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Educare alla fantasia – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Il pensiero fantastico consente lo sviluppo di un pensiero generativo, utilissimo per trovare soluzioni a problemi in apparenza insormontabili

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È tempo in cui dovremmo seriamente educarci ed educare alla fantasia. Così come si educa (o si dovrebbe) educare alle emozioni, alla sessualità, alla legalità, abbiamo la necessità di dare spazio a una delle facoltà umane più importanti e recuperare l’immaginario nascosto o perduto.
Educare, dice l’etimo della parola, vuol dire tirare fuori e far emergere.
Non di certo mettere dentro immagini già pronte e confezionate come sta facendo questa nostra civiltà dominata da linguaggi iconici che stanno impoverendo la produzione narrativa e il pensiero creativo.
Immaginazione e fantasia sono infatti il motore della creatività che Einstein chiamava «intelligenza che si diverte». Non un sottoprodotto della mente, ma il vero e proprio «fare della psiche».
 
Ciò nonostante manca ed è mancata sempre l’educazione alla fantasia.
Poche, anzi pochissime, sono state le istituzioni educative che l’hanno valorizzata.
E oggi, in questo prevalere del virtuale, bambini e adulti rischiano di essere sempre di più consumatori passivi di immagini e incapaci di un utilizzare quel movimento creativo che chiamiamo pensiero divergente o laterale che di solito ci fanno trovare soluzione e vie d’uscita nel labirinto della vita.
Stiamo vivendo il tempo dell’insicurezza e della sfiducia e la resistenza o la resilienza potrebbero trovare supporto dalla fantasia e dalla nostra capacità immaginativa.
 
Solo che questa energia, sosteneva Maria Montessori, va sviluppata in età infantile e successivamente potenziata e ampliata in quanto già il bambino piccolo è portatore di competenze e intelligenza, soprattutto quella emotiva di gran lunga importante nel corso della vita e per l’utilizzo del nostro potenziale creativo.
Così non sorprende scoprire che alcuni dei grandi creativi dell’economia digitale come Wales ideatore di Wikipedia o Page e Brin inventori di Google da piccoli hanno frequentato scuole montessoriane.
Ma anche un altro grande sostenitore del pensiero fantastico come Gianni Rodari, autore di quel capolavoro che è «Grammatica della fantasia», dice che l’immaginazione deve avere un posto specifico nel processo educativo.
 
La ragione sta nel fatto che essa «non è una qualche facoltà separata dalla mente, è la mente stessa».
Educare la fantasia (e alla fantasia) significa pertanto attivare i processi psichici e sviluppare la capacità di costruire reti di connessioni tra il pensare e il sentire, il percepire sensoriale e l’intuire.
Per questo Rodari, con un’infinità di proposte ed esercizi, invita gli adulti a entrare insieme ai bambini nel cerchio magico dei giochi creativi dove si possono avvicinare parole distanti per costruire filastrocche, fantastorie, e narrazioni possibili tra parole e binomi impossibili.
Grazie a queste esercitazioni educatori e insegnanti possono stimolare la fantasia ma anche apprendere per loro stessi quanto l’immaginazione aiuti ad andare oltre le illusioni, faccia esplorare l’invisibile e costruire ponti tra la coscienza e l’inconscio, proprio come fanno i sogni.
 
Artefice creativo di tante storie fantastiche, Gianni Rodari ci esorta a sviluppare la fantasia che attiva il «gioco» creativo che avvicina ciò che si conosce a quello che non fa parte della coscienza.
In fondo lo fanno i bambini con il «facciamo finta che», gioco illogico e surreale, a volte simile a un delirio.
Ma, come dice Jung, il pensiero fantastico che crea la realtà è attività specifica della psiche, non solo della mente disturbata, ma quella creativa che consente lo sviluppo di un pensiero generativo, flessibile, critico, utile per sostenere le frustrazioni della vita quotidiana e fa trovare soluzioni a problemi in apparenza insormontabili.
Forse allora, proprio con la fantasia in quanto energia, possiamo trasformare la realtà e salvarci.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - www.officina-benessere.it

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