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Le tele di Paola Grott esposte a Nomi – Di Daniela Larentis

Al «Granaio di Nomi» è in corso la mostra dedicata all’artista, curata da Remo Forchini: rimarrà aperta al pubblico fino al 6 aprile 2024

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Paola Grott - Custode delle acque, 2008 - Foto Lucio Tonina - Particolare.

Al Granaio di Nomi, è attualmente in corso un’interessante mostra dedicata all'artista Paola Grott, curata da Remo Forchini in collaborazione con Micaela Bertoldi, Matteo Grott, Lorenza Sebastiani, Gianna Stringari e Anita Tasin (allestimento di Giorgio Wieser).
L'inaugurazione ha avuto luogo a Nomi lo scorso 22 marzo, con la partecipazione delle autorità locali e di un folto pubblico, arricchita dall’introduzione critica di Giuseppe Calliari.
L'esposizione (che fa parte di un ciclo di eventi legati alle arti visive promossi dal sindaco Rinaldo Maffei in collaborazione con il curatore Remo Forchini) sarà aperta fino al 6 aprile 2024, secondo i seguenti orari di apertura: da martedì a venerdì h. 16-19; sabato e domenica h 10-12.30 / 16-19; chiuso il lunedì e il giorno di Pasqua.
 

 
Le sedici grandi tele dell’artista trentina recentemente scomparsa, realizzate nel periodo 2000-2010, offrono una riflessione sulla natura e il mito. Le opere riflettono un lessico esplosivo e una ricerca artistica in continua evoluzione.
Spiega il curatore Remo Forchini: «Negli spazi austeri ed evocativi del Granaio l’amministrazione del Comune di Nomi, il fratello, le amiche di sempre e gli amici, presentano e ricordano Paola Grott e il suo impegno artistico con una mostra di opere di grande formato realizzate tra il 2000 e il 2010.
«La scelta dei lavori non è casuale e propone quadri che testimoniano la ricerca certo coerente di un decennio ma anche la cifra linguistica di un’artista che, fa delle spezzature, cesure e sconfinamenti l’oggetto del suo agire estetico e culturale.
«Paola Grott è un’artista indiscutibilmente contemporanea che innerva il suo lavoro di temi senza tempo come il mito, la classicità il pensiero filosofico, il corpo e il mistero. Sedici grandi tele dialogano con gli spazi del Granaio di Nomi e continuano a interrogarci.»
 

 
Sottolinea Giuseppe Calliari, in un passo del suo intervento critico: «Entrare nei gangli della natura chiede di farsi piccoli. Spingere gli occhi per anfratti, lungo fibre segrete, vibranti.
«Tuffarsi nella goccia capace di contenere per riflesso il tutto. Il primo atto è dell’occhio. Nella piccola tessera visiva coglie segni, tensioni, cromie.
«Viene in soccorso lo smartphone, deposita l’istante sulla sua retina digitale. Segue il lavoro dell’immaginazione.
«Nuova materia, mossa dalla mano su una tela grande quanto un’agenda, misura del quotidiano. Poi il resto, l’amplificazione, metamorfosi in altra scala, iperbolica.
«Ciò che è stato frammento, impronta, si è fatto scena, mondo da attraversare. Mutati noi in frammenti, dentro il mistero del vivente.»
 

Paola Grott - Di notte, 2008 - Foto Lucio Tonina.
 
 Alcune brevi note biografiche  
Paola Grott (1951 - 2022) nasce a Trento il 17 luglio 1951. Dopo aver frequentato l'Istituto d'Arte A. Vittoria, si trasferisce a Milano per seguire i corsi dell'Accademia di Belle Arti di Brera, conseguendo il diploma nel corso di Pittura nel 1974.
I primi passi nel mondo dell'arte sono segnati dalla sua partecipazione a varie mostre, sia in Italia che all'estero, dove il suo talento viene presto notato e apprezzato attraverso numerosi premi e riconoscimenti.
Nel 1987, un breve periodo trascorso nello studio di Salvatore Fiume segna una svolta decisiva nel suo approccio cromatico.
Grott sviluppa il concetto della finestra come metafora del confine tra esterno e interiorità, mentre corpi, nature morte e oggetti diventano veicoli di emozioni e sentimenti, fungendo da pretesto per esprimere concetti più profondi sulla realtà e sull'esistenza stessa.
La sua versatilità artistica si manifesta non solo nella pittura, ma anche nella creazione di opere in argilla e fusioni in vari metalli, oltre che nella sua dedizione alla scrittura.
 
Nadia Scappini, apprezzata scrittrice e autrice di numerose raccolte poetiche, sul legame di Paola Grott con il mito evidenzia alcune osservazioni (tratte da un suo contributo):
«Paola Grott è un’instancabile viaggiatrice. Ogni viaggio autentico è prima di tutto un’esperienza interiore, mentale, luogo di rispecchiamento di sé stessi.
«Consente di mettersi alla prova, di misurare la propria sensibilità, la disponibilità all’incontro-ascolto-ricerca, la capacità di separazione da sé stessi per sperimentare un altrove, di cui spaesamento, estraneazione sono le condizioni necessarie.
«In una battuta: per ritrovarsi è necessario perdersi. Il viaggio di Paola, l’uscita da sé stessa questa volta si realizza nel mito. Vorrei dire, meglio, che Paola si perde nel mito.»
 

Paola Grott - Quel che abbiamo vissuto ci siederà sempre accanto, 2010 - Foto LucioTonina.
 
Ė lei stessa a scrivere: «i miti superano il tempo, hanno la potenza evocativa dei segni, ci affascinano perché in essi ci possiamo guardare e osservare.
«Mi pare di poter dire che il suo viaggio è dunque circolare e incessante, infinito.
«I miti sono ciò che rimane, sono eterni perché vivono dentro di noi, al fondo delle nostre coscienze, in quella parte della nostra vita che ha a che fare con il divino, sfiorata dalla sua luce.
«Dentro ogni storia del mito c’è una domanda che punta dritta al cuore e le domande pungolano.
«Paola ha pungolato il mito in un bestiale corpo a corpo - come è per lei l’arte - piegandolo a parlare. Ma crescere, maturare, sperimentare è anche discendere.
«Almeno questa è la mia esperienza, di chi lavora con la parola: affidarsi a questo cammino noumenico che ci aiuti a leggere e ad affrontare con maggiore consapevolezza il mondo fenomenico, la realtà del quotidiano, della storia.»
 
«L’artista può anche precipitare nella notte, deve essere disposto a farlo, ma deve poi trovare la lucidità per fare il punto: con corpo-mente-cuore deve cercare gli accordi per tirar fuori quel segno - grafico, o materico, o scultoreo o musicale - che diventano allora canto e controcanto.
«Con Davide Rondoni (poeta) mi sento di dire: ogni cosa ha un segreto/se non lo domandi scompare. Del resto l’arte è una delle più alte possibilità concesse all’uomo per fare l’esperienza di quanto vada oltre l’immediatezza della realtà quotidiana, ponendosi come chiave di conoscenza diversa e privilegiata.
«Potenziando il valore percettivo, attiva quel pensiero analogico capace di cogliere la fitta rete di legami e di corrispondenze, dunque l’interdipendenza di tutto ciò che esiste.
«Perciò, quando Paola Grott torna a raccontarci di Danae e Perseo, di Borea e di Zefiro, di Orione, di Selene e di tutte le loro attualizzazioni, quando ci prende per mano accompagnandoci nello spazio delle sue galassie, nel cuore e nei nodi dei suoi gioielli, ci fa un grande dono: ci riavvicina a un mondo in cui ogni cosa aveva un’anima e poteva accadere anche che gli dei si innamorassero di noi!»
Micaela Bertoldi, amica dell’artista, mette in luce un altro aspetto: «Con la sua arte Paola Grott alza forte un grido che è denuncia e domanda di attenzione, è un messaggio di forza racchiuso nella bellezza, è voglia di autenticità, di razionale invito alla cura delle cose che contano davvero.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Paola Grott - Cielo bianco sul bosco, 2009 - Foto Lucio Tonina.

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