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Disturbi alimentari in crescita – Di G. Maiolo, psicoanalista

È un allarmante segno del disagio giovanile, una dimensione di sofferenza accresciuta dalla pandemia e dal distanziamento sociale

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C’è un nuovo allarme riguardo alla salute mentale dei giovani ed è quello dei disturbi alimentari.
L’anno della pandemia li ha moltiplicati perché con i vari lockdown, gli adolescenti chiusi in casa e forzatamente distanti dalle relazioni col gruppo dei pari, hanno intensificato un conflitto evolutivo da sempre presente.

L’adolescenza, il tempo difficile della crescita che mette a confronto lo sviluppo, l’identità da costruire e un corpo nuovo da gestire, è un passaggio delicato e impegnativo della vita in cui nasce la propria immagine corporea che permette di riconoscersi a prescindere da quello che ci rimandano gli altri.
Ed è anche la fase più ricca di trasformazioni e mutamenti, in cui il corpo entra in scena in maniera vistosa e rumorosa. Reclama di vivere e pulsare, impone i suoi bisogni, richiede attenzioni nuove e soddisfazioni insistenti.
 
A volte tutto questo può spaventare e rendere faticoso l’incontro con se stessi.
Allora, il corpo diventa un nemico da combattere e la convivenza una lotta dura e defatigante.
La zona del conflitto si espande e il terreno della crescita si trasforma in un campo minato dove, per alcuni, si combatte una guerra nascosta e silenziosa, ma lunga o infinita.
Ed è lì che si sviluppano i problemi col corpo.
Quando il lavoro complesso e delicato di ricerca della propria identità si fa duro, la percezione alterata di se stessi e l’immagine distorta del corpo finiscono per far crescere un disagio interno silenzioso, ma minaccioso e compromettente.
All’adolescente sembra di entrare in un tunnel scuro dove pare manchi l’uscita, un percorso di dubbi e interrogativi del tipo «Dove mi porterà questo mio corpo che non conosco?».
 
In effetti si tratta di fare i conti con un corpo che si allunga e si allarga, che si deforma e diviene un «contenitore» irriconoscibile e imbarazzante. Difficile da apprezzare e qualche volta più facile da odiare.
È il rifiuto del cibo che compare. È l'anoressia, di cui già sapevamo, che irrompe come tentativo di soluzione.
È lo scontro con quelle parti ingombranti e inaccettabili che sprigionano sensazioni e vissuti strazianti come disgusto e vergogna.
Ed è la lotta contro un corpo sessuato che adesso ha desideri e comunica, anzi denuncia un'appartenenza nuova, inevitabile, una pulsionalità sconosciuta e difficile da contenere.
 
Questa dimensione di sofferenza ora è cresciuta e allarma perché, come dicono le ricerche, complice la pandemia e il distanziamento sociale, ha un esordio anticipato e precoce, ancora più insidioso.
È una «avventura» che aumenta la sua potenzialità distruttiva perché accompagnata dalla disattenzione degli adulti che fa arrivare tardi al soccorso, quando invece è necessario un tempestivo intervento.
E poi per aiutare gli adolescenti servirebbe un'educazione al pensiero critico che aiuti a gestire le informazioni false e pericolose facilmente reperibili in rete e nei siti Pro ANA e Pro MIA dove prolificano diete e consigli alimentari perniciosi.
 
Ma serve anche non sottovalutare quei comportamenti eccessivi che adesso chiamiamo Binge eating e Binge drinking, cioè le abbuffate alimentari o alcoliche, che sembrano manifestazioni palesi di incoscienza e irresponsabilità giovanile, quando invece sono sfide nuove e potenzialmente mortifere, perché oltre i limiti dell'agire che nessuno più si preoccupa di definire.

Giuseppe Maiolo
Università di Trento - www.officina-benessere.it

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