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«Il Muro al muro», collettiva a Trento – Di Daniela Larentis

A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino, un’esposizione per ricordare lo storico evento – In mostra anche artisti che lo dipinsero: Fulvio Pinna e Günter Schaefer

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Innanzi a un folto pubblico, lo scorso venerdì 5 aprile è stata inaugurata la collettiva dal titolo «Il Muro al muro», organizzata dall’Associazione culturale Event art in collaborazione con il Comune di Trento.
Sarà visitabile negli splendidi spazi di Palazzo Thun, Trento, fino al prossimo 21 aprile. Orari di apertura: 10-12|16-19 (tutti i giorni).
A impreziosire l’inaugurazione, la performance musicale dell’artista Paul Sark e di Angelo Magro, che sanno sempre interpretare con ironia ma anche con grande sensibilità i temi proposti.
 
Il muro ha diviso la città di Berlino per quasi trent’anni, precisamente dall’agosto 1961 al 9 novembre 1989.
È un muro che rappresenta molte cose, emblema di un mondo spaccato a metà, simbolo di divisione politica e ideologica.
Nel trentennale della sua caduta alcuni noti artisti hanno voluto ricordare lo storico evento.
Fra questi, due famosi artisti berlinesi: Fulvio Pinna e Günter Schaefer, che lo dipinsero fra i primi (Fulvio Pinna fu il primo a dipingere il lato est del muro, dopo la caduta, e Günter Schaefer lo fece a qualche settimana di distanza), ambedue tra i fondatori della «East Side Gallery», una galleria a cielo aperto nata per mantenere vivo il ricordo del muro; poi, il triestino Sandro Ramani e poi Rita Demattio, Edgar Caracristi, Claudio Cavalieri, Antonello Serra e Gentile Polo, curatore della mostra.
 

Antonello Serra.
 
Lungo il percorso espositivo, ripensando a ciò che la caduta di quel muro ha rappresentato in termini di conquista di valori di libertà e di pace, segnando la fine di un’epoca, spendiamo anche una riflessione sul nostro presente: viviamo nel mondo dei consumi, in un mondo che ha poca memoria del passato, siamo immersi in un trafelato e incerto «qui e ora» in cui sempre più spesso è facile comportarsi un po’ come fanno molti visitatori dentro ai musei, passano frettolosamente innanzi alle opere senza osservarle alla giusta distanza.
Invece, fermarsi un attimo a osservare i quadri così come fermarsi a valutare gli accadimenti dalla corretta prospettiva ha un senso, soprattutto nel nostro tempo globalizzato dove ogni cosa sembra affidata all’esperienza del momento.
 
I graffiti del Muro di Berlino, considerati simboli di libertà d’espressione, un diritto che si dà troppo spesso per scontato, ci rimanda al concetto generico di libertà.
In Europa ci possiamo spostare liberamente da un luogo all’altro, possiamo scegliere di andare a teatro, oppure di vedere la partita di calcio, di prendere un aereo e spostarci in un altro Paese, salire in macchina e andare in un’altra città, leggere questo o quel libro, vedere questa o quella persona. Possiamo addirittura avere un’opinione su qualcosa potendola esprimere.
Ognuno di noi si sente libero di compiere tutta una serie di azioni, di pensare, di parlare, di circolare, non sempre, però, le persone hanno goduto di questo privilegio (e oggi in alcune parti del mondo queste stesse libertà sono ancora negate).
Pare evidente, tuttavia, che la libertà delle persone possa essere tutelata in una società che promuove l’uguaglianza, in una società che dimostra di avere a cuore certi valori.
I muri se è vero che da una parte proteggono dall’altra certamente dividono. Sono barriere mentali ancor prima che fisiche.
 

Fulvio Pinna.
 
Esistono ancora molti muri. E questo è un dato di fatto non è un’opinione. Muri che dividono stati, muri che dividono città o le fiancheggiano.
Muri invisibili che separano le persone nella quotidianità: i poveri dai ricchi, i belli dai brutti, gli intelligenti o presunti tali dagli stolti, e via di questo passo, sarebbe troppo lungo fare un elenco.
Sembra che il mondo globalizzato, sempre più interconnesso, sia in realtà più diviso che mai, anche se spesso i muri sono dentro la nostra testa ma non per questo sono meno reali.
 
Gentile Polo, curatore della mostra, spiega che il progetto è nato tempo addietro, dall’idea di alcuni artisti, primo fra tutti Fulvio Pinna e poi Antonello Serra, e si è successivamente sviluppato nel tempo, coinvolgendo più persone.
Racconta: «Il muro, oggi, è la metafora delle divisioni, dell’incomunicabilità fra le persone; i muri occorre affrontarli e scavalcarli, andare oltre, anche se sarebbe bello nascere con l’idea di non averli».
Antonello Serra sottolinea quanto questa società sia attraversata da contraddizioni, da problemi di diversa natura di non facile soluzione, le ragioni, dice, non stanno mai da una sola parte. In effetti, anche questo è vero e le paure, di qualunque paura si tratti, vanno sempre ascoltate.
 
Günter Schaefer, quando era bambino e fu costruito il muro, vide la sua famiglia dividersi, una parte rimase nella Berlino est e una parte nella parte ovest della città.
Ci racconta che la proprietà della sua famiglia fu separata in due, un fatto che procurò loro anche un notevole danno economico, fu un vero disastro in tutti i sensi. Lui all’epoca aveva otto anni.
Quando suo nonno fa scappare le sue sorelle rimaste bloccate nella zona est la sua famiglia viene segnalata e lui non può più visitare la DDR.
Trascorre l’adolescenza a Francoforte, dopo il 68 diventa fotografo, negli anni Ottanta viaggia in tutto il mondo organizzando importanti mostre.
Diventa ben presto famoso, si sposta da New York a Parigi, Mosca, Gerusalemme, Tripoli e in molte altre città, viaggia tantissimo e torna nuovamente a New York nel 1989.
 

Günter Schaefer.
 
Quando cade il Muro di Berlino decide di tornare in Germania per documentare ciò che sta accadendo.
Realizza sul lato est del muro «Vaterland», un’opera famosa che lo rende celebre ovunque.
Riceve molti premi e molti prestigiosi riconoscimenti, conosce personalità del calibro di Helmut Kohl, Miklós Németh e altri, nel 2004 organizza una esposizione molto prestigiosa, attraverso la quale racconta le trasformazioni della città di Berlino, intitolata «Berlin - Bilder aus zwei Jahrtausenden».
 
Fulvio Pinna è un famoso artista italiano, molto conosciuto sia a livello nazionale che internazionale.
Nasce a Furtei, in Sardegna, e dopo gli studi di filosofia, pedagogia, storia dell’arte, agli inizi degli anni Settanta diventa insegnante. È di quegli anni la sua prima mostra e l’apertura del suo primo atelier.
Colleziona numerosissimi e importanti riconoscimenti, ricordiamo a titolo di esempio che nel 1977 vince il premio Perseo a Firenze e nel 1978 è vincitore del premio Sironi a Milano, partecipa a numerose mostre che lo fanno conoscere ed apprezzare sempre più.
Sottolinea il Presidente dell’Accademia Internazionale La Sponda, dott. Benito Corradini, ricordando nella sua pubblicazione gli anni in cui Pinna va a vivere a Berlino: «Nel 1987 si trasferisce a Berlino e vi fonda un atelier di pittura e scultura e, nel 1988 partecipa al programma artistico nell’ambito di Berlino, capitale della cultura europea. In un incontro con Sua Santità Papa Giovanni Paolo II dona un quadro ad olio raffigurante la Madonna che si trova nella collezione d’arte della Città del Vaticano».
 
Quando cade il muro di Berlino, Fulvio Pinna per primo realizza sul muro l’opera intitolata «Inno alla gioia», un affresco di 52 metri quadrati esposta alla «East Side Gallery» (unico artista italiano).
Agli inizi degli anni Novanta disegna la scultura SOFIA per il Premio della critica dei giornalisti italiani (Premio Bacco), vinto da artisti come Sofia Loren, Claudia Cardinale e molti altri di fama internazionale.
Conta al suo attivo numerosissime esposizioni, riceve premi su premi, prestigiosi riconoscimenti, diventa un personaggio pubblico: è anche attore e modello per film e pubblicità di brand molto noti (ne citiamo solo un paio: Mercedes e Unicredit Bank).
Attualmente sta organizzando mostre non solo in Italia, a Roma e Milano, ma anche in Europa (Parigi, Berlino, Ginevra) e prossimamente esporrà anche in Giappone, a New York, in Corea e Cina.
Abbiamo avuto il piacere e l’onore di porgere a Fulvio Pinna e Günter Schaefer alcune domande.
 

Fulvio Pinna.
 
Quando arrivò a Berlino e qual è il significato dell’opera dipinta sul muro intitolata «Inno alla gioia»?
Pinna: «Arrivai a Berlino nel 1987, aprii un atelier di pittura e scultura portando nella città la mia arte, fortunatamente ebbe subito successo ed ottenni in breve tempo molti riconoscimenti.
Nel 1989 fui il primo a dipingere il lato est del muro, dopo la caduta. Inno alla gioia è un’opera ricca di simbolismi. La libertà simbolicamente è rappresentata dalla sirena che nuota sopra le nostre vite. Il messaggio del dipinto è racchiuso nella poesia scritta da me e immortalata nell’opera stessa.
«Ho dipinto il muro della vergogna affinché la libertà non sia più vergogna. Questo popolo ha scelto la luce dopo anni di inferno dantesco. Tieni, Berlin: i miei colori e la mia fede di uomo libero!».
 
Che importanza ha il dialogo in una società individualista come la nostra, a suo avviso?
Pinna: «Anche quando sembra difficile farsi capire è molto importante parlare.
«Noi artisti cerchiamo di costruire dialoghi attraverso le nostre opere, entriamo in dialogo con la gente cercando di trasmettere pensieri e di suscitare emozioni.
«Il dialogo ha un’importanza fondamentale. Non bisogna mai avere paura dell’altro, basta un semplice sorriso alle volte per venirsi incontro.»
 
Può commentare la sua opera in mostra intitolata «Italia»?
Pinna: «L’Italia è il posto più bello del mondo. Attraverso quest’opera, che rappresenta la bandiera italiana e che ho realizzato a spatola un paio di anni fa, ho voluto trasmettere l’idea di quanto sia importante la nostra cultura, la nostra storia, le nostre radici.
«Il verde via via sfuma impercettibilmente fino a divenire bianco e poi rosso; sulla destra, in verticale, si intravedono infine i colori del cielo, della terra e del mare».
 

 
Potrebbe condividere con noi un breve pensiero sulla caduta del muro?
Schaefer: «Il muro di Berlino ha diviso il mondo in due blocchi, purtroppo per tanti decenni; la sua caduta ha rappresentato il primo segnale della globalizzazione (anche internet ha contribuito all’affermarsi di questo fenomeno complesso), ha segnato la fine di un incubo e una svolta epocale.»
 
Lei ha dipinto sul muro la stella di David sullo sfondo della bandiera tedesca. Come è stata accolta la sua opera in Germania, dopo la caduta del muro?
Schaefer: «Generalmente in maniera positiva, le persone intelligenti lo hanno fatto, anche se non sono mancate forti polemiche. È un’opera creata con l’intento di invitare le persone a riflettere senza pregiudizi su ciò che è accaduto. Il fatto che venga criticata è la testimonianza di quanto in realtà ci sia bisogno di opere come questa.»
 
Progetti futuri?
Schaefer: «È da cinque anni che mi dedico a un progetto parallelo, fotografo vari artisti berlinesi (nel futuro rappresenteranno la nuova generazione), è un progetto che durerà anni. Ho in programma diverse esposizioni sempre sul tema della caduta del muro: in ottobre andrò in Cina e a novembre a L’Avana, per me è importante andare in queste zone, nella tana del leone».

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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