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Quando l’apparenza non è sostanza – Di Daniela Larentis

È il caso del «Vin de merde», creato dalla genialità di un ristoratore francese che ha voluto in maniera provocatoria rilanciare i vini della sua regione

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Jean Marc Speziale, proprietario di un ristorante in una cittadina francese della regione vinicola del Languedoc Roussillon, sud della Francia, una decina di anni fa ebbe un’idea geniale.
Per rilanciare i vini di quella regione lanciò una provocazione, mettendo in commercio il «Vin de merde», un vino rosso ottenuto da uve syrah e grenache e prodotto in collaborazione con un enologo della Coopérative di Gignac.
In pochissimo tempo furono prodotte e vendute più di 5.000 bottiglie.
 
L’etichetta cattura l’attenzione attraverso il disegno di una mosca e la presenza di una didascalia, la cui traduzione è «il peggiore nasconde il migliore», denominandolo il vino dei filosofi.
M.eur Speziale, utilizzando l’umorismo, voleva in realtà invitare a superare i pregiudizi nei confronti dei vini di quella regione, rendendo omaggio al lavoro dei vignaioli. Ed effettivamente chi lo ha assaggiato può testimoniare che si tratta veramente di un buon vino.

Caravaggio, Bacco adolescente.

Pensando alla mitologia greca, c’è da domandarsi cosa avrebbe detto Dionisio di questa trovata, ma probabilmente l’avrebbe considerata divertente (nella mitologia latina il dio era identificato come Bacco).
Al figlio di Zues e della bellissima Semele viene infatti attribuita l’invenzione del vino, bevanda divina per eccellenza. Del resto il culto di Dionisio si fonda su tre elementi, il vino, la pazzia e la promozione del prodotto.
 
Monsieur Speziale sembra volerci ricordare attraverso il «Vin de merde» che non si deve giudicare dalle apparenze, limitandosi a un giudizio superficiale che in questo caso è pregiudizio.
Un concetto interessante e molto attuale: quante volte si giudica una situazione o una persona semplicemente basandosi su pregiudizi?
Ognuno ne avrà fatto esperienza.
Secondo Zygmunt Bauman «facciamo esperienza degli estranei solo come apparenze, in modo che ciò che si vede esaurisce ciò che essi sono».
C’è chi ritiene che l’apparenza sia anche sostanza - e alle volte lo è - non sempre però l’essere coincide con l’apparire.
 
Tornando all’operazione di marketing creata da Speziali, ricordiamo che in altre occasioni questo tipo di «rifiuto organico», o come lo vogliamo definire, è stato utilizzato concettualmente come provocazione al fine di trasmettere un preciso pensiero.
Ricordiamo Piero Manzoni, il quale facendo il verso a Andy Wharol creò scatolette di «merda d’artista».
In quel caso il suo intento era quello di criticare il sistema dell’arte contemporanea, attraverso cui è possibile vendere praticamente di tutto, facendolo passare per un’opera d’arte.
 
L’arte utilizza spesso la funzione metalinguistica, del resto gli artisti attraverso il loro lavoro ridefiniscono il significato delle cose, contrapponendosi spesso al pensiero dominante.
 
Daniela Larentis –d.larentis@ladigetto.it

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