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La Whirlpool ha chiuso ma… – Di Maurizio Bornancin

Si è chiusa un’avventura iniziata nel 1970, ma il dopo Whirlpool riparte dall’industria

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«È in ogni caso una sconfitta quando chiude un’impresa e si perdono posti di lavoro». Queste le frasi che ricorrevano dopo l’annuncio della chiusura della storica realtà industriale di Trento.
Quattro decenni, quarantaquattro anni da quando nel 1970 la Whirlpool, importante multinazionale americana, scelse Trento per uno dei suoi principali stabilimenti italiani, acquistando il capannone ex IGNIS e dando lavoro a circa 700 dipendenti.
In quegli anni il Trentino era molto diverso da come lo conosciamo e lo vediamo oggi, in quei capannoni sono passate migliaia di persone, donne e uomini che con il proprio lavoro e i propri sacrifici hanno aiutato questa multinazionale a crescere e arrivare a un ruolo di primo piano nel mondo (fatturato di diciannove miliardi e occupazione di settanta mila dipendenti).
Per molti anni questa impresa è stata uno dei simboli industriali della città che produce, del lavoro operaio, di chi, giorno e notte, passa la vita in fabbrica.
Ora anche questa storia, durata così tanto tempo, ha scritto la parola fine.
 
Certo, una mazzata quella notizia che nessuno vorrebbe mai sentire ed era il 28 giugno 2013, quando la sede centrale della Whirlpool comunicava alla RSU dello stabilimento di Gardolo, alla Provincia, al Comune di Trento e alle Organizzazioni sindacali il nuovo Piano di riassetto industriale del Gruppo, che prevedeva la chiusura di vari stabilimenti europei, compreso quello della produzione di frigoriferi situato a Spini di Gardolo e la contestuale concentrazione delle attività produttive a Varese, sede amministrativa e commerciale italiana.
Già il 28 ottobre 2011 la Whirlpool annunciava cinquemila tagli in Europa e in USA, a causa di una perdita in bilancio di 12 milioni di dollari contro i ventisei milioni di utile del 2010.
Si è quindi iniziato, dal 2012, un Piano di riduzione dei costi e di capacità produttiva che ha significato una diminuzione della forza lavoro in nord America e in Europa, pari al 10 per cento nei due continenti.
Tale Piano ha visto la chiusura del centro di produzione frigoriferi a Fort Smith (Arkansas) e il trasferimento della stessa produzione in altre zone del nord dell’America.
Inoltre ha visto la delocalizzazione della produzione di lavastoviglie da Neunkirchen (Germania) alla Polonia e la riorganizzazione degli stabilimenti con riduzione del personale in Italia (1.000 dipendenti) negli stabilimenti di Napoli, Siena, Varese e Trento e la chiusura di uno stabilimento in Svezia.
Queste azioni prevedevano una stima di risparmi annui dal 2013 di circa 400 milioni di dollari.
 
Le ragioni delle decisioni di riorganizzare le produzioni e di ridurre il personale sono state causate da una diminuzione di vendite di circa il tre per cento nelle Regioni EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), dai maggiori costi delle materie prime, dalla stagnazione del mercato complessivo degli elettrodomestici, dal conseguente esubero della capacità produttiva negli stabilimenti italiani e dalla conquista di quote di mercato da parte delle aziende concorrenti.
I giornali in quel periodo del 2013 occupavano diversi spazi con varie interpretazioni, critiche, accompagnate da interviste, sia dei sindacati, sia delle direzioni aziendali e degli amministratori provinciali.
Il Trentino andava in poco tempo a perdere una realtà industriale manifatturiera, che ha determinato la storia del patrimonio produttivo trentino e che per molti anni ha contribuito alla crescita della comunità e delle famiglie.
 
Con la crisi, partita per il «polo del bianco» già nel 2005, arriva per lo stabilimento trentino la diminuzione a 400 dipendenti.
In quel periodo la Whirlpool ottiene dalla Provincia un finanziamento per un progetto di ricerca e innovazione con l’obbligo del mantenimento dei livelli occupazionali per almeno cinque anni.
La Whirlpool ha mantenuto tali impegni arrivando a otto anni.
La recessione continua e la Provincia nel frattempo ha giocato d’anticipo ed ha acquistato nel 2007, attraverso Trentino Sviluppo, il capannone di Spini, dandolo in affitto alla stessa Whirlpool, con un canone annuale pari al 7 per cento del valore dell’immobile, contro il 4,5 per cento del valore di mercato, a fronte di un valore annuale pagato dalla Whirlpool di circa 3.150 milioni di euro.
In questa situazione e dopo l’annuncio della chiusura dello stabilimento a Trento, la Provincia insieme a Trentino Sviluppo ha coinvolto con specifici incontri sia i sindacati, sia i dirigenti dell’azienda, per trovare soluzioni atte a non disperdere il patrimonio professionale dei 400 lavoratori.
 
In poco tempo è stato creato insieme al sindacato, all’Agenzia del Lavoro e alla Società, un piano sociale straordinario che ha permesso la procedura di CIGS per tutti i lavoratori per due anni, ossia fino a tutto il 2015, ottenere nello stesso tempo una specifica collaborazione da parte di Whirlpool per progettare un percorso attivo attraverso un gruppo di lavoro con la compartecipazione di Trentino Sviluppo, proprietaria dell’immobile, per individuare forme di reindustrializzazione e di formazione di personale per un’eventuale attività sostitutiva.
Da tali confronti e dall’attività del gruppo di lavoro sono scaturiti nuovi accordi, sottoscritti in tempi brevi nel luglio 2013.
Questi accordi affrontavano la particolare situazione del caso Whirlpool, i tempi di chiusura dello stabilimento previsti per il dicembre 2014, il Piano straordinario per la riqualificazione e mobilità dei lavoratori, l’attivazione di un apposito servizio di ricerca di opportunità di reindustrializzazione dell’opificio di Gardolo, attraverso una società specializzata e con l’affiancamento alla Provincia da parte di Whirlpool per la selezione delle attività sostitutive, nell’ambito di una fase di dismissione dell’impianto e degli uffici ai fini di rendere completamente libero per nuove attività il capannone e i magazzini i cui costi sono stati sostenuti dalla Whirlpool stessa.
Di fatto un «atterraggio morbido» dove la Whirlpool si è impegnata a rendere disponibili risorse finanziarie per 3 milioni di euro già trasferite alla Provincia per supportare le attività occorrenti alla riconversione dello stabilimento trentino e alla riqualificazione del personale.
 
Nell’aprile 2015, attraverso Trentino Sviluppo è stato pubblicato un bando per la messa a disposizione dello stabilimento per una nuova attività produttiva, con relativi investimenti di ristrutturazione e assunzione dei lavoratori provenienti in via prioritaria dalle liste dei dipendenti ex Whirlpool, oltre allo schema e ai tempi di attuazione della nuova iniziativa.
A questo bando hanno partecipato circa dieci società e la commissione di valutazione dei requisiti economici, finanziari e produttivi ha individuato la Vetri Speciali, Azienda trentina con tre stabilimenti nell’area del Nordest, (Pergine, Pordenone, Treviso) del Gruppo Marzotto, controllata al 50% dalla Zignago Vetro SpA, leader mondiale nella produzione e vendita di contenitori in vetro per liquori, vino, aceto e olio, con tre mila articoli e nove colorazioni di vetro.
Azienda con una produzione complessiva in aumento anche per la natura del vetro divenuto sempre più contenitore ecosostenibile e sostitutivo della plastica. Produzioni e processi produttivi quelli del vetro rispettosi dell’ambiente.
Tale azienda è presente dal 1974 a Pergine Valsugana prima come Nordvetri poi ceduta a Vetri Speciali.
 
In agosto 2015 è stato così firmato dalla Provincia, dal sindacato, dalla Vetri Speciali e da Trentino Sviluppo un accordo che prevede l’utilizzo del capannone di Gardolo e un investimento in sette anni da parte di Vetri Speciali, di 41 milioni di euro con l’assunzione, entro il 2017, di circa 250 lavoratori provenienti in via prioritaria dall’ex Whirlpool.
In queste ultime settimane i primi dodici dipendenti sono già stati assunti e sono operativi nello stabilimento ristrutturato in pochi mesi ed entro poco tempo l’impresa di produzione di bottiglie di vetro raggiungerà trenta addetti.
Questo esempio di collaborazione tra pubblico e privato è accaduto a Trento, ma se ne parla poco ì, perché desta maggior interesse una fabbrica che chiude rispetto a una che apre.
Una riconversione industriale, che il è frutto di una concreta e immediata azione dell’Ente Pubblico, di buone relazioni sindacali, di una condivisione tra impresa e politica, è soprattutto l’aver messo da subito al centro i lavoratori e l’azienda.
È sicuramente una risposta alla crisi, perfezionata con strumenti innovativi (accordi condivisi e sottoscritti dalle parti) che ha permesso lo sviluppo di una nuova realtà industriale in un settore in espansione ed ha realizzato il recupero di un edificio industriale dismesso.
 
Quest’avventura della Whirlpool sicuramente ha mostrato a molti che in un mondo sempre più complesso, come quello di oggi, da soli non si cambia nulla e non si va da nessuna parte, ma solo con la chiarezza, il buon senso, con la condivisione si può iniziare a modificare il modo di essere del Trentino e aprire così una nuova stagione di crescita economia e sociale della comunità.
Si è trattato in questo, per ora unico caso, di un gioco di squadra portato avanti con rapidità, competenza e determinazione, seguendo passo passo il piano di subentro aziendale racchiuso nell’accordo sottoscritto dalle parti.
Un percorso, quello dell’ex Whirlpool che era certamente a rischio per l’intera Comunità Trentina e per i lavoratori, che però questa volta ha dimostrato che se si vuole si può fare anche buona amministrazione nel solco della vera Autonomia.
Quindi… il dopo Whirlpool riparte dall’industria.
 
Ma.Bi.

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