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Ricordando Aurelio Laino – Di Daniela Larentis

Il regista trentino recentemente scomparso a Londra, da noi intervistato su «68 Pop Revolution», documentario che indaga il ’68 sfatando alcuni luoghi comuni»

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Aurelio Laino.
 
Aurelio Laino ci ha lasciati, una notizia che sta circolando da qualche giorno sui media non solo locali. Infatti il regista, nato a Salerno nel 1972, era apprezzato non solo in Italia ma anche anche all’estero, viveva da anni a Londra con la moglie Elena ed era molto attaccato ai genitori Luciana e Pietro, nonché al fratello Guido, legato a doppio filo a Trento e al Trentino, dove si era trasferito a metà degli anni Ottanta con la famiglia.
 
Lascia i suoi familiari increduli di un lutto così insopportabile, la sua scomparsa prematura ha scosso peraltro tutta la redazione, Aurelio era infatti figlio di Luciana Grillo, giornalista, critica letteraria, docente, autrice di diverse pubblicazioni, nonché titolare per la nostra testata della seguitissima rubrica «Letteratura di genere».
Siamo tutti vicini a Luciana e alla sua famiglia, impotenti di fronte alla tragedia che l’ha travolta.
 
Non ci sono parole per descrivere l’abisso che il dolore scava nell’anima di chi ha perso un figlio (i genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai propri figli), quel senso di perdita incolmabile che si prova alla morte di un proprio caro.
Qualsiasi discorso, qualsiasi frase, qualsiasi tentativo di spiegare l’emozione legata alla perdita di qualcuno che si ama non restituisce il senso profondo del sentimento. È difficile anche provare a tradurre attraverso il linguaggio la sensazione di spaesamento di chi è colpito da un lutto, quel senso di vuoto che annienta, così come è altrettanto difficile tentare ingenuamente di portare conforto a chi quel lutto lo ha subito, senza rischiare di scivolare nella banalità.
 
Strappato alla vita e agli affetti più cari, i genitori Luciana e Pietro (ex vice questore di Trento), il fratello Guido (da molti anni si occupa di laboratori di scrittura e cura diversi progetti artistici), la moglie Elena Alessia Negriolli (anche lei regista e videomaker), i molti amici che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, da una malattia combattuta fino all’ultimo con grande forza d’animo, Aurelio a soli 48 anni lascia il ricordo, in tutti quelli che lo hanno conosciuto, di una persona positiva, garbata, riservata, gentile, attenta al prossimo, aperta al dialogo, appassionata.

Una bella persona la cui vita è stata spezzata da un destino inesorabile che non gli ha lasciato scampo.
 
Laureato in ingegneria nel 1998, con la passione per la batteria (ha suonato in diverse formazioni locali) e per la musica in genere, per il teatro, si era formato professionalmente a Roma, studiando allo Ied sceneggiatura e scrittura per la televisione, vincitore dieci anni fa di un posto alla London Film Academy, fondatore fra l’altro della casa di produzione Decimarosa.
Amava molto il suo lavoro, era un grande professionista, regista di moltissime videoproduzioni e documentari che spaziano dalla storia all’attualità, ne citiamo un paio a titolo esemplificativo, quello su Alcide Degasperi e quello su Francesco Volpi, pilota aeronautico, ma anche un documentario con Erri De Luca, il cortometraggio «Il turno di notte lo fanno le stelle», entrato nella shortlist per gli Oscar e vincitore del Tribeca Filmfestival a New York.
Da tempo lavorava fra le altre cose a un documentario sulla genesi di «Bitches Brew» di Miles Davis, assieme a Enrico Merlin, musicologo trentino.
 
Riproponiamo la breve intervista realizzata nel 2018, quando avevamo incontrato il regista e produttore presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale a Trento, in occasione della proiezione del documentario «68 Pop Revolution» sulla stagione storica che ruota attorno al ’68, andato in onda in quattro puntate su Sky Arte (anteprima presentata al Film Festival di Trento).
È il nostro modo per ricordarlo, sorridente, accogliente, sempre disponibile.
Il filmato ripercorre le vicissitudini di quegli anni, i cambiamenti di costume, i fatti di cronaca, anche attraverso la voce di chi quel periodo lo ha vissuto, dalle prime manifestazioni studentesche del ’66 fino alla strage di piazza Fontana e alla manifestazione studentesca che seguì quel tragico evento, cercando di smontare false interpretazioni e visioni semplicistiche.
 

Aurelio Laino con la madre Luciana Grillo.
 
Quando è nata l’idea di questo documentario e di che cosa parla in breve?
«L’idea è nata un paio di anni fa. Ora non vivo più a Trento, ma ho vissuto in questa città per molti anni. Ho pensato che il ’68 fosse un movimento in cui Trento ha giocato un ruolo di primissimo piano, un ruolo da protagonista, è in questa città, infatti, che partono le prime occupazioni, è qui che vi sono alcuni dei leader più importanti del movimento studentesco del ‘68, pensiamo a Marco Boato, a Mauro Rostagno, un movimento che in questa città assume i tratti più sperimentali, gli studenti non hanno paura di confrontarsi con le istituzioni, chiedono, anzi, di essere coinvolti nel cambiamento. Il documentario parla del ’68 e degli anni che lo hanno preceduto e seguito, dall’inizio del ’66 fino a giungere al dicembre 1969, a piazza Fontana, anni in cui la società è cambiata in maniera drastica.»
 
Come è avvenuta il reperimento e l’analisi delle fonti?
«Il progetto di ricerca è stato finanziato dalla Fondazione Caritro, per cui abbiamo analizzato i giornali d’epoca, i molti documenti dell’archivio del Museo storico, in questo modo ho avuto modo di scoprire un mondo del tutto diverso da quello che pensavo.»
 
Che obiettivo si pone questo film?
«Questo film si pone l’obiettivo di distruggere il luogo comune che ruota attorno al ’68; il luogo comune dice che questi studenti sessantottini erano dei figli di papà, viziati, poco interessati allo studio. In realtà non c’è niente di più lontano dalla verità, basta andare a vedere i documenti che loro hanno prodotto qui, nella Facoltà di Sociologia, durante le occupazioni fra il ’66 e il ’68, leggere quei documenti. Questi studenti erano persone molto interessate allo studio, volevano studiare meglio, capire di più.»

Daniela Larentis - d.larentis@ladigetto.it

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