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Il «Realismo terminale» di Guido Oldani – Di Daniela Larentis

Il movimento mette in luce le trasformazioni antropologiche in atto nel mondo globale dominato dalla tecnologia e dagli oggetti – Le interviste

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Il poeta Guido Oldani.
 
Il poeta Guido Oldani è l’ideatore del Realismo terminale, movimento letterario e artistico internazionale che mette in luce le trasformazioni antropologiche in atto nel mondo globale dominato dalla tecnologia e dagli oggetti.
Nasce un modo radicalmente diverso di interpretare la realtà e di rappresentarla, anche artisticamente, a partire dalla poesia.
Pietra miliare della storia del movimento, il libro-manifesto scritto dal Maestro e pubblicato da Mursia nel 2010, tradotto negli Stati Uniti e circolato in diversi altri Paesi, a cui seguono importanti convegni, dibattiti su noti giornali e prestigiose riviste letterarie.
Altro momento decisivo della storia del Realismo terminale, la presentazione ufficiale del movimento al Salone del libro di Torino del 10 maggio 2014, con il lancio del Manifesto breve.
Lo firmano inizialmente in tre: Guido Oldani, gli accademici italianisti Giuseppe Langella ed Elena Salibra.
 
Guido Oldani, una delle voci poetiche internazionali più riconoscibili, è stato proposto per il premio Nobel per la Letteratura 2021 (a sottoscrivere la candidatura di Oldani al celebre premio, intellettuali di tutto il mondo).
Nel 2019 è stato peraltro il primo poeta italiano a ricevere in Cina il Premio alla Carriera, l’«International Poetry Award 1573».
È Oldani stesso, nel libro-manifesto pubblicato nel 2010, a condividere una riflessione sulla nascita del movimento (pag 14): «Il passaggio, dopo il 2000, della maggior parte delle genti del mondo alla vita nel supplizio urbanistico corrisponde (come la scoperta dell’America all’Evo Moderno) all’inizio della nostra «Era Attuale» e questo transito, attraverso siffatte Colonne d’Ercole, pare largamente sfuggito alla nostra confidenza.
 
Col terzo millennio e con l’umanità prevalentemente urbanizzata, cambia antropologicamente l’organizzazione della percezione della realtà, fatta largamente più di oggetti che di natura.
Nella realtà, la natura è ormai azionista di minoranza; azionisti di maggioranza sono invece gli irresistibili oggetti. La natura superstite si dilapida a vantaggio dell’artificialità […].»
Curiosi di saperne di più, lo abbiamo intervistato, rivolgendo qualche domanda anche alla poetessa realista terminale Annachiara Marangoni.
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
 
Guido Oldani nasce nel 1947 a Melegnano (Milano), la Marignan della Battaglia dei Giganti (1515). Coltiva la discordanza culturale, pubblicando nella rivista scientifica «Acta Anatomica» e collaborando con il Politecnico di Milano, presso l’insegnamento di Tecnica della comunicazione. Suoi testi compaiono su numerose riviste, tra cui «Alfabeta», «Paragone», «Kamen».
È del 1985 la sua raccolta «Stilnostro», prefata da Giovanni Raboni, dove colloca la realtà nella cornice atemporale di gerundi e participi passati. Nel 2000 partecipa al convegno «Varcar frontiere», a Losanna, in cui attacca l’insufficiente espressione della realtà degli attriti di popoli, religioni, oggetti, nella poesia.
Ripete l’operazione l’anno successivo alla Statale di Milano, al convegno «Scritture e realtà».
Intanto pubblica la raccolta «Sapone» nel numero 17 di Kamen (2001), dove fa comparire la sua realtà centripeta.
Collabora a quotidiani come Avvenire, La Stampa e Affari Italiani, a trasmissioni RAI, adattando testi per il teatro. Nel 2007 esce, per LietoColle, La betoniera, tradotta in russo.
 

Annachiara Marangoni e Guido Oldani.
 
Nel 2008 pubblica «Il cielo di lardo», nella collana «Argani» che dirige per l’editore Mursia.
Sempre per Mursia nel 2010 esce «Il Realismo terminale», visione della poesia e del mondo, subito tradotto negli Stati Uniti, negli «Annali di Italianistica».
Fra le antologie in cui compare, ricordiamo Il pensiero dominante (a cura di F.Loi e D. Rondoni, Garzanti 2001)., Antologia di poeti contemporanei (a cura di D. Marcheschi, Mursia 2016), Poesia d’oggi (a cura di P. Febbraro, Elliot 2016). Nel 2014, al Salone del libro di Torino, con Langella e Salibra, presenta il «Manifesto breve del Realismo terminale».
Fra le altre pubblicazioni, citiamo: «La guancia sull’asfalto» (Mursia, Milano, 2018); «E hanno visto il sesso di Dio. Testi poetici per agganciare il cielo» (2000 - 2019), Mimesis, Sesto S. Giovanni, 2019; «Dopo l’Occidente - Lettera al Realismo Terminale», Mursia, Milano, 2021. Conta al suo attivo importanti Premi, fra i quali ricordiamo: Premio alla carriera Città di Acqui Terme, 2010; Premio National Talent Gold Fondazione Zanetto Brescia, 2012; Premio Festival Art Spoleto, 2013; International Poetry Award 1573, Luzhou, Cina, 2019; Premio alla carriera Euterpe Jesi, 2022; Premio alla carriera A. Pozzi, Pasturo (LC), 2022; Premio alla carriera per i cento anni del Centro Studi Torquato Tasso, Sorrento, 2022.
 
Annachiara Marangoni, veronese, di formazione sanitaria ed umanistico - pedagogica, dirige a Trento una struttura riabilitativa per giovani affetti da disturbo dello spettro autistico.
Fa parte del movimento poetico Realismo Terminale (RT), fondato dal maestro Guido Oldani.
Già autrice nel 2013 delle raccolte poetiche Nerooro e nel 2019 Il corpo folle, collana I Gigli, editi da Montedit (Mi), ha pubblicato nel 2021 per l’editore Aletti una plaquette realistico terminale raccolta nel volume «Enciclopedia dei Poeti Contemporanei».
Presente nell’antologia RT «Il gommone forato», editore Puntoacapo, 2022, ha pubblicato per la rivista Atelier, diretta da Giuliano Ladolfi, per la rivista Amicando Semper, diretta da Enzo Santese.
Per il direttore della rivista La Terrazza, ha curato l’introduzione di un grappolo di poesie di Guido Oldani.
Ha pubblicato per la rivista internazionale Noria, diretta dal prof. Giovanni Dotoli, sul numero 5, 2023, un articolo sull’autismo e il realismo terminale.
I suoi testi poetici sono presenti in alcune pubblicazioni, volumi e riviste culturali, anche curati da artisti RT.
 
Abbiamo avuto l’onore di rivolgere a Guido Oldani alcune domande.
 

Il poeta Guido Oldani.
 
Lei ha dato vita al movimento letterario e artistico internazionale del Realismo terminale. Quando è nato?
Oldani: «Sono due episodi distinti a dare vita al Realismo terminale: la nascita ufficiale è nel 2010, con l’uscita del libriccino Il Realismo terminale, pubblicato da Mursia, subito tradotto per le università americane, negli annali di italianistica, e per le università cinesi. Questo tipo di linguaggio diventerà poi movimento nel 2014, al Salone del libro di Torino, con il lancio del Manifesto breve sottoscritto da me e dagli italianisti Giuseppe Langella ed Elena Salibra, quest’ultima scomparirà purtroppo alcuni mesi dopo. Si aggregheranno in seguito diversi autori di poesia, di narrativa e non solo, essendo un movimento aperto alle più varie forme espressive: arti visive e plastiche, musica, teatro, danza e così via.»
 
Può tratteggiarne le coordinate principali?
«Il Realismo terminale ambisce ad essere la rappresentazione critica e ironica della civiltà globalizzata degli anni Duemila, interpretando e descrivendo quegli aspetti del divenire storico-sociale che maggiormente caratterizzano il nostro tempo. La mia polemica con la poesia italiana parte da lontano, già dal 1985 con la raccolta Stilnostro, dove io sento che la realtà è mal rappresentata e allora reagisco servendomi di verbi declinati soprattutto al participio passato e nel gerundio per sottolineare l’idea di atemporalità. Se dico bevendo non si sa quando avvenga, stessa cosa per bevuto, non viene indicato esattamente quando avviene l’azione del bere; con questa modalità usciamo, per così dire, dal tempo, c’è uno spostamento di percezione.
«È un tempo epocale: le stagioni non sono più così nette, noi non siamo più legati come prima ai ritmi delle stagioni. Il grande supermercato rappresenta proprio questo, l’abolizione del tempo stagionale, la monotonia di un tempo uguale per tutti.
«Questo avviene già a metà degli anni ’80, dopodiché la polemica si inasprisce da parte mia; nel Duemila, partecipo a un convegno a Losanna, dove attacco l’insufficiente espressione della realtà degli attriti di popoli, religioni, oggetti della poesia.
«C’è questa conflagrazione con la poesia del tempo italiana, dignitosissima, ma per me non più sufficiente per rappresentare il mondo contemporaneo, un mondo in veloce mutamento.
«Dagli anni 2000 gli abitanti del mondo che vivono nelle città hanno superato quelli che vivono nelle zone rurali, un dato spaventoso, davvero sconvolgente.
«Stiamo da tempo assistendo a un inarrestabile accatastamento dei popoli nelle megalopoli, a una totale immersione degli esseri umani in un ambiente sempre più artificiale, dominato dalla tecnologia; le persone sono mescolate a milioni di oggetti che invadono le nostre vite, di conseguenza muta sempre più il linguaggio; se prima utilizzavamo delle similitudini naturali, dicevamo per esempio sei veloce come una lepre, ora diciamo sei veloce come una Ferrari e così via.
«Il Realismo terminale vuole essere un rispecchiamento ironico della civiltà ipertecnologica, consente di parlare del mondo così come lo conosciamo, di comprenderlo, di scrivere in una maniera completamente altra rispetto a prima.»
 
Potrebbe spiegare brevemente il concetto di «similitudine rovesciata»?
«Contrariamente alla similitudine naturale, che ha sempre assunto la natura quale termine di paragone per descrivere una determinata realtà umana o meccanica, la similitudine rovesciata attinge al mondo artificiale creato dall’uomo, mettendo la natura ai margini. Per cui dicevamo per esempio hai gli occhi azzurri come il mare, hai gli occhi neri come il carbone, oggi per spiegare la stessa natura dobbiamo riferirci all’artefatto. Per questo ho introdotto il termine di similitudine rovesciata
 
Che cosa indica l’aggettivo «terminale»?
«L’aggettivo sta ad indicare l’ironia filosofica propria di questo canone. Il riferimento è un po’ il viaggio che stanno percorrendo i popoli per andare ad accatastarsi nelle metropoli, è come si andasse verso la fine, verso il termine di un’operazione che condurrà a un’altra civiltà. Forse, poi, ci sarà un balzo all’indietro, è difficile dirlo, si può solo ipotizzare naturalmente…»
 
Il destino dell’uomo sembra segnato, è quindi da intendersi nell’accezione negativa?
«È da intendersi nella duplice accezione, sia negativa che positiva. Credo che il linguaggio che propone il Realismo terminale possa servire per capire meglio quello che stiamo vivendo e magari a stimolare la nostra capacità critica.»
 
Qual è il senso ultimo e più profondo della funzione della poesia in una società dell’accumulo non più sostenibile?
«Una modalità nuova di parlare porta a una modalità altra di pensare, come è risaputo. Non esiste nessuna civiltà, società, nessuna nazione senza poesia. Credo che essa svolga in punta di piedi una funzione essenziale.»
 
Lei dirige la collana di poesia Argani, presso l’editore Mursia. Come è stato pensato il progetto e quali obiettivi si pone?
«La finalità è di creare uno spazio che sia da una parte garante di una qualità, di una freschezza, di una invenzione di linguaggio, di un’innovazione. Tendenzialmente pubblico poeti realisti terminali, ma non solo.
«Il mio intendimento è quello di dare vita ad una collana che rappresenti una frattura rispetto al millennio precedente. Mi pare che le altre case editrici storiche conservino invece abbondantemente il patrimonio del Novecento e tendano a farlo prolungare, a farlo sopravvivere in mezzo a una polemica dichiarata.
«Quando leggo una poesia la prima domanda che mi pongo è: questo testo poteva essere scritto così anche 25 anni fa? Se la risposta è affermativa allora direi che è meglio lasciar perdere.»
 
A cosa sta lavorando/progetti futuri?
«Nell’immediato, appena tornerò a casa, ci sarà una rassegna sulla pace dedicata a un amico scomparso, David Maria Turoldo. Ho scritto una poesia sul tema della pace. Sto poi pensando a una raccolta poetica a cui mi dedicherò a breve.»
 
Ci farebbe l’onore di leggere in anteprima la poesia per noi?
«Volentieri, gliela leggo lentamente perché penso alla poesia come a una mostra di scultura, dove ogni parola è un po’ come una scultura. Un quadro si osserva di fronte, la scultura no, alle volte è necessario girarle intorno, un po’ come le parole.
«Questo testo, che è dedicato alla pace e che leggerò il giorno 5 febbraio al teatro San Carlo di Milano, in memoria dell’amico David Maria Turoldo, recita così:
La pace è un chiodo che può conficcarsi | nel piede ai miei governi sempre uguali | nell’estorcere al popolo le armi.| e non conosco quanto può costarci | ma la mia spesa è sempre più barbona | e l’onore è un fatto per mafiosi | tra i social resi ormai degli zerbini | e temo che sprofondi pure Roma.
»
 
Ha già scelto il titolo della raccolta?
«Ne ho due o tre in ballo. Un’ipotesi è Titolo senza. Un titolo indeterminato, senza dubbio siamo senza qualcosa o senza tutto. O senza libertà o senza amore o senza patria e così via.»
 
Abbiamo poi rivolto alcune domande anche alla poetessa realista terminale Annachiara Marangoni.
Lei ha aderito al Realismo terminale, contribuendo a creare una nuova modalità di linguaggio. La sua ultima raccolta poetica è del 2019, come è avvenuto il passaggio?
Marangoni: «Ho scritto Il corpo folle prima di conoscere Guido Oldani. Ho conosciuto il Maestro grazie a un amico comune, il pittore Aldo Pancheri, in occasione dell’inaugurazione della mostra al Palazzo delle Albere Viaggio nel colore e nel segno, da me presentata nell’agosto 2019, dedicata a due importanti artisti del panorama trentino: Renato Pancheri, a dieci anni dalla sua scomparsa, e Aldo Pancheri, figlio di Renato.
«Dopo aver sottoposto le mie raccolte poetiche a Guido Oldani, sono stata invitata alla manifestazione Bookcity a Castello Sforzesco, a Milano, rimanendo successivamente sempre in contatto con lui. Ho partecipato successivamente a varie iniziative, studiando il Realismo terminale, cogliendone le caratteristiche.
«Nel corso di questi ultimi anni ho scritto vari testi di poesia che sono stati raccolti in volumi di arte, ad esempio sono stati tradotti in polacco su una rivista, grazie a una nostra collega realista terminale, Izabella Teresa Kostka. Nel numero 5 della rivista Noria, Revue litterarie et artistique, diretta da Giovanni Dotoli, già ordinario alla Sorbona, è uscito il mio articolo dal titolo Autismo e Realismo Terminale. Nello stesso volume, sono stati pubblicati i dieci Vangelini apocrifi dello stesso Oldani.»
 
Potrebbe mettere in luce brevemente l’accostamento fra autismo e Realismo terminale, argomento di cui ha parlato nell’articolo pubblicato dalla rivista Noria?
«Come dice il Realismo terminale, nel Terzo millennio la natura diventa sempre più simile agli oggetti o artefatti. Questa modalità sembra essere la stessa utilizzata dagli autistici che tendono a comporre, per esempio, gli organi di una faccia come fossero tessere dislocate di un loro mosaico oggettuale.
«Anche nella percezione visiva delle parole, gli autistici sembrano dimostrare una loro caratteristica: si concentrano su una singola parola, significato e significante, non dando peso all’insieme della frase nella quale la parola viene a situarsi.
«Questa parcellizzazione della frase che conduce a una singola parola come fosse un oggetto, lo rappresenta quasi come una cartolina: il passaggio è, parola isolata nella frase, questa diventa oggetto per essere definitivamente proposta come immagine visiva.»
 
A cosa sta lavorando/progetti futuri?
«Sto lavorando a una raccolta di poesia che ha subito varie trasformazioni dal 2020 ad oggi, diventando sempre più ridotta come numero di componimenti, ne sto scrivendo alcuni, eliminandone altri. La sottoporrò poi a Oldani per una sua valutazione.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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