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La presunzione – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

È l’atteggiamento che riguarda le convinzioni che abbiamo e le idee che ci siamo fatte, senza confronto

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Viviamo il tempo in cui tutti sanno dire tutto, intervengono su ogni cosa e offrono spiegazioni e commenti che alla fine sono solo pareri personali.
Ognuno può esprimere il suo pensiero ma, diceva Umberto Eco, oggi «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli… che hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel».
La presunzione è un atteggiamento che riguarda le convinzioni che abbiamo e le idee che ci siamo fatte.
Non è un peccato come si pensa, ma un luogo del pensiero che approda a certezze che escludono l’errore perché impastate di un giudizio di sé eccessivo, appena mitigato da un «Io non sono un esperto, ma…»
 
Presunzione dal latino «Pre-sumere» vuol dire prendere per sé, attribuirsi doti riflessive e convinzioni di verità da dispensare agli altri che tacciono.
Da clinico penso alla presunzione come ad una certa «perversione» del pensiero, un aspetto fuori dal fisiologico modo di rappresentare le proprie idee che fa sentire il dovere salvifico di generare coscienza. Ma senza un confronto.
Il presuntuoso pontifica e non apre una discussione. Dietro la presunzione c’è di solito un eccesso di fiducia nelle proprie convinzioni, non di rado superbia che non fa ascoltare gli altri e mancanza di dubbi. Di certo una dose minima di empatia.
 
La presunzione, se non è arroganza, è sicurezza che però ha bisogno di argomentazioni fondate per reggere il confronto con chi la pensa diversamente.
Non è né buona né cattiva, ma è la quantità che decide perché come diceva Paracelso, «È la dose che fa il veleno!»
Allora colpiscono quei generali che, esperti in azioni militari, decidono di affrontare le ragioni di un orientamento sessuale per trovarne gli indicatori correttivi o che definiscono conclusa l’esperienza dell’inclusione a scuola dopo anni di applicazione e promuovono, con un assurdo balzo regressivo, le classi speciali.
 
La presunzione non sta nel rivedere e rivalutare le situazioni, quanto nel promuovere soluzioni, strumenti di intervento o indicazioni che nascono da convinzioni personali e non da competenze professionali specifiche in sessuologia clinica, psicologia o pedagogia.
La presunzione è un rischio sempre in agguato per tutti coloro che esercitano una professione di aiuto a cui è richiesta la necessità di esercitare l’umiltà socratica «So di non sapere» o quanto meno il limite di attenersi alle proprie competenze professionali.
 
Se è un sentire intenso e perturbante, va contenuto soprattutto se ha le tinte oscure della «passione», perché la presunzione può diventare dominanza e prevaricazione.
Dentro lo spazio mentale della presunzione, come dentro una fortezza invalicabile, ci può essere un IO ipertrofico e dilatato che fatica a fare autocritica e impedisce di riconoscere le proprie debolezze.
Non meraviglia, a quel punto, scorgere nel bagaglio delle esperienze personali di chi convive con la presunzione, una svalutazione diffusa vissuta nell’infanzia e per reazione una ricerca spasmodica di compensazione.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento - Docente di psicologia delle età della vita
www.iovivobene.it

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