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«Qual è il futuro della tarantella calabrese?» – Di Sandra Matuella

Intervista esclusiva a Mimmo Cavallaro, ospite d’onore del quarto «Festival Magna Grecia» tenuto in Piazza Fiera a Trento

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La quarta edizione del «Magna Grecia Festival» si tenuta la scorsa fine settimana in piazza Fiera a Trento, per tre giorni di musica, sapori e tradizioni calabresi.
Organizzato dall’associazione culturale Magna Grecia di Trento, in collaborazione con l’Anfass-Liberamente insieme, e, per la giornata di venerdì con il Circolo dei sardi Dessì, il festival ha proposto alla città tanti appuntamenti, dai concerti alla lotteria, dall’apery-calabria alla cucina tipica e ancora il karaoke, i balli di gruppo, la gara di tarantella e l’esibizione del gruppo Taranta-Trient, nato quest’anno all’interno del corso di ballo che si è tenuto a Piedicastello, nella sede dell’associazione stessa.
Soddisfatto Giuseppe Paviglianiti, il nuovo presidente dell’associazione Magna Grecia.
«Non ho parole per esprimere la soddisfazione per questa edizione così partecipata e condivisa non solo dai calabresi, ma da tutta la città – osserva il presidente Paviglianiti – il picco di presenze lo abbiamo registrato sabato sera con il concerto dei TaranProject, mentre domenica l’affluenza è stata costante durante tutta la giornata.»
Particolarmente apprezzata è stata la cucina calabrese, e anche quest’anno il festival ha ospitato il pranzo per i soci della Cassa rurale di Trento, con 230 coperti. La carne di capra, porchetta e salsiccia, insieme alla pasta tipica sono stati i piatti più richiesti, accompagnati naturalmente dal vino Cirò, e anche il banchetto con i prodotti tipici calabresi è stato preso d’assalto.
 

 
Ospiti d’onore del festival i musicisti Mimmo Cavallaro e Cosimo Papandrea con il loro gruppo TaranProject: sono esponenti di spicco della musica tradizionale calabrese, in particolare della musica della Locride, che restituiscono in mix di tradizione e innovazione poiché viene eseguita con gli strumenti tipici quali la chitarra battente, la lira calabrese, l’organetto, il tamburello e i flauti «fischietti», insieme a basso elettrico, chitarra classica e alla cassa della batteria.
Per questo concerto a Trento c’era una grande attesa, ed è stato presentato con simpatia ed emozione dai ragazzi dell’Anfass.
Mimmo Cavallaro è anche uno studioso e ricercatore della musica etnica, e direttore artistico dello storico Kaulonia Tarantella Festival: a L’Adigetto.it il musicista spiega come è nato il TaranProject e quali sono le sorti della musica calabrese.
«TaranProject è il nome del gruppo che ho fondato nel 2009 con l’intento di far conoscere la tradizione popolare calabrese della zona ionica, in particolare della Locride: è una musica caratterizzata da un repertorio ricco di canti d’amore e di sdegno, dai canti di lavoro e di emigrazione.
«Il suo ritmo è la tarantella che è il ritmo tipico della Calabria, come la pizzica lo è della Puglia e la tamurriata della Campania: pur nella diversità regionale, il terzinato è la caratteristica che accomuna tutti questi ritmi del Sud Italia.»
 

 
Cosa rappresenta la tarantella per la cultura calabrese?
«È la colonna sonora che accompagna tutti i momenti della vita privata e sociale delle persone, dalle feste di famiglia per la nascita e il matrimonio, a quelle patronali, alle feste per il raccolto: ha un ruolo aggregante e liberatorio, perché nel ballo le persone si liberano dalle oppressioni della società, del lavoro e, in passato, dai pensieri che la gente aveva per la sopravvivenza.
«Lo spirito gioioso, allegro ed energico della tarantella scandisce il ritmo delle stagioni, proviene da tempi molto remoti ed è stata tramandata in modo orale e spontaneo di generazione in generazione.»
 
Quindi è una musica legata alla terra, alle radici e ad una cultura che è stata soppiantata dalla civiltà industriale?
«Sì, in generale il mondo della musica popolare ha a che fare con il mondo agro-pastorale e con il lavoro nei campi, e quando la società contadina è entrata in crisi con il passaggio a una società moderna fortemente tecnologica, di conseguenza anche la musica popolare ha avuto una sua depressione.
«Oggi però, sta vivendo una nuova primavera e importanti festival come il Kaulonia Tarantella in Calabria, la Notte della Taranta nel Salento, il Taranta Power a Badolato e il Paleariza di Bova, hanno avuto un ruolo propulsivo nel rilanciare la musica popolare del Sud Italia.
«Per quanto mi riguarda, ho cercato di fare un lavoro di rinnovamento della musica popolare con l’utilizzo di strumenti musicali estranei alla tradizione, all’interno del percorso di innovazione musicale aperto da Eugenio Bennato.»
 

 
Qual è il futuro della tarantella calabrese?
«Ormai non è più solo un fenomeno regionale, ma si sta allargando a livello internazionale: noi partecipiamo spesso a festival di world music all’estero, e lì ho scoperto la grande forza che ha il ritmo della tarantella, Ricordo, ad esempio, un tour di undici date in Germania, dove il pubblico tedesco ci ha accolti con un entusiasmo tale che alla fine di ogni concerto non voleva più lasciarci andare via.»
 
Lei è direttore artistico del Kaulonia Tarantella Festival che si terrà a Caulonia a fine agosto: qual è la tematica che ispirerà la prossima edizione?
«Vorremmo attirare l’attenzione sul movimento migratorio dall’Africa all’Europa; quello dell’emigrazione è un tema che accomuna la storia calabrese con l’attuale storia dei popoli africani e mediorientali.
«Attraverso la musica, il festival vuole essere uno strumento di dialogo e di riflessione su quanto sta accadendo nel Mediterraneo, un mare che oggi è tomba e insieme, luogo di speranza.»
 
Sandra Matuella - s.matuella@ladigetto.it


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