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Le geometrie fluide di Silvio Cattani – Di Daniela Larentis

Artista poliedrico, di fama nazionale e internazionale, vicepresidente del MART Rovereto e fondatore dell’Istituto d’Arte Depero – L’intervista

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Il prof. Silvio Cattani, vicepresidente del MART Rovereto, non ha certo bisogno di presentazioni: artista poliedrico, di fama nazionale e internazionale, è il fondatore dell’Istituto d’Arte Fortunato Depero, diventato Liceo dopo la riforma dell’istruzione secondaria di una decina di anni fa, che ha visto anche la nascita del liceo delle Arti di Trento e Rovereto.
La sua produzione artistica è caratterizzata da una spiccata propensione alla sperimentazione, le tecniche che utilizza e i materiali impiegati spaziano dalla ceramica al vetro, dal disegno al mosaico, alla pittura su cartone, su tela, su pannelli metallici.
 
Quando si pensa genericamente all’arte astratta vengono in mente immagini che non appartengono alla nostra esperienza visiva, le opere astratte sono composizioni libere in cui forme, colori, linee non imitano la realtà.
L’astrattismo di Silvio Cattani dà vita a nuove forme di sguardo, egli si serve del linguaggio pittorico affiancandolo a quello poetico dei titoli, nel realizzare opere di forte impatto estetico e di grande potenza comunicativa; le stesse parole, inserite nelle composizioni, non hanno finalità didascalica.
È un’arte colta la sua, difficilmente etichettabile, la si potrebbe definire semplicemente «astratta», anche se i segni cromatici, svelando un mondo di possibilità infinite, possono rinviare talvolta a oggetti vagamente riconoscibili.
 

Silvio Cattani, Geroglifico, tecnica mista su carta mano cm 30x20, 2021 ©.

Davide Silvioli sottolinea nel suo intervento critico, inserito nel catalogo che accompagnava la mostra «Materie Prime», allestita nel 2018 al Centro per l'arte contemporanea La Rocca di Umbertide: «[…] Suscitando parallelismi con Gorky, Krasner, Gottlieb e con Motherwell formalista, l’artista, seguendo un’indagine sia analitica che emozionale, elabora un linguaggio difficilmente circoscrivibile a classificazioni, dove la pittura si risolve secondo coniugazioni a volte liriche, altre espressioniste, e altre ancora attraverso codici più tenui e temperati.
«Questo è ravvisabile in quelle realizzazioni dove l’occhio si perde nella molteplicità dei richiami formali e stimoli cromatici, di cui le opere in oggetto sono ricche e dispensatrici. Da ciò deriva una dialettica composita, efficace nel commisurare coerentemente in un’unica grammatica quelle plurali vie narrative che rappresentano i fondamentali della comunicazione visiva.
«Si veda, a tal proposito, l’impiego del segno-linea, alle volte strutturale e altre irregolare, il colore, talvolta risolto omogeneamente e altre dimostrando una certa irrequietezza ma – indubbiamente – sempre in maniera libera, il gesto, che troviamo racchiuso in più o meno evidenti variazioni interne alla materia pittorica.
«Estremamente originale è l’accenno, solo intuito da chi osserva, a fisionomie che rimandano l’intelletto a formalità proprie di oggetti reali che, colti in uno stato prefigurativo, embrionale e germinativo, si nutrono dell’irrinunciabile capacità della mente umana di ricondurre tutto a enti conosciuti e consueti.
«Questi, ponendo per l’appunto in crisi la loro stessa presenza, ben aderiscono all’intero processo di mimesi rilevabile nei lavori in questione, dove la complessità dei tanti fattori in gioco è sapientemente concertata in una texture esaustiva che riflette sul concetto di primarietà pittorica e in grado di istituire sempre nuove direzioni di senso.»
 

Silvio Cattani, Geroglifico, tecnica mista su carta mano cm 30x20, 2021 ©.
 
 Alcune note biografiche prima di passare all’intervista  
Silvio Cattani nasce a Trento nel 1947, si diploma in litografia a Urbino e in pittura all’Accademia di Belle Arti a Venezia.
La sua ricerca artistica si sviluppa dalla fine degli anni sessanta nell’ambiente veneziano, dove frequenta gli studi di Lucio Andrich, Emilio Vedova, Fabrizio Plessi e di altri artisti. Espone giovanissimo alla galleria Il Traghetto ed è presente con le sue incisioni a rassegne nazionali di grafica.
Nel 1968 vince il premio per il disegno dell’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia. La sua prima esposizione a Trento è del 1968, quando presenta la serie di litografie «Teoria di gruppo» nella mostra «Unopiùsei», curata da Luigi Lambertini e allestita nelle sale di Palazzo Pretorio, evento che segna l’inizio di una lunga serie di presenze dell’artista a importanti mostre personali e collettive. Già in questo ciclo di opere si avverte l’importanza che assumono le forme nello spazio: geometriche, informali, a tratti fantastiche con riferimenti figurali.
 
Fino alla metà degli anni settanta, Cattani insegna tecniche grafiche e si occupa di Beni culturali. Dal 1976 è docente di discipline pittoriche presso l’Istituto Statale d’Arte di Trento. Nel 1987 fonda e dirige l’Istituto d’Arte Fortunato Depero, mantenendone nel tempo la titolarità, assumendo negli anni, parallelamente, altri prestigiosi incarichi.
Già negli anni ottanta sviluppa un forte interesse per materiali antichi quali il vetro e la ceramica, lavora in una vetreria di Murano e in laboratori ceramici a Faenza e Macerata, adottando nelle sue realizzazioni soluzioni tecniche innovative.
Nelle sue opere sono riscontrabili linguaggi differenti, quello pittorico e quello letterario; le parole, inserite nelle composizioni o nei titoli, creano delle potenti suggestioni che rinviano al mondo della poesia. La sua indagine pittorica prosegue nel successivo decennio, con importanti mostre che lo portano in varie città italiane e all’estero, in Germania, a Parigi a Lille e al Museo d’Arte Contemporanea di San Josè, in Costa Rica.
 

Silvio Cattani, Geroglifico, tecnica mista su carta mano cm 30x20, 2021 ©.
 
Di questo periodo ricordiamo, fra le tante esposizioni, la mostra itinerante «Meditazioni Blu» inaugurata a Dortmund al Museo am Ostwall e quella presso la galleria di Arte Moderna e Contemporanea nella Repubblica di San Marino.
Si tratta di una serie di opere che trae ispirazione dalla lettura delle «meditazioni» di Alexei Jawlensky, in cui l’artista predilige l’utilizzo del blu accostato alla grafite, pitture in forme ogivali racchiuse in cornici metalliche.
La sua sperimentazione continua attraverso l’utilizzo armonico di diversi materiali, vetro, mosaico e ceramica, portandolo alla creazione di importanti opere pubbliche.
 
Quando Cattani varca la soglia del terzo millennio è da tempo un artista consolidato e conosciuto non solo in territorio nazionale, è molto apprezzato anche all’estero, numerose sono le mostre, sia personali che collettive, a cui partecipa oltreconfine.
L’artista conta al suo attivo un corposo numero di prestigiose esposizioni, ne citiamo alcune a titolo esemplificativo: Bangkok, The Queen’s Gallery New Ceramic; San Francisco; Istituto Italiano di Cultura; Amsterdam, Istituto Italiano di Cultura; Washington, Istituto Italiano di Cultura; Atene, Istituto Italiano di Cultura; Galleria Studio 53, Rovereto; Galleria Lee, Berlino; Palazzo Ferro Fini, Consiglio Regionale, Venezia; Seul, Hangaram Art Museum «Nuovi dipinti»; Napoli, Maschio Angioino, Talismani; Kreissparkasse, Rheda Wiedenbruck; Galleria ArtCabinet, Nantucket (USA); Qingdao, Cina, Museum of Modern Art; Trento, Palazzo Trentini, «Tra segno e pittura» Silvio Cattani/Andrey Volkov – Mosca, Galleria A3; Trento, MART, Galleria Civica «Almanacco 70. Architettura e Astrazione»; Umbertide, Centro per l'arte contemporanea Rocca di Umbertide, «Materie prime».
 

Silvio Cattani, serie I funamboli con i loro violini, omaggio a Dylan Thomas, tecnica mista su carta cm30x30, 2018  ©.
 
Ha eseguito numerose opere di arte pubblica, in vetro, ceramica e metallo, tra cui nel 2018 una serie di moduli pittorici per la nuova Scuola Materna di Pergine Valsugana (Trento) e l’intervento decorativo per la nuova Scuola Materna di Pieve Torina (Macerata) realizzata dalla Fondazione RAVA di Milano. Ha collaborato con FIAM Italia per la progettazione e produzione di opere artistiche in vetro.
Ha realizzato inoltre le scenografie per diversi eventi musicali e coreografici; ha collaborato con la Aureliana Contemporary Dance Project per Sign Art Our, presentato alla Kunsthalle WhiteBox di Monaco di Baviera, al Performance Festival di Halle e al Mart di Rovereto nell'ambito di Festival Oriente Occidente.
 
Il prof. Silvio Cattani è curatore della collettiva intitolata 20x20, inaugurata recentemente a Vattaro, Trento, nata in collaborazione con il MART e con il sindaco del Comune di Altopiano della Vigolana Paolo Zanlucchi, con l’obiettivo di diffondere l’arte sul territorio, dando un segno di ripartenza dopo il difficile periodo della pandemia.
All’esposizione hanno partecipato con le loro opere i seguenti artisti, elencati in ordine alfabetico: Giorgio Antinori; Matteo Boato; Italo Bressan; Simone Butturini; Mauro Cappelletti; Barbara Cappelli; Alessia Carli; Luciano Civettini; Maurizio Corradi; Luca Coser; Paolo Dolzan; Annalisa Filippi; Alberto Forchini; Giovanna Fra; Paolo Fraternali; Ivo Fruet; Romano Furlani; Paola Grott; Francesca Libardoni; Anna Lorenzetti; Roberta Lozzi; Bruno Mangiaterra; Bruno Marcucci; Nevio Mengacci; Marcello Nebl; Leonardo Nobili; Francesco Onda; Aldo Pancheri; Gianni Pellegrini; Udo Rein; Linda Rigotti; Gianluigi Rocca; Antonio Sammartano; Paolo Tomio; Luca Vitturini; Paolo Vivian.
 
Curiosi di saperne di più, abbiamo avuto il piacere di incontrarlo, rivolgendogli alcune domande.
 

Silvio Cattani, serie I funamboli con i loro violini, omaggio a Dylan Thomas, tecnica mista su carta cm30x30, 2018  ©:
 
Artista poliedrico, ha svolto un’intensa attività esponendo in Italia e all'estero. La sua prima personale alla nota galleria Il Traghetto di Venezia. Che ricordo conserva di quell’evento?
«Il titolare della galleria Il Traghetto di Venezia a quei tempi era Gianni De Marco, ho un bellissimo ricordo di quell’esperienza straordinaria, all’epoca io frequentavo il liceo, era la fine degli anni sessanta. Ho esposto insieme a un artista molto raffinato con cui tuttora ho rapporti di amicizia, Gino Di Pieri. Avevamo organizzato a Pozzuoli, con amici napoletani, una performance; era il momento in cui ci si confrontava su quelle che erano le esperienze dell’arte comportamentale.
«Da quella documentazione fotografica sono state realizzate una serie di immagini serigrafiche. Ho presentato quei lavori considerati innovativi nel territorio veneziano, molto legato all’idea della pittura, si trattava di fogli di formato 100x150 che proponevano la sequenza di immagini monocrome con figure che si muovevano nello spazio, avvolte da corde. Gino Di Pieri aveva invece esposto delle bellissime incisioni e dei dipinti.»  
 
Nel 1968 lei ha peraltro vinto il premio per il disegno dell’Opera Bevilacqua La Masa di Venezia…
«Ho presentato in quell’occasione una serie di disegni su carta fotosensibile, immagini proiettate su supporti emulsionati elaborati graficamente e pittoricamente. Ho vinto il primo premio ex aequo con un altro amico, Giorgio Spilli, un bravissimo disegnatore.»
 
Nel tempo ha elaborato un linguaggio che sembra sfuggire a facili catalogazioni. Come potrebbe essere definita la sua arte? È corretto chiamarla «arte astratta»?
«Il termine astratto è un termine aperto, molto liquido, dovrebbe voler dire tutto ciò che non è figurativo, che non ha un riferimento esplicito a un dato figurale. La mia è un’arte astratta, nel senso che questo riferimento non è esplicito, se c’è non è leggibile, non è immediatamente decodificabile.
«In alcuni lavori, cito quello realizzato per la scuola di Pieve di Bono, ci sono dei frammenti di figurazione, delle tracce dove si intravedono degli alberi, figure, elementi reinterpretati.
«Del tutto liberamente, ho pensato a un’opera che non fosse solo astratta ma che avesse degli elementi di rinvio al modo reale, riconoscibili dai bambini che frequentano la scuola.»
 

Silvio Cattani, serie I funamboli con i loro violini, omaggio a Dylan Thomas, tecnica mista su carta cm30x30, 2018  ©.
 
«Mi trovi dove le montagne sono cariche di ombre», «La pietra accetta di fiorire», solo per citarne alcuni: come sceglie i titoli delle sue opere?
«I titoli delle mie opere per me rappresentano un percorso parallelo; la mia non è un’operazione didascalica o illustrativa, non sono un illustratore di poesie. Mi piace molto la poesia, è un po’ come la musica, ascolto spesso Philip Glass, compositore minimalista, ma anche tutta la musica classica, lasciandomi trasportare da quelle suggestioni.»
 
Quali tecniche predilige nell’esecuzione dei suoi lavori?
«Sono diverse le tecniche sperimentate nel tempo, il mio è un approccio multidisciplinare. Ho realizzato mosaici, tante opere in vetro, ceramica, utilizzo una tecnica di pittura su metallo, su fogli di alluminio trattati, molto interessante in quanto permette di ottenere un prodotto molto stabile dal punto di vista della tenuta del colore, adatto alla realizzazione di interventi pubblici.»
 
Quali sono le situazioni da cui trae maggior ispirazione?
«Sono molte le situazioni da cui traggo ispirazione, in realtà ho sempre lavorato mettendo in campo la mia creatività, non ho mai vissuto la mia esperienza professionale e artistica come uno sdoppiamento di personalità.»
 
Nel corso degli anni ha dipinto preferendo alcune cromie piuttosto che altre: c’è qualche colore a cui non rinuncerebbe mai, che sente suo?
«C’è una casualità controllata in ciò che faccio, può succedere che durante un lavoro emergano colori particolari, diciamo che il mio colore preferito è il blu, una costante. Ultimamente c’è questa serie di rossi che trovo molto interessante…»
 
Quale dovrebbe essere la funzione dell’arte nella società contemporanea?
«Soprattutto in questo momento di crisi direi una fondamentale funzione sociale. La dimensione della creatività, quindi la cultura nelle sue diverse declinazioni, è vitale. Tutta la cultura va valorizzata, creatività vuol dire anche intelligenza, capacità di visione. Del resto non è una novità che l’arte abbia una funzione sociale, pensiamo alla Storia sociale dell’Arte di Arnold Hauser…»
 

Silvio Cattani, serie I funamboli con i loro violini, omaggio a Dylan Thomas, tecnica mista su carta cm30x30, 2018  ©.
 
Prof. Cattani, quando è nata l’idea di creare l’Istituto d’Arte Depero, di cui lei è il fondatore?
«Sono stato uno dei più giovani presidi d’Italia; a metà degli anni ottanta, all’epoca ero già preside all’Istituto Statale d’Arte di Trento, ho superato il concorso nazionale per passare di ruolo perdendo il posto per mezzo punto. Un evento solo apparentemente sfortunato che si è in realtà rivelato una grande opportunità, sono infatti finito a Verona dove per un anno ho diretto l’Istituto d’Arte, un’esperienza formativa molto importante che mi ha condotto successivamente a fondare l’Istituto d’Arte Depero.
«L’idea di far nascere un istituto d’arte a Rovereto, città con cui ero peraltro in ottimi rapporti, mi è sembrata vincente; avevo già avuto modo di notare che molti studenti dell’Istituto Statale d’Arte di Trento erano roveretani. In breve, nel giro di sei mesi il Ministero ci ha concesso la scuola, c’è da dire che avevamo l’appoggio forte della città. Sono naturalmente orgoglioso di aver fondato 34 anni fa il Depero, come delle competenze acquisite nei lunghi anni di attività, anche quando ero preside del Don Milani, nell’ambito del sostegno abbiamo maturato delle esperienze di cui vado ancora oggi fiero.
«All’Istituto Depero siamo partiti con 18 studenti, molti di loro sono ora insegnanti, alcuni allo stesso Depero, per arrivare agli attuali 400. Inizialmente, ci è stata assegnata una piccola sede in Comune, disponevamo di un piccolo ufficio dove lavorava un’impiegata, Clelia, una carissima collaboratrice, da anni scomparsa.
«Dopo la sua fondazione l’abbiamo subito trasformato in scuola sperimentale: ho introdotto degli indirizzi nuovi, all’epoca unici in Italia, adesso più diffusi, come cinematografia, per citarne uno. Dopo alcuni anni mi hanno chiamato al Ministero, sono poi stato nominato direttore dell’ISIA di Faenza, che è un istituto universitario della ceramica, però ho sempre mantenuto la titolarità al Depero, pur accettando degli incarichi in altre realtà. Per dieci anni ho diretto anche il Don Milani, un istituto professionale con indirizzo sociale. Utilizzando il fondo sociale europeo abbiamo mandato i ragazzi all’estero, per loro una grande occasione di crescita personale.
«È stato successivamente costituito l’Istituto delle Arti che comprendeva il Depero, il Vittoria, il Liceo musicale e coreutico, accorpando tutto l’ambito artistico-formativo. La creazione di un polo extra-comunale è stata da tutti citata come un’esperienza fortemente innovativa».
 
Come sono cambiati negli anni gli studenti?
«Non sono cambiati poi tanto. Sono cambiati i contesti, certamente con l’avvento delle nuove tecnologie è cambiato il modo di rapportarsi dei giovani rispetto alle tematiche della vita quotidiana, è un dato di fatto, però credo anche che non ci siano grandi differenze sostanziali negli atteggiamenti, nel senso che i giovani adesso come allora coltivano la bellezza del pensiero libero, della libertà, valori intramontabili.
«Abitando nei pressi della scuola, mi capita di tanto in tanto di osservarli, un po’ mi commuove il pensiero di aver dato vita alla scuola che frequentano. Moltissimi miei ex studenti sono adesso insegnanti, è una bella soddisfazione.
«Dal punto di vista della comunicazione ora si dispone di opportunità un tempo inimmaginabili, l’avvento di internet ha dato la possibilità a tutti di potersi confrontare con realtà geograficamente distanti, la rete ha abbattuto le distanze creando nuove occasioni; oggi è possibile visitare una mostra a New York senza muoversi dalla propria abitazione, basta avere un computer o uno smartphone…
«Nel campo della comunicazione grafica, multimediale ecc., ambito che abbiamo sviluppato all’Istituto Depero, ma anche nell’ambito della pittura, questa opportunità offerta dalla tecnologia rappresenta un grande valore. I giovani rappresentano la forza del futuro, occorre lavorare molto dal punto di vista educativo sull’aspetto umano, sollecitandolo.
«L’obiettivo della mia scuola è stato ed è quello di dare una motivazione alla vita, certo, anche quello di formare i ragazzi dal punto di vista delle competenze, credo però che indirizzare il loro sguardo verso il futuro sia il compito fondamentale.»
 

Silvio Cattani, serie I funamboli con i loro violini, omaggio a Dylan Thomas, tecnica mista su carta cm30x30, 2018  ©.
 
È più facile per i giovani che scelgono di intraprendere questa strada diventare artisti oggi rispetto a ieri?
«Una volta era più difficoltosa la comunicazione, era più difficile confrontarsi, adesso ogni cosa sembra più alla portata di tutti, è apparentemente più facilitata la strada di un giovane che sceglie di intraprendere questa professione, tuttavia questa è una lettura un po’ superficiale che non tiene conto di tanti altri fattori; sono molti le componenti che entrano in gioco, la motivazione, la competenza, una certa capacità di relazione, anche la fortuna, indipendenti dalla volontà del singolo.
«Oggi c’è un’ampia possibilità di confronto, quello che ritengo importante per un ragazzo che voglia impegnarsi in questo ambito credo sia cercare di sviluppare una propria individualità, avere consapevolezza dei propri limiti per poterli superare, coltivare una visione aperta. Occorre conoscere il lavoro degli altri, formarsi, il che non vuol dire studiare a memoria delle nozioni, ma capire, cercare di andare oltre. La conoscenza è fondamentale.»
 
Lei ricopre la carica di Vicepresidente del Mart; che impatto ha avuto la pandemia sul mondo dell’arte in generale e sui musei in particolare? Al Mart le visite virtuali hanno avuto il successo sperato, avete raggiunto gli scopi prefissi?
«Anche il MART, come tutti i musei, ha vissuto durante la pandemia un momento difficile. Tutto quello che è stato predisposto, programmato, ha subito una sorta di censura legata alla gestione dell’emergenza sanitaria, adesso però ci sono confortanti segnali di ripresa con le straordinarie mostre in corso, un atto di speranza verso il futuro. Le visite virtuali sono state accolte con entusiasmo, hanno offerto, grazie alle nuove tecnologie, in un contesto non felice, la possibilità di visionare il museo e le sue esposizioni.
«Parlando di futuro, è in programma una mostra su Depero in ottobre. Un evento certamente importante se si considera che il MART è nato grazie alla donazione, al deposito, al passaggio del patrimonio che apparteneva al Comune di Rovereto e che ha permesso di istituire il museo come primo luogo di conservazione e promozione dell’opera di Depero.
«È un atto dovuto, lo scorso anno ricorreva il 60° anniversario della morte di questo grande artista, purtroppo per le ragioni note legate alla pandemia si è dovuto rimandare. Sarà una grande mostra di forte richiamo a livello nazionale e internazionale, perché Depero, non spetta a me dirlo, non voglio certo avventurarmi in ragionamenti di natura storico-critica, è stato un grande personaggio, spaziando dalla grafica alla scenografia, alla pittura.
«L’idea del presidente Sgarbi è anche quella di valorizzarlo, portando la sua arte in altri luoghi, proponendolo non solo a livello territoriale.»
 

Silvio Cattani, serie I funamboli con i loro violini, omaggio a Dylan Thomas, tecnica mista su carta cm30x30, 2018 ©.
 
Lei ha curato la mostra «20x20» da poco inaugurata, in collaborazione con il Mart. Quando è nata l’idea di questa esposizione e quanti artisti vi sono coinvolti?
«È nata l’anno scorso, in pieno lockdown, quando eravamo tutti bloccati nelle nostre abitazioni in attesa che si riaprissero i luoghi di cultura, i musei, le biblioteche, i teatri, le gallerie d’arte. È stato in quel difficile momento che, relazionandomi con il sindaco del comune di Altopiano della Vigolana Paolo Zanlucchi, è maturata l’idea di promuovere nel territorio della Vigolana un evento culturale che servisse da catalizzatore, che fosse un punto di incontro tra arte e comunità, veicolando segnali di speranza, un modo per guardare avanti e pensare al futuro.
«Sono stati coinvolti trentasei artisti, non solo trentini, ai quali abbiamo chiesto di produrre due opere di formato 20x20, entrambe esposte in mostra e pubblicate sul catalogo che la accompagna, impreziosito da una breve introduzione del presidente del MART Vittorio Sgarbi, il quale pur non entrando nel merito dei singoli artisti esprime un pensiero di apprezzamento.
«Un obiettivo del MART è proprio quello, a mio avviso, di guardare sempre più anche alle esperienze qualificate del Trentino, dando spazio a tanti artisti valenti che lavorano con modalità ormai riconosciute anche a livello internazionale, in alcuni casi, e che meritano di essere valorizzati.
«Il titolo rinvia al 2020, anno in cui si sarebbe dovuta tenere l’inaugurazione che, a causa del protrarsi dell’emergenza sanitaria, è poi stata spostata al 2021. Al termine dell’esposizione a ogni artista verrà restituita una delle due opere, mentre l’altra andrà a costituire il nucleo iniziale di una collezione di arte contemporanea che sarà costituita nel comune Altopiano della Vigolana.»
 
È stato scelto un tema in particolare?
«No, ogni artista ha potuto esprimersi liberamente.»
 
Fino a quando sarà visitabile?
«Fino al 29 agosto 2021 a Vattaro, presso il Palazzo Bortolazzi.»
 
Progetti futuri?
«Ho in programma una mostra ad agosto in un luogo dove ho già esposto, a Isera a Palazzo Probizer, con opere realizzate quest’anno, e poi una mostra a Lucca, a Natale.
«È stata inaugurata sabato scorso, 19 giugno, la mostra AvVio l’estate, dove è stata presentata la donazione di Alberto Biasi, artista roveretano che ha donato al comune di Avio alcuni gessi, prototipi delle sue sculture.
«È appena stata inaugurata la mostra Artisiti veronesi In Avio, a cura di Remo Forchini e Mario Cossali, da me coordinata, presso l’Auditorium di piazza Vittorio Emanuele III, ad Avio. Resterà aperta al pubblico fino ad agosto 2021. In mostra Piera Legnaghi, Simone Butturini, Silvia Forese, Rabeah Mashinchi e Daniele Nalin.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Silvio Cattani, serie I funamboli con i loro violini, omaggio a Dylan Thomas, tecnica mista su carta cm30x30, 2018 ©

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