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Il sogno, narrazione della vita – Di G. Maiolo, psicoanalista

La domanda di fondo rimane: cosa sono i sogni e perché li facciamo?

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Sognare e sogno sono due parole che abitano la vita umana. Non per nulla Calderon della Barca nel 1600 scriveva «La vita è sogno» e nello stesso periodo Shakespeare ne «La tempesta» diceva che «Siamo fatti della stessa materia dei sogni».
Questi giganti della letteratura pensavano che tra il sogno e la nostra breve esistenza c’è una linea di ininterrotta continuità.
Oggi la ricerca conferma che sognare è atto fisiologico, ovvero narrazione solitamente notturna presente in ognuno di noi, anche se al risveglio non si ricorda nulla.
In ogni caso la domanda è: cosa sono i sogni e perché li facciamo?
 
Gli antichi credevano che fossero messaggi degli dei mentre ora sappiamo che sono una sorta pensieri in forma di immagini, ma anche sensazioni fisiche o vissuti emotivi e storie della nostra esistenza di cui non siamo consapevoli.
In parte sono memorie attivate da alcune aree corticali e subcorticali responsabili delle funzioni del pensiero simbolico e delle emozioni, connesse con i processi mnestici, cioè con la memoria.
Freud fu tra primi a ritenere il sogno un pensiero capace di svelare ricordi ed esperienze rimosse. Jung, suo allievo, precisò che «Il sogno è la piccola porta occulta che conduce alla parte più nascosta e intima dell’anima» (La realtà dell’anima, Boringhieri).
 
Sognare vuol dire passare dalla coscienza all’inconscio, attraversare luoghi e rintracciare immagini del mondo interiore che ci aiutano a dire chi siamo.
È una specie di posizionamento interiore, non solo un ricupero di ricordi scomparsi, di desideri o di paure inconfessabili.
I sogni sono uno spazio della nostra vita psichica da esplorare e a volte anche una mappa del viaggio che stiamo facendo da decifrare dove è possibile cogliere direzioni intraprese, le soste o i blocchi dove siamo fermi.
 
Hanno il valore degli strumenti utili per dire cosa e come stiamo vivendo e, a volte, fornirci soluzioni da sviluppare al risveglio.
Sono noti i racconti personali di grandi scienziati come Mendeleev o Einstein, per citarne solo alcuni, che dicono di aver fatto sogni illuminanti prima di trovare risposte o elaborare scoperte e teorie fondamentali.
Le neuroscienze ci confermano che durante il sonno, mentre sogniamo, il cervello non si mette a riposo, semplicemente cambia ritmo di lavoro.
Sembra appropriato dire che nel sonno REM, la fase di maggiore produzione di immagini, siamo fortemente creativi.
 
Molti studi concordano nel dire che solo il 2% dei sogni si riferisce a esperienze fatte o eventi vissuti nello stato cosciente.
Per lo più sono narrazioni originali anche se bizzarre e poco comprensibili al risveglio perché espresse in un codice simbolico e pre-logico, al di là del razionale e delle categorie spazio-tempo.
Per comprendere i sogni è necessario liberarli dalle oscurità che li avvolge, ricordarli e narrarli al risveglio a se stessi o a qualcun altro che si limiti ad ascoltare.
Oppure scriverli in modo da ri-pensarli e cercarne il senso che è sempre e solo in relazione con il sognatore.
 
Poi bisogna provare a interpretarli in quanto allusivi e simbolici.
E i simboli, benché rimandino a significati universali, mettono in luce aspetti diversi, mai univoci, a cui è possibile avvicinarsi solo con pazienza, attenzione e rispetto.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento

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