Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | «Cosa diremo agli angeli» romanzo di Franco Stelzer – Di Daniela Larentis

«Cosa diremo agli angeli» romanzo di Franco Stelzer – Di Daniela Larentis

È stato presentato in giugno dalla giornalista Luciana Grillo, nell’ambito del Trentino Book Festival – Intervista all’autore

image

>
«Cosa diremo agli angeli» è il romanzo di Franco Stelzer, edito da Einaudi (2018), presentato lo scorso giugno nell’ambito del Trentino Book Festival a Caldonazzo, Trento.
Il Direttore artistico e organizzativo dell’evento, Pino Loperfido, è anche l’ideatore di questo appuntamento culturale importante, atteso ogni anno da moltissime persone (molte delle quali provenienti anche da fuori regione).
A presentare l’incontro, organizzato in collaborazione con Soroptimist International club di Trento, la giornalista Luciana Grillo, critica letteraria, autrice di diverse pubblicazioni, nonché titolare per la nostra testata della seguitissima rubrica «Letteratura di genere».
 
Due parole sull’autore prima di passare all’intervista.
Franco Stelzer è un autore trentino, ha studiato filosofia a Bologna, è traduttore dal tedesco e insegna lettere a Trento. Ha pubblicato per Einaudi «Ano di volpi argentate» (2000); «Il nostro primo, solenne, stranissimo Natale senza di lei» (2003); «Cosa diremo agli angeli» (2018); ha pubblicato inoltre il libro «Matematici nel sole» (2009), edito da Il Maestrale.
Il libro narra la storia di esistenze immaginate, partorite dalla mente fervida del protagonista, un addetto ai controlli di un aeroporto.
È lui ad immaginare le vite delle persone che gli corrono davanti agli occhi quotidianamente. La sua improvvisa scomparsa genera un altro racconto nel racconto, in un continuo gioco di specchi.
 
È un romanzo davvero molto piacevole, profondo, che si presta a più letture, a noi rimanda alla solitudine dell’uomo contemporaneo, ben descritto dal filosofo Zygmunt Bauman in molte delle sue più note pubblicazioni, e a un concetto sviluppato dal noto antropologo Marc Augé, quello dei «nonluoghi», ben diversi dai luoghi antropologici in cui è facile instaurare relazioni.
Il «nonluogo» è un posto non identitario, come può essere proprio un aeroporto, in cui le persone si incrociano senza incontrarsi mai, senza stabilire delle vere relazioni.
In questo racconto, il non luogo si trasforma paradossalmente in uno spazio autentico, quello della fantasia, in un palcoscenico dove le vite immaginate prendono corpo.
 
Ma la solitudine del protagonista è anche una solitudine generativa che lascia aperta la porta della speranza.
Il libro è una storia nelle storie, ovvero sono tante storie in una storia, una sorta di matrioska composta da tanti pezzi, ognuno dei quali è inserito in un certo contesto.
In occasione della presentazione abbiamo avuto il piacere di rivolgere a Franco Stelzer alcune domande.
 

 
Immaginando l’incontro con gli angeli, una volta arrivato al loro cospetto lei ipotizza di raccontare loro qualche cosa della vita terrena. «Diremo che, di tutto quello che abbiamo vissuto, ci è rimasto solo un insieme di frammenti», scrive nelle prime pagine del libro. Secondo lei in una società come quella in cui viviamo dare spazio a un tempo qualitativo che senso può assumere?
«Certo, l’esigenza di recuperare tempo qualitativo da dedicare alle relazioni in una società frenetica come la nostra c’è, naturalmente non è facile stabilirne i modi., la faccenda è molto complicata.
«Quell’”insieme di frammenti” a cui accenna nella domanda si riferisce al fatto che la vita è stordente, è confusa, anche al di là delle riflessioni che si fanno sulla velocità del tempo attuale, la vita è proprio complicata.
«Io ho questa percezione, cioè che la memoria sia un cascame di tanti frammenti marginali che però hanno molto più valore di momenti che invece hanno il crisma dell’ufficialità.»
 
Il controllore di volo è una sorta di guardiano del tempo, potremmo immaginarlo così, un attento osservatore delle altrui vite che vede scorrere quotidianamente sotto i suoi occhi. Questo romanzo può essere considerato l’emblema di una società in declino sempre più individualista, fondamentalmente di individui liberi ma sempre più soli?
«È un dato di fatto che si viva in una società di individui sempre più soli, il protagonista, la voce narrante del libro, è un uomo molto solo e penso che molti si possano riconoscere in lui. Il doganiere ha una certa età, è un uomo che ha superato l’apice della sua vita, vive la fase di declino della propria esistenza, la perdita di energia, ha accumulato diversi fallimenti, un matrimonio andato a rotoli, e fa dei bilanci per nulla strutturati, occasionali, per nulla positivi, con dei chiaroscuri molto forti, lo fa anche osservando le vite degli altri.
«Questi bilanci sono appunto spesso molto irregolari, riguardano cose marginali apparentemente insignificanti ma che alla fine veramente rimangono e si rivelano molto importanti. Sono momenti che formano questo tessuto, questa trama anche materica che compone la nostra interiorità.
«Quest’uomo è molto solo ma alla fine trasforma questa solitudine in una forma di dialogo con sé e con il mondo, la sua non è una solitudine atrofizzata, sterile, è una solitudine molto creativa, infatti immagina, costruisce altre vite, ecc.»
 
«Diremo agli angeli che noi abbiamo sfiorato. Che abbiamo sfiorato molte cose senza mai raggiungerle. Diremo loro che nella presa mancata, nel venir meno, ci siamo riconosciuti». Quest’idea di non riuscire a raggiungere le proprie mete, soprattutto questo senso di mancato dispiegamento delle proprie potenzialità ci potrebbe porre davanti a un interrogativo. Viviamo in un mondo in cui è diventato particolarmente difficile realizzarsi in modo conforme alla propria natura?
«Al di là di tutto, realizzarsi penso sia sempre stato difficile. Realizzarsi davvero penso sia la forma di felicità assoluta, essere ciò che si è veramente. E questi tentativi producono comunque qualcosa, un’estetica della rinuncia, del rifiuto, della solitudine ecc. E’ questo grigiore un po’ sporco delle nostre vite, le quali non sono mai nette, non si stagliano mai luminose e perfette…»
 
Il libro è commovente e triste, però lascia aperta la porta della speranza, simbolicamente rappresentata dalle figure angeliche. Che tipo di angeli sono?
«Ovviamente quando si fa un bilancio si pensa sempre a un interlocutore neutrale e gli angeli hanno questa doppia natura, partecipano del divino ma anche di ciò che è terreno, infatti questi sono angeli un po’ curiosi, talvolta un po’ invadenti, un po’ impiccioni. Godono di questo status superiore ma sono anche molto umani.»

Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande