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Al Mart una mostra dedicata a Margherita Sarfatti – Di D. Larentis

Curata da Daniela Ferrari resterà aperta dal 22 settembre 2018 al 24 febbraio 2019

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Giacomo Grosso, Ritratto dell'onorevole avvocato Cesare Sarfatti, 1926, olio su tela.
 
Il Museo del Novecento di Milano e il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, hanno inaugurato lo scorso 21 settembre due diverse mostre dedicate alla figura di Margherita Sarfatti, frutto di un progetto unitario tra le due istituzioni.
Si tratta di due mostre autonome e complementari che resteranno aperte al pubblico fino al 24 febbraio 2019 e che indagano la complessa personalità della giornalista, critica e promotrice dell’arte italiana, una figura femminile che brilla nel panorama internazionale del primo Novecento per cultura, talento e ambizione.
Ad accompagnare i due percorsi espositivi un unico e ricco catalogo edito da Electa.
 

 
Il periodo storico artistico preso in esame nei diversi progetti corrisponde, tuttavia a Milano il tema è focalizzato soprattutto sull’attività della Sarfatti nel contesto della città dove si trasferisce nel 1902, mentre l’esposizione allestita al Mart di Rovereto, curata da Daniela Ferrari, sviluppa maggiormente il tema delle mostre di Novecento Italiano da lei promosse all’estero, che prendono l’avvio nel 1926.
Abbiamo visitato la mostra al Mart e ci è davvero piaciuta, abbiamo trovato particolarmente interessanti i preziosi documenti esposti nelle bacheche, lettere, fotografie ecc.; straordinari i capolavori di artisti quali Umberto Boccioni, Felice Casorati, Achille Funi, Virgilio Guidi, Carlo Carrà, Medardo Rosso, Giorgio Morandi, Adolfo Wildt, Mario Sironi, Gino Severini, Giorgio de Chirico, solo per nominarne alcuni.
 

Adolfo Wildt, Maschera del dolore (Autoritratto), 1909.
 
Due parole su questa donna intraprendente e straordinariamente colta, la quale arrivò a ricoprire un ruolo di primissimo piano nella politica culturale dell’epoca, grazie anche al sodalizio stretto con Benito Mussolini.
Sarfatti in realtà è il cognome del marito Cesare, Margherita Grassini nasce a Venezia nel 1880 in un’importante famiglia ebrea e si sposa nel 1898.
Per almeno due decenni, dalla fine della Prima Guerra Mondiale ai primi anni Trenta, detta la linea della critica dell’arte italiana, contribuendo, come nessun altro all’epoca, a delineare l’espressione del suo tempo e a scrivere alcuni fondamentali capitoli della storia dell’arte del Novecento.
Nonostante la vicinanza agli ambienti politici e intellettuali internazionali, la Sarfatti è costretta a fuggire dall’Italia in seguito alla promulgazione delle Leggi razziali (1938), per farvi ritorno dieci anni dopo in un contesto culturale cambiato radicalmente.
 

Giorgio de Chirico, Serenata, 1909, olio su tela.
 
Scrive il Direttore del Mart Gianfranco Maraniello nell’introduzione al catalogo.
«La figura di Margherita Sarfatti evoca un’età drammatica della storia d’Italia. Come una falena che ha corteggiato pericolosamente il fuoco, il rapporto al fascismo e la vicinanza a Benito Mussolini sono stati – per usare un suo stesso titolo – la “colpa” che le ha però garantito di esercitare i propri talenti e di rimanere al centro della scena politica e culturale del Paese in un’epoca dove difficilmente si è potuto distinguere una dimensione dall’altra.
«La storia dell’arte non può non riferirsi anche al contesto, alle ragioni e alla contingenza dell’accadere dell’opera. Disporre dell’importante fondo archivistico relativo a Margherita Sarfatti ha consentito al Mart di costruire le premesse per la mostra che si inaugura contemporaneamente e in stretta collaborazione con il Museo del Novecento di Milano.
«Lo straordinario lavoro progettuale di Daniela Ferrari e Danka Giacon, supportate dalla competenza e dalla generosità di colleghi e ricercatori, offre al pubblico la possibilità di comprendere il clima in cui si sono originate quelle teorie e quelle iniziative che hanno cercato di rendere conto della produzione di alcuni maestri dell’arte italiana non più riducibili all’intenzione strumentale di propaganda o comunque di legittimazione nel primato ideologico imposto dal regime […].»
 

M. Campigli, I costruttori, 1928, olio su tela - M. Sironi, Condottiero a cavallo, 1934-1935 tecnica mista.
 
Evidenzia nel suo intervento critico la curatrice Daniela Ferrari, parlando di Margherita Sarfatti: «Per Margherita Sarfatti l’arte rappresentò quanto di più lontano dall’idea di svago elitario, mentre fu strumento di potere intellettuale, di crescita morale e di trasmissione di valori.
«Negò ardentemente l’idea di «arte per l’arte» a favore di un suo ruolo etico, edificante.
«Lo studio, la letteratura e la scrittura furono per lei un amore fedele e crescente, l’«ardente e fervida vita spirituale»».
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it
 
Massimo Campigli, Ritratto di Fiammetta Sarfatti, 1928 ca, olio su tela.
 

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