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Dieta: troppi dubbi, troppe credenze – Di Nadia Clementi

Ne parliamo col prof. Lucio Lucchin, primario dell’unità complessa di Dietetica e Nutrizione Clinica del Comprensorio Sanitario di Bolzano

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Su alimentazione e diete se ne sente parlare ogni giorno: dai regimi alimentari che prevedono di bandire totalmente alcuni alimenti (come quelli vegetariani o vegani), alle diete liquide o detox, passando per la dieta mediterranea (quella più sana a quanto pare) e per tutta la galassia di diete dimagranti che promettono risultati immediati e senza sforzo.
 
Ovviamente il cibo non è solo nutrimento, e noi italiani lo sappiamo bene. Ci sono fortissime componenti sociali, psicologiche e culturali intorno ai prodotti che consumiamo, e ultimamente vi si è aggiunta la moda del gourmet, degli chef stellati e della cucina di alta qualità alla portata di tutti.
Tutte queste caratteristiche messe insieme possono portare una grande confusione e con essa il pericolo di cadere in trappole tessute ad arte da aziende che vogliono speculare sulla nostra ignoranza e sulla paura di ingrassare.
In realtà, come vedremo, quando mangiamo un pasto dobbiamo preoccuparci della «pancetta» (il sovrappeso e l’obesità sono ovviamente un problema serio da prevenire) e delle proprietà nutrizionali di ciò che assumiamo, nonché dell’importante verità scientifica che dimostra come la maggior parte delle malattie cardiovascolari e dei tumori potrebbero essere evitati semplicemente mangiando meglio.
 
Alle mode, alle diete dell’ultimo minuto e alla moda del cibo biologico, si è aggiunta di recente una novità che viene direttamente dagli Stati Uniti, ma con un cuore tutto italiano: la «dieta mima-digiuno».
Questo tipo di dieta è salita agli onori delle cronache qualche mese fa quando se ne occuparono programmi televisivi e giornali. Ad inventarlo è stato il professor Valter Longo, italiano trapiantato in California dove lavora nel dipartimento di gerontologia presso l'università del Sud della California (USC- University of Southern California).
 
Il prof. Longo è un nutrizionista e con tale dizione non ci si riferisce ad un titolo accademico riconosciuto, ma a chiunque abbia interesse per la nutrizione. La dieta da lui ideata servirebbe soprattutto ad allungarci la vita, a ridurre gli effetti dell’ormone della crescita sul nostro corpo e, perché no, a farci perdere il grasso in eccesso.
Troppo bello per essere vero? In effetti la validità scientifica di questo regime alimentare ha destato non pochi dubbi anche tra gli esperti, sebbene il prof. Longo abbia compiuto test ed esperimenti in laboratorio per diversi anni prima di mettere appunto la dieta, senza menzionare il fatto che il medico italiano ha pensato bene di commercializzare dei kit per seguire la dieta da lui stesso inventata, generando un non trascurabile conflitto d’interessi.
 
Ma in cosa consiste la dieta mima-digiuno? Sostanzialmente si tratta di seguire, circa una volta al mese per 5 giorni, un regime alimentare con un apporto calorico molto ridotto fino a scendere introno alle 750 calorie giornaliere. Questa restrizione alimentare porterebbe appunto non pochi benefici, tra i quali la promessa di lunga vita, confermata da coloro che da anni affermano di seguire diete povere e semplici.
Per fare chiarezza sul ruolo che gioca il digiuno e la ristrettezza calorica nel nostro organismo, abbiamo intervistato il prof. Lucio Lucchin, primario dell’unità complessa di Dietetica e Nutrizione Clinica del Comprensorio Sanitario di Bolzano.

 Chi è il prof. Lucio Lucchin 
Prof. Lucio Lucchin, dal 2000 Direttore dell’ Unità Operativa Complessa di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Azienda Sanitaria dell'Alto Adige Comprensorio di Bolzano.
Classe 1954, si laurea in medicina e chirurgia presso l’Università di Padova nel luglio 1979 e si specializza in Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva presso l’ UN di Verona nel 1983 e in Scienza dell’Alimentazione presso l’ UN Padova nel 1990.
Dal 1997 a tutt’oggi professore a contratto c/o l’ UN di Padova, e dal 2009 al 2012 anche c/o l’UN di Pavia. Dal 1987 al 1995 Direttore del corso parauniversitario in dietistica, dal ’95 al 2011 responsabile scientifico corso di laurea breve in dietistica a BZ.
Dal 1986 al 2000 rappresentante ufficiale della Prov. Aut. Di BZ nella Comunità Alpe Adria, nel 1988 membro della Task Force Obesità Italia. Dal 2001 al 2006 Segretario della Federazione delle Società Italiane di Nutrizione, dal 2005 al 2009 Presidente del Consiglio Provinciale di Sanità di BZ e poi fino al 2013 Vice-Presidente; da novembre 2010 a novembre 2014 Presidente dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (ADI). Nel 2015 Promotore e Coordinatore del Manifesto delle Criticità in Nutrizione Clinica e Preventiva per EXPO 2015. Nel 2016 vincitore Premio Nazionale Federanziani in ambito sanitario. Componente di numerosi tavoli tecnici del Ministero della Salute (anche attualmente) collabora con le maggiori testate giornalistiche della carta stampata e televisive nazionali. Attualmente ricopre anche l’incarico di presidente della Federazione Università Popolare delle Alpi Dolomitiche , la principale agenzia culturale in lingua italiana della provincia autonoma di Bolzano con oltre 12.000 iscritti, 6 società e 23 sedi territoriali.
Ha organizzato 5 congressi nazionali e internazionali, ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici e partecipato come relatore a più di 240 eventi nazionali e internazionali. A scopo divulgativo ha effettuato oltre 400 conferenze alla popolazione.
Coniugato con la dott.ssa Serena Pompili vice-prefetto e dirigente area 1 presso il Commissariato del Governo di Trento, ha 2 figli e vive a Bolzano.

Prof. Lucchin lei ha sentito parlare della dieta «mima-digiuno»? Cosa ne pensa?
«La dieta mima digiuno è una tipologia di digiuno parziale (semi-digiuno). Viene proposta a scopo salutistico (longevità e prevenzione dalle malattie) o terapeutico (dimagrimento, controllo parametri metabolici e infiammatori). Comporterebbe gli stessi vantaggi del digiuno, con meno fatica.
«Il digiuno è una pratica costante nei 200.000 anni di evoluzione della nostra specie sia in senso temporale che geografico (comunità che ignorano la reciproca esistenza), che filosofico-spirituale. Se questa pratica non avesse apportato un qualche vantaggio, sarebbe stata comunque così diffusa e duratura?
«Non è difficile immaginare come il reperimento del cibo abbia sempre costituito un'attività non sempre coronata da immediato successo, come invece avviene da un secolo a questa parte nella maggior parte dei paesi del mondo. E l’organismo si è evoluto tenendone conto, probabilmente acuendo le nostre capacità cognitive, per migliorare la probabilità di trovare di che sfamarsi. Basta astenersi dal cibo per 24 ore per formare nuovi neuroni in risposta allo stress metabolico causato.
«In caso di grave carenza di cibo si assiste a uno shift energetico da riproduzione e crescita, a difesa e riparazione tessutale, con riduzione della sintesi del DNA e aumento dell’effetto antiproliferativo.
«Gettando uno sguardo a ciò che avviene nelle altre specie animali, si vede che il digiuno è comune in caso di malattia e fa parte del ciclo biologico di molti selvatici. Se i periodi di carestia non sono troppo lunghi, l’efficienza muscolare non sembra risentirne, anzi pare aumentare.
«Anche la maggior parte dei vegetali perdono le foglie quando in inverno la linfa smette di circolare e il metabolismo rallenta significativamente fino al risveglio primaverile.
«Entro certi limiti il digiuno appare quindi fisiologico. Le varie tipologie di semi-digiuno allo studio hanno trovato conferma della loro efficacia in numerosi modelli animali ed attualmente si stanno scientificamente testando anche sull’uomo. Uno studio in tal senso è in fase di partenza anche nella nostra regione, coinvolgendo la struttura che dirigo, quella analoga di Trento, la Fondazione Mach, l’Università di Trento ed altre istituzioni scientifiche.»
 

 
Mangiare poco e bene è sicuramente un consiglio di buon senso, ma si può davvero sospendere (o quasi) l’alimentazione per qualche giorno al mese?
«Come precedentemente affermato, la storia evolutiva della nostra specie è caratterizzata da un'assunzione alimentare irregolare e con periodi più o meno brevi di digiuno. Se si gode di buona salute e si effettua un movimento regolare, la rigida osservanza dei 3-5 pasti non è obbligatoria, purché compatibile con i ritmi lavorativi.
«Altro discorso per chi è a rischio o soffre di qualche patologia, specie dismetabolica (es. diabete) nel cui caso l’eventuale salto di qualche pasto deve essere pianificato e strettamente monitorato con il medico.
«Un’assunzione di un 20-30% in meno delle calorie rispetto a quanto quotidianamente assunto, è molto probabilmente un toccasana; i gruppi di ultracentenari sparsi per il mondo, e la dieta mediterranea degli anni ’50, ne sono la prova.
«Tutti gli studi effettuati su varie specie animali sembrano concordare. Come comprensibilmente intuibile, studi sull’uomo sono difficili perché per averne la conferma bisognerebbe attendere parecchi anni.»
 
Quali potrebbero essere le conseguenze sul lungo e breve periodo?
«Deve essere premesso che gli effetti collaterali variano per intensità e tipologia a seconda che la restrizione calorica sia un atto fortemente voluto o meno. Nel primo caso si percepisce che la forza muscolare, per lo meno nelle prime settimane, risulta mantenuta se non aumentata.
«Inoltre, nella maggior parte dei casi aumenta l’acuità sensoriale e la capacità mentale (affinamento di sensibilità, emotività, ideazione, concentrazione, capacità logiche e mnemoniche), quale verosimile strategia adattativa per elevare le probabilità di trovare cibo.
«Se il semi-digiuno viene effettuato con la supervisione di medici esperti, gli effetti collaterali risultano controllabili e, se necessario, rapidamente corretti. Quelli che appaiono con maggiore frequenza sono senso di tensione e nervosismo, che possono giungere a cambiamenti significativi dell’umore, senso fastidioso di fame, stanchezza, disturbi del sonno, ridotta tolleranza al freddo, rallentamento digestivo.
«Nel lungo termine, specie nei giovani, possono insorgere disturbi del comportamento alimentare.»

Il fatto che il medico che l’ha inventata non solo non è un nutrizionista ma ci sta anche guadagnando non dovrebbe generare dei sospetti?
«Deve essere ribadito che nutrizionista non è un titolo, ma un attributo che denota a una persona un interesse per una materia. Quindi, tutti possono essere nutrizionisti. Invece i titoli riconosciuti legalmente sono quello di dietologo, cioè un medico specializzato in scienza dell’alimentazione, il dietista, laureato triennale in dietistica e il biologo nutrizionista laureato in biologia con la specializzazione.
«Valter Longo è un biochimico che ha pubblicato su prestigiose riviste internazionali. Non voglio conformarmi alla moda di questi tempi: populismo e ipocrisia a tutti i costi e, pertanto, non sono particolarmente preoccupato se - e questo è il nocciolo della questione - ricerche serie e ben condotte, possano comportare del business. Il problema sta nella trasparenza, serietà e correttezza dell’informazione fornita.
«Guardando la realtà non c’è da stare tranquilli constatando che la maggior parte di coloro che perseguono utili economici ricorrono a scorciatoie, ma se ci lasciamo un minimo di speranza al marciume imperante, non dovremo a priori infastidirci o diventare sospettosi, ma analizzare con pignoleria i dati disponibili.
«Ad esempio il popolo degli Hunza, alias Burusci, comunità agro-pastorale di circa 10.000 individui che vive sull’altopiano himalaiano digiuna (anche 2 mesi all’anno) fino alla maturazione del raccolto. Sarebbero ultracentenari (ma manca un'anagrafe per la conferma), godono comunque di ottima salute e molti alpinisti li ritengono superiori agli Sherpa come portatori in alta quota. Ecco perché sono giustificati gli studi sul digiuno e la longevità.»

Il campo della nutrizione e della dieta è spesso confuso e nebuloso, molti sono i miti e le credenze. Qual è la più pericolosa o infondata?  
«Attualmente in commercio sono disponibili non meno di 30.000 manuali con annessa vendita di prodotti. La stragrande maggioranza di questi autori non è un medico e questo la dice lunga sui potenziali rischi che corrono i cittadini.
«Districarsi nel variegato mondo delle diete è impresa ardua senza l’aiuto di una guida esperta. Nel breve termine sembrano funzionare tutte, ma nel medio termine (3-5 anni) risultano fallimentari in termini di calo di peso e capacità di rispettarne i dettami.
«Le diete più infondate e frequenti nella nostra regione sono la dieta paleolitica, quella vegana mal fatta, la dieta che accelera il metabolismo.»

Quando è il caso di rivolgersi ad un nutrizionista? E come capire che si tratta di una persona fidata?
«Ho già detto che il termine nutrizionista non corrisponde a un titolo specialistico. In Italia è riconosciuto il dietologo (medico specialista come il cardiologo, neurologo, gastroenterologo, ecc.), il dietista (tecnico con laurea triennale) e il biologo nutrizionista (laurea in biologia con specializzazione in scienza dell’alimentazione). Queste due ultime figure professionali non possono fare diagnosi e prescrizioni, ma solo la traduzione dietetica di ciò che viene prescritto dal medico.
«Molte altre figure si propongono in ambito clinico con grande rischio per le persone (tecnologi, naturopati, laureati in scienze motorie, ecc.), specie se ammalate. L’unico consiglio per capire se siamo di fronte al professionista giusto è quello di chiedere il titolo di studio; anche la dicitura di dottore non è più sufficiente, bisogna chiedere se dottore significa medico.
«Proprio per fare massima chiarezza, evitando false aspettative tutte le persone obese che prenotano una visita presso il centro che dirigo, vengono invitate preliminarmente alla visita a un incontro gratuito che effettua il sottoscritto il primo mercoledì del mese con lo scopo di spiegare i pericoli delle diete, i titoli che possiedono gli operatori dell’equipe, le modalità ed i tempi d’intervento, i costi.
«Solo al termine dell’incontro i pazienti potranno decidere se iniziare il percorso o meno.»
 
Come si svolge una visita medica dal dietologo e quali sono gli esami di approfondimento consigliati in genere?
«Innanzitutto viene effettuato un inquadramento anamnestico clinico nutrizionale (avvalendosi eventualmente della collaborazione di un dietista) e psico-comportamentale. Vengono valutati gli esami ematochimici ed eventuali referti di ricoveri e visite specialistiche.
«Si passa poi ad un completo esame obiettivo con il rilevamento di parametri antropometrici eventualmente integrati da esami strumentali come la calorimetria indiretta (rileva con molta precisione il consumo energetico del corpo a riposo), la DEXA (permette di determinare la proporzione di massa magra e grassa), la bioimpedenziometria (effettua una valutazione dell’acqua corporea e della sua distribuzione), la dinamometria (misura la funzionalità muscolare), e altri ancora specialistici.
«Il passaggio successivo è il concordare obiettivi fattibili con il paziente ed effettuare la prescrizione nutrizionale e/o farmacologica. Infine, si pianificano i controlli.»

Si rivolgono a lei più uomini o donne? Quali sono i soggetti più a rischio?
«Su 10 persone 4 sono donne. Più a rischio le persone con grande obesità, quelle che presentano patologie cardiovascolari, tumorali e dismetaboliche (es. diabete), giovani che manifestano stranezze nel comportamento alimentare, persone che perdono peso involontariamente.
«Una struttura come quella che dirigo interviene sulle problematiche nutrizionali a 360 gradi, offrendo interventi di tipo preventivo, per la ristorazione collettiva, per pazienti ricoverati in ospedali, case di riposo, centri di lungodegenza, per pazienti ambulatoriali affetti da patologie che necessitano d’intervento nutrizionale (es. pazienti oncologici, cardiopatici, nefropatici, con disturbi del comportamento alimentare ecc.), per pazienti che necessitano di nutrizione artificiale o di chirurgia bariatrica (per correggere la grande obesità).»
 
Qual è il suo pensiero riguardo l'uso/abuso degli integratori o nutraceutici alimentari? Quali sono davvero utili?
«Un vecchio detto popolare dice: sii medico di te stesso. Tale atavica saggezza nasconde un fondo di verità ma, come sempre, un minimo di ragionamento sarebbe auspicabile. Un individuo in buone condizioni di salute non necessita di integrazioni particolari, indicate invece in particolari condizioni fisiologiche (gravidanza, sport agonistico, vecchiaia) o patologiche. In quest’ultimo caso è il medico che deve stabilirlo dopo l’opportuna diagnosi ed eventuali riscontri laboratoristici.
«Molte ditte che producono tali prodotti, fanno intendere che male non fanno. Il che è vero in un’ampia percentuale di casi, ma spesso non servono a nulla, se non a fare dimagrire il portafoglio. Il fai da te 9 volte su 10 è inutile e dispendioso.»
 
Sembra scontato ma è sempre bene ricordarlo: quali sono le regole basilari per mangiare in modo sano e corretto?
«Semplificando al massimo senza cadere nella banalità bisogna cercare:
1) Di mantenere il proprio peso entro limiti accettabili per la salute, soprattutto tenendo d’occhio la pancetta (vedi immagine);
2) Assumere un’alimentazione variata nelle varie categorie alimentari: vegetali (frutta e verdura), cereali (meglio se integrali), animali (con moderazione latticini, insaccati, carni e pesci).
«A tal proposito si consiglia di assumere settimanalmente almeno 15-20 tipologie di cibo differenti. Qualora insorgano dei dubbi sulla qualità della propria alimentazione è bene rivolgersi ad un professionista.»


Day-Hospitale Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica.

Oggi gli italiani a suo parere mangiano meglio o peggio di un tempo?
«Se si considera il progressivo allungamento della vita media verrebbe da rispondere che si mangia meglio.
«Se però consideriamo le patologie che maggiormente ci spaventano, come quelle cardiovascolari e tumorali ad esempio, i comportamenti alimentari attuali si discostano negativamente da quanto indicano le ricerche scientifiche oggi disponibili.
«Conclusione: se si vuole vivere a lungo e in buone condizioni dobbiamo migliorare il nostro modo di alimentarci.
«La tanto decantata dieta mediterranea, che tutto il mondo tenta d’imitarci, viene seguita da non più di 15 italiani su 100.»
 
La moda dell’alta cucina e degli show televisivi dedicati al cibo hanno generato maggiore consapevolezza, o hanno contribuito ad aumentare la confusione sul tema?
«È una domanda molto intrigante e complessa. Nei periodi di povertà culturale, come quello in cui ci troviamo, la valenza simbolica del cibo, e quindi della cucina, riemerge con prepotenza. È un meccanismo di difesa collettiva all'insicurezza crescente.
«Come è possibile che gli chef, per quanto bravi, diventino dei testimonial di educazione civica (la proposizione di una disciplina simil-militaresca, il sentenziare sugli argomenti più disparati, non ultimo quello clinico-nutrizionale)?
«Il vuoto di valori, come quasi sempre, si colma con la pancia, anche solo guardando. Non ritengo che le modalità proposte dai media stiano aumentando la cultura nutrizionale in senso salutistico; probabilmente lo fanno in senso gastronomico. La confusione sul tema è aumentata.»

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
 
Prof. ac. Dr. Lucio Lucchin - lucio.lucchin@sabes.it
Medical Director of Dietetic and Clinical Nutrition Unit
Health District of Bolzano - Boehler Str. 5 39100 Bolzano - 0471 908545

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