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«Arte al GrandHotel» visitabile a Trento – Di Daniela Larentis

«Per chi ci cammina accanto» è la mostra organizzata dal Centro d’Arte La Fonte e dal MAT, movimento arte timbrica – Intervista a Waimer Perinelli, curatore dell’evento

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Rosanna Pellegrini, Le Torri. 2019.
 
La Fase 2 dell’emergenza coronavirus ha dato il via all’apertura della gran parte delle attività economiche in tutta Italia, tuttavia il ritorno alla cosiddetta «normalità» sarà un processo lento e progressivo.
Le principali città italiane hanno iniziato a riaprire gradualmente anche i musei e le mostre, a Trento è fra l’altro visitabile nelle splendide sale del Grand Hotel Trento l’ultima esposizione inerente al ciclo denominato «Arte al GrandHotel».
«Per chi ci cammina accanto», mostra che si sarebbe dovuta tenere lo scorso marzo, rimandata a causa del lockdown imposto per limitare il contagio, è organizzata dal Centro d’Arte La Fonte e dal MAT, movimento arte timbrica, e raccoglie opere di artisti di diversa estrazione, in un confronto sul tema del dialogo e della solidarietà.
 
Pur essendo già visitabile nelle modalità consentite, ufficialmente verrà inaugurata in estate, a fine agosto, e rimarrà aperta al pubblico fino ad ottobre 2020.
I due curatori, rispettivamente Waimer Perinelli e Aldo Pancheri, hanno dato vita a un percorso espositivo in cui convivono suggestioni diverse.
Sottolinea Pancheri nel suo intervento in catalogo: «L’assunto critico di questa esposizione è che al presente la parola sembra essere diventata un’ipertelia che condiziona ogni aspetto della società.
«Già molti anni or sono Harold Rosenberg dichiarava che l’opera d’arte è composta da una parte di materia e da una parte di parola. Al presente, a mio avviso, la parola sembra essere diventata l’oggetto artistico in primo piano.
«In questa esposizione sono accomunati artisti già affermati e di età molto diversa da quella dei giovani artisti con cui si confrontano.»
 

Aldo Pancheri, Doppio sogno. 2019.
 
È molto bello e interessante questo confronto su un tema peraltro di grande attualità. L’emergenza Coronavirus, un evento che ha messo in ginocchio il mondo intero, ha reso evidente quanto concetti come la solidarietà e il dialogo con chi ci sta accanto siano importanti, specie in una società contemporanea caratterizzata dall’incertezza.
L’esposizione, allestita negli splendidi spazi di uno dei luoghi non istituzionali simbolo della città, affronta il tema dell’alterità da una prospettiva interessante.
Così, il bosco di Verdini pare assumere un significato nuovo, nell’atto di entrare idealmente in quel bosco proviamo quasi timore, ma lo scorgere la luce in lontananza ci consola, infondendoci coraggio.
 
Ci commuove la maternità di Aldo Pancheri, ricordandoci il calore dell’abbraccio, un soggetto «quasi sacro», come lo definisce Waimer Perinelli, presidente del Centro d’Arte La Fonte, il quale ha maturato una importante esperienza in ambito culturale come giornalista, critico teatrale, esperto d’arte.
L’opera di Aldo Pancheri sembra volerci ricordare che l’interdipendenza è una caratteristica umana esistenziale. La sopravvivenza di tutti gli esseri umani, fin dalla nascita, dipende da altri individui che si prendono cura di loro.
Come già osservava Aristotele, siamo «animali sociali», abbiamo bisogno gli uni degli altri e viviamo tutti in una condizione di interdipendenza.
 

Mateo Boato, Bielefeld St Jodokus. 2019.
 
E se il quadro di Matteo Boato ci riporta alla ritrovata allegria e alla pulsione vitale delle piazze, l’opera di Barbara Cappello, pur essendo stata realizzata nel 2014 per una mostra dal titolo «To build a castle in the air», desta vivo interesse, in quanto rinvia alla situazione vissuta da tutti noi, confinati dentro i muri delle nostre abitazioni, anelando la libertà perduta.
Quelle ali assumono così il simbolo del nostro desiderio di ritornare alla vita normale, a una quotidianità che è anche, e soprattutto, relazione umana. Il dipinto di Rosanna Pellegrini è anche di grande suggestione, la sensazione di instabilità avvertita osservando la cresta innevata investe lo spettatore, ansioso di ritrovare l’equilibrio perso.
 
Tutte le opere esposte attirano la nostra attenzione, fra queste ci piace ricordare quella di Alessandro Gretter, un’opera potente che ci colpisce per la forza dello sguardo.
È lo sguardo, in fondo, dell’uomo che vive ai tempi della pandemia, rivelando il suo straniamento, la sua inquietudine, la sua vulnerabilità, la cui sopravvivenza dipende anche dalla capacità di difendersi dai potenziali nemici, invisibili ma non per questo meno letali.
Abbiamo avuto il piacere di porgere a Waimer Perinelli alcune domande.
 

Barbara Cappello, Fly. 2014.

«Per chi ci cammina accanto», dopo lo stop imposto dall’emergenza Coronavirus verrà finalmente inaugurata in estate al Grand Hotel Trento. Da chi è organizzata e quante opere sono esposte?
«L’evento è organizzato dal MAT, Movimento Arte Timbrica, e dal Centro d’Arte La Fonte, con la collaborazione della FIDA Trento, Federazione Italiana degli Artisti Trento. Sono esposte una ventina di opere, una per ognuno dei valenti artisti in mostra.»
 
Il titolo pare rinviare al crollo dei legami sociali e all’esigenza di un’attenzione verso il prossimo più sentita, più vera, a un’idea di solidarietà autentica. Perché è stato scelto, qual è il tema affrontato?
«Il titolo è stato proposto da Aldo Pancheri, mi è piaciuto molto perché rimanda a un’apertura verso il prossimo, al dialogo, l’arte in questo senso coglie degli aspetti della vita che normalmente sfuggono.
«Alle volte vediamo un paesaggio in una fotografia, ci piace e scopriamo che è il giardino di casa nostra fotografato da qualcuno, questo per dire che spesso non ci si accorge della bellezza che ci circonda e questo vale anche per le opere d’arte.
«L’artista sa cogliere ciò che noi vediamo abitualmente e ce lo fa apparire per quello che è realmente, svelandocene una prospettiva diversa.»
 
Chi sono gli artisti in mostra?
«Vorrei sottolineare un aspetto molto importante, fra questi venti artisti alcuni sono affermatissimi, altri interessanti, molto bravi, già conosciuti, altri esordienti. Fra gli affermati troviamo un Pietro Verdini, un Aldo Pancheri e un giovanissimo Matteo Boato, artista promettente che però è già fra i grandi trentini.
«E poi Elena Fia Fozzer, Barbara Cappello, Roberto Codroico, proseguendo con Annamaria Rossi Zen, Alessandro Goio, Luciana Antonello, Diego Bridi, Romano Furlani, Nadia Cultrera, Graziella Gremes, Francesca Libardoni, Arianna Leonardi, Luciano Olzer, Rosanna Pellegrini, Monica Pizzo, Alessandro Gretter, Angelo Demitri Morandini. Gli artisti più anziani (di età e di impegno artistico), Verdini, Pancheri, Fozzer ecc. per citare dei nomi, hanno accettato di partecipare con uno spirito bellissimo, confrontandosi con umiltà con questi giovani, mentre altri artisti, anche molto conosciuti, non hanno voluto accettare il confronto.
«Fra i giovani cito un Alessandro Gretter, di Calceranica, e una Rosanna Pellegrini, ambedue molto interessanti. Fra gli emergenti c’è anche Francesca Libardoni, di Levico, con la sua opera Il silenzio parla di noi, e Angelo Demitri Morandini, di Pergine, che espone un’opera grafica, una china, dal titolo Flashback. Sono tutti molto bravi, molto interessanti.»
 

Alessandro Gretter, The witch. 2020.
 
Può commentare un’opera che trova particolarmente significativa e quella di un artista giovane emergente?
«La maternità di Aldo Pancheri è un’opera molto significativa, è un soggetto quasi sacro. Mi colpisce, fra i giovani con grande potenzialità, quella di Alessandro Gretter, un artista non ancora molto conosciuto; del resto, faccio a malincuore questa considerazione, se fossimo in una società che aiuta i giovani artisti contemporanei sarebbe più facile per loro farsi apprezzare.»
 
Lei è il presidente del Centro d’Arte La Fonte e peraltro conta al suo attivo un’importante esperienza maturata in ambito culturale come giornalista, critico teatrale, esperto d’arte e non solo. Osservando gli artisti ancora viventi che lei ha conosciuto, nel loro sguardo sulla contemporaneità espresso attraverso le loro opere coglie più meraviglia o smarrimento?
«Pur non mancando la meraviglia, quello che colgo di più nelle loro opere è lo smarrimento, consciamente o inconsciamente interpretano la realtà, lo fanno a volte istintivamente, sempre con una ricerca che è anche tecnica. E a tal proposito cito un Verdini, quando lui realizza un’opera la sua è una ricerca continua, con sovrapposizioni di colore, lui ama lavorare alla vecchia maniera.
«Tornando al lavoro artistico di Gretter, quello che emerge è un senso di spaesamento, che non vuol dire confusione, ma il percepire la società come un divenire. Al giorno d’oggi gli artisti non lavorano più per i grandi committenti, i nobili, la Chiesa, come nel passato, la committenza è la società in cui vivono, società che li libera, in un certo senso, dagli schemi, dagli obblighi, implicando un certo spaesamento».
 

Pietro Verdini, Bosco Sacro, 2018
 
Quest’epoca viene definita in modi differenti, età del rischio, dell’incertezza. Quale dovrebbe essere, a suo avviso, la funzione dell’arte nell’era in cui il rischio e l’incertezza sembrano essere le coordinate principali?
«Ho partecipato alla nascita dell’arte concettuale in Italia negli anni Settanta, in America c’era già da vent’anni e più. L’arte concettuale aveva come fine quello di esprimere un concetto da trasmettere, quindi non era solo tecnica, colori ad olio, serigrafia ecc., ma anche improvvisazione, perché il concetto era importante, non tanto l’opera tecnica in sé; decisamente non ha dato molto alla società. Era un’arte funzionale, concettuale appunto, nel senso che esprimendo un concetto ne evidenziava le contraddizioni all’interno della società. In realtà l’arte non ha bisogno che un artista esprima un concetto, non ha bisogno di essere spiegata, l’arte è fine a sé stessa. Ognuno coglie orrore, ripugnanza, bellezza…»
 
A cosa sta lavorando, quali sono le mostre in previsione oltre all’inaugurazione di «Per chi ci cammina accanto»?
«L’emergenza Coronavirus è stata una vera disgrazia per l’intera l’economia, per la cultura e il turismo, settori duramente colpiti. Purtroppo ha bloccato, o perlomeno posticipato, i molti progetti previsti per il 2020.
«La stagione del Centro d’Arte La Fonte di Caldonazzo prima dell’emergenza aveva in previsione la realizzazione fra l’altro di una mostra su Pierluigi Negriolli; l’intenzione era quella di proseguire anche nella ricerca storica di artisti del passato, con la volontà di ritrovare Eugenio Prati per ricordarlo proprio a Caldonazzo (purtroppo il museo su Eugenio Prati viene realizzato altrove, Ivano Fracena ha intelligentemente speso dei soldi, restaurando l’ex municipio di Agnedo).
«A Caldonazzo fra la biblioteca, la sede della Cassa Rurale, il Comune e la Chiesa, si possono contare più di una ventina di opere di Eugenio Prati, Romualdo Prati e Giulio Cesare Prati, Algerico Dallabrida, Elio Ciola, tutti artisti del luogo che meriterebbero un museo dedicato alla loro arte. La speranza era anche quella di ritrovare Ardengo Soffici, che abbiamo scoperto assieme a Sgarbi a Roncegno, quindi assicurare la presenza di questo pittore toscano degli inizi del Novecento che ha affrescato il palazzo delle Terme.
«L’intento era proprio quello di riscoprire questi artisti storici che hanno lavorato in Valsugana. Il Centro d’Arte La Fonte pubblicherà un libro, che ho peraltro già scritto, intitolato La bisca, è la storia di un complessino nato negli anni Venti del Novecento dal nome per l’epoca molto trasgressivo, composto da quattro-cinque amici che suonavano, chi la mandola, chi il violino, chi la chitarra, attivo fino agli anni Novanta.
«I progetti sono molti, speriamo di poterli realizzare presto.»
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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