtà delle entità artificiali.
«La filosofia, con la sua indagine sui principi fondamentali, può fornire strumenti critici per valutare l'impatto e le implicazioni dell'avanzamento dell'IA, sia in termini di sviluppo tecnologico sia di conseguenze etiche e sociali, allargando il focus anche al campo umanistico.»
 
«Nella mia ricerca accademica e nel mio insegnamento, sottolineo l'importanza di un approccio scientifico interdisciplinare che unisca le intuizioni tecnologiche con una riflessione filosofica profonda che abbraccia il campo delle scienze cognitive.
«Tale approccio non solo permette di avanzare nello sviluppo di sistemi di IA più sofisticati e capaci, ma anche di navigare le complesse questioni etiche e sociali che accompagnano l'introduzione di queste tecnologie nella vita quotidiana.»
 
«Lo studio della conoscenza e dei suoi limiti intriseci nel contesto dell'IA non è solo una questione di come le macchine «sappiano» o acquisiscano la conoscenza, ma anche di come noi, come società e come individui, comprendiamo e attribuiamo valore alla conoscenza stessa, sia umana sia artificiale.
«Questo approccio interdisciplinare apre nuove strade per esplorare l'intersezione tra uomo e macchina, tra conoscenza innata e conoscenza acquisita artificialmente, offrendo spunti fondamentali per il futuro dello sviluppo tecnologico e della nostra evoluzione come specie.»
 
In che modo la teoria della conoscenza diventa la chiave per l'Intelligenza Artificiale?
«In conferenze e convegni a cui sono invitato asserisco in maniera solo apparentemente provocatoria che il 30 novembre 2022, giorno in cui Sam Altman – CEO di OpenAI – ha lanciato al grande pubblico ChatGPT, sarà ricordato come una data storica. Se da una parte le potenzialità dell’IA sono ormai oggetto dei media mainstream, dall’altra la portata della rivoluzione cognitiva in atto ha ancora un carattere inconscio.
«Come tale, quindi, è sempre più necessario sottoporre l’Occidente ad una vera e propria seduta psicoanalitica, al fine di portare alla luce le angosce latenti. Tralasciando i nodi strettamente tecnologici, che comunque guidano tale rivoluzione, la teoria della conoscenza, e la filosofia in generale, sono un utile strumento per comprendere il cambiamento di paradigma in atto.»
 
«Chiunque abbia avuto a che fare con ChatGPT, specialmente con GPT-4 (versione premium di ChatGPT), o con Bard (col nuovo motore linguistico Gemini) non può non essersi accorto delle capacità espresse da tali modelli di linguaggio generativo.
Allo stato attuale tali modelli linguistici dominano la maggior parte dei saperi umani e oltrepassano le capacità del singolo.  L’interazione ergonomica fruita attraverso il linguaggio (con il supporto di centinaia di lingue) crea un unicum nell’interazione uomo-macchina.
Sebbene prima del lancio di ChatGPT già nelle mie ricerche utilizzavo, insieme alla mia attuale collaboratrice, modelli meno evoluti ma comunque sorprendenti nelle prestazioni (ad esempio GPT-2), non nascondo che la prima volta che ho avuto a che fare il potente modello di OpenAI ho provato una certa emozione.»
 
«La prima conversazione che ebbi con ChatGPT fu su come ChatGPT stesso fosse progettato e quali erano i suoi elementi costitutivi. Chiesi al modello di esprimersi utilizzando un linguaggio tecnico. ChatGPT prese a spiegarmi anche con formule matematiche la sua struttura basata sulla tecnologia Transformer e sul meccanismo di attenzione-elementi che hanno consentito insieme ad altri il grande balzo in avanti tecnologico.
«Constatai che ciò che ChatGPT affermava era essenzialmente corretto; la discussione virò poi sulla sua capacità di concepire un modello del mondo e sulla possibilità di migliorare alcuni moduli interni per incrementare le proprie capacità cognitive.
«ChatGPT discuteva con competenza tecnica della propria costituzione e suggeriva possibili miglioramenti con tanto di disamina teorica.»
 
«Mi resi conto che per la prima volta non solo stavo interagendo con una macchina, ma quella macchina possedeva un modello, seppur limitato, di se stessa ed era capace, al contempo, di discutere criticamente del suo funzionamento.
Da esperto, non posso nascondere che dietro questa apparente magia vi sia in realtà un algoritmo molto complesso con capacità di apprendimento a cui è stato dato in pasto un corpus gigantesco di conoscenza consistente in migliaia di libri, milioni di pagine web e le più utilizzate enciclopedie online. Non nascondo, altresì, che provai stupore, come se mi fossi trovato di fronte ad un oggetto magico.
«In questa sede non abbiamo lo spazio per mostrare che di realmente magico c’è ben poco e ChatGPT e simili non sono assolutamente sistemi coscienti - anche la coscienza stessa, come l’intelligenza, ha problemi di definizione.»
 
«Possiamo affermare però che l’alchimia alla base dell’apparente magia sta nella sintesi tra la complessità dell’algoritmo alla base di ChatGPT e dei dati di apprendimento e la scarsa conoscenza che un singolo essere umano può avere di queste macchine, anche se esperto.
«Tale sintesi cela uno spazio di comprensione grigio che anche gli esperti e gli stessi sviluppatori faticano a riempire.
«A questo punto la macchina va fatta adagiare sul lettino dello psicoterapeuta e va studiata nella sua intrinseca complessità con metodi ancora da inventare. In realtà, è proprio ciò che accade e sono nati interi filoni di ricerca nel contesto dell’Intelligenza Artificiale spiegabile, i quali hanno come scopo quello di comprendere come la macchina rappresenta la conoscenza e come la utilizza nell’interazione con l’essere umano.»
 
«In ciò la teoria della conoscenza costituisce uno strumento teorico imprescindibile. Non solo. Alcune concezioni considerate verità inalienabili necessitano, alla luce dei recenti sviluppi, di profonda revisione.
«In questo senso la macchina può costituire un utile strumento per nuove indagini sul linguaggio, sul senso e sul significato.
«Se vogliamo rimanere poi nella metafora psicoanalitica, sono sicuro che il padre della Psicologia Complessa Carl Gustav Jung nelle risposte fornite da questi modelli, spesso cariche di bias umani se non pretrattati, avrebbe riconosciuto i prodromi dell’«inconscio collettivo».
 
«Bisognerebbe dire che ChatGPT non è una vera IA, in quanto l’IA propriamente detta, al di là di essere il nome assegnato ad una disciplina, è essenzialmente un punto di arrivo posto all’infinito. Intendo che i sistemi artificiali oggi a disposizione tendono a mimare comportamenti ritenuti intuitivamente sempre più intelligenti ma realmente non sappiamo qual è il loro limite e dove esso è collocato.
«Possiamo dire che ad oggi tali sistemi emulano, di buon grado, il codice di tutti i codici: il linguaggio, e come tali aprono la strada a campi inesplorati nella sfera della conoscenza umana, anche nel contesto della scoperta scientifica (come mostrano alcuni eminenti studi pubblicati anche sula rivista Nature).
«È necessario porre attenzione a considerare gli attuali limiti come ineluttabili, in quanto la storia della tecnologia dimostra da sempre come tali verità si siano rivelate parziali o addirittura non verità. Altrimenti si rischia di ripetere l’errore di Charles H. Duell, che sarebbe stato il Commissario dell'Ufficio Brevetti degli Stati Uniti e che avrebbe detto alla fine del XIX secolo: Tutto ciò che poteva essere inventato è stato già inventato
 
Quali sono gli approcci principali che l'IA utilizza per incorporare la teoria della conoscenza nei suoi processi?
«Nell'Intelligenza Artificiale (IA), l'incorporazione della teoria della conoscenza nei suoi processi si manifesta attraverso diversi approcci, che riflettono concezioni distinte inerenti a come le macchine possano sapere, apprendere e ragionare.
«Questi approcci sono cruciali per lo sviluppo di sistemi IA capaci di eseguire compiti specifici e di comprendere e interagire con il mondo in modi significativi e contestualmente appropriati.»
 
«L'approccio simbolico, radicato nei lavori di pionieri come Alan Turing e John McCarthy, propone che la conoscenza possa essere rappresentata tramite simboli manipolati attraverso regole formali di tipo logico per derivare nuove informazioni o prendere decisioni.
«Possiamo definire tale approccio classico. Questa visione ha guidato lo sviluppo dei primi sistemi esperti, enfatizzando la logica formale nell'IA.
«Tuttavia, la critica di Hubert Dreyfus, che sostiene una comprensione troppo razionalistica e decontestualizzata dell'intelligenza umana, ha stimolato una ricerca verso modelli che offrano una comprensione più ricca e contestualizzata.»
 
«È interessante notare come nel tempo si siano sviluppati differenti approcci nel campo dell’IA ed oggi, con i modelli di linguaggio di grandi dimensioni come ChatGPT di OpenAI o Gemini di Google (assieme a molti altri rilasciati in modalità open source), si stia convergendo verso quella che qualche anno fa sembrava una chimera: l’Intelligenza Artificiale Generale.»
 
«L'approccio connessionista, che oggi domina la scena, si ispira alla struttura cerebrale umana, utilizzando modelli di reti neurali per elaborare informazioni attraverso interconnessioni tra (miliardi di) unità semplici.
«Figure accademiche prestate all’industria come Geoffrey Hinton, Yoshua Bengio e Yann LeCun hanno contribuito agli avanzamenti del cosiddetto deep learning (apprendimento profondo), migliorando la capacità delle macchine di apprendere da grandi volumi di dati per il riconoscimento di immagini e l’elaborazione del linguaggio naturale.
«Questo approccio vede l'intelligenza come emergente da processi distribuiti e non lineari che mimano nella struttura il cervello con le sue reti neurali.
«Da tale prospettiva l’intelligenza può essere indagata scientificamente attraverso la lente della teoria della complessità, una tematica alla base delle mie ricerche accademiche.»
 
«L'apprendimento Bayesiano, che si basa sulla teoria delle probabilità, permette ai sistemi IA di modellare l'incertezza e aggiornare le proprie conoscenze attraverso l'apprendimento.
«Le ricerche di Judea Pearl sull'inferenza causale forniscono strumenti per comprendere le relazioni causali, abilitando le macchine a fare previsioni e prendere decisioni sotto incertezza, enfatizzando l'importanza di un approccio probabilistico alla conoscenza. Approccio che, in linea di principio, è alla base degli attuali modelli di linguaggio come ChatGPT.
«La computazione affettiva e cognitiva, campo di ricerche guidato dai lavori di Rosalind Picard, mira a dotare l'IA della capacità di riconoscere, interpretare ed esprimere emozioni. Ciò è fondamentale per sistemi che interagiscono in modo naturale ed empatico con gli umani, migliorando la comprensione dei contesti sociali e culturali.»
 
«Infine, i sistemi ibridi combinano vari approcci per sfruttare i loro punti di forza complementari, offrendo una flessibilità e una capacità di elaborazione della conoscenza notevolmente superiori.
«Questi sistemi possono, ad esempio, unire il ragionamento simbolico per l'applicazione di regole logiche (eseguire calcoli complessi in maniera corretta) con le reti neurali per il riconoscimento di pattern e l'apprendimento da dati non strutturati, come materiale testuale, immagini o video oppure strutture più complesse con cui, ad esempio, si possono rappresentare le proteine o molecole alla base di farmaci.
«I nuovi modelli di linguaggio a partire da GPT-4 e Gemini sfrutteranno sempre di più metodologie ibride, approssimandosi sempre di più a sistemi di IA generale.»
 
«In altri termini, l'IA adotta una pluralità di approcci per integrare la teoria della conoscenza, ciascuno con la propria prospettiva sull'acquisizione e l'uso della conoscenza, guidando verso lo sviluppo di sistemi intelligenti che non solo eseguono compiti, ma che comprendono e interagiscono con il mondo in maniere complesse, significative ed ergonomiche dal punto di vista cognitivo.»
 
Come la comprensione della teoria della conoscenza può influenzare lo sviluppo futuro dell'IA?
«La comprensione della teoria della conoscenza gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo futuro dell'Intelligenza Artificiale (IA), influenzando profondamente come gli algoritmi vengono progettati, come le macchine apprendono e interagiscono con il mondo, e come queste tecnologie vengono integrate nella società.
«La riflessione su come la conoscenza è acquisita, rappresentata e utilizzata può portare a innovazioni significative nell'IA, promuovendo sistemi più avanzati, etici e in sintonia con i bisogni umani.»
 
«Filosofi come Ludwig Wittgenstein, con le sue eminenti riflessioni sul linguaggio e sul significato, hanno sottolineato l'importanza del contesto e dell'uso nella comprensione del linguaggio e, per estensione, della conoscenza.
Questi concetti sono vitali per lo sviluppo di sistemi di IA che trattano il linguaggio non solo come un insieme di regole sintattiche, ma come uno strumento intrinsecamente legato al contesto sociale e culturale. Questo è un punto essenziale poiché i moderni modelli di linguaggio come ChatGPT sono definiti anche modelli contestuali, ovvero basati sulla conoscenza insita nel contesto.»
 
«La domanda che si pone a ChatGPT, definita in gergo «prompt», è essa stessa parte del contesto che serve alla macchina per poter improntare una risposta.
«Inoltre, è noto che per ricevere risposte pertinenti e ricche dal punto di vista semantico è necessario saper fornire il giusto contesto prima di porre la domanda (in questo la macchina non è così differente dagli umani).
«È nata una branca di ricerca su questo tema, la prompt engineering, che ad oggi è anche una nuova professione sempre più ricercata nel mercato del lavoro. I modelli generativi si configurano come uno spartiacque tra due approcci complementari prima nello studio del linguaggio e poi dei moderni modelli generativi alla base di sistemi come ChatGPT.»
 
«Tale suddivisione si può cogliere leggendo l’intervista proposta recentemente (2023) sul New York Times al grande linguista Noam Chomsky che si è mostrato molto critico con gli attuali sviluppi sotto tutti i punti di vista, anche sul versante teorico.
«Questo perché, almeno nella progettazione di macchine capaci di dialogo avanzato come ChatGPT, i metodi formalisti classici (basati su logica simbolica), cui anche Chomsky contribuì allo sviluppo metodologico, si sono rivelati poco efficaci rispetto ad approcci all’analisi del linguaggio che pongono l’enfasi sul contesto (distribuzionalisti o contestualisti), mostratisi utili a costruire i sistemi moderni di traduzione, comprensione e generazione del linguaggio.»
 
«L’ironia della sorte vuole che, oltre a Wittgenstein, da una prospettiva squisitamente linguistica l’approccio basato sul contesto fu fortemente portato avanti dal linguista amaricano Zelig Harris, che era il mentore proprio di Noam Chomsky.
«È chiaro che la ricerca in questo ambito può migliorare significativamente le capacità di comprensione del linguaggio naturale delle macchine, rendendole più capaci di interpretare le sfumature e i sottintesi del linguaggio umano.»

«La teoria dell'embodied cognition, promossa da cognitivisti come George Lakoff e Mark Johnson, suggerisce che la conoscenza emerga dall'interazione del nostro corpo con l'ambiente. Questa prospettiva può influenzare lo sviluppo di IA incarnate, come i robot, che apprendono e agiscono nel mondo fisico.
«Comprendendo meglio come l'intelligenza sia radicata nell'esperienza corporea, gli sviluppatori possono creare sistemi di IA che interagiscono con l'ambiente in modi più naturali e intuitivi, ampliando le applicazioni dell'IA nel mondo reale.»
 
«Inoltre, il lavoro di Daniel Kahneman sulla distinzione tra pensiero rapido e pensiero lento offre preziose intuizioni su come gli esseri umani processano le informazioni e prendono decisioni.
«Ingegnerizzando e applicando questi principi all'IA, è possibile sviluppare sistemi che simulano sia l'elaborazione intuitiva e veloce sia il ragionamento logico e ponderato, migliorando la capacità delle macchine di adattarsi a diverse situazioni e compiti.»
 
«La riflessione etica, ispirata da pensatori come Nick Bostrom e Eliezer Yudkowsky, che esplorano i rischi e le potenzialità dell'IA avanzata, enfatizza l'importanza di incorporare considerazioni etiche nello sviluppo dell'IA.
«Comprendendo profondamente la teoria della conoscenza, possiamo guidare lo sviluppo di IA in modi che rispettino la dignità umana, la privacy e la libertà, prevenendo al contempo i rischi di abusi e conseguenze involontarie.
«Ormai si è attuato il capovolgimento da quella che era l’etica della tecnologia all’attuale ingegnerizzazione dell’etica. Si pensi alle auto a guida autonoma in relazione a decisioni critiche da prendere in maniera automatica in situazioni di pericolo per la vita altrui.»
 
«La teoria della conoscenza, con il suo focus sulla natura e sui limiti della conoscenza, può stimolare, quindi, lo sviluppo di sistemi di IA che sono «consapevoli» delle loro limitazioni e capaci di apprendere in modo autonomo. Questo approccio può portare alla creazione di IA più resilienti, adattabili e capaci di affrontare compiti complessi in ambienti dinamici.
«Inoltre, la teoria della conoscenza offre una base fondamentale per riflettere sulle direzioni future dello sviluppo dell'IA.
«Non amo fare pronostici sul futuro, soprattutto in questo campo in continua evoluzione dove ciò di cui si è certi oggi, domani potrebbe essere facilmente oltrepassato.»
 
«Possiamo, brevemente, però gettare uno sguardo analizzando cosa si sta proponendo in questo momento in letteratura scientifica e cosa bolle in pentola presso le Big Tech. Innanzitutto, sono stati sviluppati modelli multimodali avanzati in grado di ingurgitare prompt giganteschi (dell’ordine di decine di milioni di parole equivalenti).
«Un esempio è l’ultima versione sperimentale di Gemini, presentata a febbraio del 2024 e si è in attesa di una possibile quinta iterazione di GPT a cui OpenAI ha dichiarato di essere a lavoro.
«La multimodalità e la prossima frontiera imminente in quanto attraverso l’elaborazione intelligente di immagini, fonti video e corpus testuali enormi, le macchine saranno in grado di maneggiare una rappresentazione del mondo multisensoriale, interpretando (e generando) filmati video coerenti e semanticamente pregnanti.»
 
«Ciò non porta solo all’estremo le già sorprendenti capacità dei modelli linguistici che stiamo imparando a conoscere ma apre la strada verso robot con capacità cognitive senza precedenti.
«Inoltre, modelli di memoria complessi (memoria biografica, episodica, a breve termine, etc.) promettono di superare gli attuali limiti di comprensione e ragionamento, anche di senso comune. Immaginate un algoritmo complesso capace di estrarre conoscenza da (quasi) tutte le fonti video disponibili, come film e documentari, e fate il paragone con gli attuali algoritmi addestrati sul testo e le loro ottime prestazioni (al netto delle allucinazioni).»
 
«In altre parole, ciò a cui si sta assistendo è una nuova forma di convergenza tecnologica che possiede tutti i caratteri distintivi di un cambiamento di paradigma (e pone anche questioni di tipo ecologico, come del resto lo stesso funzionamento della rete Internet che usa ingenti quantità di energia, superiori attualmente a quelle necessarie all’addestramento dei modelli di IA).
«In sintesi, le macchine non solo domineranno il linguaggio, ma disporranno di rappresentazioni del mondo sempre più raffinate, i cui esiti non sono davvero predicibili.»
 
Quali saranno gli effetti sulla nostra percezione del lavoro, della creatività e della connessione umana?
«L'avanzamento dell'Intelligenza Artificiale (IA) sta trasformando radicalmente la nostra percezione del lavoro, della creatività e della connessione umana, portando con sé una serie di cambiamenti sia positivi che sfidanti.
«La comprensione e l'interpretazione di questi cambiamenti richiedono un approccio multidisciplinare che attinga alle riflessioni di filosofi, cognitivisti e altri esperti provenienti soprattutto dal mondo delle humanities.
«Tutti siamo chiamati a comprendere il fenomeno se vogliamo almeno provare a governarlo; ciò è ancora più necessario se accettiamo il monito di Martin Heidegger, il quale nella conferenza «La questione della tecnica» (1953) asserì che «l’essenza della tecnica non è tecnica.»
 
«Per quanto riguarda il lavoro, l'IA sta ridefinendo il concetto di produttività e competenza professionale. Economisti come Daniel Susskind esplorano queste trasformazioni nel loro lavoro, suggerendo che l'IA porterà a una riconfigurazione dei ruoli lavorativi, con macchine che assumono compiti precedentemente riservati agli esseri umani.
«Questo sposta l'accento sulle competenze umane distintive, come la creatività, l'intelligenza emotiva e la capacità di problem-solving e continuous learning in contesti nuovi e non strutturati. La sfida principale sarà quella di riconfigurare i sistemi educativi e formativi per preparare le persone a coesistere con le macchine, enfatizzando l'importanza di competenze trasversali e di adattabilità.
«In tale contesto si sta muovendo anche la neonata startup da me co-fondata, poiché crediamo che l’attuale rivoluzione in corso è un fattore positivo e migliorativo solo se la società è consapevole e pronta a coglierne i frutti.»
 
«In ambito economico e nel contesto del mondo del lavoro si è unanimemente d’accordo che l’IA aumenterà sempre di più la produttività in numerosi contesti. Ciò significa che adottare l’IA nel comparto lavorativo equivale ad utilizzare un combustibile ad alto potenziale in un propulsore e mandarlo al massimo dei giri.
«Spetta ai decisori politici e a tutti coloro che hanno l’onere di gestire il capitale umano, nelle imprese come nella società civile, di comprendere a fondo il cambiamento in atto e capire che si è di fronte ad un bivio, come già successo nelle precedenti rivoluzioni industriali. Intendo che siamo al cospetto di una duplice prospettiva.
«Da una parte, l’iniezione dell’IA nel comparto produttivo può generare un’impennata della produttività portando il sistema ai massimi livelli ma lasciando le condizioni dei lavoratori inalterate.
«Dall’altra tale rivoluzione può essere l’occasione per ridefinire il tempo a nostra disposizione da dedicare allo sviluppo delle potenzialità umane e di tutte quelle caratteristiche annesse che ci rendono esseri fruitori di cultura, arte e attività praticate nel tempo libero.
«Se si intende perseguire tale strada, come è mio auspicio, è necessario un parallelo sviluppo culturale poiché l’essere umano non è sempre pronto a godere in maniera safe della propria libertà. Una tale affermazione meriterebbe maggiore spazio per essere sviluppata.»
 
«La creatività, tradizionalmente vista come un dominio esclusivamente umano, è anch'essa influenzata dall'IA. Studiosi come Margaret Boden hanno esplorato come l'IA possa essere utilizzata per generare nuove idee e opere d'arte, espandendo i confini della creatività umana piuttosto che sostituirla.
«L'IA può servire come strumento che amplifica la creatività umana, fornendo nuove modalità di espressione e scoperta.
Tuttavia, ciò solleva questioni importanti sull'autorialità e sulla natura dell'ispirazione creativa, richiedendo una riflessione su cosa significhi essere creativi in un'era tecnologicamente avanzata. Sarà necessario riproporre la riflessione che Walter Benjamin fece in «L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica» (1936) contestualizzata ai nuovi scenari che si stanno aprendo.»
 
«Infatti, basta utilizzare una qualunque app o servizio web per generare immagini per rendersi conto del livello di dettaglio a cui siamo arrivati nel creare vere e proprie opere visive che hanno un indubbio gusto estetico.
«Inoltre, lo stesso problema delle cosiddette allucinazioni, ovvero le cantonate che gli attuali sistemi generativi, siano essi di linguaggio o iconici, possono prendere, può rientrare nella ridefinizione stessa di creatività e stile.
«Questo perché il prodotto della macchina è tendenzialmente considerato inesatto o errato solo se la risposta attesa possiede una natura fattuale e un valore di verità verificabile esternamente, altrimenti tale risposta acquisisce una componente creativa, caricando il termine errare del senso originario che ha a che fare con il vagare o l’esplorare spazi non noti.»
 
«La connessione umana, infine, è forse l'aspetto più profondamente influenzato dall'IA. Filosofi come Sherry Turkle hanno esaminato come la tecnologia modella le relazioni interpersonali, mettendo in luce sia le potenzialità di connessione che i rischi di alienazione.
«Mentre l'IA può facilitare nuove forme di interazione e comprensione reciproca, esiste il pericolo che la mediazione tecnologica possa erodere l'autenticità e la profondità delle relazioni umane. La sfida sarà quella di utilizzare l'IA in modo che supporti e arricchisca le relazioni umane, piuttosto che sostituirle o superficializzarle.
«Non bisogna, inoltre, mai dimenticare le parole del più grande psicopatologo del Novecento, Karl Jaspers, che in «Origine e senso della storia» (1949) asseriva: “Dopo l’azione esercitata con la tecnica sulla natura, l’uomo si trova a dover subire la reazione del procedimento tecnico sulla propria essenza, che viene inevitabilmente modificata”».
 
«Pertanto, gli effetti dell'IA sulla nostra percezione del lavoro, della creatività e della connessione umana sono complessi e multisfaccettati. Richiederanno un attento approccio critico, equilibrando le opportunità offerte dalla tecnologia con la salvaguardia di valori umani fondamentali.
«La chiave sarà sviluppare un'IA che agisca come complemento alle capacità umane, promuovendo un futuro in cui tecnologia e umanità si potenziano reciprocamente per creare una società più giusta, creativa e connessa.»


Titolo: Umanità, complessità e intelligenza
           artificiale. Un connubio perfetto


Autore: Enrico De Santis (Autore)


Editore: Aracne (Genzano di Roma), 2021


Pagine: 744, Brossura


Prezzo di copertina: € 42

Nel suo saggio «Umanità complessità e intelligenza artificiale. Un connubio perfetto» declina l’uomo al centro dell’IA, perché?
«Nel mio saggio «Umanità complessità e intelligenza artificiale. Un connubio perfetto», ho tentato di porre l'accento sull'importanza dell'uomo nell'evoluzione dell'Intelligenza Artificiale (IA), un campo di studi che, sebbene abbia ricevuto tale nome durante il celebre convegno del 1956 a Dartmouth, ha radici molto più profonde, che affondano nella filosofia greca antica.
«Specificatamente, intendo da quando per la prima volta l’uomo ha superato il mito come spiegazione della sua condizione essenziale e allo stesso tempo ha oltrepassato il pensiero simbolico dominante l’alba dell’umanità e dove una qualunque cosa, come ci ricorda Umberto Galimberti, poteva essere questo ma anche quello – cioè, un’ambivalenza simbolica di significato – abbracciando una visione necessitante di un fondamento univoco (archè).»
 
«Già in Platone troviamo concetti fondamentali come techne, poiesis e praxis, che delineano il rapporto tra l'arte, la creazione e l'azione dell’uomo. L'IA, nella sua essenza, rappresenta la massima espressione della tecnica umana nata all’alba dei tempi quando il proto-uomo ha iniziato relazionarsi con il mondo.
«Lo studio e l’approfondimento dell’IA costituiscono il continuo della riflessione filosofica tradizionale sull'uso degli strumenti e sulla capacità di estendere le potenzialità umane attraverso la tecnologia.
«Questo filone di pensiero, che considera la tecnologia come un'estensione dell'essere umano e delle sue capacità, trova una profonda risonanza nelle riflessioni teoretiche del maestro Emanuele Severino.
«Severino vede nella tecnica la manifestazione di un'intera epoca – dominata dal pensiero Occidentale – le cui radici affondano in un sottosuolo nichilistico, sottolineando come figure quali Gentile, Nietzsche e Leopardi (ancora troppo poco conosciuto come eminente filosofo) anticipino l'età della tecnica quale espressione suprema della potenza umana, liberata dalle catene della tradizione basata sul sapere certo (episteme).
 
«Per Severino, la civiltà della tecnica segna la culminazione della follia umana, essendo l'espressione più radicale del nichilismo, ovvero della persuasione che le cose del mondo, e in ultima analisi l'esistenza stessa, originino dall’oscillazione tra l’essere e il nulla. Una concezione che si innesta già con il pensiero di Platone.
«Nell'IA, questa visione trova un campo di applicazione senza precedenti, offrendo allo stesso tempo una sfida e un'opportunità per superare il nichilismo (abbracciando una forma di nichilismo attivo) attraverso un impegno consapevole verso la creazione di un mondo in cui la tecnologia serve a riaffermare il significato e il valore nell'esistenza umana. Qui la consapevolezza, quindi la formazione, giocano un ruolo fondamentale.»
 
«Umanità complessità e intelligenza artificiale. Un connubio perfetto» è il frutto di un percorso dove si intrecciano più tematiche, le cui tappe derivano da più di quindici anni di studio; quindi, prima che le luci e le ombre dell’IA occupassero il dibattito pubblico, un tempo foraggiato dall’industria Hollywoodiana.
«Il saggio non lo considero comunque un punto di arrivo bensì un punto di partenza per una nuova tappa nell’ambito della conoscenza dell’uomo attraverso segni, simboli e strumenti di cui ama circondarsi.
«La scelta di porre l'uomo al centro dell'IA si radica in considerazioni, filosofiche e pratiche, influenzate dal pensiero di filosofi come Martin Heidegger e tecnologi visionari come Jaron Lanier, che vedono la tecnologia come un'estensione delle capacità umane, piuttosto che un fine a sé stante. O tornando allo stesso Severino, la cui teoresi procede dritta all’essenza delle cose e a sciogliere la superficiale differenza tra essere umano e IA.»
 
«Questo approccio enfatizza l'importanza di una profonda riflessione su come l'IA possa servire al meglio l'umanità (la pax technica), nel rispetto della dignità e dell'autonomia individuale, pur tenendo presente i rischi annessi.
«Dal punto di vista della complessità, il mio pensiero trae ispirazione dalla teoria dei sistemi complessi e riflette l'importanza di adottare approcci olistici e interdisciplinari nella soluzione di problemi complessi. L’essenza del mio programma di ricerca è costituita dallo studio dei sistemi di IA attraverso la lente della teoria della complessità e allo stesso modo indagare la moderna IA inquadrandola nell’ambito dei sistemi complessi.
«Autori come Edgar Morin da tempo hanno sottolineato come i sistemi intelligenti possano contribuire a questo processo, integrando diverse fonti di conoscenza e modelli di pensiero.»
 
«La creazione di sistemi di IA eticamente consapevoli, che tengano conto delle implicazioni sociali delle loro azioni, riflette l'importanza di sviluppare IA allineate ai principi etici fondamentali, come la giustizia, l'equità e il rispetto per l'autonomia umana, riflettendo sulle idee di pensatori come Nick Bostrom e sull'etica della responsabilità di Hans Jonas.
«Tenendo presente però che l’etica stessa, come «alleanza con la potenza suprema» (cit. Emanuele Severino), non appartiene ad una dimensione statica, ma dinamica e mutevole.
«In effetti l’essere umano da quando è comparso sulla scena del mondo ha disseminato l’ambiente e se stesso (e.g., il suo corpo ma anche la sua mente) di segni e simboli la cui funzione è la restituzione di significati.»
 
«Tale attività semiotizzante culmina e si sviluppa oggi con la tecnologia e con l’IA, e il gioco simbolico di rimandi con cui si strutturano i significati intersoggettivi non fa altro che porre l’uomo davanti ad uno specchio deformante ma sempre più raffinato.
«Per questo la relazione tra essere umano e IA si risolve in identificazione. Ponendo l'uomo al centro, il mio saggio aspira anche a esplorare come l'IA possa contribuire a una comprensione più profonda della condizione umana e del suo rapporto con il mondo. Ispirandosi a cognitivisti come Douglas Hofstadter e filosofi come Daniel Dennett, che offrono intuizioni su mente e coscienza o anche fisici come Carlo Rovelli dove prevale una dimensione relazionale e olistica nella spiegazione dei fenomeni fondamentali dell’universo fisico, Umanità complessità e intelligenza artificiale. Un connubio perfetto tenta di riproporre le questioni principali e le grandi domande alla luce dei nuovi sviluppi dell’IA che si configurano, come sappiamo, come una vera e propria rivoluzione cognitiva che intacca l’intera sfera della conoscenza – come fu per l’invenzione della scrittura che sotto certi aspetti è una forma di tecnologia.»
 
«In conclusione, il connubio tra umanità, complessità e IA proposto nel mio saggio è una posizione prospettica di tipo sistemico che vede nell'IA non un fine ma un mezzo per arricchire l'esperienza umana, affrontare sfide globali e promuovere una società consapevole pronta al cambiamento di paradigma.
«Attraverso questo approccio, siamo portati a riconoscere nell'IA un'espressione del nostro essere diradando le nebbie della paura e dell’angoscia, le quali tendono a scaturire più dall’ignorare l’essenza ultima dell’uomo che dalle conseguenze della mera tecnologia.»
 
Nadia Clementi – n.clementi@ladigetto.it
Prof. Enrico De Santis
 
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Prof. Enrico De Santis
Sapienza University of Rome
Dept. of Information Engineering,
Electronics and Telecommunications
 
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