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Gino Castelli premiato con la Targa Pro Cultura – Di Daniela Larentis

La consegna del prestigioso riconoscimento avverrà a Trento mercoledì 20 marzo presso la «Sala Centro Rosmini» – Dialogherà con l’artista Massimo Parolini»

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Gino Castelli.
 
Mercoledì 20 marzo 2024 alle 17.00, a Trento presso la «Sala Centro Rosmini» in via Dordi 8, l’artista Gino Castelli sarà insignito della prestigiosa «Targa Pro Cultura Trento».
Il prof. Massimo Parolini dialogherà con lui di fronte al pubblico in sala. L'Associazione celebra annualmente una figura di spicco della cultura locale con un premio speciale, riconoscendo il contributo prezioso di pittori, poeti e scrittori trentini alla crescita culturale della nostra comunità, sia a livello locale che oltre i confini territoriali.
 
Gino Castelli è uno dei più apprezzati pittori viventi del Novecento trentino. Artista a tempo pieno da quasi sessant’anni, ha avviato la sua carriera artistica dopo aver lavorato per un lungo periodo come cartografo e disegnatore tecnico, aprendo a Trento una nota Galleria d’arte in via San Vigilio, gestita fino al 1989. Il suo carattere schivo e a tratti brusco riflette la propensione a vivere lontano dai riflettori, immergendosi in solitudine per trovare ispirazione nel silenzio misterioso che poi trasferisce con vigore nei suoi quadri.
Appassionato studioso degli artisti del passato, Gino Castelli è sempre in fermento, curioso e attento osservatore dell'animo umano.

Amante della natura, egli dipinge il territorio attraverso paesaggi di montagna e vedute lagunari, che spesso fungono da sfondo per i suoi ritratti poetici e nature morte.
Parte della sua opera si focalizza sulle calli nascoste e i campielli di Venezia, lontani dal turismo affrettato e dal via vai frenetico dei visitatori. Sospesa tra sogno e realtà, la sua è una pittura che evoca universi avvolti in una quiete distante dal trambusto quotidiano; i dipinti a olio e i disegni delicati rivelano il suo profondo legame con la natura, trasportando gli osservatori in un mondo magico dove si entra con discrezione, in punta di pedi quasi senza fare rumore.

La moglie, che ha posato per lui in molti quadri, spesso con un'espressione meditativa, è la sua musa: gli occhi chiari che appaiono in molti ritratti appartengono a lei.
«Una sua mostra è sempre un avvenimento non solo per le opere che l’artista espone, gli oli, i disegni, le minuziose chine, ma per il mondo che prospetta, il suo mondo, in cui ci invita ad entrare», aveva scritto Franco de Battaglia, in occasione di un’esposizione di qualche anno fa.
 

Gino Castelli, «E scese il silenzio», 1999.
 
Alcune brevi note biografiche.
Gino Castelli nasce a Riva del Garda il 15 agosto del 1929 da Mario Castelli, un musicista originario di Trento, e da Maria Dadié di Cortina d’Ampezzo. Poco dopo, la famiglia si trasferisce a Trento e lui trascorre la sua infanzia nel quartiere periferico dei Casoni (Vaticano), in compagnia, tra l’altro, dei fratelli Maestri. In seguito all’improvvisa scomparsa del padre, perito sotto il bombardamento alleato del maggio 1944, è costretto a lasciare gli studi per provvedere ai bisogni della famiglia. La passione per Goldoni e l’amicizia con Cesco Baseggio - favorita dalla frequentazione dei Maestri - lo fa innamorare di Venezia.
 
Inizia, negli anni Cinquanta, un lungo apprendistato nel campo della grafica pubblicitaria e del disegno tecnico edile. Il 5 luglio 1955 sposa Elisa Micheli che diverrà la modella ricorrente nei suoi dipinti.
Negli anni Sessanta apre un piccolo studio di grafica e cartografia presso Vicolo Galasso a Trento, in collaborazione con l’amico fotografo Luciano Eccher.
Dalla metà degli anni Sessanta trascorre lunghe estati a Palù dei Mocheni, dove inizia a dipingere le prime tavole a olio su motivi paesaggistici colti dal vero.
Nel 1967 inizia a esporre le proprie opere (paesaggi, nature morte, figure in interni) a Levico, Cles, Trento, Novara, e vince, ad Arco, il premio di pittura «Segantini».
 
Nel 1970 incontra a Milano il pittore Umberto Lilloni che lo accosta a Rousseau il Doganiere e a certa pittura giapponese (nei disegni). Negli anni Settanta espone nel periodo estivo a Cavalese, richiamandosi in parte, nella propria ricerca, al sintetismo di Gino Rossi e Tullio Garbari.
Dal 1972 gestisce in via S. Vigilio a Trento (dietro al Duomo) la Galleria «La Tavolozza», che chiuderà nel 1989. In questo periodo verrà apprezzato e stimolato nella sua ricerca dal pittore Guido Polo.
Dalla fine degli anni Ottanta inizia a frequentare con regolarità Venezia e le isole lagunari, disegnando in vari taccuini una Venezia minore, fatta di particolari, dettagli, fantasmi architettonici.
Da tali suggestioni nasce una nuova sensibilità cromatica che porterà ad una produzione pittorica contraddistinta da una luminosità più chiara e diffusa nei soggetti lagunari.
 

Gino Castelli, «Piccolo Pierrot», 2006.
 
Negli anni Novanta (fino al 2006) espone con continuità presso la Galleria «Polvere» di Trento.
Nel 2000 è presente nel catalogo della “Collezione permanente degli artisti contemporanei” della Banca di Trento e Bolzano. Dal 2002 intrattiene un proficuo rapporto epistolare con la storica e critica d’arte Maurizia Tazartes.
Nel 2003 partecipa ad «Arte trentina del ’900. 1975-2000» presso Palazzo Trentini, nel 2005 alla collettiva curata da Maurizio Scudiero «La collezione di opere d’arte della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige» presso il Palazzo della Regione a Trento.
 
Sempre nel 2005 è presente nel catalogo Mondadori (a cura di F. Lancetti) «L’arte nel Trentino dall’Ottocento alla contemporaneità».
Nel 2013 espone alla mostra «I segni del Sacro» presso lo Studio Rensi di Trento.
Nel 2014 la sede espositiva di Palazzo Trentini accoglie una vasta antologica di oli e grafiche («Paesaggi dell’anima»).
Nel 2016 lo studio fotografico Rensi gli dedica la mostra personale «Il realismo magico di Gino Castelli, 50 anni di pittura».
Nel 2020 è presente a Palazzo Trentini nella collettiva «Alpicultura|La rappresentazione dell’identità alpina nell’arte trentina dalla fine dell’800 ai giorni nostri».
 
In un'intervista di qualche anno fa, nel parlare di Venezia, aveva dichiarato che per lui quella città rappresentava, dal punto di vista emotivo, l'apertura di una porta verso un altro mondo.
«Questo è stato Venezia per me», – aveva sottolineato.
A lui le nostre congratulazioni, in attesa del conferimento del premio, quale meritato riconoscimento del suo significativo contributo e impegno nel campo artistico.

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it


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