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«Quo Vadis»: le storie dei migranti in musica – Di Sandra Matuella

In una intervista esclusiva, le riflessioni del musicista trentino Fernando Ianeselli

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«Quo Vadis. Storie di migranti» è il nuovo disco della Blood Rockers Band, è un disco a suo modo profetico circa la questione della migrazione: concepito quasi un anno fa da Fernando Ianeselli, uno dei fondatori della band trentina formata da noti medici e professionisti del mondo sanitario trentino, il disco anticipa molte vicende che si stanno purtroppo avverando e che invitano tutti ad una riflessione più profonda.
Mentre l’Europa si divide e si gira dall’altra parte, incapace come è di trovare una soluzione dignitosa e coerente al problema sempre più ingestibile dei migranti, la Blood Rockers Band, presenta l’opera Quo Vadis. Storie di migranti, in cui prende una posizione precisa e propone attraverso la musica, una riflessione lucida e insieme poetica sul dramma della migrazione.
Fernando Ianeselli è l’autore dei testi di Quo Vadis, ispirati ai drammi umanitari legati a quella che papa Francesco ha definito la «terza guerra mondiale a pezzi»; le canzoni hanno titoli eloquenti, come «La maglietta rossa di Kobane», «Paura dei migranti», «Popoli in cammino», «Pace», «Preghiera nel campo di accoglienza».
La Blood Rockers Band, nata nel 2009, con Quo Vadis rimane fedele all’idea iniziale che ispira la sua musica, di unire la passione del classic rock con la sensibilità per il sociale ed il volontariato.
La Blood Rockers Band è formata da Paolo Barelli, basso, Paolo Cristofolini, pianoforte e tastiere, Pierluigi Gamba e Fernando Ianeselli, chitarra e voce, Andrea Lorusso, chitarre, Massimo Ripamonti, tastiere e voce, Marco Scillieri, batteria e percussioni; per Quo Vadis la band ospita il cantante e musicista kurdo Serhat Akbal.
Il progetto visivo di Quo Vadis si avvale dei dipinti di Cristina Zanella e dei filmati concessi dalle associazioni Verso la Mesopotamia e Progetto Melting Pot Europa in collaborazione con il Centro Sociale Bruno, che hanno sostenuto la realizzazione dell’opera.
 

 
Il concerto in cui la Blood Rockers Band presenterà ufficialmente «Quo Vadis. Storie di migranti», si terrà venerdì 15 aprile all’Auditorium dell’Oratorio San Gabriele di Arco, (inizio ore 20.30, ingresso libero) nell’ambito della serata «Per ricordare i bambini di Kobane e la lotta del popolo kurdo», promossa da «Verso la Mesopotamia – onlus», l’associazione trentina di volontariato di aiuto e cooperazione per i popoli della Mesopotamia, che da anni opera nella solidarietà internazionale per la difesa dei diritti fondamentali in particolare dei popoli del Kurdistan come della minoranza cattolica caldea dell'Iraq.
Il concerto replicherà venerdì 22 aprile a Trento al Centro Civico Oltrefersina in Clarina, nell’ambito della serata «Popoli in cammino» organizzata dall’associazione Commons, con Melting Pot Europa, la partecipazione dello scrittore Vincenzo Passerini e Stefano Bleggi del progetto Melting Pot Europa; ci sarà anche la mostra fotografica «Popoli in cammino oltre i confini» di Carmen Sabello.
 

 
Al nostro giornale Fernando Ianeselli spiega che Quo Vadis intende offrire «Una riflessione più ampia sul significato dell'accoglienza, della solidarietà, del rispetto e della pietas umana, scevra dai fiumi di retorica e di ipocrisia di cui i media ci stanno sommergendo.
«L’opera nasce dalla consapevolezza che l’umanità intera sta vivendo un momento storico epocale: non soltanto il confronto/scontro di religioni e civiltà diverse, non soltanto la crisi e gli interessi economici mondiali ma la percezione di un punto di non ritorno globale per la sopravvivenza dell’essere uomo, dei suoi valori fondanti e dello stesso senso della vita.»
 
La sua musica vuole quindi restituire il senso profondo di un’avventura umana che ormai ha raggiunto le dimensioni di un vero e proprio esodo biblico?
«In qualche modo vorrebbe essere la colonna sonora di un’umanità dolente e smarrita in cammino verso una destinazione ignota.
«L’epopea delle migrazioni ci pone di fronte a tutto ciò, analogamente a tutte le migrazioni del passato, ma anche diversamente da esse perché oggi questa è tragedia di tutti: di chi uccide, di chi lucra, di chi fugge, di chi accoglie e di chi respinge.
«E soprattutto, è sotto gli occhi di tutti.»
 

 
A livello formale come ha strutturato «Quo Vadis»?
«Pur non seguendo un rigido schema cronologico l’opera può essere distinta in tre parti:
«Un primo gruppo di canzoni narrano le vicende precedenti l’esodo, le sue cause e i suoi drammi; un secondo gruppo si riferiscono al viaggio senza fine lungo le frontiere d’Europa; l’ultimo gruppo comprende alcuni brani che affrontano il tema controverso dell’accoglienza.»
 
Nella canzone Pace lei canta «Ti prenderò per mano e tu verrai, andremo nel giardino degli eroi e il dolore come neve svanirà, in questo viaggio senza metà e senza età»: cosa rappresenta questo testo?
«È una riflessione sulla sofferenza umana mitigata dalla consapevolezza e dalla speranza.»
«Nel brano Lo specchio ci sono questi versi: Disse cosa fai, Disse dove vai, non sfuggirai. Solo polvere ed il filo spinato. E le onde fredde della notte. Hanno rubato anche il nostro futuro. Domani partirò.
«È un dialogo fra un figlio deciso a partire e il padre che presagisce e teme il suo doloroso e incerto cammino.
«Il pianista di Yarmuk è brano che richiama alla mente la scena di un pianista tra le macerie della guerra: Sfiorerò il mio vecchio pianoforte. Senza l’odio e d i fantasmi della morte. Ascolteremo insieme il ritmo della libertà. Suona, una canzone può sfidare anche la paura. E accompagnarti nel cammino verso Hamah.
«E la libera trasposizione della storia di Aeham Ahmad che allietava la sua gente nei campi di accoglienza fino a quando il suo pianoforte non è stato distrutto in quanto simbolo di pace e bellezza.»
 

 
«In Morire nella stiva ci sono delle immagini drammatiche e tristemente ricorrenti nei telegiornali: «Eravamo a sei miglia dalla costa italiana, la luna sul ponte d’improvviso sparì. Ti ho cercata nel buio, eri già lontana poi l’urto ed il vento, è finita così.»
«Si ispira alla tragica storia, narrata da alcuni sopravvissuti, di una giovane coppia libica annegata al largo delle coste italiane in uno dei tanti barconi della morte.»
«In Memorie d un terrorista invece affronta il lato oscuro e ancora sfuggente del fenomeno migratorio: «Verremo lì a combattere chi massacra ogni giorno così, cancellando la memoria e il futuro. Fabbricanti di morte, avrete la stessa sorte di 30.000 bambini innocenti, straziati da bombe intelligenti. Pregherò e ucciderò»:
«Sono convinzioni amare ma incrollabili, ispirate da un’intervista ad un foreign fighter disposto ad immolarsi per la giustizia ed il riscatto del suo credo.
«Al Consiglio d’Europa c’è invece il disincanto verso l’inesistente politica europea: «Pensaci tu Angela Merkel, noi siamo tutti levantini e tu lo sai prepareremo tutti gli hot spot e quasi quasi ci registriamo pure noi… Si è alzata la Cancelleria, adesso parlerà, li metterà d’accordo tutti, vedrai che se li prenderà. Poi arriva la rassegna stampa, si sentono punture di spillo quella maglietta rossa commuove tutti quanti ma sono lacrime di coccodrillo.»
«È un pezzo semiserio e immaginario, narrato da un delegato italiano, che esprime tutto lo sconcerto, l’imbarazzo e la confusione del vecchio continente riunito a Bruxelles.»
 
Sandra Matuella – s.matuella@ladigetto.it

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