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I murales di Orgosolo – Di Daniela Larentis

In Sardegna, nel centro della Barbagia, un museo a cielo aperto incanta ogni anno migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo

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Autore: Francesco Del Casino.
 
Ogni anno migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo arrivano in Sardegna per scoprirne la cultura, l’arte, la bellezza in tutte le sue declinazioni, e si recano nel cuore della Barbagia, attirati dal fascino di Orgosolo, con i suoi celebri murales che abbelliscono le case del centro, con i suoi piatti tipici, con le escursioni organizzate nella natura selvaggia e magnetica del Supramonte.
Sono centinaia i murales che arricchiscono le facciate delle abitazioni di questo antico paese di 4.500 anime, posto a un’altitudine di circa 600 metri sul livello del mare, mettendo in scena più o meno dagli anni settanta del Novecento (il primo murales è datato 1969, realizzato dal collettivo milanese Dioniso), con la vivacità dei colori e con le forme di cubismo di stampo picassiano, una protesta visuale che narra di fervore politico e di giustizia sociale, di vita contadina e lotte popolari, di tradizione agropastorale e molto altro, invitando a riflettere su tematiche importanti fino ai giorni nostri.
 
Ma chi sono gli autori di questo museo a cielo aperto, visitato e fotografato da così tante persone? Gli artisti sono locali, nazionali e internazionali, fra tutti ne citiamo alcuni a titolo esemplificativo, l’orgolese Pasquale Buesca, Vincenzo Floris, anche lui di Orgosolo come Pasqualino Baingiu e Kikinu, Diego Asproni, bittese, Massimo Cantoni, milanese con origini orgolesi; il pittore toscano Paolo Maiani, diversi giovani orgolesi diplomati all’istituto d’arte, naturalmente il pittore senese Francesco Del Casino, vissuto a Orgosolo per oltre 20 anni, insegnante di educazione artistica, autore di un nutrito nucleo di opere; la pittrice argentina Norma Trogu e molti altri di passaggio, sia italiani che stranieri.
 
Tutte le opere catturano lo sguardo del visitatore, rinviando via via ad argomenti diversi, impraticabile nominarle tutte. Fra queste, una, dedicata alle donne che lottano per i loro diritti, ricorda la tragedia avvenuta nel 1908 consumatasi a New York, legata alle proteste delle lavoratrici di una fabbrica tessile, morte bruciate dopo due giorni di sciopero a causa di un incendio divampato all’interno dell’edificio. Un’altra ricorda invece un accadimento drammatico più recente, l’attentato terroristico delle Torri Gemelle del World Trade Center di New York, avvenuto l’11 settembre 2001.
 

Autore: Francesco Del Casino - C.so Repubblica.
 
Percorrendo il dedalo di viuzze del piccolo borgo, prima o poi ci si imbatte in un murale che non passa inosservato, omaggio alla grande pittrice latinoamericana Frida Kahlo, moglie fra l’altro di Diego Rivera, uno fra i più importanti muralisti del Messico del XX secolo.
L’arte di Frida Kahlo (approfittiamo dell’occasione per segnalare una bella mostra a lei dedicata che sta per concludersi, intitolata «Frida Kahlo. Il caos dentro», allestita presso il Centro Espositivo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trieste, Salone degli Incanti) è entrata nell’immaginario collettivo, la celebre pittrice, nata nel 1907 a Coyoacán, a sud di Città del Messico, è una figura rilevante dell’arte messicana.

Indugiando innanzi al murale viene in mente un saggio di qualche anno fa, intitolato «Psicoanalisi immaginaria» di Frida Kahlo (Edizioni Mimesis), nel quale Riccardo Dalle Luche e Angela Palermo ripercorrono la vita appassionata e tragica della geniale artista, assumendo una prospettiva inedita.
 
Gli autori nella loro interessante disamina mettono in luce diversi aspetti della sua personalità, ripercorrendo la storia di questa grande donna che per tutta la vita ha lottato per il mantenimento della propria identità, nonostante i disturbi fisici sempre più invalidanti e le numerose crisi psichiche che l’hanno condotta a una scomparsa prematura.
Frida Kahlo è stata segnata infatti da una serie di traumi che hanno messo a repentaglio la sua identità, «dissociandola e ricomponendola – sottolineano i due autori - in forme contraddittorie.»
 

Autore: Francesco Del Casino - Kikinu - Via Cavour angolo via Mazzini.
 
Una vita, la sua, breve e intensissima, divenuta un simbolo di femminilità molto distante da altre icone entrate nell’immaginario collettivo.
Frida Kahlo non può essere classificata per la sua importanza in una sola disciplina, come viene evidenziato già nelle prime pagine del volume, «in quanto rappresenta la donna che, più di ogni altra, ha dovuto rincorrere e inseguire in ogni campo della vita, dell’arte, delle convinzioni politico-sociali e religiose, una propria identità, che non poteva essere che assolutamente originale, anticonvenzionale, sovracategoriale.»
 
Come è noto, l’artista ha avuto un gravissimo incidente automobilistico all’età di 18 anni che le ha cambiato la vita.
Si legge a tale proposito in un passo dell’analisi psicopatologica relativa al trauma subito «Tutti i biografi di FK si sono soffermati sull’importanza del trauma dei 18 anni per quanto concerne i palesi riflessi sulla sua biografia e la sua pittura, molto meno per quanto riguarda quelli relativi alle sue problematiche di identità.
«Ogni trauma, soprattutto ogni serio trauma fisico, sospende l’identità, mette in luce la precarietà di ogni identità e in qualche misura impone di “ripartire da zero”[…]. F.K uscì dall’esperienza del trauma con una nuova identità di ruolo, quella di pittrice, soprattutto di autoritratti o di contestuali vicende personali, come gli aborti, gli amori o gli abbandoni, cioè l’intero armamentario del suo teatro autobiografico (Cavalli, 2008). Iniziò cioè a descrivere in immagini la sua vita, senza distinguere tra l’esterno e l’interno del suo corpo e del suo mondo, guadagnandosi, per questo, una identità di pittrice surrealista, autentica ma insufficiente per definirla.»
 
Il murale di Orgosolo a lei dedicato è un omaggio a una donna eccezionale che non ha mai smesso di lottare, lasciando al mondo in eredità la sua meravigliosa arte; prima di morire, stroncata da un’embolia polmonare nel luglio 1954, Frida Kahlo scrisse con il pennello sulla sua ultima opera «Viva la vida».

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Autore: Kikinu - C.so Repubblica.

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