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Emergency a Trento: per saperne di più – Di Nadia Clementi

Ne abbiamo parlato con la responsabile dell’Ufficio Stampa Rossella Palma

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La scorsa settimana la città di Trento è stata protagonista del 17° Incontro Nazionale di Emergency dal titolo – Di Guerra e di Pace.
Sono stati due giorni dedicati alla cultura ma anche di riflessione sui temi più delicati e seri che attraversano le zone del mondo in cui uomini, donne e bambini sono in condizioni disperate.
Durante l’evento abbiamo avuto la possibilità di conoscere da vicino gli organizzatori e i volontari di Emergency, che solo in Italia sono più di 2.500 divisi in 160 gruppi, di questi a Trento ne sono arrivati circa 600.
 
Il volontariato è il mezzo principale attraverso il quale Emergency porta avanti la sua missione. I volontari svolgono un compito imprescindibile per sensibilizzare l’opinione pubblica, per diffondere la cultura di pace.
Ed è proprio grazie al loro entusiasmo che hanno saputo coinvolgere, con incontri/dibattici e molti intrattenimenti anche l’intera città di Trento, scelta per ricordare i 100 anni della fine della prima guerra mondiale: Vedi.

Noi per saperne di più sull’operato di Emergency e sulle sfide future delle organizzazioni no-profit ne abbiamo parlato direttamente alla responsabile dell’Ufficio Stampa Rossella Palma.
 

 
Parliamo del programma dell’Incontro Nazionale 2018. Quali gli obiettivi?
«L’Incontro Nazionale di Emergency è un evento annuale, che coinvolge i tantissimi volontari dell’organizzazione, oltre 2.500 divisi in 160 gruppi territoriali, lo staff delle sedi italiane - come me - e gli operatori umanitari: medici, infermieri, logisti, tutti coloro che lavorano negli ospedali, nei centri sanitari, nei poliambulatori e nei centri di riabilitazione di Emergency nel mondo.
«Nel concreto l’Incontro Nazionale consiste in due giorni di eventi gratuiti, aperti alla cittadinanza, per informarsi, partecipare, conoscere il lavoro dell’organizzazione e condividerne l’impegno per i diritti umani e contro la guerra.
«Sono tanti gli eventi, tutti gratuiti, che hanno animato Trento: un ciclo di conferenze, spettacoli teatrali, incontri pubblici, proiezioni, un percorso interattivo - «Peace Therapy» una mostra - «L’Afghanistan, la guerra», che è ancora possibile visitare fino al 15 settembre presso le Gallerie di Piedicastello - e un concertone in piazza… organizzati in alcuni dei luoghi più storici e rappresentativi della città.
«L’obiettivo era invitare tutti a riflettere su questo momento storico, caratterizzato da una deriva verso odio, discriminazione e violenza e riflettere su come fare la propria parte per fermare questo processo. Il messaggio chiave, fil rouge di tutti gli eventi, è stato: “non è negando diritti ad altre persone che riusciremo a difendere i nostri”. Noi ne siamo convinti.
«Per chi non è riuscito a partecipare è possibile rivedere alcuni incontri sul nostro canale Youtube
 
Come mai la scelta della città di Trento per questo importante appuntamento?
«L’Incontro Nazionale si svolge ogni anno in una città diversa. Quest’anno abbiamo scelto Trento per le bellissime location che hanno fatto da cornice ai nostri eventi, per la sua storia, perché ricorre proprio quest’anno l’anniversario dei 100 anni dalla fine della prima guerra mondiale… E noi abbiamo parlato di mettere fine alle guerre, quindi meglio di così!»
 
Il clima politico degli ultimi anni, e in particolare degli ultimi mesi di governo, quanto ha influito sul vostro lavoro?
«Sicuramente l’ultimo anno è stato complesso e lo è ancora. È stata criminalizzata la solidarietà, infangata l’attività umanitaria, messo in dubbio il valore del Terzo settore.
«Il clima sociale che si respira influisce sul nostro lavoro quotidiano perché rende più difficile trasmettere il nostro messaggio senza sollevare diffidenza.
«Per noi è inammissibile sacrificare i diritti degli esseri umani per fare propaganda, così come è ingiusto alimentare l’illusione che i problemi reali del nostro Paese possano risolversi respingendo e criminalizzando chi è in fuga dalla miseria o chi è in diritto di ricevere protezione internazionale.»
 

 
Che cosa fa Emergency nel mondo?
«Dal 1994 ad oggi Emergency ha lavorato in 18 Paesi curando oltre 9 milioni di persone. Senza discriminazioni. In Afghanistan, Iraq, Italia, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sudan offriamo cure gratuite e di alta qualità nei nostri ospedali, posti di primo soccorso, centri sanitari, centri pediatrici, centri per la riabilitazione, centri di maternità, centri di eccellenza, ambulatori, ambulatori mobili, poliambulatori…»
 
E che cosa in Italia?
«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti, dice la Costituzione italiana. Eppure, nella pratica, questo diritto è spesso disatteso: migranti, stranieri, poveri spesso non hanno accesso alle cure di cui hanno bisogno per scarsa conoscenza dei propri diritti, difficoltà linguistiche, incapacità a muoversi all’interno di un sistema sanitario complesso.
«È da questa consapevolezza – e dalla volontà di rendere concreto il diritto alla cura anche nel nostro Paese – che nasce il Programma Italia di Emergency.
«Nel 2006 abbiamo iniziato a lavorare in Italia con un Poliambulatorio a Palermo. A partire dal 2010 abbiamo aperto Ambulatori anche a Marghera (VE), Polistena (RC), Castel Volturno (CE), nel quartiere di Ponticelli di Napoli e a Sassari.
«Nel 2011 abbiamo aperto i primi ambulatori mobili che ci consentono di raggiungere più facilmente aree agricole e periferie urbane o aree colpite dai disastri naturali come il Centro Italia, dove forniamo assistenza psicologica e infermieristica alle popolazioni colpite dal sisma.»
Video.


 
La diffidenza e la sfiducia verso il mondo del sociale sono ormai dilaganti, qual è la formula, se c’è, per riconquistare l’attenzione su temi importanti come quelli che trattate?
«Bisogna cambiare la narrazione di temi come l’immigrazione, ad esempio, ormai strumentalizzata dai media e dalla politica. Bisogna parlarne e raccontare, per sfatare i miti e i pregiudizi ormai legati al tema e riconsiderare la diversità come un elemento di partenza per rigenerare la nostra società.
«Bisogna parlare di guerra, perché nelle guerre contemporanee il 90% delle vittime sono civili. Donne, bambini, uomini con la sola colpa di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.
«È necessario riflettere sulla perdita di umanità, sull’innalzamento di muri, sulla strumentalizzazione della paura e la rimozione della memoria.»
 
Dove è necessario lavorare per combattere discriminazione e razzismo?
«Fin dalla sua nascita, a fianco dell'attività umanitaria, Emergency promuove attivamente una cultura di pace e di rispetto dei diritti umani attraverso eventi, mostre, documentari, spettacoli teatrali, libri e pubblicazioni.
Inoltre Emergency porta avanti, da sempre, un’attività di sensibilizzazione nelle scuole, usando la testimonianza come strumento di informazione.
«Raccontare i nostri interventi umanitari e le realtà in cui si inseriscono è un modo per invitare i ragazzi a una lettura più completa e consapevole dei molti conflitti oggi in corso. Questa è una delle attività che vede un fondamentale e forte contributo da parte dei volontari dell’organizzazione.
«Oggi, più che mai, è necessario continuare a fare tutto il possibile per sensibilizzare rispetto ai temi sui quali lavoriamo.»
 
Gli italiani sono generosi? Preferiscono diventare donatori oppure prestare il proprio tempo come volontari?
«Sì, gli italiani sono sicuramente generosi. C’è chi ha più tempo a disposizione e preferisce partecipare attivamente diventando volontario, organizzando eventi, promuovendo la cultura di pace nelle scuole… E chi, invece, sceglie di donare. Entrambe le scelte sono segno di grande generosità.
«Il mondo delle ONG vede in testa Emergency per quanto riguarda le donazioni del 5x1000, con quasi 380 mila firme.»
 
Quali sono le sfide future per Emergency?
«Emergency continuerà a portare avanti il lavoro che fa da 24 anni: offrire cure gratuite e di qualità in zone di conflitto e di povertà. Stiamo anche costruendo nuove strutture, come quella disegnata da Renzo Piano che sorgerà ad Entebbe, in Uganda: un centro di eccellenza in chirurgia pediatrica.
«L’ospedale di Emergency offrirà cure gratuite e sarà un centro di riferimento per i pazienti ugandesi e per bambini con necessità chirurgiche provenienti da tutta l’Africa.
«La necessità di questo centro è stata evidenziata anche dai ministri della Salute africani che fanno parte dell’ANME (African Network of Medical Excellence), la “Rete sanitaria d’eccellenza in Africa” creata nel 2009 per sviluppare sistemi sanitari di eccellenza e gratuiti nei loro Paesi.
«L’ospedale di Entebbe sarà la seconda struttura della rete, dopo il Centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum, Sudan.»
 
Chi volesse sostenere l’operato di Emergency o diventare un volontario a chi deve rivolgersi?
«Ci sono tanti modi per sostenere EMERGENCY. È possibile donare, anche online, per aiutarci a curare le vittime delle guerre, delle mine, della povertà (vedi).
https://sostieni.emergency.it/index.php?idc=SA.GEN.WEB.SITO
«Aprire una raccolta fondi su Facebook, acquistare i regali di Natale negli Spazi di Natale Emergency o donare il 5x1000… Insomma le proposte sono tante! Per diventare volontari, invece, e sostenere o partecipare in modo attivo alla vita dell’associazione, basta contattare il gruppo territoriale più vicino, via mail o telefono, cercando i contatti sul nostro sito internet.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it

Per info: www.emergency.it

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