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La speranza – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

È quella possibile fiducia che sostiene sempre l’individuo nei momenti della tristezza e dell’amarezza

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Fa rima con resilienza la parola «speranza» ma anche con resistenza e perseveranza, che sono dotazioni necessarie per superare le avversità e andare avanti.
Tra gli antichi greci era una divinità, Elpis, che i latini chiamarono «Spes, ultima dea» quasi a dire che la speranza è l’ultimo aiuto da chiedere per far fronte ai mali del mondo, quelli fuoriusciti dal Vaso di Pandora.
Il famoso mito infatti, racconta della speranza come il porto dove andare nel mezzo della bufera e allude all’energia che ci serve per tenere il timone quando infuria la tempesta.
 
Qualcuno l’ha sentita come un’illusione e pure la psicologia l’ha considerata poco, mentre invece la speranza è un’emozione preziosa simile a un farmaco.
Le neuroscienze oggi, ci confermano che è come un’aspettativa positiva che «accende» aree del cervello, quelle frontali e del sistema limbico, capaci di produrre sostanze in grado di dare sollievo al dolore, simili all’oppio o alla morfina.
Ce lo dice con estrema chiarezza il neurofisiologo Fabrizio Benedetti in un bel libro «La speranza è un farmaco» (Mondadori) le cui ricerche ci confermano come la capacità di sperare non sia un imbroglio ma un sentire interno di fiducia con cui ci aspettiamo benefici, soluzioni e anticipiamo mentalmente eventi piacevoli del futuro.
 
Possiamo dire che è un sentimento in grado di darci forza per andare avanti quando la situazione personale, sociale o relazionale ci abbatte.
La radice «spa» di speranza che viene dal sanscrito, contiene proprio l’idea del movimento e dell’energia con cui ci muoviamo nello spazio fisico e in quello mentale quando desideriamo e fantastichiamo.
È l’immaginare che costituisce la trama della speranza. È come un viaggio mentale in cui c’è una meta, la destinazione e gli strumenti che servono, ma pure l’entusiasmo per l’avventura e l’energia necessaria per arrivare al termine.
 
Sperare è un atto di fiducia in noi stessi e nella vita, un vedere al buio e percepire la possibilità di cambiare che ci dà la linfa necessaria per trasformare i sogni in realtà. È forza interiore da coltivare proprio con l’immaginazione e alimentare con la fantasia per rinnovare lo sguardo sul mondo e sviluppare l’attesa.
Tenere accesa la fiamma della speranza e mantenerla funzionante nei momenti particolari in cui, messi alla prova dalle situazioni negative, si vacilla vuol dire valorizzare i desideri più che i bisogni e al contempo tenere attive le parti infantili che ci fanno vedere il mondo con gli occhi stupiti del bambino.
 
Ci aiuta l’idea che dietro l’angolo ci possa essere sempre qualcosa di nuovo e importante da scoprire.
Ci serve immaginarlo in quanto l’immaginazione è atto mentale creativo e ci mostra possibili soluzioni.
Far crescere la speranza ad esempio con il pensiero divergente, quello che utilizza prospettive inusuali, ci può servire per costruire giorno dopo giorno il cambiamento e la rinascita.
Perché diceva Pablo Neruda in una splendida poesia «Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno».

Giuseppe Maiolo - Università di Trento
www.iovivobene.it

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