Liberio Furlini, in mostra a Mantova – Di Daniela Larentis
È in corso al Museo Diocesano Francesco Gonzaga «Un Universo di Arte senza tempo», esposizione di pitture rupestri e graffiti dell’artista trentino – L’intervista
Liberio Furlini, lungo il fiume Asia - Cina grotta di Huashan Ningming.
È in corso a Mantova, al Museo Diocesano Francesco Gonzaga, un’esposizione di pitture rupestri e graffiti di Liberio Furlini, apprezzato artista trentino, noto in particolare per i suoi murales e affreschi.
La mostra «Un Universo di Arte senza tempo», accompagnata da un esaustivo catalogo, è stata inaugurata innanzi a un folto pubblico lo scorso 1° novembre e resterà aperta fino al 10 dicembre nei seguenti orari di apertura: da mercoledì a domenica dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.30.
Sottolinea Marco Rebuzzi, Conservatore del Museo: «Il Museo Diocesano Francesco Gonzaga ospita in modo permanente capolavori dell'arte antica e moderna testimonianti la cultura e la storia locale, ma ha dedicato, soprattutto negli ultimi anni, una grande attenzione nei confronti di artisti contemporanei allestendo molte esposizioni.
«Promuovere il patrimonio artistico in tutte le sue forme ed espressioni è una prerogativa che il museo intende perseguire nella convinzione che l'arte sia in grado di creare un dialogo tra il passato e il presente.
«La scelta singolare di riprodurre e riproporre la pittura rupestre porta programmaticamente Liberio Furlini al ritorno a un passato remoto, a una preistoria, che in fin dei conti si è protratta nella storia fino alla prima rivoluzione industriale, in cui il ritmo della vita era dettato da quello delle stagioni; in cui il rapporto con gli animali era basilare per l’uomo, essendo quelli il fondamento del suo sostentamento.
«Ma anche simboli spesso totemici di forza e di pulsione vitale. Una sorta di invito di pietra al recupero della consapevolezza dell’importanza del rapporto con la natura quello rivolto dall’artista trentino agli osservatori contemporanei.
«Recupero che deve passare necessariamente anche dalla sintonia con il territorio che si abita, come dimostra la scelta di dipingere su rocce tipiche della sua regione, quali il porfido e il granito.»
Liberio Furlini, Caccia - Asia - Uzbekistan - Valle di Vergana.
Spiega il critico d'arte Giacomo Bonazza, in un passo del suo intervento critico: «La prima tela dell'uomo fu la pietra. Il primo laboratorio artistico documentato nella storia è quello della grotta di Blombos in Sudafrica, dove nel 2011 fu scoperto il disegno più antico del mondo risalente a 73.000 anni fa: un intreccio di linee tracciate con una matita di ocra rossa su un frammento di pietra lungo 4 cm.
«Sono già le tracce dell'uomo simbolico, capace di astrazione e di idealizzazione. Il fare arte dei Neanderthal e dei Sapiens ci dice come l'esperienza estetica è una delle caratteristiche degli esseri umani, come sia una componente fondamentale della nostra evoluzione biologica.
«Da qui l'attrazione per gli artefatti dei nostri lontanissimi progenitori, e le risonanze che ancora suscitano nel nostro sentire più profondo.»
Don Marcello Farina, sacerdote e filosofo, mette in luce altri interessanti aspetti:
«Io ho scelto quattro semplici parole per interpretare le opere di Liberio: la terra - la pietra - la casa - la cura.
«La terra; il racconto pittorico di Liberio nasce da una sensazione immediata di condivisione nei confronti di ciò che la terra accoglie, anima, protegge e, anche dimensiona.
«La pietra; il gesto pittorico serve anche a questo: a ritrovare dietro alle pietre la vite di coloro che le hanno usate, nei mille modi che l'arte, il bisogno, la fantasia hanno voluto.
«La casa; le case, che vengono fissate in questi dipinti, in primo piano, sullo sfondo, a luce piena o sfumate all'orizzonte, che portano con sé il fascino del sentimento, appunto del sentirsi a casa quando si contemplano queste opere.
«La cura; che dice lo stato d'animo del pittore, la sua disponibilità d'animo e l'uso del colore; tutto è tenue, misurato, sommerso, meditativo e, insieme, dolce, accogliente.»
Liberio Furlini, Sciamano - Europa - Francia - grotta Les Frères.
Alcune brevi note biografiche prima di passare all’intervista.
Liberio Furlini è nato nel 1950 a Riva del Garda, lavora a Trento e risiede a Lavis. Pittore per lo più autodidatta, in giovane età è stato allievo del prof. Luigi Senesi e successivamente di Gelsomina Bassetti.
È esperto nella tecnica dell’affresco, ha iniziato a dipingere dopo il 1989 realizzando murales e affreschi.
Diverse sono le tecniche pittoriche da lui utilizzate nell’esecuzione delle sue opere: tempera, terre naturali, acrilico, ossidi, olio, complessi interventi di sabbia, gesso, polvere di marmo, stucco a calce.
Conta al suo attivo numerose importanti mostre, ne citiamo alcune fra le più significative: al Palazzo Esposizioni a Fano, al Centro d’Arte San Vidal di Venezia, alla Pinacoteca R. M. Pedrazza a Luserna, alla Casa de Gentili di Sanzeno, al Palazzo de Maffei a Lavis, a Palazzo Trentini, a Trento.
È stato invitato alla IV Biennale d’Arte Internazionale «Ermentage du Riou», a Mondellieu - Cannes e alla selezione per la Biennale d’Arte Internazionale di Roma. L’artista predilige la pittura murales.
Citiamo alcuni fra i lavori più noti: al Centro di Documentazione di Luserna, alla scuola materna e alla biblioteca di Roncone, a Azzinano di Tossicia e a Sant’Eufemia a Maiella negli Abruzzi, a Polpenazze del Garda (BS). Fra gli affreschi, il più particolare è il pastorello realizzato a Balbido di Bleggio Superiore nel 2005, al quale la RAI sede di Trento ha dedicato un documentario di 30 minuti.
Nell’ottobre 2018 ha vinto il Premio Internazionale Affreschi a Polpenazze del Garda (BS). Negli anni 2020 - 2022 ha realizzato il progetto sulla Pittura Rupestre e Graffiti, con esposizioni a Lavis, a Palazzo Maffei, Rifugio Antiaereo e Giardino Ciucioi, a Luserna, in contemporanea al Centro Documentazione Luserna e Pinacoteca Rheo Marthin Pedrazza e a Trento ha esposto nella prestigiosa sede di Palazzo Trentini.
È del gennaio 2023 la mostra personale «Recupero delle origini», presso Campana dei Caduti di Rovereto.
Nel 2023 ha realizzato vari murales, a Bondo nel porticato del cimitero austro-ungarico e a Castello Tesino. Fra le più recenti realizzazioni un’opera in granito dedicata a San Vigilio e alla leggenda del Bus de Vela, inaugurata in piazza D’Arogno a Trento lo scorso giugno.
Abbiamo avuto occasione di porgergli alcune domande.
Liberio Furlini, Specchi d'acqua.
L’esposizione attualmente in corso a Mantova fino a quando sarà visitabile?
«La mostra, inaugurata l’1 novembre al Museo Diocesano di Mantova, resterà aperta fino al 10 dicembre 2023, ma data l’affluenza probabilmente verrà prorogata fino a data da definire.»
Quali sono le tecniche che utilizza nella realizzazione delle sue opere?
«L’impasto che utilizzo nella realizzazione di opere di arte rupestre nasce dall’unione di pietre naturali colorate ridotte in polvere, ossidi, acqua, olio, uova.
«Dipingo su lastre di pietre, provenienti per lo più dal Trentino. Per quanto riguarda i graffiti, non incido la pietra, ma con una pittura materica creo un effetto tridimensionale.»
Quante sono le opere esposte?
«Sono una sessantina le opere di arte rupestre e graffiti, alle quali si aggiungono al piano superiore del museo una quindicina di opere su tela che affrontano il tema della natura, realizzate con la tecnica della tempera all’uovo.»
Quando ha iniziato a interessarsi di pittura rupestre e graffiti?
«La pittura rupestre (parietale) preistorica è l'espressione conclusiva di un disegno preparatorio sviluppatasi nel lento corso dei millenni. In tutte le civiltà la pittura da sempre occupa un posto di rilievo.
«La facilità di esecuzione del disegno ha fatto sì che sia il linguaggio espressivo più comune dell’umanità.
«Sono considerate pitture rupestri quelle realizzate nel Paleolitico superiore nelle grotte e nelle caverne; i graffiti preistorici riguardano tutta quell'arte disegnata incidendo le rocce. Ho iniziato a interessarmi di pittura rupestre molti anni fa.
«Inizialmente riproducevo solo le pitture rupestri dell’arte preistorica spagnola e francese, usando come supporto lastre di porfido e raramente altre pietre locali.
«Ho scelto di lavorare su lastre di pietra perché volevo capire come i preistorici riuscissero a fare aderire i colori alle pareti rocciose.
«Basandomi sulle testimonianze di pittura rupestre presenti in Europa, in Africa, in Asia, nelle Americhe e in Australia, ho poi deciso, per ogni continente, di rappresentare alcuni fra i più noti esempi di arte rupestre mondiale.»
Le sue opere non sono copie di lavori esistenti, sono rielaborazioni personali. Può spiegarci meglio?
«Le opere che presento sono frutto di uno studio approfondito dei graffiti e delle pitture rupestri rinvenute in grotte di vari continenti; tuttavia non sono copie fedeli delle pitture originali, ma vengono da me rielaborate, reinterpretate con delle varianti.
«Le variazioni possono riguardare il colore e altri elementi, per esempio mi piace trasmettere un senso di rotondità e movimento attraverso le figure.»
Progetti espositivi futuri?
«Ho in cantiere alcuni progetti, di cui però per scaramanzia non vorrei anticipare nulla…»
Daniela Larentis – [email protected]
Commenti (0 inviato)
Invia il tuo commento