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Ne parliamo con l'avv. Nicodemo Gentile – Di Nadia Clementi

Femminicidio: cosa si può fare per contrastare questo terribile e crescente fenomeno radicato nella nostra cultura?

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Dal «dossier Viminale» del 2019, che prende in esame il periodo compreso tra il 1° agosto dell'anno precedente e il 31 luglio dell'anno in corso, si contano 92 casi di femminicidio nel nostro Paese.
Il 2018 era stato, invece, l’anno più terribile per le donne in Italia: gli omicidi infatti erano stati 142, in aumento rispetto all’anno precedente.
Sebbene si legga da più parti che vi è stato un leggero calo rispetto agli anni scorsi, vi è un dato allarmante che non possiamo non considerare: l'aumento di omicidi per mano di partner o ex partner, che passa dal 39% del 2002 al 51% del 2017.
 
I dati Istat ci dicono che nel 55,8% dei femminicidi, vittima e carnefice sono legati da un rapporto sentimentale, con una relazione ancora in corso al momento dell’omicidio o appena conclusa: sono infatti per il 63,8% dei casi coniugi o conviventi, nel 12% dei casi fidanzati e nel 24% dei casi persone legate da una relazione terminata proprio poco prima dell’omicidio.
È proprio questo il dato che differenzia i femminicidi dagli altri crimini, ed è il motivo per cui in tanti non sono concordi sull’utilizzo di questo termine.
 
Quando parliamo di femminicidio infatti rientriamo nella sfera più ampia della violenza di genere contro le donne, dove le motivazioni che spingono il carnefice a compiere atti criminali, siano essi la violenza fisica, verbale, psicologica e omicidio, fanno riferimento ad un concetto di donna e femminilità legato a stereotipi e modalità di relazione che non sono compatibili con il mondo moderno.
Parliamo di uomini che non accettano il fatto che una donna, la «propria» donna, possa autodeterminarsi, decidere di porre fine ad una relazione soffocante, o violenta, o che più banalmente disponga del proprio corpo e della propria vita come meglio crede.
 
E non bisogna cadere nel facile errore di considerare gli uomini che compiono femminicidi o violenze contro le donne delle persone «malate» o con una visione primitiva del mondo; fortunatamente solo una piccola percentuale di uomini arriva a tanto, ma la cultura e la mentalità che li spingono ad agire è ben presente nelle nostre vite e più diffusa di quanto si possa pensare.
Si tratta di residui di una cultura maschilista e patriarcale che classifica le donne in modelli rigidamente definiti: la madre di famiglia, angelo del focolare dedita alla prole e al marito, che non ha desideri o ambizioni al di là del quadrilatero domestico; oppure la donna in carriera, arrivista ed egoista, che ha negato e messo da parte la propria femminilità e destino di madre per degli obiettivi personali, e infine la donna-oggetto, la malafemmina, la poco di buono, colei che è buona solo a letto ma inconciliabile con il ruolo di madre e compagna di vita.
 

 
A dimostrare che questa mentalità è ben lontana dall’essere superata, si rileva dai dati ISTAT che l’età media degli uomini che commettono femminicidi è compresa tra i 31 e i 40 anni, seguita poi dalla fascia 41-50.
Le vittime sono generalmente più giovani dei loro aguzzini generalmente tra i 18 e i 30 anni.
Va registrato comunque un aumento dell'uccisione di donne di età compresa tra i 71 e gli 80 anni.
E non possiamo nemmeno incolpare le culture lontane dalla nostra e solitamente definite «più arretrate»: vittime e aggressori sono per lo più italiani, parliamo di quasi l’80% per quanto riguarda le donne e il 75% degli assassini.
 
Oltre ai casi più gravi, non possiamo non dimenticare le violenze quotidiane, anche di tipo psicologico, che troppo spesso sfuggono alle statistiche ma che hanno impatti devastanti sulle vittime e la loro vita.
Sono infatti quasi 7 milioni, stando all’ISTAT, le donne che nel corso della propria vita hanno subito una forma di abuso.
Ben 3 milioni e 466mila le donne in Italia che nel corso della propria vita hanno subito stalking, due terzi delle quali, da parte dell'ex partner. Di queste purtroppo solo 2 su 10 si sono rivolte alle istituzioni.
 
Alla luce di questi dati preoccupanti è fondamentale sensibilizzare la coscienza pubblica e diffondere, attraverso un'informazione capillare, una politica sociale attenta e puntuale che parli non solo alle donne, garantendo loro soccorso e sicurezza, ma anche agli uomini, perché si collabori per sradicare la cultura maschilista, troppo spesso sottovalutata, alla base della nostra civiltà.
Qualcosa è stato fatto, negli ultimi tempi in particolare: oltre alla nascita dei centri antiviolenza, dotati spesso anche di case-rifugio, in Italia sono stati istituiti corsi di formazione per le forze dell’ordine, mentre in tutto l’Occidente è stato introdotto il reato di «femminicidio», con il quale si tenta di passare il messaggio che uccidere una persona perché ci si ritiene proprietari del suo corpo, della sua vita, della sua libertà, è un' aggravante giuridica, e non più una attenuante proprio come accadeva in Italia con il delitto d’onore, formalmente abrogato dal nostro codice penale solo nel 1981.
 
Sono tanti i casi di cronaca nera che in questi anni hanno portato alla luce il fenomeno del femminicidio, non senza strascichi di polemiche nei salotti televisivi e sui giornali.
Chi se n’è occupato con grande impegno è l’avvocato Nicodemo Gentile, che ha presenziato ai più importanti processi di rilevanza nazionale, tra i quali il processo per l’omicidio di Meredith Kercher, quello di Melania Rea ed il delitto della contessa dell’Olgiata.
In qualità di difensore di parte civile ha celebrato i processi per gli omicidi di Sarah Scazzi, dei fidanzati di Pordenone (Trifone e Teresa), di Roberta Ragusa e di Guerrina Piscaglia.
 

 
È stato ospite dei maggiori programmi televisivi che si occupano di crimini e cronaca nera (come Quarto Grado e Chi l'ha visto).
Accanto al suo lavoro nelle aule dei tribunali l’avvocato Gentile sta portando avanti anche un importante lavoro di sensibilizzazione con i più giovani: sta infatti visitando le principali città italiane per testimoniare il suo lavoro, condividere le sue esperienze, incontrare e confrontarsi con i giovani delle scuole superiori e con tutte le persone che affollano i suoi seminari, conferenze e presentazione dei suoi libri.
«Da anni mi interfaccio con i giovani, cercando di ragionare con loro, in modo semplice e concreto, su questo tema complesso, controverso e doloroso ma che fa parte della storia dell’uomo, – racconta l’avvocato Gentile. – In particolare faccio loro presente che quando arrivano gli avvocati, gli investigatori, purtroppo ormai è tardi, la nostra presenza spesso si accompagna con il dramma.
«Ecco perché ritengo necessario spostare il focus della nostra azione sull’aspetto della prevenzione e non solo su quella della repressione.»
 
Il suo ultimo libro insegue proprio questo obiettivo: si intitola «Il Padrone, storia di una manipolazione, storia di una tragedia» e racconta la drammatica vicenda di Sara Di Pietrantonio, uccisa e data alle fiamme dall’ex fidanzato Vincenzo Paduano, la notte del 29 maggio 2016 nel quartiere romano della Magliana.
Il libro, come dichiarato dallo stesso avvocato Gentile, è dedicato alle donne, ma è anche e soprattutto per gli uomini, nella speranza che sappiano camminare al fianco di una donna per sostenerla, senza imporre la strada da seguire o, peggio, condurla in un vicolo cieco e imparino ad accettare i no, le porte chiuse, le retromarce, gli abbandoni.
La manipolazione affettiva è un nemico silenzioso e invisibile, una violenza estremamente pericolosa.
Ancora oggi gli atti di violenza sulla donna vengono codificati dalla cronaca con le parole omicidio passionale, d’amore, raptus, momento di gelosia, quasi a testimoniare il bisogno di dare una giustificazione a qualcosa che è in realtà mostruoso.
 
Ma cosa si può fare per contrastare questo terribile e crescente fenomeno radicato nella nostra cultura?
È proprio con questa domanda in testa che l’esperto penalista Gentile, si rivolge ai giovani, per parlare del fenomeno del femminicidio e della violenza sulle donne, per aprire una riflessione sul tema dei «manipolatori affettivi» e delle tematiche che attengono a quanto previsto dalla normativa, con le ultime evoluzioni ed aggiornamenti del diritto, nella consapevolezza di come, la conoscenza di tutte le dinamiche connesse a questi fenomeni di grande attualità, sia un elemento determinante per fare prevenzione soprattutto tra i giovani.
 
«L’obiettivo degli incontri è quello di cambiare la cultura che si trova alla base della violenza di genere tramite un percorso di conoscenza e consapevolezza, in grado di svelare gli stereotipi radicati da tempo nella nostra società e sradicarli per quanto possibile. È importante aumentare la consapevolezza su questi temi, soprattutto nelle nuove generazioni.»
 

 
Nei suoi incontri racconta le tante storie dei femminicidi di cui sentiamo parlare tutti i giorni. Quali sono le cause e quali dinamiche hanno portato a questi eventi? Qual è la differenza tra la gelosia ed il possesso?
In particolare espone il concetto di «manipolazione affettive», ovvero quelle tecniche che alcuni uomini mettono in atto nel tentativo di isolare le proprie vittime da ogni contatto con amici e parenti e le distolgono dalle normali attività quotidiane alla ricerca di un rapporto esclusivo, assoluto.
Gentile fa del proprio lavoro una vera e propria missione per supportare le fragilità dei giovani d'oggi, è un uomo che vale la pena di ascoltare, così come vale la pena leggere i suoi libri.
«Nel mio ultimo lavoro editoriale ho voluto parlare della storia di Sara Pietrantonio per trattare il tema dell’omicidio della mente e dell’anima, della manipolazione affettiva, in modo da confrontarmi con i nostri ragazzi, ascoltandoli, informandoli, ragionando e riflettendo in modo aperto, sereno, comprensibile, di rapporti tra uomini e donne, in famiglia, nel mondo del lavoro, nella società, anche attraverso lo studio di casi pratici.»
 
Proprio perché questo triste fenomeno si sviluppa in particolare nell’ambiente familiare coinvolgendo donne di ogni età, estrazione sociale e di ogni livello culturale è importante coinvolgere i ragazzi: già in giovanissima età si coglie l’esigenza di sviluppare un più attento accompagnamento educativo nei confronti di ragazzi che stanno affrontando snodi delicati e fondamentali della pubertà e della transizione adolescenziale e si confrontano con esperienze che contribuiranno profondamente a definire le loro identità e a strutturare i loro stili di vita adulti.
La violenza contro le donne infatti si annida spesso nello squilibrio relazionale tra i sessi. La violenza fisica è solo la manifestazione esteriore di un rapporto malato nel quale il desiderio di controllo della parte si manifesta attraverso una serie di atteggiamenti vessatori che mirano, in un crescendo di insulti verbali, di ricatti, vessazioni e divieti, ad isolare la vittima prescelta fino ad annientarla psicologicamente e, nei casi più gravi, anche fisicamente.
 

 
Il libro di Nicodemo Gentile uscirà nelle librerie proprio il 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Eccone un breve estratto che ripercorre la breve e giovane vita di Sara Di Pietrantonio, prima di quel fatidico incontro con la morte:
«Iscritta alla facoltà di Economia e Commercio, appassionata di danza, pazza per Ligabue, innamorata della vita. Bionda, bella, sempre sorridente, ancora avvolta nella sua aura pura di fanciulletta, Sara, da perfetta ballerina, avanzava nel mondo in punta di piedi. Silenziosamente e con grazia, si faceva spazio. Volteggiava libera e felice, nei suoi ventidue anni di età, e tra un passo d’arabesque e un giro leggero di pirouette inseguiva i suoi sogni, in una vita ancora tutta da scrivere e da scoprire.
«Era l’estate della maturità, conseguita presso il liceo scientifico quando, sulle spiagge del litorale ostiense, Sara incontrò Vincenzo. Entrambi lavoravano come animatori in uno stabilimento balneare. Lui, sebbene introverso, schivo e taciturno, attirò subito le sue attenzioni. E nacque l’amore, uno di quelli travolgenti che non lascia scampo. Sara era completamente presa da questo ragazzo misterioso, di cinque anni più grande.
«Lui riusciva a esaltare la sua femminilità, che frattanto si strutturava e prendeva sempre più consistenza. Ma la libertà e l’indipendenza di Sara mettevano in risalto, di contro, le debolezze di Vincenzo.
«Sin da subito il loro rapporto appare contraddistinto da un’altalena di umori instabili e mutevoli, di alti e bassi, in un asfissiante odi et amo catulliano messo in atto costantemente dal Paduano. Odio e amore, appunto, un ossimoro che per sua natura già nasce e vive in una contraddizione.
«Ma quale amore? – mi sono più volte chiesto. Si parla in ogni dove di amore maligno, amore venefico, amore tossico. Ma un amore che fa così male da spezzarti la vita, può dirsi davvero amore?
«Io non credo. Perché l’amore non fa male, lo cura; l’amore non butta a terra, risolleva; l’amore non toglie il respiro per sempre, ma dona attimi che lasciano senza fiato.
«Sara, da questo qualcosa che tanto orgogliosamente chiamava amore, è stata privata dell’entusiasmante viaggio della vita, delle sue fermate migliori, dei suoi incontri speciali, delle sue soste rigeneratrici, delle sue mete che avrebbe raggiunto con coraggio e con tenacia. Perché questa era la sua indole, lo sappiamo dalle parole della mamma, pronunciate il giorno dei suoi funerali quando, rivolgendosi idealmente alla figlia, dice: Guarda quante persone ci sono oggi, tutti ti vogliono bene perché sei una ragazza dolce e riflessiva, allegra, solare, bella e piena di energie, testarda e coraggiosa, a volte anche caustica e con un cuore grande; determinata e sempre pronta a capire chi ha bisogno

Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Avv. Nicodemo Gentile - nicodemo.gentile@virgilio.it

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