Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

«Gli incontri del giovedì»: Nicola Fontana, responsabile dell’Archivio storico e della biblioteca del Museo della Guerra di Rovereto, giovedì 11 parlerà di forti austriaci

image

Nicola Fontana.

Il ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato «Gli incontri del giovedì», organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prosegue con un nuovo appuntamento fissato per giovedì 11 aprile 2019, come sempre alle 20.30 a Mezzolombardo in Sala Spaur, Piazza Erbe.
Titolo della conferenza «Forti austriaci del Trentino come fattori di militarizzazione del territorio». 
 
Il protagonista della serata sarà Nicola Fontana, responsabile dell’Archivio storico e della biblioteca del Museo della Guerra di Rovereto, autore del volume intitolato «La regione fortezza. Il sistema fortificato del Tirolo: pianificazione, cantieri e militarizzazione del territorio da Francesco I alla Grande Guerra». 
 
Il libro di 700 pagine, risultato di una ventina d’anni di ricerche in numerosi archivi e otto di stesura, rappresenta un’importante testimonianza delle opere di fortificazione permanente costruite dall’Impero austro-ungarico nella contea del Tirolo tra la prima metà dell’Ottocento e lo scoppio della Prima guerra mondiale.
 
Ne avevamo pubblicato la presentazione il 6 giugno 2016 (vedi).
Nicola Fontana, già autore di altre pubblicazioni sui forti trentini, è membro della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e socio fondatore dell’Ősterreichische Gesellschaft für Festungsforschung di Vienna.
In attesa dell’evento abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 
Ricordiamo che tutti gli incontri fissati in calendario godono del patrocinio della Regione Trentino Alto-Adige, della Provincia Autonoma Trento, della Comunità Rotaliana-Koenisberg e del Comune di Mezzolombardo e della collaborazione dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, del Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina.
Sono, inoltre, riconosciuti da IPRASE e validi ai fini dell’aggiornamento del personale docente della Provincia Autonoma di Trento.
  

 
Partiamo innanzitutto dalla sua importante pubblicazione intitolata «La regione fortezza. Il sistema fortificato del Tirolo: pianificazione, cantieri e militarizzazione del territorio da Francesco I alla Grande Guerra». Come è articolato lo studio da lei condotto, su quali aspetti ha maggiormente focalizzato l’attenzione?
«Il volume, pubblicato nel 2016, è articolato in tre parti. Nella prima, quella più ampia, ho tentato di ricostruire le vicende inerenti alla pianificazione del sistema fortificato tirolese dall’inizio dell’Ottocento sino alla vigilia del primo conflitto mondiale; nella seconda ho esaminato gli aspetti legati alla parte esecutiva delle fortezze toccando aspetti quali il lavoro di progetto, l’architettura, l’organizzazione dei cantieri.
«Infine nella terza parte ho affrontato il problema dei forti come fattore di militarizzazione del territorio, cioè in che modo hanno influito sulla presenza militare nella regione e come hanno contribuito a modificare il paesaggio rendendolo funzionale alle operazioni belliche. C’è anche un’appendice nella quale ho descritto l’impiego delle opere di fortificazione nella Prima guerra mondiale e la loro sorte nel ventennio fascista: come noto gran parte di esse furono demolite per il recupero e la vendita del materiale metallico».
 
Il tema della serata riguarda i forti austriaci come fattori di militarizzazione del territorio. Quando iniziò innanzitutto la loro costruzione in Trentino?
«Premesso che la progettazione di forti da parte delle autorità militari asburgiche ebbe inizio in età napoleonica, il primo intervento di fortificazione risale agli anni ’30 dell’Ottocento, quando fu realizzata Fortezza (Franzensfeste) in val d’Isarco e lo sbarramento di Nauders, in alta Val Venosta.
«I successivi sistemi di sbarramento furono costruiti in fasi diverse, dopo la cessione della Lombardia al Regno di Sardegna (1859) e del Veneto al Regno d’Italia (1866).»
 
Come si potrebbe suddividere brevemente, da un punto di vista cronologico e geografico, il sistema di difesa progettato dagli austriaci?
«Dopo la perdita della Lombardia il Genio militare austriaco provvide allo sbarramento delle vie di comunicazione che entravano nella regione dalla nuova linea di confine, dallo Stelvio a Riva del Garda. Inoltre a difesa della valle dell’Adige furono costruiti i forti della Rocchetta, Buco di Vela e Doss di Sponde.
«All’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento fu la volta della cinta di forti attorno a Trento dopodiché seguirono gli sbarramenti delle valli orientali (Valsugana, Val di Fiemme, Val di Fassa, Livinallongo, Falzarego, Landro, val di Sesto) e le misure di rafforzamento dei vecchi sistemi fortificati del Tonale, di Lardaro e di Riva del Garda (1866-1900).
«Dal 1907 al 1914 si provvide alla realizzazione della cintura di fortezze di confine che secondo i piani dello Stato Maggiore austriaco avrebbero dovuto appoggiare le operazioni offensive contro il Regno d’Italia: nacque così lo sbarramento degli altipiani di Folgaria, Lavarone e Vezzena mentre le altre opere previste nella valle dell’Adige, in Vallarsa e in Valsugana rimasero incompiute in seguito allo scoppio della Grande Guerra.»
 
In chiave politica che funzione svolgevano queste opere?
«In particolare i forti attorno a Trento dovevano rappresentare la manifestazione del potere militare asburgico e della ferma volontà di Vienna di non cedere il Trentino al Regno d’Italia e di reprimere le aspirazioni irredentiste. Tale funzione simbolica delle fortezze è dichiarata esplicitamente nella documentazione dell’epoca.»
 

 
Come venne fortificata dal comando austriaco, a grandi linee, la città di Trento?
«Lasciando da parte quanto pensato in età napoleonica, che costituisce un capitolo a sé, la fortificazione di Trento venne pianificata in modo sistematico dopo la cessione del Veneto all’Italia, nel 1866. La città era considerata un punto chiave per la difesa del Tirolo meridionale da difendere strenuamente anche in quanto icona, assieme a Trieste, delle massime aspirazioni irredentiste.
«Tra il 1869 e il 1872 sorse lo sbarramento di Civezzano, poi nel corso degli anni Ottanta si costruirono gli sbarramenti di tutte le principali vie d’accesso alla città e una linea avanzata di forti in Valsugana, all’altezza di Tenna. Alla fine del secolo il settore della valle dell’Adige venne rafforzato con le moderne opere corazzate di Romagnano e Mattarello.
«Dopo il 1907 la piazzaforte perse importanza ma fu nuovamente oggetto di un’intensa attività di fortificazione tra il 1914 e il 1916, quando venne munita di un poderoso campo trincerato.
«Dichiarata ufficialmente città-fortezza nel 1899, Trento venne inoltre dotata di consistenti infrastrutture militari: caserme, magazzini, polveriere, un poligono, un ospedale militare.»
 
A proposito del ruolo svolto dalle opere di fortificazione permanente nel processo di militarizzazione del territorio del Tirolo meridionale, potrebbe condividere con noi alcune brevi considerazioni relative a come il paesaggio sia stato piegato alle esigenze militari e con quali ripercussioni sulla società e sull’economia locale?
«Nel libro ho focalizzato l’attenzione in particolare su due aspetti. Il primo è rappresentato dal raggio di divieto di fabbrica, cioè quell’area estesa attorno a ciascuna fortezza in cui vigeva il divieto assoluto (entro un raggio di 570 m) e condizionato (entro i successivi 570 m) di fabbrica.
«L’effetto di questa norma in tempo di pace fu non soltanto una serie di vincoli per i proprietari dei terreni inclusi nell’area, ma anche una perdita del valore dei terreni stessi. In tempo di guerra il raggio di divieto di fabbrica imponeva inoltre la demolizione degli edifici esistenti per non ostacolare il tiro delle artiglierie.
«Il secondo aspetto che ho analizzato è quello dell’abbattimento della vegetazione imposto dalle autorità militari ai terreni confinanti con i forti, spesso molto esteso. Alcune comunità, come quelle di Folgaria, si opposero a simili provvedimenti perché considerati un depauperamento del patrimonio boschivo, mentre per altre – come il Comune di Levico – l’occasione venne colta per favorire l’ampliamento dei pascoli alpini e per incentivare la zootecnia.
«Inoltre alquanto fastidiose per la popolazione erano le esercitazioni estive d’artiglieria, che obbligavano i pastori ad allontanare il bestiame dalle malghe durante la monticazione.
«Alcuni deputati trentini presentarono delle interpellanze nel Parlamento di Vienna per opporsi a questi fenomeni di militarizzazione, ma senza successo.»
 
Passiamo a qualche curiosità: quando venne fortificato il Doss Trento?
«Il Doss Trento fu oggetto di un primo intervento di fortificazione nell’autunno del 1848. Gli apprestamenti dovevano servire tanto alla difesa della città quanto a reprimere ogni eventuale tentativo insurrezionale.
«Nel 1860 si aggiunse il magazzino delle munizioni per la guerra, cioè utilizzabile anche per il combattimento (era munito di feritoie fuciliere), e vent’anni più tardi un secondo magazzino delle munizioni per la pace.
«Nel primo di questi due edifici venne ricavato negli anni Cinquanta il Museo degli Alpini. Sul colle si trovava inoltre una caserma, una stazione per piccioni viaggiatori, tre postazioni d’artiglieria e altri edifici di servizio. Durante la prima guerra mondiale furono infine scavate delle caverne.»
 
Progetti futuri?
«Non ho in previsione altre ricerche relative alle fortificazioni. Per il momento dovrò dedicarmi ad alcuni progetti messi in cantiere dal Museo della Guerra, poi si vedrà.»
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande